*
u Nullav1ha disi bello, scriveinuna u lettera l
1eloquente Autore del Genio
« delCristianesimo, quantole linee
del-«l 1
orizzonte romano
, quantola dolce
in-«clinazione deipiani, ed ilprofilo soave a e fuggevoledeimonti chelo terminano.
« Soventelevalli piglianoformed1arena,
« dicirco, d1ippodromo
; irialzi rassomi-ugliano a terrazzi, quasi la
mano
pos-ti sente de1Romani avesse smossa tutta u questaterra.
Un
vaporparticolare,sparso«nellelontananze, arrotondagli oggetti ,
« efa sparire ciòchevisarebbeditroppo
« duro e marcatonella loro
conformazio-«ne.
Le
ombre non sonvimai pesantie« nere; nèv’haoscurità nelle roccie, o
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« nei fogliami, entro cui non s’insinui
«qualche po’di luce: unatinta singoiar»
u mentearmonica maritailcielo,laterra ,
uleacque. Quando il sole staper tra-umontare,leQinedeimonti deliaSabina u sembranodi lapislazzulied’oro, mentre
«la lorobase è immersa in un
mar
di« vaporid’unatinta violettaeporporina;
«talvolta appaionobellenubi sotto
appa-« renzadi lievi cocchi, portate con una ugrazia indicibilesull’ ali delvento della
«sera,lequalifanno comprenderele
ap-«parizionidegli abitanti dell’Olimpo in u questocielomitologico;talvoltadirebbesi u che1’antica
Roma
ha stesa nell’ ocei-u dentetuttala porpora de1 suoi Consoli« e de1 suoi Cesari sotto gli ultimi passi u delDiodel giorno. Questo magnifico a spettacolonon iscompare sìprestocome n ne’nostriclimi: quando tu crediche i
ucolori sienoperisvauire, tulivedi ria-u nimarsi inaltraparte dell’orizzonte,un u crepuscolo succede ad un crepuscolo,
«ela magica scenasi proluuga ».
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Ma
sela Natura, di cui non v’è di Chateaubriand nè più fedele nè più elo-quentepittore, ha rallegratoil suolodiRoma
dell’orizzonte cheei ti descrive ,l’indole dicoloro che l1abitanoè tale di destarenell’animo tuo una penosissima meraviglia.Itratti giganteschi con chela storiacidipingei Quiriti, sicrederebbero favolosi tragli odierni abitatori dei Sette Colli:crescono in mezzo alle rovine, e dalle rovine nulla traggono se non un sentimentodi bassezza e di umiliazione; cangianoi templi in stalle; il Foro in mercatodibestie: non si meraviglian di nulla.
La
loro inerziagiunseatale da la-sciare che si cangiassero in elementi di pestilenzai doni di cui la natura s’era mostrata prodiga versodiloro.Le
cam-pagne, permancanzadilavoro e di ope-rosità, dicoltivateefeconde, diventarono spaventose pervacuità di spazii intermi-nabili,perlaghetti d’acque putridee sul-furee,per avanzi d’acquidoltie di sepol-cri fatti asilodimalandrini: per manieraLeti.R. N. 4
ss
che la cittàè cinta tTuno squallidoemal sicurodeserto.
Nell1interno le contrade sono ampie
,
vuote ederbose; rompe ilsilenzio piaee-volmenteil romordell1acque cadentiche
gliacquidosi non cessauodi tributarein.
larga copia, e chela magnificenzad1alcuni Pontefici,eparticolarmentediSistoQuinto, distribuì inmarmoreefontane.
De
1giardini sono frammessi sovente allecase;il fasti-gio de1 tettiè verdeggianteper l1erbeche
vi crescono; mandre di capre corron le vie guidate da montanari degli Appennini perfornire icittadini di latte: tutto ciò dà all1antica capitale del
mondo
unaspetto assaidiverso da quello delle altre città europee.Roma
circondatada inculticampi,quasi vuotadi abitatori, condannataa respirar nellastate un1ariamalsana, manticnsi do-viziosaed alteracolle sue rovine, ed ilsuo
nome
, che èla più splendida delle rovine.DigitizedbyGoogle
LETTERA
VII.39
Il Vaticano.
II Vaticanoè ii principaleornamento di cuiva giustamente superba
Roma
moderna.Alcuneloggie diquesto palazzopontificio, dette di Raffaello,vennero,da quell’ arte-fice dipinte con tuttala grazia e la leg-giadriadel suo pennello;
ma
egliènelle saledenominate anch’essc dal suonome
cheSanzios’alzò amirabile sublimità.Là
tu titrovi colleMuse
sul Parnaso, e iltuo cuore giàcedeall’incantodellapoesia e dell’ artibelle; là tu ti siedi trai filo-sofidella scuola d’Atene,e latuamente giàs'aprealle severedottrine di Zenone, e giàil tuoorecchio è blandito daisogni ridentiche escono,comemele, dalle lab-bradel divino Platone; nell’incendio di Trastevere laverità dell’esposizionet’ in-cuteterrore; in S.Pietro visitato nel car-cere dall’Angelo, la celestialevisionet’in*
fonde conforto esoavità.
Le
pareti inani*4o
mateparlano in quelle sale dei miracoli dell’arteanimatrice; ed èfiamma divita quellache splende suquellemuraeloquenti.
Ma
passiamo adaltresale.Non
delsolo Urbinate si onoraItalia: di pittori, scul-toriedarchitettieccellenti ella fumadre
feconda e maestra.È
questo ilvanto ehe tempera solo Tamarezza del suo decadi-mento.Come
Ossian, diventato cieco, porgeal1orecchio con diletto al canto di Malvinaricordatore degliantichisuoi fatti
,
edilsuonodell1arpa calmavailsuo dolore
,
cosìquestaDonnavenerabile, nella rimem-branzadellagloriaprisca e nelcoro delle Muse, si consola di sue sventure: in queste sale siconsola, ov’io ti guido, ed overifulgono i monumenti della sua su-»
periorità nelleartibellesututta Europa.
Questi dipintiservironoun tempo inriva alla Senna ditrofeo, che più labaldanza deivincitori ricordava, che la viltà dei vinti.Ritornarono,dopobreveesigilo,sotto quelcielocuin1eradovuta laispirazione.
Ma
egli è nella Cappella Sistina cheDigitizedbyGoogle
4«
stailprodigiodellapittura. All1affacciar»
misi dell’immensaparete su cui Miche-langeloraffiguròilgiudiziouniversale,
men
rimasidapprimasbigottito econfuso:Yani-ma
diDantehatrasmigrato inBuonarroti;il pennello dell’uno, la venapoeticadel»
Taltroseguono unamedesima ispirazione:
e scoppiadovunque, suo malgrado, l’ener-gicosentire che tende al sublime. Eccoti in brevelaspasizione delfamosoGiudizio.
Il Redentore è sull’alto circondato dai Coricelesti, e in atto di fulminarla sen-tenza; a’ suoi piedi i Serafini suonanle
trombe: s1apre al tremendo squillo la terra, e rigettalenude ossa cheaccoglie;
le qualisiavvicinano, s’uniscono,eicorpi si formano;idemoniafferranoidannati:
mille gruppi e mille lotte diverse sonvi createdallafantasia di Michelangelo; gli spiriti beati s’affaticano aneli’essi nella ricerca deglieletti: seli portan via nel-l’aria, alzandosi versoil cielo, inseguiti dagli spiritiimpuri, che vorrebbero loro ritogliere latremante preda;altridemoni,
. 4 *
4» /
«ulbasso, già cominciano a dilaniare ì corpide’reprobi; e qui l1energico pen-nellodelpittore seppe ritrarrela cosa al vivo per
modo
da far rabbrividire. Pec-catodie questo fresco sia stato deturpato dal pennellodel Volterra!(i) Cosìla su-perstizione e rignoranza corrompono le opere delgenio.Nella biblioteca del Vaticano si con-servano que’codici famosi a cuile gre-chelettere e lelatine debbono in gran parteilloro risorgimento. I tesori
del-P
anticadottrina,chiusiagliocchi de’ pro-fani, vi s’ascondonoin vasti armadii di cedro: unaricchissima collezione di vasi etruschi, bellissimi dipinti, busti, ogni maniera di sontuoso apparato, concorre a rendere questabibliotecalapiu splendida dell’universo.(i)
Un
Pontefice soverchiamente scru-poloso diede incumbenza a Iacopoda
Volterra} mediocrepittore, di vestire inudi del Giudizio del Buonarroti: ilche venne eseguito in
modo
ridicolo; econ
isco/tciodi (picicapolavoro.
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43 Nel Musco Piodementino, ove il ma-gnifico Pio Sesto, caldamente assecondato dal suo successore,raccolsee distribuì in salesuperbe lereliquie, disperse in pria
,
dell’anticascultura,il Perseo edi Pugil-lalori di Canovaosano starea confronto dell’Apollo edel Laocoonte.
—
Diquesti capi d’operaiopenso inter-tenerti;e setiparranno adorniimiei con-cetti,ti confesserò cheme
li prestarono in parteWinckelmann e Dupaty,maestri sapientissimi di belle Bili. Incomincio pertanto dall’Apollo.— Una
primavera eterna,qual regnane’ beatiElisi,spande sulle virili sue formeipiacevolitrattidella ridentegioventù: non vi sono nervi nè venecheai suo corpo dieno ineguaglian-za,omovimento;pare cheun soffio ce-leste,similea fiume che va placidissimo, tutta n’abbiaformatala superficie; i suoi occhi son pieni di quella dolcezza che mostrar suole allorché lo circondano le Muse, e loaccarezzano; egli hadi Giove la fronte, gravidadellaDeadellasapienza.rlosopracciglia,cheilvolersupremo.ma-»
nifestan co*cenni; hagli occhi della re-ginadegliDei;lamorbidachioma,simile a teneripampini, scherza, quasiagitatada molle auretta,intorno al divino suo capo.
NelLaocoontescorgesil’
uomo
che cerca d’adunare intorno alcuore tuttala forza possibile controitormenti; eisentemeno
leproprie angoscedi quelle de1figli,che fissanoinUfil’afflitto sguardo, quasichie-.
dendosoccorso:e ilcuor paterno lacerato bensimanifestanegliocelli dolenti,su cui pare stendersi l’affannocome torbida neb-bia.Il grecoscultore s’èquiproposto di scemarel’orrore delfattoprincipalecoll’ in-teresse che destano gliaccessorii. Offrire inispcttacolo duegiovinetti, ed un vec-chio,dilaniatida duedraghi,chiavrebbe tollerato unasimilvistai «Io abbandone-rò (disse l’artefice seco stesso, nell’atto di cominciarel’opra immortale) il corpo del padrealmorso de’ serpenti;
ma
quel corpo sarà perfetto:ed anchesottoilpeso degli anni e dell’angoscia furòbrillareinDigitizedbyGoogl
45 essounamaestosabellezza; cercherò che esprimaildolor fisico che prova;
ma
sic-come
questo farebbe inorridire, setutto interoapparisse,ne racchiuderò nell1ani-ma
unaparte.Iduefigli, limostrerò ac-correnti versoil genitore da opposti lati; leserpilighermirannopriachesieno giun-ti;un solo, e fia questoilpiù giovane, periràvittimadel loromorso: dell’altro,
solamente allacciato dalle spire dell1 or-rendo rettile, il sacrificio sarà differito, Sforzerommi chequesti due episodii rie-scano più eh1io sapròcommoventi, affine di spegnere nella compassione de1figli l
1orrorechedestalasituazione delpadre;
cercherò in una parola che, in questa scena,lapietàsial
1
affettodominante ».
Cosìparlò trasè stesso l 1
artefice, al cuiscalpello è dovuto il più perfetto la-vorodi chesi vanti la scultura.
Oh
po-tesseme
pure un soliloquio condurrea tanta eccellenza!Ma
imiei soliloquisono delirii destinati, non ad aggiungere unnome
albreve novero degl’immortali,ma
/
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adaccrescere Jemie pene, e a ritoccare lesegrete piaghedelcuore.