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LETTERA XXV, Le avventure di Plinio il Giovane,

Nel documento LETTERE ROMA E NAPOLI. Db I.VOM (pagine 153-166)

Udisti, o Erminia, nellaprecedentemia

il raccontodi Plinio;

ma

forse, come

neT

celebre suo corrispondente, quella frase

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*49 jnodesta, con cuievita di accennare Io proprie avventure, durante iltremendolei liomeno, avràin tedestata unaviva curio-sitàdi conoscerlei troppo c interessante l’esposizione, cheinunasecondalettera, cedendoalleistantediTacito,eglihafatto delle particolarità cheaccompagnarono la sua fuga da Miseno,perch’ionon abbiaa portela sott1occhio aneli’essa; servirà ad un tempo adarti, benpiù eloquentemente di quelloeli’io, od altri avrebbe saputo fare, un’ idea esatta dellevesuviane eru-zioni, e delleloro formidabiliconseguenze.

Tu

affermi che, spiato dalla lettera, da terichiesta, intorno alla morte dello Zio, brami conoscere non solo a quali spaventi,

ma

ben anche a quali casi io andassi soggetto, essendomi rimastoa Mi-seno. Benchél’animo inorridisca a sì latta reminiscenza, incomincerò.

u Partitolo Zio,io spesi iltempoche pii restava, studiando, al qual uopo io aveaprescelto di rimanermi; poi presi un bagno,cenai,ein’abbandonai adunsonno

i3*

i5o

breve ed inquieto. Senti vasi già da vari giorni il terremoto^

meno

spaventoso in Campania, perchè più frequente;

ma

in quella.notte crebbea tale, che non sola-mente muoversi,

ma

ogni cosa parea ro-vinare.Balzònellamia camera la madre:

ed ioappunto stava alzandomi per isve-gliarla, ov’elladormisse: scendemmo nel cortile della casa

, per breve intervallo divisodal mare: domandai

(iodubito se questa chiamarsi debba costanza od im-prudenza: aveaalloradiciott’anni

)illibro di Tito Livio,edoziando miposi a leg-gerlo,ea farne,siccome avea cominciato, degliestratti: quand1eccoimamico dello Zio,che poc’anzieragliarrivato diSpagna, sopraggiungere,chealveder

me

collibro

m

mano,e miamadreseduta,rimproverò caldamentea

me

lamia tranquillità,a lei lasua pazienza: nè io per questo alzava gliocelli dal libro. Già era l’ora prima, e ilgiornoera ancordubbio e languido

,

e i tetticircostantigià scossi:onde, ben-chéinluogo aperto,

ma

angusto, aveavi

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, i5i grande,e cerio pericolodirovina.Allora solamente parve cosa opportuna l’uscire dal borgo: ilvolgo attonito, e in cuiil terrore tenea luogodi prudenza, preferi-sce al suo l’altrui consiglio; e noi,che partivamo,con numerosa schiera preme

,

e spingeoltre.Uscitifuordell’abitato,molte meraviglie emolti spaventici si parano dinanzi:poiché icarricheavevamo ordi-nato venisser quivi condotti, benché in

campo

piano,eranospinti in partiopposte, cnonpoteanorimanersi,quantunquesifosse tentatoconsassi difermarleruote;inoltre ilmareparea che si riassorbisse, e che lo scuotimentodellaterraquasi lo respin-gesse: certamente il lido s1era inoltralo, e giaceansi sullanudasabbiamoltianimali marini; d’altra parte una nube scura, e spaventosa a vedersi, rottadai lampiche guizzavano tortuosi, fendevasi in forma di lunghefiamme simili e più grandidelle folgori. Allora Faifiico Spaglinolo instava piùcaldamente dicendo: se il Fratei vo-stro, selo Zio viva,ei vi vuolsalvi; se

l5 2

perì,vi bramasuperstiti: perchè dunque sospeudete la fuga? Rispondemmo, che essendoincertidella su» salvezza,non ci sosteneval

1animodi pensare alla nostra.

Ei non si trattenne più oltre,

ma

con pronta fuga si sottrasse al pericolo; nè guari andò che quella nube era scesaa terra,avea copertoilmare, circondata e nascosta Capri, e devastato miseramente Miseno. Allora la madre mi pregava, e mescolavaiconsigli ai comandi, perch1io fuggissi;poterlo io fare essendo giovane;

ellagrave di corpo e d1etàsoccombere contenta,senon mifossecapsadimorte;

io,per lo contrario,giurava che, senza di lei,non miporrei insalvo; poi, stret-talaper

mano

,lacostringoadaffrettarsi:

obbediscedi mal animo, es

1accusadi ri-tardarmi.Già, fattasipiù rada la cenere

,

ioscorgeva sovrastarmi atergo un denso polverio che,siccometorrente, ci segui-tava.Esciain di via,iodissi, intanto che aggiorna, affinchènonciatterri, e nelle tenebre nonci calpesti lafollache citieu

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dietro. Appena cieravamonoiritirati, che lanotte si fetenebrosa,non come quando ènubilosa e senza luna,

ma

quale è ne' luoghi chiusi, incuinon èlume; avresti uditoallorai lai delledonne,ilpiantode’

fanciulli,le gridadegliuomini; questi, i genitori; quelli,i figli, altri lemogli, ri»

cercavanoanome,ericonosceanoallavoce;

chila propria sventura,chi qucl}ade1suoi caricompassionava: taluno,pel terror della morte, lamorteinvocava: molti implora»-vanogliDei,moltilibestemmiavano, ere-' dendo esserquella1’ultima notte del mon-do; nè mancava chi, co1finti e mentiti terrori,accrescesse i veri pericoli; avoavi chiannunciava alla turba credula e spa*

ventata che era Miseno che ardeva. Ri-schiarò alquanto; locchènonci parea se-gnodigiorno,

ma

di fuocoche s’avvici-nava;

ma

il fuoco si rimase lontano; ri»

tornaron letenebre, e cadde nuovamente la cenere pesante e copiosa;la quale noi, sorgendo, ciscuotevamod’attorno, già già quasiricopertine,ed oppressi dalpeso. Io

i5i

mi potrei gloriare che non un gemito ,

non una voce, chevirile non fosse, mi sfuggìinmezzo atonti pericoli

; se

non

seeh1iotrovavaungransollievoall’

umana

debolezza,nelpensiero chetutte le cose perivanomeco.Finalmente quella caligine9 scioltasiinunaspezie difumo e di neh*

bia

7svanì: tosto dopoilvero giorno ri-splendette, ed anche il sole,

ma

fiacco qualeessersuolequandotramonta. Si af-facciavano agli ocelli nostri atterriti tutti glioggetti mutali,e coperti, siccome di neve, d1un alto strato di cenere. Rien-tratia Miseno, ristoratiallameglioicorpi, passammo unanotte piena di dubbiezze, fralasperanza eil timore;e questo pre-valeva,poiché continuava iltremito della terra,e parecchi fanatici,con orribiliva-*

ticinii, pareano pigliarsi giocode’propri danni e deglialtrui.

A

noiperò

nemmeno

allora, benché consci ed in aspettazione del pericolo, entrò in mente di lasciare que’ luoghi

, prima d1aver avuto novella dello Zio.

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i55

u Queste cose,non degne della storia ,

e che inessa nonporrai, tu accuserai te medesimo,che

me

le richiedesti, s’elle

non tipaiono argomento degno

nemmeno

d’ epistola. Stasanon.

LETTERA XXVI.

. Pompei.

Scomparve undiPompeidalnoverodello italiane città: narrarono le storie la sua sventura; Tito nebeneficòiprofughi abi-tatori, e pochilustrieranoscorsi,chegià il

1erail

nome

perito nella ricordanza de1 posteri. Pompei dopo mille e settecento anni risorge, e ci disvela de’ segreti, i quali

,quantov’hadipiù energicoin Na-tura, il vulcano, edil tempo, sembrava averconcorso ad eternamenteseppellire nelle Viscere dellaterra. Ioentrai conistuporo quella portamedesimadella città, che ac-coglieva i contemporanei di Cesare e di Cicerone; visitaiquelle camerenelle quali

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forse erahostati ospitalmente accolti Ta-cito e Plinio:mi sedetti nellacasa di Sai*

lustio.

Oh

perchènon possonoriviverein queste loro dimore anche gli antichi abi-tatori! Tutto ve li chiama, e velirende presenti: parrebbe eh’ essiaccorrer doves-sero dalle titanze Interne ad accoglier gli stranieri, e a farsuonare quelle volte e quelle pareti del bell1idioma latino.

Ma

ohimè! le loro ossasole abitano ancora quelle case;edio leminai nellavillad’Arno Diomedebiancheggiare, dispersetral

1anfore nella cella vinaria,ove quella numerosa famiglia s’eraper sua sventurarifuggita.

L

1eruzione del Vesuvio che subbissò Pompei,nonfulasuaprima, come volgar-mentesi crede:prova evidente d1altri, e più remoti fenomenivulcanici,sièlalava che lastrica levie della città. Eraquesta bella e fiorente; e ne sarai convinta dai brevicenni eli1io sono perfarti.

Le

sue vie sono regolari e fiancheggiate da mar-ciapiedi;ilsuopavimento è, cometidissi*

formatodisostanzevulcaniche, chetuttodì

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conservano tracciadèlieruote de’ carri*

Le

case non hanno altra apertura sulla pubblica viafuordella porta; tutte, dalla maggioro minorampiezzain fuori, sono costruite adun mòdo: Un còrtiletto qua-drilungonel centro è ornato di portico, sostenutoda colonnevestitedi stucco in-verniciato,perordinario, selciatodi gra-ziosi mosaici, e che entromette aipiccoli appartamenti checompongonol’abitazione;

questa,seneeccettuiunao due, è sem-pre d’unsolo piano;le stanzesonoassai pulite, regolari eadorne; ilbagno sembra essere statopergliantichiilsitoove spie-gavanodipreferenza illoro lusso; le di-pinture,i mobili graziosi, le vernici mar-moree cranvi prodigalizzate; eranvi mac-chineingegnose perriscaldare l’acqua, e perottenereprontamente queitregradi di temperatura checostituivanoletre spezie dibagni chiamati calidari, tepidari e fri-gidari. Nel tempio d1Iside, scórsi dietro ilsantuario, sucuiposava la statua della Dea, unaporlicciuola secreta,edunforo,

Leti.R.N. 14

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per mezzo delquale ì sacerdoti, piglian-dosi gioco dellacredulitàpopolare, rende-vano glioracoli. Fuordellaportadi

Pom-pei(lasola finora disottcrrata) ayeano co-stume leprincipalifamiglie difarsierigere delletombe, e moltese nerinvennero in formadicolombari.

Tu

non ignori,

come

costumassero gli antichi di incassare nel muro,in certe stanzerotonde appositamente erette,dell’ulme di creta,incuigliavanzi de’corpi,che aveansubitalacombustione, riponèvansi, e serravansi: la distribuzione circolare diqueste piccoleurne, elaloro figura fece chiamare quell’estremoasilocol

nome

dicolombario*

Imonumentieh’io visitaicon maggior soddisfazionesi furonoiteatrie l’anfitea-tro.Comincieròa farti parola dei primi5 e penso che non ti sarà discaro* 1’aver*

un’idea, benchésuperfiziale, della costru-zione di quelgenered’edifici.

II teatro degliantichicomponevasidi tre parti: la scena

,

l’orchestra e la cavea.

Lascenacomprendevaalcunesuddivisioni)

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Ì5g prosceniocliiamavasi quello spazio che si distendevainlungo dall’uno all’altro lato delteatro

, e amezzo di cui sorgeva il

pulpito

,

piùrilevalo,come t’indicail no-ine, e su cuirecitavangliattori;lascemi fissa eraun edificio stabilerappresentante Una casaadorna, talvolta dicolonne e di statue, con tre

,

porte che mettevan sul pulpito; da quelladi mezzocscivan sola-mentegli attoriche facean da re, odaltro similpersonaggio, e che supponeansi abi-tareTappartamento piùnobile: l’altre due porte servivano perlepartisecondarie. Die-tro allascena fissa,quasi sempre

marmo-rea, erailpostscenio

,ove gli attori s’ab-bigliavano e sipreparavano adescirc: tc-neanvisi in riserboalcune macchine che si trasportavano all’uoposul dinanzi, e ser-vivano a darmovimentoallescene mobili, die noneranodimolto dissimilidalle no-strequinte. Nell'orchestraiGreci, come

l’indicailnome, danzavano: iRomani fe-cerlaseggio d’onorepei Senatoriele

Ve-stali

; e nelsuomezzoslavacomeuna gran

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cassa, entro cdi si nascondeano i suona-tori,clic concorrerdovevanoco' loro stro-mentiarendere più piacevole e vario lo spettacolo.

La

cavea destinataalpubblico erasemicircolare,con lile di seggi econ iscale che davanadito ad un porticato su-periore,nel quale glispettatorierano di-stribuitisenza confusione,e secondocerte distinzionicT età,disessoedi»condizione: gliuominidoviziosi faceausi arrecare in tea-tro de1 cuscini dai servi; e siccome gli scanni eranotutti marmorei, perciò il fi-losofo Aristippo, beffandosi d”un cotale, disse:che ilcuscinodi costuiserviva ad impedire che un sasso posasse /sovra

un

altrosasso. Tutte questeparticolarità ch'io tidescrissi, saltano facilmente agli ocelli

tic*’teatridi Pompei,di cuil'unoera tra-gico e scoperto, l

1altro comico c co-perto. Son essiconservati permodo,che potrebbero dirsi intatti,se privinon fos-sero dellestatue, de’marini e degli altri loio ornamenti.

* ISanfiteatro di Pompei,tantopiù

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- - idi

colo del Colosseo, quanto quella città lo era di

Roma

,fornisceperò un*idea assai piùchiaradella formae degli usi di co-desti antichi edilìzi.Vi siscorgono assai beneitre diversi ordini di gradinate, il

podio, entro cui serravansi le fiere, le porle ondeescivanfuori,e ilsiloove se-devailpreside de’ giuochi.

La

sanguinosa arte gladiatoria, a cui s1eresserogli an-»

fiteatri in tutta 1’ampiezza del romano Impero,fusempreper

me

un oggettodi curiosità edimeraviglia:hofattesu que-stosoggetto alcune ricerche storiche,che spero non ti riesciranno tediose per la varietà dell1argomento,e che pensonella venturamialettera diporti sott1occhio,

Nel documento LETTERE ROMA E NAPOLI. Db I.VOM (pagine 153-166)