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LETTERA XXVII

Nel documento LETTERE ROMA E NAPOLI. Db I.VOM (pagine 166-175)

I Gladiatori.

Eccomi,Erminia,siccomet1annunziai,a parlarti de1 gladiatori. Sappi pertanto che .findaitempi più remoli sulletombe de1

i*4

*

i6a

valorosi di’erano moriiinguerra,solcans»

sacrificare de’prigionieri

, per la fiducia dieconquel sanguenemico siplacassero

imanidegliestinti:cosi, sulla piradi Pa-troclo, Achilleuccise disua

mano

dodici Troiani; ed Enea, nel funerale del suo caro Pallante, immolò quattro cattivi di Sulmona.S’

amò

meglio,ne1tempi poste-riori,di farazzuffarei prigionieritraloro intornoalrogo,odalsepolcro; e questo costume prevalse poi anche in pace, e sforzaronsi acombattereireidi gravi

de-litti e glischiavi. Ditale spettacolo

,

de-stinato ad onorare gli estinti, comincia-ronsia dilettare i superstiti,equindi ne derivò quella razzad'uomini che si chia-maron gladiatori,cosìdettidall’arnia colla quale combattevano.

L’artegladiatoria s’andò poi perfezio-nando:ciòcheprima insegnava laneces-s sitò, odilfurore, si mutòinimaserie d|

regole, che venivano pubblicamente.inse*

gnate e dimostrate conpratiche esercita^

zioui;i precettori dell’arte si chiamaron

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i65 Lanisti}numerosi giovanicorrcnno volon-terosi ad ammaestrarsiin quegli esercirli:

seapprendeano perloro diporto,pagavano

la convenutamercede; s1erano scarsi di mezzidi fortima, sivendevano aiLanistie s'obbligavano con giuramento afare tutto quanto fosse loro piaciuto d’imporre. I luoghidovesiesercitavanoigladiatori chia-mavansi ludi:vivcanvi pertanto concorde-mente, sedutiallastessamensa, quelliche poidoveanofraloroscannarsi; e congiunti per avventura daivincoli del sangue, e talvolta dell’amicizia,sepure questonobile sentimento può scaldare vilipetti, si presentavanointrepidinell’arena,prontiad assalirsi e ferirsi. Era il combattimento preceduto dallapraelusio

,

nellaquale, az-zuffandosiconarminonatte a ferire, lancia-vanle tratto trattoin aria,e faceanprove, in riprenderle,di destrezzaedagilità. Ter-minaticodesti preliminari, ad un segno Convenuto, davan dipiglio allevere armi, e s’incominciava il duello. Cercavano

so-\ratutto icombattentidicolpire

l’avver-164

sarionelfianco; e nel momento che vi riuscivano, facevano una romorosa escla-mazione;Taltro,secollaperdita del san-gue nonsi sentivapiù datauto da con-tinuare lazuffa

, gettava 1'anni a terra ,

e contal atto si dichiarava vinto: allora il viversuo pendevadall5arbitrio del po-polo; quandoquestocomandavaclicil gla-diatore fosse salvo, laliberazionesi

chia-mava

perdono: talché, quandosi davano spettacoli con gladiatori senza perdono

,

questo volca significare che non v1avea salute pel vinto, e ciò rendea la pugna assaipiù feroce edaccanita. 11 segnocon cui ilpopolo salvavalavitaalvinto gla-diatore, era dipremere il pollice tra le altredita

;

ma

quando sivolea la morte

,

siapriva allora tuttala

mano

, c sivolgeva

>erso l’arenailpollice disteso: inquesto casoilcondannato tendeva ilcolloalferro dell1antagonista;nondoveapalpitare,non oppormano,

ma

fermoed immobile aspet-tareilcolpo mortale: tutti glisguardierano fissi sului

;regnava nell' edilizio un

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i65 fondo silenzio, ed avidamente si racco-glieanogli estremisingultidelmoribondo, siccome noinel teatrofacciamo delle più tenui e delicatemodulazioni;

ma

appena coll’ultimosospiro era sfuggital’anima da’

suoilabbri,cheunfestosobatter dimani rimbombava ovunque.

Ma

sovra tutto fe-rocissimo ritrovamentosi fu quello d’av-vicinarea’convitisilTattescene esecrande, ondesi macchiavanodegli schizziche spic-ciavanodalle feritelemenseelevivande;

eloschiamazzo de’ brindisie dellacrapula si mescolavaalcrosciode’nudiacciari ed

a*lai de’morenti.

V’aveano in

Roma

pe’ gladiatori più Valorosi e fortunati numerosi parliti; il

favore elasollecitudine delprimo popolo dellaterraera divisosu que’vilissimi capi.

- Sono celebrilepazzie cheledonnefecero peramordicostoro.

Giovenale inuna celebre sua satira si sdeguaassai che Ippia, mogliedelsenator Veientone,siastala dall’amorsuo perun gladiatore trascinala a lasciareiiigli e la

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patria,percorrergli dietro in Egitto: Ella

(soggiunge ilPoeta) sostenne, con

«petto forte, i flutti del Tirreno e dei u procelloso

Mar

Ionio: guaiseilmarito u avesseleimposta questa peregrinazione».

Non

sempreigladiatorifuron gentevile edabbietta

,come sinora io ti narrai: a’

giorni diNerone quaranta senatori e ses-santa cavalieri s’imbrattarono di sangue nell1arena, e dimenticarono, per piacere al tiranno,la nobiltà dei nataliela gloria degliavi; « Yidersi (scriveconeloquente

« indignazione uno storico romano,

Zi-«filino

) in que1 tempileantiche ed il-ei lustrifamiglie de1 Finii, de1 Fabii, de’

«Valerii e d’altrimolti, di cui s’alzavano u in

Roma

i templied i trofei, darsi uin pubblico spettacolo, e far cose che

«niun

uomo

avea fatte prima di loro.

« Giànella turba spettatrice l’uno all’ al-ci tro nioslravalia dito; dicevano i

Mace-« doni: quegli cnipotediPaolo Emilio; e ui Greci:quegli, lo è di

Mummio.

I

Si-te ciliuni sciamavano: ecco un Marcello!

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«e gli Epiroti: Vedete un Appio! Gli u AsiaticimostravanounLucio; gliIspani,

un

Pubblio; i Cartaginesi, un Affricano

; i Romanipoi,tutti r>.

*

E

quasi incredibile il numero de'* gla-diatori che vivca in

Roma

ne1tempi di suamaggior corruzione: sehevidero tre-cento coppie combattereinpochigiorni nel-l’arenaallorché Cesare fuedile. Gordiano rinnovavale zuffeognimese, a cui non intervenivano

meno

di mille uomini per volta;eTrajano continuòsiffattiSpettacoli perpiù di cento giorni consecutivi,ne1 quali sceseronell’anfiteatro diecimila com-battenti.

Non

è meravigliaSe questi,che chiamarsi possono gladiatore eserciti, ab-bianopotuto talvolta spaventare la stessa

Roma.

Spartacofuggito da Capua, dove eraincatene,ragunò

m

breveuna pode-rosa schiera,perla maggiorparte compo-sta digladiatori,laqualeprimacontò set-tanta milasoldati: aggiunse poia cento-ventimila; egli sconfisse con questa più Volte i Consoli: fusuperatoemorto

final-i68

mentedaLicinioCraSso, dopo Unaguerra triennale,coninfinitastrage d’

ambo

leparti*

Or

io,per chiudereconvenevolmente la mianarrativa, non debbo omettere

come

s’cbbei4fineicombattimenti de1gladiatori.

La

Religione di Cristo (tanta è laforza dell1abitudine!)nonera bastata ad

impe-dirli. Combattevasiin dìfestivonelForo,

quando Telemaco,un monaco d1Oriente ,

giunse appuntonelmentre che l

1uno dei

duestava per soccómbere

4l1altroper tru-cidarlo. Inorridito a quella vista,eicorre inmezzo allenude spade, separa i com-battenti, e colrischio della propria vita salva quelladel vinto.Sdegnasi atalvista ilpopolo; dàdi piglio a1sassi; un

nembo

ne lancia sul monaco, elite mortalmente feritocadea terra,e spira.Allorché

Ono-rio imperatore fureso consapevole di funesto avvenimento,feceporre

quell’uo-mo

giustonel novero de1martiri

(e ben

n1era degnoperl’ardente sua carità); e con legge severa vietò per sempre que’

barbari spettacoli, eh’eranostati cagione dell’orribile delitto.

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. loti nafrai in breve, oEfrainia, Tori*

gine^ i progressie la fine d1una cosfu-tnanza che disonora l’umanità.

Tu

non saprai comprendere come popoli inciviliti potessero , peltratto divani secoli, pi-gliarsigioco dellavita deiloro simili, e pascereil loro sguardo di uno spettacolo 4isangue e dì sterminio.

Ma

cesseràiltuo stuporese porraimenteall’indoledi que-sto essere meraviglioso, che si credeil

principe dellacreazione, e non neèchelo schiavo:similealruscello che s’incontra inun monte, noh potendone superarela

cima,ne lanlbe tortuoso lafalda, tuIo vedrai sempre cedereallaforza dellecir-i costanze edelle abitudini. Questa fatalo pieghevolezza,che rende l1

uomo

atto ad assumereinbrevi periodi di tempoforme differentissime, lorende pronto per con-seguenzaa dimesticarsi con ciò che pa-reagli primaripugnante ed orribile: egli

,

che sentiva venirsi

meno

alla vista del sangue, in brevelo mira scorrere

indif-Lett.R. N. ' i5

tjO

fcreute;epòco dopovisi tuffa pei- di-porto:tanto può Pabitudine in noi!

Nel documento LETTERE ROMA E NAPOLI. Db I.VOM (pagine 166-175)