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L’embryo transfer è una metodica di riproduzione assistita che permette di ottenere puledri da cavalle che non possono riprodursi, difatti tra i vantaggi di questa metodica vi è la possibilità di ottenere puledri da:

- cavalle che non sono in grado di portare a termine una gravidanza ma che sono ancora in grado di concepire; questo avviene generalmente nelle cavalle anziane (Squires et al., 1999; Vanderwall, 2000);

- cavalle in attività agonistica incompatibile con una gravidanza (McKinnon e Voss, 1993; Squires, 1999);

- cavalle normalmente fertili dalle quali, in virtù dell’elevato valore genetico , si intende ottenere più di un puledro all’anno (Squires e Seidel, 1995).

- cavalle che non presentano problematiche dal punto di vista riproduttivo, ma con problemi di salute incompatibili con la gravidanza (Hartman, 2011);

- cavalle di genotipi in via di estinzione come cavalli Prezewalski e zebre (Squires e Seidel, 1995; Camillo et al., 2003);

- cavalle giovaniche, a causa degli impegni agonistici o del non completamento dello sviluppo corporeo, non possono essere fatte riprodurre per via naturale. Questa categoria di animali è rappresentata comunemente da puledre dai 2 ai 4 anni di età,

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(Squires e Seidel, 1995), ma esiste uno studio, effettuato a Pisa, che testimonia che è possibile recuperare embrioni anche da donatrici di un anno di età (Panzani et al., 2007).

Panzani e colleghi hanno sottoposto a IA con seme fresco e flushing uterino 11 cavalle Avelignesi di età compresa tra 12 e 16 mesi (= 1 anno). Gli embrioni recuperati sono poi stati trasferiti in riceventi e le gravidanze sono state interrotte al 25° giorno mediante l’utilizzo di PGF2α. I risultati ottenuti nelle cavalle di 1 anno sono stati comparati con quelli di un gruppo di cavalle di 2 anni e uno di fattrici mature di età > 4 anni ottenuti nella stessa struttura impiegando lo stesso tipo di seme e management. Le percentuali di recupero degli embrioni sono state significativamente inferiori nelle le puledre di un anno (47,7%), rispetto alle due anni (75%) ealle fattrici mature ( 84,6%), mentre non si sono osservate differenze tra i tre gruppi nelle percentuali di gravidanza delle riceventi ( tra il 50 e il 60% a 25 giorni). Gli Autori concludevano, quindi, che è possibile recuperare, embrioni normali da puledre di un anno di vita, seppure in percentuale inferiore rispetto alle cavalle di due o più anni di età.

I limiti dell’ET equino sono molteplici, il primo consiste nell’elevato costo della pratica, soprattutto in relazione alla necessità di mantenere per lungo tempo, più di un anno e mezzo in caso di gravidanza, almeno due riceventi per ciascuna donatrice.

Altre difficoltà sono scaturite dal timore largamente infondato che le prestazioni atletiche dei puledri nati da ET fossero significativamente influenzate dalla madre uterina ( ad oggi le ottime performance di alcuni prodotti nati da ET hanno dimostrato la mancanza di validità di tale teoria); a tale credenza si sono venute a sommare restrizioni di carattere burocratico, difatti molti libri genealogici solo di recente hanno accettato questa tecnica, mentre altri ammettono la registrazione di un solo puledro all’anno per una singola fattrice (Hudson e McCue, 2004).

Alla fine degli anni 70’ in USA, l’associazione “American Quarter Horse” riconobbe l’utilizzo di tale metodica solamente nelle fattrici vecchie ed ipofertili con il limite della possibilità di registrare un solo puledro all’anno per fattrice (Squires et al., 1999); dal 2002 la stessa associazione permette l’iscrizione di più puledri.

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Attualmente il Libro Genealogico del Cavallo Trottatore Italiano ammette la registrazione di un solo puledro/anno/cavalla in più pone la condizione di utilizzare una ricevente della stessa razza di proprietà del proprietario della donatrice. I Libri Genealogici del Cavallo da Sella Italiano, dell’Avelignese, del Maremmano e del Purosangue Arabo ammettono la registrazione di più prodotti per anno. Il registro di razza per il Purosangue Inglese (Jockey Club) non ammette, ancora oggi, l’utilizzo di nessuna metodica di riproduzione assistita.

Altro limite allo sviluppo dell’embryo transfer è dovuto alla difficoltà del congelamento degli embrioni equini, dovuta ad una scarsa resistenza degli stessi alle basse temperature (Squires et al., 1999).

Anche la stagionalità riproduttiva della cavalla (specie poliestrale stagionale a giorni lunghi) rappresenta un limite all’attuazione dei protocolli di embryo transfer, restringendo il periodo temporale in cui è possibile intervenire (Hughes et al., 1972; Palmer, 1978).

La cavalla, inoltre, si è dimostrata refrattaria a gran parte dei protocolli di superovulazione ad oggi utilizzati (Douglas, 1979; Woods e Ginther, 1983; Palmer, 1985; Squires, 1986; Squires et al., 1999).

Come avviene nella bovina, la superovulazione della cavalla donatrice potrebbe costituire un vantaggio, aumentando la il numero di embrioni recuperati e trasferibili per ogni ciclo. A conferma di ciò, Squires e colleghi riportano che, in cicli naturali, la percentuale di recupero di embrioni in cavalle con singola ovulazione è del 53%, mentre risulta essere del 106% in cavalle che hanno avuto una doppia ovulazione (Squires e Seidel, 1995).

L’uso di gonadotropina corionica equina (eCG) non ha determinato nessun effetto sull’ovulazione o sulla stimolazione follicolare nella cavalla (Ginther, 1979; Allen, 1982) probabilmente perché il legame dell’eCG nella cavalla interagisce solamente a livello dei recettori per l’ormone luteinizzante (LH) (Steward e Allen, 1979).

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Anche l’uso di GnRH in fattrici cicliche è risultato inefficace nel determinare ovulazioni multiple (Irvine, 1981; Squires, 1989).

Per riuscire ad ottenere un protocollo efficace di superovulazione nella cavalla sono stati utilizzati altri tre approcci comprendenti l’uso dell’ormone follicolo stimolante (FSH), l’estratto ipofisario equini (EPE) ed un’immunizzazione attiva e passiva verso l’inibina. Studi condotti utilizzando FSH ovino e porcino hanno determinato risultati poco soddisfacenti nell’induzione della superovulazione nella cavalla (Squires e Seidel, 1995).

La somministrazione di EPE è in grado di indurre ovulazioni multiple in fattrici in anestro (Woods e Ginther, 1983) ed in cavalle cicliche (Douglas, et al., 1984; Woods e Ginther, 1982; Dipper et al., 1994; Pierson e Ginther, 1990; Squires e Seidel, 1995) anche se l’utilizzo è bandito perché l’ormone non è presente in commercio.

L’immunizzazione attiva (McCue et al., 1992; Squires e Seidel, 1995) e passiva utilizzando plasma con anticorpi anti-inibina (Squires et al., 1999) ha determinato risultati positivi, ma ancora allo stadio sperimentale.

In un recente studio, su cicli naturali, Riera ha osservato alcune interazioni fisiche tra i follicoli quando la doppia ovulazione avviene al livello della stesso ovaia o su ovaie differenti (Riera et al., 2006): la percentuale di recupero degli embrioni per follicoli ovulati nella stessa ovaia è stata inferiore rispetto a quella di follicoli ovulati bilateralmente (752/1298, 54% contro 790/1202, 66%, rispettivamente). Le cavalle che hanno ovulato follicoli sulla stessa ovaia non hanno donato embrioni in una percentuale maggiore rispetto a quelle che hanno ovulato follicoli nelle due ovaie (194/699, 28% contro 101/601, 17% rispettivamente). Le percentuali di gravidanza dopo trasferimento di embrioni recuperati da fattrici con ovulazioni mono o bilaterali sono risultate simili (63% e 64% rispettivamente) (Riera et al., 2006).

Altro metodo per indurre una superovulazione è stato quello di somministrare FSH equino (eFSH); in uno studio Niswender e colleghi, hanno trattato cavalle con diverse concentrazioni di eFSH per indurre una superovulazione e determinare la relazione tra tasso di ovulazione e tasso di gravidanza o recupero embrionale; gli autori hanno

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osservato che la somministrazione di eFSH comporta un aumento nel numero di follicoli e di ovulazioni per ciclo, ma i tassi di gravidanza e di recupero embrionale non differivano da quelli del gruppo di controllo, suggerendo che la maturazione follicolare, la competenza degli ovociti, e il potenziale di fertilizzazione per le fattrici superovulate sono simili a cavalle con ovulazioni spontanee (Niswender et al., 2003).

Tra le possibilità per ottenere il maggior numero possibile di embrioni trasferibili, la prima consiste nello sfruttare tutti i cicli estrali delle donatrici durante la stagione di riproduzione (Hughes et al., 1972; Palmer, 1978). A tal proposito si può intervenireper mezzo del fotoperiodo artificiale (Kooistra e Ginther, 1975) anticipando la ripresa dell’attività ovarica dopo l’anestro invernale così da avere a disposizione un maggior numero di cicli su cui agire.

Le ovulazioni multiple spontanee rappresentano un'altra possibilità per riuscire ad ottenere un maggior numero di embrioni trasferibili e conseguentemente un maggior numero di riceventi gravide (Squires et al., 1987; Losinno et al., 2001): tipicamente le cavalle ovulano un singolo follicolo per ciclo, ma alle volte possono avere doppie o triple ovulazioni spontanee; in alcune razze (Purosangue Inglesi e cavalli da sella) il tasso di ovulazioni multiple spontanee si aggira intorno al 30% (Newcombe, 2005; Devis Morel e O’Sullivan 2005). ). In uno studio recente svolto a Pisa, il tasso di ovulazione per ciclo è risultato pari a 1,6 e 1,5 per cavalle di età compresa tra i 16 e i 20 anni e per cavalle da sella, rispettivamente (Panzani et al, 2014).

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