La vitrificazione è un processo fisico tramite il quale una soluzione è trasformata in uno stato amorfo simile al vetro attraverso una rapida discesa della temperatura, evitando la formazione di cristalli di ghiaccio, mentre sono mantenute le proprietà di un fluido allo stato solido (Rall, 1987).
Per molti anni il congelamento lento, e non la vitrificazione, è risultato il metodo di scelta per la crioconservazione degli embrioni; questo perché la vitrificazione non era facilmente attuabile a causa della necessità di alte concentrazioni di crioprotettori e l’elevato volume dei campioni (Arav, 2014).
Il primo successo nel campo della vitrificazione è stato raggiunto da Rall e Fahy nel 1985, che vitrificarono embrioni di topo utilizzando una miscela di DMSO, acetamide, e polietilene glicole in un volume relativamente ampio, all’interno di una paillette di 0,25 ml che fu poi immersa in azoto liquido (Rall e Fahy, 1985).
Attualmente la vitrificazione sta producendo risultati soddisfacenti per mezzo di metodiche che utilizzano un volume minimo (Kuwayama et al., 2005; Cobo et al., 2008); ma per la corretta attuazione di questa procedura devono essere considerati tre importanti fattori:
. La velocità di raffreddamento e di scongelamento; un rapido raffreddamento può
essere ottenuto mediante l’immersione diretta in azoto liquido (- 196°C), mentre lo scongelamento mediante immersione in acqua calda. Durante l’immersione diretta del campione in azoto liquido si raggiungono velocità di congelamento di centinaia o decine di migliaia di gradi Celsius per minuto, a seconda del contenitore, del volume, della conducibilità termica, della composizione della soluzione e così via (Yavin e Arav, 2007). È stato dimostrato che aumentando la velocità di raffreddamento, sia per gli oociti sia per gli embrioni, si ottiene un miglioramento nel tasso di sopravvivenza degli stessi (Saragusty e Arav, 2011). Inoltre, è stato recentemente riscontrato, che i tassi di scongelamento costituiscono una variabile importante per la sopravvivenza degli embrioni e degli oociti (Seki e Mazur, 2012).
104
. La Viscosità; questa è definita dalla concentrazione e dal comportamento dei vari
crioprotettori e degli altri additivi aggiunti durante la vitrificazione. Più alta è la concentrazione dei crioprotettori e maggiore sarà la temperatura di transizione vetrosa (Tg: temperatura di sotto alla quale un materiale amorfo si comporta da solido vetroso),
riducendo così la probabilità di cristallizzazione e formazione di ghiaccio intracellulare. I crioprotettori si differenziano per i diversi gradi di tossicità, tasso di penetrazione e Tg. La combinazione di diversi crioprotettori è spesso usata per
aumentare la viscosità e la Tg e ridurre i livelli di tossicità (Arav, 2014).
. Volume: minori sono i volumi e maggiore è la velocità di vitrificazione (Sherman e
Teh Ping L., 1958; Arav et al., 1987, 1997, 2002). Volumi ridotti permettono una migliore conduzione di calore, favorendo così una maggiore velocità di raffreddamento. Recentemente in letteratura sono state sviluppate molte tecniche per ridurre la quantità di volume del campione (Arav, 2014).
Le tecniche di vitrificazione possono essere raggruppate in due grandi categorie: sistemi aperti e sistemi chiusi, ognuno dei quali presenta i suoi vantaggi specifici. Nei sistemi aperti le dimensioni della goccia (0,1 ml) possono essere controllate e si raggiungono elevate velocità di raffreddamento e di scongelamento, proprio perché essendo aperti, si ha un contatto diretto con i liquidi per il congelamento e lo scongelamento. I sistemi chiusi presentano il vantaggio di raggiungere elevate velocità di raffreddamento all’interno di specifici “tubi” rendendoli così più sicuri e più facili da gestire; inoltre diminuendo il volume vitrificante e aumentando la velocità di raffreddamento, consento di ridurre le concentrazioni di crioprotettore abbassando così gli effetti tossici e osmotici (Arav, 1992; Yavin et al., 2009).
La prima gravidanza ottenuta da un embrione di cavallo vitrificato fu ottenuta da Hochi e colleghi (Hochi et al., 1994): in questo studio 7 embrioni sono stati sottoposti a vitrificazione utilizzando una soluzione vitrificante (VS) composta da 40% di glicole etilenico, 18% di Ficoll e saccarosio 0,3M. Cinque dei sette embrioni furono poi selezionati dopo coltura in vitro per 4 ore e trasferiti chirurgicamente in riceventi, dalle quali furono ottenute due gravidanze con feti vitali a un’epoca di 60 giorni
105
gestazionali, cui seguì la nascita del primo puledro derivante da un embrione vitrificato.
Questo risultato, suscitò un crescente interesse nel campo della riproduzione equina, anche perché la vitrificazione appare come una metodica più semplice, più veloce (tempo totale di esecuzione < 15 min) e più economica (non richiede una macchina costosa come il congelatore programmabile) rispetto al convenzionale congelamento lento , quindi come una metodica più alla portata dei Veterinari Pratici (Eldridge- Panuska et al., 2005; Carnevale, 2006).
Durante i primi studi sulla vitrificazione erano utilizzate della paillette tradizionali da 0,25 ml per caricare l'embrione, in cui la velocità di raffreddamento è di circa 2500 ° C / min. Successivamente le modifiche per ridurre il diametro e lo spessore della parete interna della paillette, per aumentare la velocità di raffreddamento in azoto liquido, hanno portato alla formazione delle “Open Pulled Straw” (OPS) e altri sistemi di vitrificazione ultra-rapida, mediante i quali si possono raggiungere valori di raffreddamento di 20.000 ° C / min, che consente agli embrioni di passare rapidamente attraverso zone di temperatura critiche, diminuisce le lesioni da ghiaccio e permettere la vitrificazione con concentrazioni più basse di crioprotettori (Rall, 1987; Vajta et al., 1998). Il miglioramento dei sistemi di vitrificazione, in particolare la procedura di OPS ha portato ad un miglioramento dei tassi di gravidanze (Vatja et al., 1997; Berthelot et al., 2000).
La procedura di vitrificazione ultra-rapida è stata utilizzata per la crioconservare degli embrioni equini da Oberstein e colleghi. Essi hanno confrontato l'efficacia di due procedure di vitrificazione ultra-rapida (OPS e cryoloop) rispetto alla convenzionale congelamento lento, su embrioni equini raccolti al giorno 6 o 7 (≤300 micron). In questo studio, gli embrioni sono stati vitrificati con il 16,5% di glicole etilenico + 16,5% DMSO + 0.5 M saccarosio. Dopo lo scongelamento gli embrioni sono stati valutati mediante colorazione con ioduro di propidio e Hoechst 33342 per determinare la percentuale di cellule vive, sia degli embrioni vitrificati con OPS e Cryoloop sia degli embrioni sottoposti al congelamento lento: non è stata notata alcuna differenza significativa per quanto riguarda la morfologia e il numero di cellule vitali dopo lo
106
scongelamento per tutti e tre i sistemi analizzati; dimostrando così che la tecnica del OPS e del Cryoloop possiedono un effetto similare alla procedura del congelamento lento per la conservazione degli embrioni equini (Oberstein et al., 2001).
Dopo qualche anno, Moussa e colleghi riportarono uno studio dove comparavano l’efficacia della crioconservazione utilizzando il congelamento lento e la vitrificazione con OPS su embrioni equini raccolti a 6,5- 6,75 giorni. In questo studio diciotto embrioni sono stati congelati utilizzando il metodo del congelamento lento; gli embrioni furono collocati in PBS modificato con concentrazione crescente di glicerolo (2,5%, 5%, 7,5% e 10% per 5 min ciascuna). Gli embrioni sono stati caricati in una paillette da 0,25 ml, congelati mediante un congelatore programmabile e successivamente immersi in azoto liquido. Dopo lo scongelamento, il crioprotettore è stato rimosso attraverso 5 passaggi con concentrazioni decrescenti di glicerolo e saccarosio. Venti embrioni furono vitrificati utilizzando il metodo OPS. Gli embrioni furono esposti a 7,5% dimetil-solfossido (DMSO) + 7,5% di glicole etilenico (EG) per 3 min e a 18% DMSO + 18% EG + 0,4 M di saccarosio per 1 min, dopo di che sono stati caricati in OPS e immersi in azoto liquido. Dopo lo scongelamento, gli embrioni furono collocati in concentrazioni decrescenti di saccarosio. Tutti gli embrioni furono coltivati in fluido oviduttale sintetico (SOF) per 3 ore e valutati utilizzando il colorante 4, 6-diamidino-2-fenilindolo (DAPI). La percentuale di cellule in fase S è stata valutata mediante l’individuazione immunocitochimica della 5’bromo-2’deossiuridina (BrdU). Non furono osservate differenze significative tra le due tecniche per il diametro medio, morfologia e percentuale di embrioni degenerati dopo 3 ore di cultura. La cultura in SOF medio è stato eseguito per valutare la riduzione della vitalità embrionale dopo crioconservazione. Il tempo di incubazione (3 h) è stato considerato troppo breve per indurre nuovi danni; Bruyas e colleghi, hanno riportato che la cultura di embrioni freschi in MEM media per 6 ore non aveva aumentato il numero di cellule morte (Bruyas et al., 1993). Dopo lo scongelamento, la percentuale di zona pellucida (ZP) rotta, anche se simili tra i trattamenti, sembrava essere leggermente superiore alla percentuale riportata da Slade e colleghi (Slade et al., 1985), di solo il 6% per gli embrioni equini, ma inferiore al 30% rispetto a quella degli embrioni bovini aventi diametro simile, sottoposti a procedure di congelamento lento riportate da Willadsen e
107
colleghi (Willadsen et al., 1993). Oberstein e colleghi hanno riportato che le percentuali di ZP rotta, per embrioni equini, erano simili tra congelamento lento (12,5%) e la procedura OPS (18%) (Oberstein et al., 2001).
In definitiva, Moussa e colleghi hanno affermato che la vitrificazione con tecnica OPS può essere efficiente come il congelamento lento per la crioconservazione di embrioni equini. Tuttavia, i risultati dovrebbero essere vitrificati dal trasferimento di embrioni vetrificati con OPS in cavalle riceventi (Moussa et al., 2005).
In uno studio Eldridge-Panuska e colleghi valutarono la vitalità degli embrioni equini in vivo dopo la vetrificazione (Eldridge-Panuska et al., 2005). In uno studio preliminare (Esperimento 1), gli embrioni furono esposti a tre passaggi in soluzioni di vitrificazione contenenti concentrazioni crescenti di glicole etilenico e glicerolo (GE / G); la soluzione di vitrificazione finale era 3,4 M di glicerolo + 4,6 M glicole etilenico in un terreno di coltura a base di PBS. Gli embrioni furono scongelati con diluizione in due fasi e trasferiti nell’utero delle riceventi. Non furono osservate gravidanze dopo il trasferimento di blastocisti> 300 micron (n = 3); il trasferimento di morule o blastocisti ≤300 micron portò a quattro vescicole embrionali (4/6, 67%). In un secondo esperimento, gli autori osservarono che il recupero degli embrioni post ovulazione, era simile per quelli raccolti al giorno 6 (28/36, 78%), 7 e 8 (30/48, 62%). Embrioni ≤300 e > 300 micron sono stati vitrificati, scongelati e trasferiti come nell'esperimento 1 (Fig. 3.1). Alcuni embrioni ≤300 micron sono stati trasferiti utilizzando una procedura di trasferimento diretto. Le paillettes furono tenute in aria per 10 secondi, poi immerse in acqua a 20°C per 10 secondi, agitate per 6 volte al fine di assicurare la miscelazione del galattosio 0,5M con la soluzione vitrificante finale, dopo di che gli embrioni furono trasferiti. I tassi di sviluppo degli embrioni a 16 giorni non erano differenti per gli embrioni ≤300 micron che sono stati trattati come nell'esperimento 1 (10/22, 46%), o trasferiti direttamente (16/26, 62%). Embrioni > 300 micron ( n = 19) non ha dato origine a nessuna gravidanza (Eldridge-Panuska et al., 2005).
108
Figura 3.1 Rappresentazione schematica del caricamento delle paillettes per l’esperimento 1 (A) e per il
trasferimento diretto nell’esperimento 2 (B): la colonna centrale contiene l’embrione all’interno di 30µl della soluzione vitrificante finale (GE/G) contenente 3,4 M glicerolo + 4,6 M di glicole etilenico. Una soluzione di diluizione (Gal), contenente galattosio 0,5M è stata inserita nella paillettes alla fine del processo. Tratto da Eldridge-Panuska et al., 2005.
Hudson e colleghi, in uno studio del 2006, andarono a valutare gli effetti della vitrificazione e della refrigerazione, sulle percentuali di gravidanza, su embrioni recuperati da cavalle sottoposte a protocollo di superovulazione con eFSH. In risposta al trattamento con eFSH le cavalle ovularono in media 3,5 follicoli per ciclo e furono ottenuti circa due embrioni per ogni tentativo. Gli embrioni recuperati presentavano un diametro < 300 µm, furono sottoposti a vitrificazione prima di un ora dalla raccolta, oppure refrigerati a 5-8°C per 12-19 ore prima di essere sottoposti a vitrificazione.
Per la refrigerazione, gli embrioni furo posti in un medium (Vigro holding solution) e confezionati all’interno di un apposito contenitore (Equitainer). Le percentuali di gravidanza a 16 giorni non risultarono statisticamente diverse quando gli embrioni venivano vitrificati immediatamente (15/20, 75%) o refrigerati prima di essere vitrificati (13/20, 65%).
La Dottoressa Carnevale nel 2006, pubblicò uno studio nel quale furono analizzate tutte le procedure utilizzate per la vitrificazione di embrioni equini nella pratica clinica e le relative limitazioni; rimarcando l’importanza della valutazione degli embrioni e il riconoscimento dei vari stadi di sviluppo (Carnevale, 2006). L’autrice osservò che gli
109
embrioni equini di 7 giorni sembrano essere troppo grandi per essere sottoposti a procedure di crioconservazione; e che gli embrioni da sottoporre a procedure di vitrificazione dovevano essere recuperati a 6-6,5 giorni dopo l’ovulazione quando il diametro < 300 µm (Carnevale, 2006).
Carnevale riportò un esempio di tecnica di vitrificazione in cui le soluzioni vitrificanti (VSs) vennero costituite utilizzando medium di base con mPBS senza calcio e
magnesio e con aggiunta di sodio piruvato (0,03mmol), glucosio (3,3mmol) e 20% di siero fetale bovino o acquistate tal quali. Furono utilizzate tre VSs ciascuna contenente varie combinazioni di glicerolo (Gly) e glicole etilenico (EG) come crioprotettore (Tab 4.2).
Tabella 4.2 Preparazione delle soluzioni diluenti (10ml) e vitrificanti.
Soluzioni Gly EG Gal mPBS
VS1 (Gly[1,4 M]) 1 ml 9 ml
VS2 (Gly[1,4 M]+ EG [3,6 M]) 1 ml 2 ml 7 ml VS3 (Gly[3,4 M]+ EG [4,6 M]) 2,4 ml 2,6 ml 5 ml DS (Galattosio [0,5 M]) 0,9 ml 9,1 ml Abbreviazioni: DS, soluzione diluente; EG, glicole etilenico; Gal, galattosio; Gly, glicerolo; mPBS, phosphate- buffered saline modificata; VS, soluzione vitrificante. Tratto da Carnevale, 2006.
Prima della vitrificazione, gli embrioni furono raccolti, lavati e posti in un medium a temperatura ambientale per un tempo inferiore ai 15 minuti prima di iniziare la procedura di vitrificazione.
Gli embrioni furono esposti in sequenza alle 3 soluzioni vitrificanti: VS1 (Gly[1,4 M]), 5’, VS2 (Gly[1,4 M]+ EG [3,6 M]), 5’, e VS3 (Gly[3,4 M]+ EG [4,6 M]) <1’; la soluzione di diluizione (DS, Galattosio [0,5 M]) venne utilizzata per caricare l’embrione all’interno della paillette.
Prima di iniziare la procedura di vitrificazione vennero formate delle gocce di media all’interno di capsule Perti o in 4 pozzetti (temperatura ambiente: 22-24°C), permettendo cosi di spostare in sicurezza e in maniera precisi gli embrioni attraverso i vari terreni di coltura e un rapido caricamento delle paillettes (Carnevale, 2006).
110
Successivamente la paillette da 0,25µl venne caricata con: DS (90 µl), aria (5 µl), VS3 con embrione (30 µl), aria (5 µl) e DS (90 µl). A questo punto la paillette sigillata e contenuta all’interno di una gobelet fu esposta ai vapori dell’azoto liquido per un minuto, allo scadere del quale fu immerse completamente in azoto liquido.
Per lo scongelamento, le paillettes vennero tolte dall’azoto liquido ed esposte all’aria a temperatura ambiente per 10 secondi, successivamente vennero immerse in acqua a 20-22°C per 10 secondi e poi agitate in modo da consentire il mescolamento delle soluzioni (DS e VS3), dopo di che furono poste in posizione orizzontale per 4-5 min. Durante questo periodo gli embrioni furono osservati con uno stereomicroscopio; successivamente furono trasferiti in riceventi in un arco di tempo compreso tra 6-8 minuti dopo lo scongelamento (Carnevale, 2006).
Hudson e colleghi hanno riportato percentuali di gravidanza simili dopo trasferimento non chirurgico di embrioni congelati e vitrificati in riceventi al giorno 5 o 6 dopo l’ovulazione (Hudson et al., 2006). Similmente Carnevale considerò accettabili riceventi che avessero ovulato dai 4 ai 6 giorni prima del trasferimento (Carnevale, 2006).
In letteratura sono stati riportati pochi studi sulla vitrificazione di embrioni equini aventi diametro elevato, e in tutti i risultati sono apparsi assai scarsi. La maggior parte dei protocolli di ricerca per la vitrificazione di embrioni grandi (Ø > 300 µm) sono stati effettuati solamente in vitro, mentre i trasferimenti in riceventi sono avvenuti in un numero limitato di lavori scientifici (Carnevale, 2006).
Caracciolo di Brienza e colleghi vitrificarono embrioni di dimensioni diverse (Caracciolo di Brienza et al., 2004); tutte le morule (3/3) e le giovani blastocisti (4/4) diedero origine a gravidanze, mentre 1/3 e 0/3 blastocisti con diametro ≤ 300 µm e ≥ 300 µm, rispettivamente si svilupparono dopo trasferimento.
Lo stesso accadde per gli embrioni aventi diametro > di 300 µm nello studio citato in precedenza (Eldridge-Panuska et al., 2005).
111
Campos-Chillo e colleghi ottennero gravidanze dalla vitrificazione di grandi embrioni (Campos-Chillo et al., 2006); in questo studio gli autori utilizzarono tre metodi diversi, ma solamente uno di questi fornì buoni risultati. Diciassette embrioni aventi diametro compreso tra 300 e 750 µm furono esposti in sequenza a soluzioni contenenti EG 7M; galattosio 0,5M e 18% Ficoll 70 per un periodo inferiore al minuto.
Il medium di base utilizzato per VSs fu mPBS; le pailettes da 0,25 ml furono caricate
con gli embrioni posti in 10 µl della soluzione vitrificante finale e separati da colonne di arie e soluzione diluente; successivamente furono immerse verticalmente nell’azoto liquido.
Per lo scongelamento, furono tenute in aria a 24°C per 10 secondi e poi immerse in acqua a 37°C per 10 secondi, successivamente agitate per consentire il mescolamento dei diluenti. Gli embrioni vennero estratti dalle paillette e posti in soluzioni di galattosio (0,3 e 0,15M, rispettivamente) per 3 minuti; a questo punto gli embrioni furono trasferiti nell’utero di riceventi al 5° giorno di diestro.
Le percentuali di gravidanza a 16 giorni furono complessivamente del 35% (6/17); tuttavia il 55% (6/15) degli embrioni con diametro compreso tra 300 e 400 µm si svilupparono, mentre nessun embrione con diametro > 400 µm continuò la crescita (Campos-Chillo et al., 2006).
Carnevale ha ipotizzato che i processi di interazione tra le diverse cellule della blastocisti equina (rapida crescita e formazione del blastocele) potrebbero interferire con i processi di crioconservazione (Carnevale, 2006).
Recentemente si sta delineando un’altra possibilità per la crioconservazione di embrioni di grandi dimensioni: l’aspirazione del liquido del blastocele. Alcuni autori hanno notato che la perforazione e il collasso dell’embrione, seguenti la biopsia per la diagnostica genetica pre-impianto, non ne compromettevano la vitalità (Choi et al. 2010). In uno studio successivo, gli stessi autori, hanno aspirato il contenuto liquido del blastocele, prima di sottoporre l’embrione a vitrificazione con le tecniche ricordate. Le percentuali di gravidanza osservate sono risultate molto promettenti (5/7: 71%) per embrioni fino a 650 µm (Choi et al. 2011). Gli stessi autori hanno notato
112
un’associazione tra sopravvivenza post-scongelamento degli embrioni e l’entità del collasso del blastocele.
Un fenomeno simile, la maggior resistenza al congelamento seguente al collasso della blastocisti, indotto dalla micromanipolazione, è stato descritto anche per blastocisti umane (Vanderzwalmen et al., 2002; Iwayama et al., 2011). Nella ricerca futura sarà necessario verificare e approfondire gli effetti di questa tecnica sulla crioconservazione degli embrioni equini (Stout, 2012).
113