I Gladiatori.
Eccomi,Erminia,siccomet1annunziai,a parlarti de1 gladiatori. Sappi pertanto che .findaitempi più remoli sulletombe de1
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valorosi di’erano moriiinguerra,solcans»
sacrificare de’prigionieri
, per la fiducia dieconquel sanguenemico siplacassero
imanidegliestinti:cosi, sulla piradi Pa-troclo, Achilleuccise disua
mano
dodici Troiani; ed Enea, nel funerale del suo caro Pallante, immolò quattro cattivi di Sulmona.S’amò
meglio,ne1tempi poste-riori,di farazzuffarei prigionieritraloro intornoalrogo,odalsepolcro; e questo costume prevalse poi anche in pace, e sforzaronsi acombattereireidi gravide-litti e glischiavi. Ditale spettacolo
,
de-stinato ad onorare gli estinti, comincia-ronsia dilettare i superstiti,equindi ne derivò quella razzad'uomini che si chia-maron gladiatori,cosìdettidall’arnia colla quale combattevano.
L’artegladiatoria s’andò poi perfezio-nando:ciòcheprima insegnava laneces-s sitò, odilfurore, si mutòinimaserie d|
regole, che venivano pubblicamente.inse*
gnate e dimostrate conpratiche esercita^
zioui;i precettori dell’arte si chiamaron
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i65 Lanisti}numerosi giovanicorrcnno volon-terosi ad ammaestrarsiin quegli esercirli:
seapprendeano perloro diporto,pagavano
la convenutamercede; s1erano scarsi di mezzidi fortima, sivendevano aiLanistie s'obbligavano con giuramento afare tutto quanto fosse loro piaciuto d’imporre. I luoghidovesiesercitavanoigladiatori chia-mavansi ludi:vivcanvi pertanto concorde-mente, sedutiallastessamensa, quelliche poidoveanofraloroscannarsi; e congiunti per avventura daivincoli del sangue, e talvolta dell’amicizia,sepure questonobile sentimento può scaldare sì vilipetti, si presentavanointrepidinell’arena,prontiad assalirsi e ferirsi. Era il combattimento preceduto dallapraelusio
,
nellaquale, az-zuffandosiconarminonatte a ferire, lancia-vanle tratto trattoin aria,e faceanprove, in riprenderle,di destrezzaedagilità. Ter-minaticodesti preliminari, ad un segno Convenuto, davan dipiglio allevere armi, e s’incominciava il duello. Cercavano
so-\ratutto icombattentidicolpire
l’avver-164
sarionelfianco; e nel momento che vi riuscivano, facevano una romorosa escla-mazione;Taltro,secollaperdita del san-gue nonsi sentivapiù datauto da con-tinuare lazuffa
, gettava 1'anni a terra ,
e contal atto si dichiarava vinto: allora il viversuo pendevadall5arbitrio del po-polo; quandoquestocomandavaclicil gla-diatore fosse salvo, laliberazionesi
chia-mava
perdono: talché, quandosi davano spettacoli con gladiatori senza perdono,
questo volca significare che non v1avea salute pel vinto, e ciò rendea la pugna assaipiù feroce edaccanita. 11 segnocon cui ilpopolo salvavalavitaalvinto gla-diatore, era dipremere il pollice tra le altredita
;
ma
quando sivolea la morte,
siapriva allora tuttala
mano
, c sivolgeva>erso l’arenailpollice disteso: inquesto casoilcondannato tendeva ilcolloalferro dell1antagonista;nondoveapalpitare,non oppormano,
ma
fermoed immobile aspet-tareilcolpo mortale: tutti glisguardierano fissi sului;regnava nell' edilizio un
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i65 fondo silenzio, ed avidamente si racco-glieanogli estremisingultidelmoribondo, siccome noinel teatrofacciamo delle più tenui e delicatemodulazioni;
ma
appena coll’ultimosospiro era sfuggital’anima da’suoilabbri,cheunfestosobatter dimani rimbombava ovunque.
Ma
sovra tutto fe-rocissimo ritrovamentosi fu quello d’av-vicinarea’convitisilTattescene esecrande, ondesi macchiavanodegli schizziche spic-ciavanodalle feritelemenseelevivande;eloschiamazzo de’ brindisie dellacrapula si mescolavaalcrosciode’nudiacciari ed
a*lai de’morenti.
V’aveano in
Roma
pe’ gladiatori più Valorosi e fortunati numerosi parliti; ilfavore elasollecitudine delprimo popolo dellaterraera divisosu que’vilissimi capi.
- Sono celebrilepazzie cheledonnefecero peramordicostoro. •
Giovenale inuna celebre sua satira si sdeguaassai che Ippia, mogliedelsenator Veientone,siastala dall’amorsuo perun gladiatore trascinala a lasciareiiigli e la
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patria,percorrergli dietro in Egitto: ,«Ella
(soggiunge ilPoeta) sostenne, con
«petto forte, i flutti del Tirreno e dei u procelloso
Mar
Ionio: guaiseilmarito u avesseleimposta questa peregrinazione».Non
sempreigladiatorifuron gentevile edabbietta,come sinora io ti narrai: a’
giorni diNerone quaranta senatori e ses-santa cavalieri s’imbrattarono di sangue nell1arena, e dimenticarono, per piacere al tiranno,la nobiltà dei nataliela gloria degliavi; « Yidersi (scriveconeloquente
« indignazione uno storico romano,
Zi-«filino
) in que1 tempileantiche ed il-ei lustrifamiglie de1 Finii, de1 Fabii, de’
«Valerii e d’altrimolti, di cui s’alzavano u in
Roma
i templied i trofei, darsi uin pubblico spettacolo, e far cose che«niun
uomo
avea fatte prima di loro.« Giànella turba spettatrice l’uno all’ al-ci tro nioslravalia dito; dicevano i
Mace-« doni: quegli cnipotediPaolo Emilio; e ui Greci:quegli, lo è di
Mummio.
ISi-te ciliuni sciamavano: ecco un Marcello!
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«e gli Epiroti: Vedete un Appio! Gli u AsiaticimostravanounLucio; gliIspani,
un
Pubblio; i Cartaginesi, un Affricano; i Romanipoi,tutti r>.
*
E
quasi incredibile il numero de'* gla-diatori che vivca inRoma
ne1tempi di suamaggior corruzione: sehevidero tre-cento coppie combattereinpochigiorni nel-l’arenaallorché Cesare fuedile. Gordiano rinnovavale zuffeognimese, a cui non intervenivanomeno
di mille uomini per volta;eTrajano continuòsiffattiSpettacoli perpiù di cento giorni consecutivi,ne1 quali sceseronell’anfiteatro diecimila com-battenti.Non
è meravigliaSe questi,che chiamarsi possono gladiatore eserciti, ab-bianopotuto talvolta spaventare la stessaRoma.
Spartacofuggito da Capua, dove eraincatene,ragunòm
breveuna pode-rosa schiera,perla maggiorparte compo-sta digladiatori,laqualeprimacontò set-tanta milasoldati: aggiunse poia cento-ventimila; egli sconfisse con questa più Volte i Consoli: fusuperatoemortofinal-i68
mentedaLicinioCraSso, dopo Unaguerra triennale,coninfinitastrage d’
ambo
leparti*Or
io,per chiudereconvenevolmente la mianarrativa, non debbo ometterecome
s’cbbei4fineicombattimenti de1gladiatori.
La
Religione di Cristo (tanta è laforza dell1abitudine!)nonera bastata adimpe-dirli. Combattevasiin dìfestivonelForo,
quando Telemaco,un monaco d1Oriente ,
giunse appuntonelmentre che l
1uno dei
duestava per soccómbere
4l1altroper tru-cidarlo. Inorridito a quella vista,eicorre inmezzo allenude spade, separa i com-battenti, e colrischio della propria vita salva quelladel vinto.Sdegnasi atalvista ilpopolo; dàdi piglio a1sassi; un
nembo
ne lancia sul monaco, elite mortalmente feritocadea terra,e spira.AllorchéOno-rio imperatore fureso consapevole di sì funesto avvenimento,feceporre
quell’uo-mo
giustonel novero de1martiri(e ben
n1era degnoperl’ardente sua carità); e con legge severa vietò per sempre que’
barbari spettacoli, eh’eranostati cagione dell’orribile delitto.
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. loti nafrai in breve, oEfrainia, Tori*
gine^ i progressie la fine d1una cosfu-tnanza che disonora l’umanità.
Tu
non saprai comprendere come popoli inciviliti potessero , peltratto divani secoli, pi-gliarsigioco dellavita deiloro simili, e pascereil loro sguardo di uno spettacolo 4isangue e dì sterminio.Ma
cesseràiltuo stuporese porraimenteall’indoledi que-sto essere meraviglioso, che si credeilprincipe dellacreazione, e non neèchelo schiavo:similealruscello che s’incontra inun monte, noh potendone superarela
cima,ne lanlbe tortuoso lafalda, tuIo vedrai sempre cedereallaforza dellecir-i costanze edelle abitudini. Questa fatalo pieghevolezza,che rende l1
uomo
atto ad assumereinbrevi periodi di tempoforme differentissime, lorende pronto per con-seguenzaa dimesticarsi con ciò che pa-reagli primaripugnante ed orribile: egli,
che sentiva venirsi
meno
alla vista del sangue, in brevelo mira scorrereindif-Lett.R. N. ' i5
tjO
fcreute;epòco dopovisi tuffa pei- di-porto:tanto può Pabitudine in noi!