vinci
Rerum magna
parensjet inol iente ,mori.
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\
*3
tf delleSuepareti,chefaVstimonianzadel
« vaporedell’antico incenso e del fumo udi vittime arse, occupavanmi la mente adi severe contemplazioni. Sembra che u ancora suoni frale preziose colonneil
u muggito dei tori condotti all’ara; la
a maestàdelluogoeccita cosi nell’anima
«laricordanza diquegli splendidiritiche u sembrano presenti».
Vieniper ultimo,oErminia,sullasponda del fiumeche torbidoe obliquos’asconde fra meschiniabituri, e sfugge via inos-servatoinun angolo dellacittà quasiver*
gognando d’appellarsiil Tevere.Làsorge unamplissimo edificio:quadrangolaren’è labase, da cuis’alza una molerotonda,;
sonmerlatele cime, edelle feritoie s
1
a-prono inognidirezione, e lasciano scor-gerelebocche minacciosedeicannoni.Fra quelle tetremura èla carcere diStato:è questoilCastello Sant’-Angelo;
ma
sappilo conmeraviglia, quelmonumento
era stato erettodaAdriano per accogliere le sue ossa.Stolto!eifu vanosin oltrelamorte.Le magnifiche Colonne, le statue inhurne*-revoli,i bronzi preziosi che facevano di questo mausoleo l
1una delle meraviglie dell’universo, servirononeitempidimezzo, inmanode' varii partitiche occuparono
Roma
,d’armi difensive*Da
quellemura
isoldatidi Belisario,diNarsete,di Cre-scenzio rovesciavanosugli assediatoliicapi d’opera dellagrecascultura; 1’effigiedei
Numi
e degli Eroiinmano
a que’ bar-baridiventarono stromcntodi sterminio, ed infinite vittimeumane
bagnarono del loro sangue quel sepolcro fatto teatro d’atrociguerre.MiserandaItalia! perfino!monumentidell’anticatua grandezza con-correrdoveanoallatuarovina!
LETTERA
IV.La
Valled’Egeria.Non
lunge da una delle apertureche perlo scoscendimento della vòlta aprono allalucediurna le profonde Catacombe,DigitizedbyGoogl
%
25 fuor di
Roma
duemiglia,sorgeun bosco folto ed annoso, checolla dolcefrescura invita al passeggio edai lieti pensieri. Il terreno ineguale ed erboso aggiunge leg-giadria alsito;eungentile rivolettoscotte limpidissimo a travetto i fioridi che si smaltailprato daisuoi perenniumori nu-drito. Ioseguitava ungiornoilcorsodelle sue acque susurranti,eriposava su quel ridente quadro la mente sbigottita dalle dense tenebre in cui per la spalancata boccadel sotterraneoilmiosguardo s*era perduto poc1anzi.Un
antico delubro misi offrìalla vistasulla cimad’un colle,e lo circondavano inpittoresca guisa altis-sime quercie; rotonda n1era laforma, piccolala mole,senza marmi,o colonne:
annunziavaFestrema suasemplicità eh’esso Fopera certamentenon era di que1tempi incui Giugurta abbandonando
Roma
scia-mava
sdegnoso: u Città venale! già già u presso aperire se trovi uncomprato-tire
(»;
ma
bensì diquelliincuiCamillo strappavala spada all1iniqua bilancia diLeti.R.N. 5
a6
premio, enoncoiroro delriscatto,
ma
colferro•liberavala patria.
Una
cornice sull’alto formail soloornamento diquel tempietto; e quella cornice inghirlandatadi foltissime edere, dà altutto insieme l’a-spetto d’uncesto diverzura e di fiori.Là,Erminia,il feroceAlfricano ritorse il
piede pertrovare lasua rovina nelle ca-puane pianure: grati iQuiriti dell’inspe-ratosalvamento dicarono quel tempioal Dio Redicolo,vocabolo derivante da redco9 che involgare suona ritornare,retrocedere
.
Così con semplici monumenti ricordava quel popolo valorosolegrandi cose.
Oltre quel delubro, venerabileagli oc-chi ditutti coloro chele virtùpatrie de-gliavi nostri diligentemente coltivano ed onorano, seguendoilcorso delruscello
,
mitrovai condottolàdove sorge.
Imma-ginatiunaspezie dicella ampiaemezzo caduta; suldinanzi cespugliodorosidi ca-prifoglio;sull’alto1’edere che s’ abbarbi-cano allerovine,eformanountettoverde e giocondo;sul fondo unastatua di
Na-DigitizedbyGoogl
V
jade coll*urna, tuttarosa dal tempo; a lìanco la fontanache sorge daterra, gor-gogliante e freschissima, la quale dopo aver formato nell1interno un trasparente laghetto,esce poi fuori,e si raccoglienel prato:nè manca aquesto luogo lamagia di ungran
nome
:è questa lafontana, la grottad’Egeria: egli èqui cheNuma
si ricovrava,e siccome responsi dellaNinfa quelle leggi dettava cheil suo popolo, dibellicoso e feroce,col salutare terrore de’Numi
render dovennoin breve incivi-lito edumano.Non
dubitasti tu mai, o Erminia, sesienostate lesole considera-zionipolitiche che conducessero il savio renelbosco appartato{Non
tiparegli ve-risimile che ilseverolegislatore depones-se inquesto asilodipace lo scettro gre-ve ele pesanti curedel regno, per ri-posarsi nelle voluttuose braccia dilei che Egeria e sua deaegli appellavaìQuel sito delizioso aveami riempita la
mente d1immaginiridenti
, quando a tur-barlecon funesta rimembranza,misi
pre-. 28
sentarono, nel ritornare verso lacittà ,
gl
1
immensiavanzi delletermediCaracallai di quell1empio che, trucidando l
1 inno-centefratelloinbraccio allamadre, pro-nunziò quelle memorabili parole, il cui energico ed eloquente laconismo io cer-cheròinutilmente di renderti:SitDivus,
dum
nonsitvivus.—
Sia egli pur col-locato fraglidei,purché nonsiatra i vi-venti!
—
Rientrato in
Roma
iom
1avviavaacasa, quandovidialcunepersone accorrere alla chiesa dei santiNereoedAchilleo: spin-scmila curiosità a seguitarle.L
1internodeltempioera illuminatoda numerosi ce-rei,e inghirlandatodifiori;alcuni sacer-dotico1sacri arrediindosso stavano intorno all1aitarmaggiore, e dinanziaquestouna giovinettaelegantementeabbigliataeraritta inpiè.
La
sua fisonomia eramesta,ma
di quella mestiziachesi comprimeinfondo al cuore: scolorateleguance,semiaperta la bocca, chinate le pupille, istupidita ella parevainquelmomento.Le
siacco-DigitizedbyGoogl
29 starono iparentia darleilbacio d’addio:
ella mostrava appena di raffigurarli.
Un
istante dopo il Vescovo che officiavasì preparòa compierelacerimonia: pronun-ziò leparole dell'abjuro, ch’ella con voce debole ripetè dopolui; poi pigliato un ampio velo nerole siavvicinò. Si scosse la giovinetta a quella vista, si fecer rossele sue gote, per la prima volta alzò le pupille; e volle il caso eh’ io fossivicino alparapetto,e chei suoi be-gliocchi, velati d’una lagrima, cheli
rendea piùbrillanti, nelrapido giro con chepercorserlachiesa,s’incontrassero an-checoi mici.Credilo, Erminia,sineh’ io vivonon dimenticherò maiquellosguardo.
Oh
quantiaffetti diversi parvemi eh’ egli esprimesse! Mi piombò sulcuore; el’i-* dea chequella erauna vittima sacrificata avili calcoli, eforse violentemente strap-pataai voti d’unamante riamato, m’in-vasesì, chemi sentii tentato d’interrom-pere il rito co’miei gridi, e di chieder pietà per 1’infelice.*Ma
timido cadolq-o
oo
scente ionon osai tanto;ilmio affanno ,
neiristante che il velo coprì per sem-pre il volto dellagiovinetta, fusì violen-to, eh’ iom’appoggiaial mioprecettore pernon cadere a terra. Eis1avvide, al-Tinsolitopallore,ch’iostavaperisvenire:
m’addusse fuordellachiesa; làTana pura mi restituìinbreveleperduteforze,
ma
nonpotèrestituirmilaserenitàdell’anima, che per lungo tempoperdei.LETTERA
V,IlYelabro e ilColosseo.
Nel Velabro, oggiuna dellepiù abban-donateparti,ed un tempoilquartierepiù splendidodi
Roma
, sorgeano numerosie magnificimonumenti, di cui rimangono tuttodìnobili avanzi:lobagnail Tevere, lecui acque conservano ancora 1’aureo colore cantato da Orazio; sorgegli poco lunge dalla rivaTarco diGiano Quadri-fronte,intatto ancora, benchéi merlicheDigitizedbyGoogle
3i necoronano ilfastigio indichino ch’ei fu teatro di militarifazioni.
La
pesante sua mole marmoreapotè resistere e all’urto degli arieti,edall'azione del tempo divo-ratore. Sbocca piùin là nel fiumelafa-mosaCloaca Massima, opera indestrutti-bile degliantichissimi re.Suquellesponde crebbe ilFico Ruminale,al cuipiè Ton-de del Tevere deposero ilpiccol cesto che racchiudeva i fati dell’ Italia e del mondo. Vi sialza pure iltempio di
Ve-sta.
Un
elegante peristilo rotondo di co-lonnecorinzielo circondava;e benchégli interstizine sieno statimurati con barbaro divisamente, scorgcsi ancoralaleggiadria dellaforma. Quandoio visitai quel tem-pio,nellecui celle secrete e impenetrabili si custodivailfuoco sacro
, ionon aveva ancorapalpitatopermille affettidiversi allo scorgeresullepatrie scene rinnovata1’ an-ticatragedia
5io non aveaseguitatala Ve-staleinfelice alCirco, ov’ella aprì incauta
ilcuore allaprepotente passione; ionon a\caascoltatelesue querele nella
solitu-02
dinenotturna; nèaveadivisoil suo spa-vento alloscorger d’improvviso1’amante, poilagioiafatale a che s’abbandonava, cedendoalledolci epossenti paroledi lui;
ionon
m
1era sentito ancora gelar il san-gue almirarladarel’ultimo amplessoallecompagne, escenderviva nellatomba.
Oh
comequel prodigio dell’artemiricondusse vivamente colla fantasiaa questo tempio di Vesta ch’io ti descrissi, e a quel
Campo
scellerato'su cuinon viè pianta che spanda un’ ombra benefica, non un fiorechespunti;ma
lotappezzano chine a terrapoche erbeinaridite dal sol cocen-te, nè rinfrescatemaida zefiro,odaru-Dal Velabro io volsiun giornoilmio
solitario passeggio verso il Foroche gli stapresso; e là,dopoavererrato tra le innumerevoli rovine che lo ingombrano, entrainelColosseo,emiviriposaiseduto sulloscalino d’uno deglialtaridellaVia Crucis, lisol cadenteferiva lacima delle galleriecogli ultimi suoi raggi. Io
consi-DigitizedbyGoogle
33 derava,dall*arenaove scdea
,queiquattro ordini d1archi sovrapposti innalzarsi da unLato superbi, ed aprire dall’altro ai raggidella luna, chetacitas’alzava, una larga breccia,opera più de’Barbariche deltempo, percui ellacominciava a tin-gere dipallido argento levolte opposte.
Giàgliultimi crepuscoli stavanoper isva-nire: regnavanell1anfiteatroilsilenzio; lo rupperolepreci dell1eremitacheinquegli avanzihadimora, e che nella sua cella intuonava il Notturno. Tutto tacque di nuovo. Qual momento, Erminia,'per un’a-nima a cuinon son mutelegrandi, le nobilireminiscenze! Qualpace inquell1 a-renaintrisa di tanto sangue! Qual silen-zioin quell1aure da tanti lai percosse!
Qual solitudine in quelle gallerie, nelle quali, adagiatosumarmoreiscanni,il
pri-mo
popolodella terra pascendosi d1un atrocespettacolo perdonava a1suoi despoti le ferree catene con che l1
avvinceano!
Qual tranquillitàin qpelrecinto, dove|e più torbide e ferocipassionicon urli
ec-/
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cheggiantisi disfogavano! Glialtari della Via Crucis là dove perivano i Martiri;
r
edere e i caprifogli là dove splendeaT
oro elaporpora;un mucchio dirottami làdove sedeanoiCesari;ilcanto dell’e-remita là doveruggivano lefiere: quali argomentidialtissimee severe meditazio-ni!..E
quella Verginebella e feroce (i) chedall’altodella loggiaalveder cadutoilgladiatore sottoi colpidelsuo antago-nista,non contentadirovesciareil pollice (segno checondannava ilvintoallamorte), gridava esser quellele^sue gioie, le sue delizie,qualfuria1’agitava{
E
que’ Ro-manidegeneri,percuierad’uopopascersi della vistadi tanta carneficina,ond’ esser lietie beati,qualfrenesia limovea?
Oh umana
natura! tu paghi atroppo caro(i)Etquoties vietorfcrrumjugulo in-sertiy illa
Delieiasaitesse suas
,pertusque jacentis Virgomodestajubet}con\>erso pollice,frangi.
Prudenzio.
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35 prezzo Eindefinitaperfettibilità diche t’a-ttorni
,coll1esseredel paripronta a inde-finitamente corromperlie pervertirti.
I