LETTERE
ROMA E NAPOLI
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LETTERE
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ROMA E NAPOLI.
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LETTERE
su
ROMA E
Salve
MILANO
PRESSO ÀNT. FORT. STELLA EFIGLI
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LepresentiLettere,impressenella tipografia di Giovanni Pirotta, son poste sotto la tutela delleLeggi.
19 9
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LETTERE SU ROMA E NAPOLI.
LETTERA PRIMA.
i5 Novembre.
Radenti
colline del mioVarese, che disperai piùvolte di rivedere,eccomialfine tra voi. Respiro1’auranativas misiedo all1ombradel tetto paterno; lagioia mi occupa ilcuore. Dividila tu pure, mia dolceamica, tuche perlaprima porge- sti all1
anticocompagno d'infanzia,reduce dallelunghe peregrinazioni,paroledicon- fortoe difraterna benevolenza. Furonmi desse presagiodi lieto avvenire;eilpre- sagiosicompie! ed io quinegliozii tanto desiderati della vita campestre incomin- cierò quella narrativa dicui sìcortesemi
*** *
n
r ,r» *. *** * ' \ * -
6 richiedesti
;erinfrescando a
me
stessola^reminiscenza delle..mieperegrinazioni col tessertene il racconto, gusterò, oltre al piacere di farcosa a te grata, quello an- chediapprezzareviemmegliolatranquillità di cui godo presentemente. Imperciocché 10penso cheiviagginon debbanoamarsi perséstessi, e molto
meno
perla dis- sipazione cheinevitabilmentesi trascinano dietro;ma
bensìper1’istruzionechepro- curano, e perle gratericordanze chefor- niscono ai giornidel riposo. Nella stessa maniera chegli uomini di senno cercano diacquistarsiunafortunaindipendente, e quando l'hanno conseguita pensano non tanto adaccrescerla quanto a gioirne in pace tra gli onesti gaudii cheloro con- sentonogli agi, gliamici elapatria; così 11viaggiatore dopo avereper qualcheanno trascorsi i paesistranieri, ed essersifor- matanellamente unasuppellettiledibuone edutiliidee,devericondursiallasua casa patema, ed ivicoll’esperienza delpassato, elagioconditàdelpresente,prepararsiunDigìtizedbyGoogle
I
*1
fortunato avvenire. Tale sifu sempre il
mio pensiero; ebenchéio sia lunge dal- Tavereapprofittato abbastanzaper creder-
mi
nelcaso di che sopra tiragionava, e benchépossa ancora prendermi talento di nuoviepiù lunghi viaggi, pure ticon-
fesseròeh’iomi preparo a gustare con trasportoledolcezze diunavitastudiosa, tranquilla erhftrata; echel’idea divivere
imieigiorni incampagnalungedairumori, co’mieilibri ecollemiereminiscenze, mi conforta assaissimo.
Ma
queste mie remi- niscenze sivestono di assaipiùlieticolori pel tuo amico,orchebramidiesserneft parte.Già è trascorsarapidamentelamiapiù florida giovinezza tra i piaceri dicuiè prodigaall’
uomo
1’adolescenza, e l’af- fannodiacuimividi precocementecolpito.Con
tinte chiare e liete iocercherò di tratteggiareil quadro chedebboporti sot- t’occhio;ma
se alle gioconde m’avverrà dimescernediscure,ciònontifìadiscaro, ch’io nonignorocome
per indole tusia-8
proclive a lasciarli vinceredaquella dolce inalinconiachemi confessasti parertipre- feribile allagioiaromorosa. Io pertantoin- comincierònella ventura mialetteraquella narrazione chetu brami, e chem’è si caro di doverti fare;edintanto t’invioun cordiale saluto.
LETTERA
ILIlForo.
t
» Entravaio già nell’adolescenza, quando miopadre,
1’amico miglioreeli’iom’avessi ,
e chemorendo milasciòorfano e incon- solabile quando maggior uopoiom’aveva del suoamore e de’suoi consigli, mifece partirper
Roma
accompagnatoda unsag- gio precettore. Eglivoleva che il primo sviluppo dellemiefacoltàsi facesse nella sededelle belle arti e delle grandi me- morie: e difatto è là chemipane
di aprirgli occhialla luce. L’ aggirarmi fra lerovine venerabili di quella capitale, ilDigitizedbyGoogle
9 leggernecontemporaneamente lastòria in Tacito einLivio, il visitarnelegallerie edi museidovei capi d’operadella pit- tura e della scolturareligiosamentesicon- servano, l’assistere alle pompose ed im- ponenti cerimonie delVaticano: tutto ciò, durante idueanni ch’io mi trattenni in
Roma,
fecesulmio animo un’impressione che il tempo non saprà mai cancellare.Quand’io passavaper laVia Scellerata ,
dove Tulliacalpestò colcocchioilgiacente cadaveredel genitore, io mi ripeteval’e- nergico racconto diLivio,elememorabili parole chegli danline. Quand’io mi af- facciaialForo
Romano,
che ora perl’u- milq sua destinazioneCampo
Vaccino sichiama, quando seduto sopra uno degli infranti capitelli corinzii del tempio di Giove Tonante il mio sguardo errò su quelleinnumerevoli rovine ditempli, di archi edi colonne:
Ohimè
! sciamai,egli è dunquequestoil Forochefucentrodi
Roma
cdelmondo
; ilForo,teatrome- morabile di si grandi avvenimenti e diio
tante tragedie!
— P
areaini divedere an- coratraque1 ruderi alzarsi Piniquo tri- bunaleda cuiAppio pronunziava lasen- tenzache costòlavitaallaVergine, e re- stituì aRoma
la libertà; mi sovveniva delleparoleconche chiudelo Storicola tremendanarrativa: «e diVirginia, più ufelicemortacheviva, l’ombra irritata,u dopo d’avererratoper tante case alla Vricercadei colpevoli, non avendone la- tisciato unsolod’impunito, finalmentesi
«posò».
—
Presso quel tempio Gracco era perito; e Scipione ingiustamente ac- cusato. «È
questo, dicevaalPopolo, il dìanniversario della presa di Cartagine4 andiamnea ringraziaregli Dein,»—
Quelcarcere che Mamertino ancorasi chiama, e chelapietà deiFedeli ha salvoperchè è fama che il principe degli Apostoli vi 6Ìastatorinchiuso, suonò un tempodel- Fultime grida dell’implacabile Giugurta
;
ederan certamentegridacheimprecavano a
Roma
solitudinee rovina.Oh
s*eglial- zasseorailcapofra que’ ruderi,e io giroDigìtizedbyGoogle
Il
torcesse gliocchi,-scintillantiancora dello sdegnoantico
, oh come ei gioirebbe in veder compitaingran parte la impreca- zione!
—
Di quile parole di Siila, di Cesare, diPompeo
portavano fino agli ultimi confini della terralapace, olospa- vento.—
In questo Foro invocava Cice- rone sull’iniquo capo di Catilina la tre-menda
ira de’Numi; e lamozzatesta di quel grande oratoremisiaffacciava all’im- maginazioneatterrita,grondantedisangue, ed infissaaque’Rostrimedesimidaiquali egliavea tentato inutilmente di ridestare nel cuore de’suoi concittadini la prisca virtù.— Da
quel colle, il Campidoglio(
nome
immortale!) , Bruto mostravaalla moltitudine spaventatail pugnalegrondante delsanguediCesarei—
inquestorecinto si radunavaa parlamentoilprimopopolo della terra;-
e su queste enormipietre che dopo avere sfidato per venti secoli l’ingiuriedel tempo lastricano ancora la via, trenta re furonotrascinatiincatene, e resero più splendidoil trionfo de’v»n-12
citori.
— Quand
1io guardava l'arco di Settimio Severo, che sorge in mezzo alForo, iopensavaconun Moderno «
Tu*
uinanità geme alnascerediun compósta-
« tore, enon haper confortose nonla u speranzadisorridere alla sua Lara »;
ma
vedendo pocolunge sorgerel1arco di Tito, mirallegrava discorgere salvoan- corail monumentodiquell’ottimoprincipe^È
chiuso ilForo dal latodestrodauna verdeggiante collinetta, sucuidistendonsi gliamenissimi Orti Famesiani. Meraviglia dell’universo la Casa Aurea di Nerone erastataedificatasuquell’altura medesi- ma.Vasti peristili,sale ricopertelepareti dimarmo
orientale,eilpavimentodi pre- ziosimosaici, vifaceano mostra deipro- digidell’anticascultura.A
taleimmagine contaminatadal detestatonome
diNerone:«Tristo colui,esclamauneloquente scrit- titore, che1’arti belletrasse dai templi udellaDivinità a decorar; 1’albergo dei umortali! L’ opre sublimi del silenzio
,
u della meditazione e del
gemo
cagioniDigitizedbyGoogle
ii
i3 u divenneroallora, stromerttietestimoni!
«dellepassionipiùbrutteede1più grandi
«delitti».
La
sensazione più profonda ch’io pro- vassiaRoma
si fualmirarela statua diPompeo
,pressola qualeilDittatore ferito sicoprìgli occhi,e spirò.Ilmio sguardo si fissavasullemarmoreesue pupillequasi interrogandole;e lamiafantasiasifigurava su quel lungo panneggiamento consolare gli spruzzi di sangue,dell’eroe trafitto.Nell’immaginazione de’ giovinetti Cesare è l’idealedel sublime;ed ilmiocuoreforse perlaprima voltabattè vivissimamentea quell’altissimamemoria.
Egli è tra que’monumenti eli’iopassai idueanni migliori dellamiavita. In quel-
1’etàfortunatalamenteèsgombra diogni affannosa sollecitudine: latristaesperienza nonancorahadissipata laridente illusione checiaccompagnanegli anni primi; e il
cuore, chiusoaldolore,è tuttoapertoal piacere.
.
Leti.R. N. ' i
*4
«
Ma
ohimè! che splende alquanto e più non torna«II soave mattindinostravita!
uSplendeenontorna piùquellacheinfiora
« Gli anni primi dell’uomsìdolceaurora ».
Ma
nonèl’aurorade’miei giornich'io midolgocol Poetadiveder fuggita per sempre: nè m’affannaquel rapido corso deglianni che inosservatamentemi adduco allavirilità,emi avvicinaallamorte
;
ma
chimi ridoneràquella gioiapura e viva»
mentesentitaquandoiocorreva a diporto
icolli deliziosidiAlbano, diTivolie di Marino? Chimiridonerà quelriso figlio d'un'anima tuttalietae serena? Chi mi ridoneràquellecommozionivivissime eh' io disfogavacolpianto,quando,aggirandomi fra lerovine,il mio Mentore miragionava dei prischi esemplieh'esse ricordano di magnanimità e di valore?
No,
Erminia!niunomiridonerà mai nella vita quelle sensazioni inesprimibili, ela cui rimem- branza mistrappadagliocchiunalagrima amara.
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i5
Ma
non dimalinconiaiodivisavaintera tenerti;d’altrosarebbemi oraimpossìbile, Addio.LETTERA Ut
ISepolcridi Roma.
Roma! Nome
sacro adun cuoreitalia-no:cittàimmortale che ricordaun abisso di gloria,eunabisso disventure!Di
Roma
io tiscriveva, quando,compreso dain- volontariatristezza, fuicostrettoa tacermi, L’ immagine diquelle squallide e vene- rande rovine aprendo e disponendoF animo allemalinconiche meditazioni, il inio e Funiversaledecadimento delleumanecose inidipingeva connegri colori nella fantasia.
Egli èpurconsolantenella vitailpen- siero chelepersoneanoicaresentano al
pardinoi:nè mai questo pensiero fecemi provaremaggiorconforto quanto oggich’io tiscrivodi
Roma
, in cuinon è pietra,nonrovinachenonabbisogni
,per parerò
i6
splendida ancora atraversola scuratinta deisecolichela degrada,d1un’immagina- zione qual è lanostra non isvanita per
J 1
età., non agghiacciata dai vili calcoli dell’egoismo. L’
uomo
volgarerifugge al- ridead’un cimitero: chèaltro einonsa trovarvi fuor dell’immagine della morte, per lui il pessimodei mali; eRoma
,chealtroè ellamai senon unvastoci- mitero? Che altro v’èinessa di vera- mentegrande senon isepolcri?
Le
reli- quie de’secolie le illustri reminiscenze sonmuteper coloro che s’abbandonanoallamollezza,e temono distrapparsi al mortale languore in che si giacionoim- mersi;
ma
tu, nel cui petto èpenetrata ladivinafiammaanimatrice delle bellearti-,tu rintendi.lavoce eloquentedellerovine edelletombe(j).Sì,latuaanima avrebbe
(i)Oisifsdenoscilés
fdontlamollesgeextreme JSeveutque desplaisirsouVonsefuit soi-nicmc, Quicraignez desentirfiéveillervos kingueursy
Ccssilessplitairessonimuetspourvosccew's
;
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uditaquella voceusciredalfondo del se- polcrodegli Scipioni, e ricordarediquegli eroi imagnanimi trionfi,lamodestianella * lietasorte, l’invittacostanza nell’avversa;
ed avrestisospiralo al ripensare che tra quelle ossa famose non posavano quelle delvincitordi Cartagine.-Iom’aggirava compresodareligioso terrore per quegli oscuricorritoi;equando, spinto dallacu- riosità,posila
mano
entrounodegliavelli dischiusi,ene latrassipiena distritolate ossapolverose, unbrivido per levene mi corse, ricadderoi frantuminell’urna, epunsemiil rimorso d’aver osato toc- care conmano
profana quelle illustrireli- quie. -Quella vocemedesima,ma meno
ri- suonante,ma
piùcommovente, tisi saria fatta intendere nelle Catacombe. Questo inestricabile laberinto di sotterraneiinfondeMaistoiquidesbeauxartssenslesjlamm.es di- vines
Tondme
entendlavoixdescercueils,desruines.Légouvé.
2*
i8
nell’animann sentimenlodi religiosoter^
roree raccoglimentoi le suevolte sepa- ravanoun giorno isuoi abitatoridall*uni- versointero: lemarciedegli eserciti, le ruote de’ carritrionfali,ilcrollardegl’Im- perli,visisentivanoappena.
Fu
teatro della rassegnazioneedellevirtù deiprimi Cri- stiani: virtùtantopiù splendideagli oc- chi dell’Eterno quanto più ignorate; o quegliantichiConfessoridellaFede,collemembra
giàtronche per le sofferte tor- ture; e quelleVergini sante consolatrici de’ soffrenti; e que’ministri infaticabili dell’altare, che anelando almartirioesci- vano arecareiconfortidellaReligione a chine avead’uopo:tuttilietamente, av- vicinandosialfinedi questavita breveed affannosa,unafossasiscavavano ove dor- mire ilsonnodi morte.Nè
la rozza la- pide chelachiudeva,ilnome
,o levirtù ricordava deldefunto: quelle anime can- dide,nonlafama, ola posterità,ma
Dio credevanoessereilpiù fedelecmemoro
rimuneratore delle opere buone. QuelloDigitizedbyGoogle
*9 fosse, dallapietà deiFedéli dischiuse,dili-
gentemente frugate, offronoorauna serie interminabile di apertebuche,percuison aspre elugubrile paretidel sotterraneo; anchela voltaè fessain piùparti:vipe- netrae fischia ilvento; e crederestiudire talvoltalontanamente la monotona e pia cantilena degli antichi Cristiani,cuil’eco ripercuotee prolunga.
L’aspetto delle rovine edèlia solitu- dineanchenei giovani petti
« Stillaildiletto
« Del meditar »;
cderamisovrammodo carod’aggirarmiin quella parte dellacittàche èaffattovuota d’abitatori. Làinmezzo aifruttetiedalle villesorgonotrattotratto de’palazzi di- sabitati e delle magnifichechiese,cheme- _
scolano
m
simpatica maniera leloroforme architettoniche all’amabile disordine della ricca vegetazione che li circonda. Sulla Via Appia mirai unatorresolitariaemar- inorea:n’ era merlatalacima,perchènei bassi tempiservì difortezza;indical’iscri-
20
zionelatinaesserquellalamagnificatomba che Crassoil Triumviroinnalzòa Cecilia Metella sua moglie. Entrainellatorre, e
mi
sedei sovraun sasso:1’erbeparassiteve- stivanoTinterno del
monumento
de’ loro giritortuosi; l1
alto mi dischiudeva allo sguardo ilcielo,il cuivivaceazzurro va- gamentecontrastavacolle candide nuvo-
lette lequali, spinte dalventomarino,vo- lavano rapide verso 1*orizzonte, e scom- parivano successivamente: parcanmi desse T immaginedelleumane cose. L’ aspetto delsepolcro,ilsilenzio,noninterrottoche dalsusurrare delvento, o dal ronzio di qualcheinsetto,e lamemoriadiMetella, chefu bellaedinfelice, tutto contribuìa riempirmi 1’animainquel luogo diuna voluttuosatristezza.
Le
spoglie mortali delCantordiGoffredo posano nella piccola chiesa di Sant’-Onc- frio,collocata sulla cimad’unacollinetta appartata. Alloscorgere la semplicissima pietra sucuista scritto: « Qui giacciono,tt leossa di TorquatoTasso. Ospite! af-
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21
ufinché tunon loignorassi i monacidi v questoeremoscrisseroqueste parole(i)».
Infelice! iosciamai
, dopo aver vissuta traideliridiun amore sventuratoedin- sanabile,e trale amarezze d’uncarcere obbrobriosol’affannosatua vita, erad’uopo, perchè nonperissela memoria delluogo ovetrovasti1’ultimo e pacifico asilo,che monacioscuri scrivessero iltuo
nome
im- mortale sulsasso modesto clic copre le .illacrimate tueceneri!Ohimè
!cosidunques’onorano in Italia i grand’uomini/ nè bastanoa tormentarli in vitalapovertà e
F
umiliazione, che persinooltre lamorteliperseguitalacodardaira degl’ invidi, e quei funestodelirio che haresonemici i fratelli,edhasquarciatoil senodellama- dre comune/ Dante non ha tombain Fi- renze; un monumento espiatoriononoc- cupaancorail sitaov’ arsero i roghi ne-
(i) Torquati Tassi ossa/ticjaccnt.
Hoc
}ne nesciusesses Itospes ,Fralrcs hajusEcclesia; posucrunt.
22
fanrìi di Bonfadio edi Doleto: le loro ombre conquella di Galileo e di cento altri illustri sventurati si raccoglieranno sdegnose intorno la squallida tomba di Torquato,e griderannoanatema contro1*
patria sconoscente.
Ma
allontaniamo da noiquesteideepiù lugubri ancoradei sepolcri. Seguimi al Panteon, ilpiùvago ebenconservatodei romani templi. Visiveggono oggileim- magini ele urne sepolcrali di alcunice- lebri artisti;e iltuo sguardosifisseràdi preferenzasuquellache s*onoradelnome
diSanzio,e vileggeraiqueldistico;
« Quivi è quelRaifuelcuivivo vinta a Esser credè Natura,emorto,estinta(i)»«
w IIvenerevole aspettodell'egiziane co-
ti lonne, dice TAutore delle Notti Ro-
ti
mane
,ilnome
illustre d1A
grippa scol-ti pitosullafronte dell1atrio,ilcolor fosco
(i)lUe/ticestRaphaeltimuitquisospile , vinci
Rerum magna
parensjet inol iente ,mori.
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\
*3
tf delleSuepareti,chefaVstimonianzadel
« vaporedell’antico incenso e del fumo udi vittime arse, occupavanmi la mente adi severe contemplazioni. Sembra che u ancora suoni frale preziose colonneil
u muggito dei tori condotti all’ara; la
a maestàdelluogoeccita cosi nell’anima
«laricordanza diquegli splendidiritiche u sembrano presenti».
Vieniper ultimo,oErminia,sullasponda del fiumeche torbidoe obliquos’asconde fra meschiniabituri, e sfugge via inos- servatoinun angolo dellacittà quasiver*
gognando d’appellarsiil Tevere.Làsorge unamplissimo edificio:quadrangolaren’è labase, da cuis’alza una molerotonda,;
sonmerlatele cime, edelle feritoie s
1
a- prono inognidirezione, e lascianoscor- gerelebocche minacciosedeicannoni.Fra quelle tetremura èla carcere diStato:è questoilCastello Sant’-Angelo;
ma
sappilo conmeraviglia, quelmonumento
era stato erettodaAdriano per accogliere le sue ossa.Stolto!eifu vanosin oltrelamorte.Le magnifiche Colonne, le statueinhurne*- revoli,i bronzi preziosi che facevano di questo mausoleo l
1una delle meraviglie dell’universo, servirononeitempidimezzo, inmanode' varii partitiche occuparono
Roma
,d’armi difensive*Da
quellemura
isoldatidi Belisario,diNarsete,diCre- scenzio rovesciavanosugli assediatoliicapi d’opera dellagrecascultura; 1’effigiedei
Numi
e degli Eroiinmano
a que’bar- baridiventarono stromcntodi sterminio, ed infinite vittimeumane
bagnarono del loro sangue quel sepolcro fatto teatro d’atrociguerre.MiserandaItalia! perfino!monumentidell’anticatua grandezza con- correrdoveanoallatuarovina!
LETTERA
IV.La
Valled’Egeria.Non
lunge da una delle apertureche perlo scoscendimento della vòlta aprono allalucediurna le profonde Catacombe,DigitizedbyGoogl
%
25 fuor di
Roma
duemiglia,sorgeun bosco folto ed annoso, checolla dolcefrescura invita al passeggio edai lieti pensieri. Il terreno ineguale ed erboso aggiunge leg- giadria alsito;eungentile rivolettoscotte limpidissimo a travetto i fioridi che si smaltailprato daisuoi perenniumorinu- drito. Ioseguitava ungiornoilcorsodelle sue acque susurranti,eriposava su quel ridente quadro la mente sbigottita dalle dense tenebre in cui per la spalancata boccadel sotterraneoilmiosguardo s*era perduto poc1anzi.Un
antico delubro misi offrìalla vistasulla cimad’un colle,e lo circondavano inpittoresca guisa altis- sime quercie; rotonda n1era laforma, piccolala mole,senza marmi,o colonne:
annunziavaFestrema suasemplicità eh’esso Fopera certamentenon era di que1tempi incui Giugurta abbandonando
Roma
scia-mava
sdegnoso: u Città venale! già già u presso aperire se trovi uncomprato-tire
(»;
ma
bensì diquelliincuiCamillo strappavala spada all1iniqua bilancia diLeti.R.N. 5
a6
premio, enoncoiroro delriscatto,
ma
colferro•liberavala patria.
Una
cornice sull’alto formail soloornamento diquel tempietto; e quella cornice inghirlandatadi foltissime edere, dà altutto insieme l’a- spetto d’uncesto diverzura e di fiori.Là,Erminia,il feroceAlfricano ritorse il
piede pertrovare lasua rovina nelle ca- puane pianure: grati iQuiriti dell’inspe- ratosalvamento dicarono quel tempioal Dio Redicolo,vocabolo derivante da redco9 che involgare suona ritornare,retrocedere
.
Così con semplici monumenti ricordava quel popolo valorosolegrandi cose.
Oltre quel delubro, venerabileagli oc- chi ditutti coloro chele virtùpatrie de- gliavi nostri diligentemente coltivano ed onorano, seguendoilcorso delruscello
,
mitrovai condottolàdove sorge.
Imma-
ginatiunaspezie dicella ampiaemezzo caduta; suldinanzi cespugliodorosidica- prifoglio;sull’alto1’edere che s’abbarbi- cano allerovine,eformanountettoverde e giocondo;sul fondo unastatua diNa-
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V
jade coll*urna, tuttarosa dal tempo; a lìanco la fontanache sorge daterra,gor- gogliante e freschissima, la quale dopo aver formato nell1interno un trasparente laghetto,esce poi fuori,e si raccoglienel prato:nè manca aquesto luogo lamagia di ungran
nome
:è questa lafontana, la grottad’Egeria: egli èqui cheNuma
si ricovrava,e siccome responsi dellaNinfa quelle leggi dettava cheil suo popolo, dibellicoso e feroce,col salutare terrore de’Numi
render dovennoin breveincivi- lito edumano.Non
dubitasti tu mai, o Erminia, sesienostate lesoleconsidera- zionipolitiche che conducessero il savio renelbosco appartato{Non
tipareglive- risimile che ilseverolegislatore depones- se inquesto asilodipace lo scettro gre- ve ele pesanti curedel regno, perri- posarsi nelle voluttuose braccia dilei che Egeria e sua deaegli appellavaìQuel sito delizioso aveami riempita la
mente d1immaginiridenti
, quando a tur- barlecon funesta rimembranza,misipre-
. 28
sentarono, nel ritornare verso lacittà ,
gl
1
immensiavanzi delletermediCaracallai di quell1empio che, trucidando l
1inno- centefratelloinbraccio allamadre, pro- nunziò quelle memorabili parole, il cui energico ed eloquente laconismo io cer- cheròinutilmente di renderti:SitDivus,
dum
nonsitvivus.—
Sia egli purcol- locato fraglidei,purché nonsiatra ivi- venti!
—
Rientrato in
Roma
iom
1avviavaacasa, quandovidialcunepersone accorrere alla chiesa dei santiNereoedAchilleo: spin- scmila curiosità a seguitarle.L
1internodeltempioera illuminatoda numerosi ce- rei,e inghirlandatodifiori;alcunisacer- dotico1sacri arrediindosso stavano intorno all1aitarmaggiore, e dinanziaquestouna giovinettaelegantementeabbigliataeraritta inpiè.
La
sua fisonomia eramesta,ma
di quella mestiziachesi comprimeinfondo al cuore: scolorateleguance,semiaperta la bocca, chinate le pupille, istupidita ella parevainquelmomento.Le
si acco-DigitizedbyGoogl
29 starono iparentia darleilbacio d’addio:
ella mostrava appena di raffigurarli.
Un
istante dopo il Vescovo che officiavasì preparòa compierelacerimonia:pronun- ziò leparole dell'abjuro, ch’ella con voce debole ripetè dopolui; poi pigliato un ampio velo nerole siavvicinò. Si scosse la giovinetta a quella vista, si fecer rossele sue gote, per la prima volta alzò le pupille; e volle il caso eh’ io fossivicino alparapetto,e chei suoibe- gliocchi, velati d’una lagrima, cheli
rendea piùbrillanti, nelrapido giro con chepercorserlachiesa,s’incontrasseroan- checoi mici.Credilo, Erminia,sineh’ io vivonon dimenticherò maiquellosguardo.
Oh
quantiaffetti diversi parvemi eh’ egli esprimesse! Mi piombò sulcuore; el’i-* dea chequella erauna vittima sacrificata avili calcoli, eforse violentementestrap- pataai voti d’unamante riamato, m’in- vasesì, chemi sentii tentatod’interrom- pere il rito co’miei gridi, e di chieder pietà per 1’infelice.*Ma
timido cadolq-o
oo
scente ionon osai tanto;ilmio affanno ,
neiristante che il velo coprì per sem- pre il volto dellagiovinetta, fusì violen- to, eh’ iom’appoggiaial mioprecettore pernon cadere a terra. Eis1avvide,al- Tinsolitopallore,ch’iostavaperisvenire:
m’addusse fuordellachiesa; làTana pura mi restituìinbreveleperduteforze,
ma
nonpotèrestituirmilaserenitàdell’anima, che per lungo tempoperdei.LETTERA
V,IlYelabro e ilColosseo.
Nel Velabro, oggiuna dellepiù abban- donateparti,ed un tempoilquartierepiù splendidodi
Roma
, sorgeano numerosie magnificimonumenti, di cui rimangono tuttodìnobili avanzi:lobagnail Tevere, lecui acque conservano ancora 1’aureo colore cantato da Orazio; sorgegli poco lunge dalla rivaTarco diGianoQuadri- fronte,intatto ancora, benchéi merlicheDigitizedbyGoogle
3i necoronano ilfastigio indichino ch’ei fu teatro di militarifazioni.
La
pesante sua mole marmoreapotè resistere e all’urto degli arieti,edall'azione del tempodivo- ratore. Sbocca piùin là nel fiumelafa-mosaCloaca Massima, opera indestrutti- bile degliantichissimi re.Suquellesponde crebbe ilFico Ruminale,al cuipiè Ton- de del Tevere deposero ilpiccol cesto che racchiudeva i fati dell’ Italia e del mondo. Vi sialza pure iltempio di Ve-
sta.
Un
elegante peristilo rotondo dico- lonnecorinzielo circondava;e benchégli interstizine sieno statimurati con barbaro divisamente, scorgcsi ancoralaleggiadria dellaforma. Quandoio visitai queltem- pio,nellecui celle secrete e impenetrabili si custodivailfuoco sacro
, ionon aveva ancorapalpitatopermille affettidiversi allo scorgeresullepatrie scene rinnovata1’an- ticatragedia
5io non aveaseguitatalaVe- staleinfelice alCirco, ov’ella aprì incauta
ilcuore allaprepotente passione; ionon a\caascoltatelesue querele nellasolitu-
02
dinenotturna; nèaveadivisoil suo spa- vento alloscorger d’improvviso1’amante, poilagioiafatale a che s’abbandonava, cedendoalledolci epossenti paroledi lui;
ionon
m
1era sentito ancora gelar ilsan- gue almirarladarel’ultimo amplessoallecompagne, escenderviva nellatomba.
Oh
comequel prodigio dell’artemiricondusse vivamente colla fantasiaa questo tempio di Vesta ch’io ti descrissi, e a quel
Campo
scellerato'su cuinon viè pianta che spanda un’ ombra benefica, non un fiorechespunti;ma
lotappezzano chine a terrapoche erbeinaridite dal solcocen- te, nè rinfrescatemaida zefiro,oda ru-Dal Velabro io volsiun giornoilmio
solitario passeggio verso il Foroche gli stapresso; e là,dopoavererrato tra le innumerevoli rovine che lo ingombrano, entrainelColosseo,emiviriposaiseduto sulloscalino d’uno deglialtaridellaVia Crucis, lisol cadenteferiva lacima delle galleriecogli ultimi suoi raggi. Io consi-
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33 derava,dall*arenaove scdea
,queiquattro ordini d1archi sovrapposti innalzarsi da unLato superbi, ed aprire dall’altro ai raggidella luna, chetacitas’alzava, una larga breccia,opera più de’Barbariche deltempo, percui ellacominciava atin- gere dipallido argento levolte opposte.
Giàgliultimi crepuscoli stavanoperisva- nire: regnavanell1anfiteatroilsilenzio; lo rupperolepreci dell1eremitacheinquegli avanzihadimora, e che nella sua cella intuonava il Notturno. Tutto tacque di nuovo. Qual momento, Erminia,'per un’a- nima a cuinon son mutelegrandi, le nobilireminiscenze! Qualpace inquell1a- renaintrisa di tanto sangue! Qualsilen- zioin quell1aure da tanti lai percosse!
Qual solitudine in quelle gallerie, nelle quali, adagiatosumarmoreiscanni,ilpri-
mo
popolodella terra pascendosi d1un atrocespettacolo perdonava a1suoi despoti le ferree catene con che l1
avvinceano!
Qual tranquillitàin qpelrecinto, dove|e più torbide e ferocipassionicon urliec-
/
34
cheggiantisi disfogavano! Glialtari della Via Crucis là dove perivano i Martiri;
r
edere e i caprifogli là dove splendeaT
oro elaporpora;un mucchio dirottami làdove sedeanoiCesari;ilcanto dell’e- remita là doveruggivano lefiere: quali argomentidialtissimee severemeditazio- ni!..E
quella Verginebella e feroce (i) chedall’altodella loggiaalveder cadutoilgladiatore sottoi colpidelsuo antago- nista,non contentadirovesciareil pollice (segno checondannava ilvintoallamorte), gridava esser quellele^sue gioie, le sue delizie,qualfuria1’agitava{
E
que’Ro- manidegeneri,percuierad’uopopascersi della vistadi tanta carneficina,ond’ esser lietie beati,qualfrenesia limovea?
Oh umana
natura! tu paghi atroppo caro(i)Etquoties vietorfcrrumjugulo in- sertiy illa
Delieiasaitesse suas
,pertusque jacentis Virgomodestajubet}con\>erso pollice,frangi.
Prudenzio.
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35 prezzo Eindefinitaperfettibilità dichet’a- ttorni
,coll1esseredel paripronta ainde- finitamente corromperlie pervertirti.
I
LETTERA
VI.Roma Moderna.
*
u Nullav1ha disi bello, scriveinuna u lettera l
1eloquente Autore del Genio
« delCristianesimo, quantole linee del-
«l 1
orizzonte romano
, quantola dolcein-
«clinazione deipiani, ed ilprofilo soave a e fuggevoledeimonti chelo terminano.
« Soventelevalli piglianoformed1arena,
« dicirco, d1ippodromo
; irialzirassomi- ugliano a terrazzi, quasi la
mano
pos-ti sente de1Romani avesse smossa tutta u questaterra.
Un
vaporparticolare,sparso«nellelontananze, arrotondagli oggetti ,
« efa sparire ciòchevisarebbeditroppo
« duro e marcatonella loro conformazio-
«ne.
Le
ombre non sonvimai pesantie« nere; nèv’haoscurità nelle roccie, o
36
« nei fogliami, entro cui non s’insinui
«qualche po’di luce: unatinta singoiar»
u mentearmonica maritailcielo,laterra ,
uleacque. Quando il sole stapertra- umontare,leQinedeimonti deliaSabina u sembranodi lapislazzulied’oro, mentre
«la lorobase è immersa in un
mar
di« vaporid’unatinta violettaeporporina;
«talvolta appaionobellenubi sottoappa-
« renzadi lievi cocchi, portate con una ugrazia indicibilesull’ ali delvento della
«sera,lequalifanno comprendereleap-
«parizionidegli abitanti dell’Olimpo in u questocielomitologico;talvoltadirebbesi u che1’antica
Roma
ha stesa nell’ocei- u dentetuttala porpora de1 suoi Consoli« e de1 suoi Cesari sotto gli ultimi passi u delDiodel giorno. Questo magnifico a spettacolonon iscompare sìprestocome n ne’nostriclimi: quando tu crediche i
ucolori sienoperisvauire, tulivediria- u nimarsi inaltraparte dell’orizzonte,un u crepuscolo succede ad un crepuscolo,
«ela magica scenasi proluuga ».
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37
Ma
sela Natura, di cui non v’è di Chateaubriand nè più fedele nè piùelo- quentepittore, ha rallegratoil suolodiRoma
dell’orizzonte cheei ti descrive ,l’indole dicoloro che l1abitanoè tale di destarenell’animo tuo una penosissima meraviglia.Itratti giganteschi con chela storiacidipingei Quiriti, sicrederebbero favolosi tragli odierni abitatori dei Sette Colli:crescono in mezzo alle rovine, e dalle rovine nulla traggono se non un sentimentodi bassezza e di umiliazione; cangianoi templi in stalle; il Foro in mercatodibestie: non si meraviglian di nulla.
La
loro inerziagiunseatale da la- sciare che si cangiassero in elementi di pestilenzai doni di cui la natura s’era mostrata prodiga versodiloro.Le
cam- pagne, permancanzadilavoro e di ope- rosità, dicoltivateefeconde, diventarono spaventose pervacuità di spazii intermi- nabili,perlaghetti d’acque putridee sul- furee,per avanzi d’acquidoltie di sepol- cri fatti asilodimalandrini: per manieraLeti.R. N. 4
ss
che la cittàè cinta tTuno squallidoemal sicurodeserto.
Nell1interno le contrade sono ampie
,
vuote ederbose; rompe ilsilenzio piaee- volmenteil romordell1acque cadentiche
gliacquidosi non cessauodi tributarein.
larga copia, e chela magnificenzad1alcuni Pontefici,eparticolarmentediSistoQuinto, distribuì inmarmoreefontane.
De
1giardini sono frammessi sovente allecase;ilfasti- gio de1 tettiè verdeggianteper l1erbeche
vi crescono; mandre di capre corron le vie guidate da montanari degli Appennini perfornire icittadini di latte: tutto ciò dà all1antica capitale del
mondo
unaspetto assaidiverso da quello delle altre città europee.Roma
circondatada inculticampi,quasi vuotadi abitatori, condannataa respirar nellastate un1ariamalsana, manticnsido- viziosaed alteracolle sue rovine, ed ilsuo
nome
, che èla più splendida delle rovine.DigitizedbyGoogle
LETTERA
VII.39
Il Vaticano.
II Vaticanoè ii principaleornamento di cuiva giustamente superba
Roma
moderna.Alcuneloggie diquesto palazzopontificio, dette di Raffaello,vennero,da quell’ arte- fice dipinte con tuttala grazia e la leg- giadriadel suo pennello;
ma
egliènelle saledenominate anch’essc dal suonome
cheSanzios’alzò amirabile sublimità.Là
tu titrovi colleMuse
sul Parnaso, e iltuo cuore giàcedeall’incantodellapoesia e dell’ artibelle; là tu ti siedi trai filo- sofidella scuola d’Atene,e latuamente giàs'aprealle severedottrine di Zenone, e giàil tuoorecchio è blandito daisogni ridentiche escono,comemele, dallelab- bradel divino Platone; nell’incendio di Trastevere laverità dell’esposizionet’in- cuteterrore; in S.Pietro visitato nel car- cere dall’Angelo, la celestialevisionet’in*
fonde conforto esoavità.
Le
pareti inani*4o
mateparlano in quelle sale dei miracoli dell’arteanimatrice; ed èfiamma divita quellache splende suquellemuraeloquenti.
Ma
passiamo adaltresale.Non
delsolo Urbinate si onoraItalia: di pittori, scul- toriedarchitettieccellenti ella fumadre
feconda e maestra.È
questo ilvanto ehe tempera solo Tamarezza del suo decadi- mento.Come
Ossian, diventato cieco, porgeal1orecchio con diletto al canto di Malvinaricordatore degliantichisuoi fatti
,
edilsuonodell1arpa calmavailsuo dolore
,
cosìquestaDonnavenerabile, nellarimem- branzadellagloriaprisca e nelcoro delle Muse, si consola di sue sventure: in queste sale siconsola, ov’io ti guido, ed overifulgono i monumenti della sua su-»
periorità nelleartibellesututta Europa.
Questi dipintiservironoun tempo inriva alla Senna ditrofeo, che più labaldanza deivincitori ricordava, che la viltà dei vinti.Ritornarono,dopobreveesigilo,sotto quelcielocuin1eradovuta laispirazione.
Ma
egli è nella Cappella Sistina cheDigitizedbyGoogle
4«
stailprodigiodellapittura. All1affacciar»
misi dell’immensaparete su cuiMiche- langeloraffiguròilgiudiziouniversale,
men
rimasidapprimasbigottito econfuso:Yani-ma
diDantehatrasmigrato inBuonarroti;il pennello dell’uno, la venapoeticadel»
Taltroseguono unamedesima ispirazione:
e scoppiadovunque, suo malgrado,l’ener- gicosentire che tende al sublime. Eccoti in brevelaspasizione delfamosoGiudizio.
Il Redentore è sull’alto circondato dai Coricelesti, e in atto di fulminarla sen- tenza; a’ suoi piedi i Serafini suonanle
trombe: s1apre al tremendo squillo la terra, e rigettalenude ossa cheaccoglie;
le qualisiavvicinano, s’uniscono,eicorpi si formano;idemoniafferranoidannati:
mille gruppi e mille lotte diverse sonvi createdallafantasia di Michelangelo; gli spiriti beati s’affaticano aneli’essi nella ricerca deglieletti: seli portan via nel- l’aria, alzandosi versoil cielo, inseguiti dagli spiritiimpuri, che vorrebbero loro ritogliere latremante preda;altridemoni,
. 4 *
4» /
«ulbasso, già cominciano a dilaniare ì corpide’reprobi; e qui l1energico pen- nellodelpittore seppe ritrarrela cosa al vivo per
modo
da far rabbrividire. Pec- catodie questo fresco sia stato deturpato dal pennellodel Volterra!(i) Cosìla su- perstizione e rignoranza corrompono le opere delgenio.Nella biblioteca del Vaticano si con- servano que’codici famosi a cuile gre- chelettere e lelatine debbono in gran parteilloro risorgimento. I tesori del-
P
anticadottrina,chiusiagliocchi de’pro- fani, vi s’ascondonoin vasti armadii di cedro: unaricchissima collezione di vasi etruschi, bellissimi dipinti, busti, ogni maniera di sontuoso apparato, concorre a rendere questabibliotecalapiu splendida dell’universo.(i)
Un
Pontefice soverchiamente scru- poloso diede incumbenza a Iacopoda
Volterra} mediocrepittore, di vestire inudi del Giudizio del Buonarroti: ilche venne eseguito in
modo
ridicolo; econ
isco/tciodi (picicapolavoro.
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43 Nel Musco Piodementino, ove ilma- gnifico Pio Sesto, caldamente assecondato dal suo successore,raccolsee distribuì in salesuperbe lereliquie, disperse in pria
,
dell’anticascultura,il Perseo ediPugil- lalori di Canovaosano starea confronto dell’Apollo edel Laocoonte.
—
Diquesti capi d’operaiopensointer- tenerti;e setiparranno adorniimieicon- cetti,ti confesserò cheme
li prestarono in parteWinckelmann e Dupaty,maestri sapientissimi di belle Bili. Incomincio pertanto dall’Apollo.— Una
primavera eterna,qual regnane’ beatiElisi,spande sulle virili sue formeipiacevolitrattidella ridentegioventù: non vi sono nervi nè venecheai suo corpo dieno ineguaglian- za,omovimento;pare cheun soffio ce- leste,similea fiume che va placidissimo, tutta n’abbiaformatala superficie; i suoi occhi son pieni di quella dolcezza che mostrar suole allorché lo circondano le Muse, e loaccarezzano; egli hadi Giove la fronte, gravidadellaDeadellasapienza.rlosopracciglia,cheilvolersupremo.ma-»
nifestan co*cenni; hagli occhi della re- ginadegliDei;lamorbidachioma,simile a teneripampini, scherza, quasiagitatada molle auretta,intorno al divino suo capo.
NelLaocoontescorgesil’
uomo
che cerca d’adunare intorno alcuore tuttala forza possibile controitormenti; eisentemeno
leproprie angoscedi quelle de1figli,che fissanoinUfil’afflitto sguardo, quasichie-.
dendosoccorso:e ilcuor paterno lacerato bensimanifestanegliocelli dolenti,su cui pare stendersi l’affannocome torbidaneb- bia.Il grecoscultore s’èquiproposto di scemarel’orrore delfattoprincipalecoll’in- teresse che destano gliaccessorii. Offrire inispcttacolo duegiovinetti, ed unvec- chio,dilaniatida duedraghi,chiavrebbe tollerato unasimilvistai «Io abbandone- rò (disse l’artefice seco stesso, nell’atto di cominciarel’opra immortale) il corpo del padrealmorso de’ serpenti;
ma
quel corpo sarà perfetto:ed anchesottoilpeso degli anni e dell’angoscia furòbrillareinDigitizedbyGoogl
45 essounamaestosabellezza; cercherò che esprimaildolor fisico che prova;
ma
sic-come
questo farebbe inorridire, setutto interoapparisse,ne racchiuderò nell1ani-ma
unaparte.Iduefigli, limostreròac- correnti versoil genitore da opposti lati; leserpilighermirannopriachesienogiun- ti;un solo, e fia questoilpiù giovane, periràvittimadel loromorso: dell’altro,
solamente allacciato dalle spire dell1or- rendo rettile, il sacrificio sarà differito, Sforzerommi chequesti due episodii rie- scano più eh1io sapròcommoventi, affine di spegnere nella compassione de1figli l
1orrorechedestalasituazione delpadre;
cercherò in una parola che, in questa scena,lapietàsial
1
affettodominante ».
Cosìparlò trasè stesso l 1
artefice, al cuiscalpello è dovuto il più perfetto la- vorodi chesi vanti la scultura.
Oh
po- tesseme
pure un soliloquio condurrea tanta eccellenza!Ma
imiei soliloquisono delirii destinati, non ad aggiungere unnome
albreve novero degl’immortali,ma
/
46
adaccrescere Jemie pene, e a ritoccare lesegrete piaghedelcuore.
LETTERA
Vili.San-Pietro.
La
sera delVenerdì Santo io accorsi collafolla de’ curiosi aSan-Pietro.L’am-
plissima piazza circolare, adorna d1
un
portico sostenuto da quattrocento colonne, edecoralo da dugento statue
, nel cui
mezzo sorgeilfamoso Obelisco Vaticano , eraingombra d1una moltitudine innume- revole. Entrai a stento nellaBasilica
, e
misi offrìallosguardo, dal limitare della porta, l’uno de’ piùsingolari spettacoli che1’arte abbiasaputo offrire all’
ammL
razione degliuomini. Presso1’aitar mag*
giore
, cioè quasi nel centrodellacroce latiua di cuiSan-Pietro componsi, una croce gigantesca, che pareadifuoco,tanti erano ilumi che la coprivano, spandeva intorno unabbagliantissimo chiarore,che
’JI
p—
TT IDigitizedbyGoogle
<7 penetrandonelle arcate enellevolte delle numerosecappelle, produeeva un effetto
Sommamente
pittorico, pel contrasto di quell"unicaluce, e delletenebre che re- gnavano là doveellanon poteva aggiu- gnere. Icolossideidodici Apostoli appog- giati ai treimmensi pilastrichesostengort la volta
, protendevano un’ombra stermi- natasulmarmoreopavimento;e losguardo si perdevanel vuoto dellacupola, che1 Uguale al Panteon in ampiezza, apriva lassù un’immensa e neracavità* Iviva- cissimicolori dei grandi mosaici, i quali tengono luogodi quadrisuglialtari, sem- bravano smortiperladistanza;elestatue de1pontefici, diche s*adornano i loro mausolei nellelaterali navate distribuiti
,
biancheggiavano appena, erompevansole letenebrelà doveilchiarore della croce infuocatanon penetrava. Infiniti stranieri d’ognietà, d’ognisesso e d1ogni reli- gione s’affollavanonel tempio, dilettan- dosidiquel mirabile .spettacolo, c poco ponendo nientealla riverenzadoyuta alla
48
rasa dell1Eterno.
Róma
fu rinomata mai sempre per lapompa
dellesue cerimonie;ma
io osoasserire che in taluna d1esse siè sacrificatoallosfarzo esteriore ilreale decoroelavera dignità dellaliturgia.Ma
senel Venerdì Santo, nel giorno consecratoappunto allamemoria deipati- menti d’un Dio Redentore,laprima chiesa diRoma
offrea1curiosi unospettacolodi dissipazione, regnaperò d1ordinarionel-l
1augusta basilica un silenzio dignitoso.
Egli èallora che ai sentimenti di
ammi-
razionesimescolano quelli che accompa- gnanounreligioso raccoglimento; ed è più energica ed umile la prece che tra lesplendide e tacite pareti diSan-Pietro s1erge all1Eterno.I
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