La selezione delle donatrici viene effettuata dal proprietario delle stesse che decide se l’eventuale prodotto della cavalla abbia un valore tale da giustificare i costi e i rischi di insuccesso per la sua produzione. Generalmente il valore del puledro dovrebbe corrispondere a circa due volte il costo necessario per lo svolgimento della procedura; ma in alcuni casi il proprietario desidera ottenere della prole dalla cavalla donatrice incurante dei costi.
Il ruolo del Veterinario è quello di chiarire al proprietario la procedura, le regole che la governano e i rischi di insuccesso che la stessa comporta soprattutto se attuata su cavalle anziane e/o ipofertili e se si ricorre all’IA con seme congelato.
Nella stima dei tempi e dei costi è necessario tenere in considerazione anche il numero di gravidanze che si vuole ottenere da una determinata fattrice. Una conoscenza accurata dell’anamnesi riproduttiva della donatrice potrebbe agevolare la stima del tempo necessario ad ottenere una gravidanza dalla stessa cavalla (Squires e Seidel, 1995).
La storia riproduttiva dovrebbe comprendere sia quella recente, che quella passata riguardante l’età del primo calore, l’età alla quale la fattrice è stata messa in riproduzione, l’età al primo parto, eventuali anomalie riscontrate ed eventuali patologie uterine ed ovariche.
Squires e Seidel hanno riportato che fattrici giovani, se accoppiate con stalloni fertili, consentendo una percentuale di recupero embrionale di circa 60% per ogni tentativo; inoltre la percentuale di gravidanza nelle riceventi in cui era stato trasferito un embrione derivante da donatrici giovani risultava del 70% circa con un’altissima probabilità che la stessa giungesse a termine (Squires e Seidel, 1995). Al contrario, donatrici anziane con anamnesi riproduttiva relativa da infertilità hanno presentato una bassa probabilità di recupero embrionale.
Dopo la valutazione dell’anamnesi riproduttiva, ogni donatrice deve essere sottoposta ad un esame obbiettivo sia dal punto di vista generale che dell’apparato riproduttivo.
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La valutazione dell’apparato riproduttore deve comprendere un’attenta ispezione della conformazione del perineo; infatti, una distanza eccessiva tra la commessura dorsale vulvare ed il pavimento del bacino e un’angolazione eccessiva della vulva dovrebbero essere corrette mediante l’intervento di Caslick, al fine di evitare pneomovagine e/o pneomometre (Caslick, 1937). All’ispezione del perineo segue la palpazione trans- rettale dell’apparato riproduttore durante la quale deve essere posta particolare attenzione al tono e alle dimensioni di utero e cervice; la cervice può essere esaminata anche visivamente mediante l’ausilio di uno speculum e una fonte luminosa, in modo da poter apprezzare la presenza di eventuali lesioni o aderenze. Inoltre deve essere eseguito un esame ultrasonografico per rilevaresia lo stato fisiologico, fattrice ciclica o non ciclica, che eventuali, quadri patologici come cisti endometriali, accumulo di fluido, o aria all’interno del lume uterino (McKinnon et al., 1987) o patologie a livello ovarico quali tumori delle cellule della granulosa.
Al fine di eseguire una completa valutazione della donatrice sono utili esami collaterali quali citologia, batteriologia e istologia (biopsia) uterina. Gli esami citologici e batteriologici indirizzano il Medico Veterinario verso la diagnosi eziologica e quindi una terapia mirata (antinfiammatoria, antibatterica); dalla biopsia uterina possono essere ricavate informazioni utili riguardo lo stato di salute dell’endometrio e quindi riguardo alle probabilità di recuperare un embrione o meno e alla capacità di risposta all’introduzione di seme (Kenny, 1978; Le Blanc, 2003) o a eventuali trattamenti endouterini (Ricketts e Alonso, 1991).
Nel momento in cui viene rilevata la presenza di attività ciclica nella donatrice, questa verrà monitorata mediante palpazione rettale ed esame ecografico; all’insorgere delle manifestazioni estrali tali esami verranno eseguiti giornalmente per valutare lo sviluppo follicolare fino allo sviluppo di un follicolo preovulatorio (Squires e Seidel, 1995).
Lo sviluppo follicolare deve essere monitorato con attenzione per poter decidere il momento opportuno in cui indurre l’ovulazione, in modo da poter accoppiare o inseminare la donatrice.
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In genere nei programmi di ET viene utilizzata la tecnica dell’inseminazione artificiale con seme fresco, refrigerato o congelato in relazione alla scelta degli allevatori.
Diversi autori hanno condotto studi per determinare la quantità ideale di spermatozoi da impiegare nelle dosi di seme; generalmente vengono impiegate dosi di 500 x 10^6 spm (progressively motile sperm) in caso di seme (Brinsko e Varner, 1993), 1000 x 10^6 spermatozoi in caso di seme refrigerato (Katila, 1997) e 300-500 x 10^6 spermatozoi in caso di seme congelato (Samper e Morris, 1998).
Il momento migliore per effettuare l’inseminazione artificiale nella donatrice varia in base alla tipologia di seme, anche se bisogna tenere in considerazione che un inseminazione eseguita 6 ore dopo l’ovulazione è responsabile di una riduzione delle percentuali di gravidanza (Pickett et al., 1993).
Per il seme fresco è consigliato eseguire inseminazioni a distanza di 48 fino a che non si ha l’ovulazione (Heitland, 1995). Il seme refrigerato viene esposto a temperature di 5°C per 24-48 ore, dopo che è stato prelevato (Varner et al., 1989; Moran et al., 1992; Squires et al., 1999), allo scopo di consentirne il trasporto; l’inseminazione con seme refrigerato è consigliata 24 ore dopo la somministrazione di hCG che corrispondono alle 12-24 ore che precedono l’ovulazione (Samper, 1997). L’inseminazione con seme congelato invece è consigliata da 12 ore prima fino a 6 ore dopo l’ovulazione (Pickett, 1993).
Le percentuali di gravidanza variano in base al tipo di seme impiegato e, ovviamente, diminuiscono con l’aumentare delle manipolazioni che il seme subisce (Tab. 4.1).
Tabella 4.1: Percentuali di gravidanza per ciclo in base al tipo di seme impiegato nella cavalla.
Fresco Refrigerato Congelato
% Gravidanza per ciclo 60-70% (Samper, 1997; Morris e Allen, 2002) 50-70% (Vidament et al., 2000; Loomis, 2001) 30-40% (Vidament et al., 1997)
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Sono stati condotti studi anche sulla riduzione del numero di spermatozoi per ciascuna inseminazione (Brinsko et al., 2003).
Una tecnica che può essere impiegata nel caso di riduzione del numero di spermatozoi è l’inseminazione intracornuale profonda, che consiste nel depositare il materiale seminale in prossimità dell’apice del corno uterino omolaterale al follicolo dominante, tale metodo consente di diminuire l’esposizione degli spermatozoi all’ambiente uterino e garantisce un aumento della percentuale degli spermatozoi disponibili per la fecondazione. Rigby e colleghi hanno mostrato come la percentuale di recupero degli spermatozoi dall’ovidutto ipsilaterale al follicolo dominante, fosse maggiore inseminando per via intracornuale profonda rispetto a quella ottenuta inseminando nel corpo uterino (77% e 54% rispettivamente) (Rigby et al., 2000).
Quando si dispone di seme refrigerato o seme congelato, può risultare utile attuare dei protocolli per l’induzione dell’ovulazione; generalmente le molecole che vengono impiegate a tale scopo sono la gonadotropina corionica umana (hCG 3.300 U.I i.v.) e il GnRH (2,2 mg deslorelin s.c.) (Squires e Seidel, 1995).
Bruyas e colleghi hanno riportato una percentuale di ovulazione dell’80% compresa tra 24 e 48 ore dopo la somministrazione di gonadotropina corionica umana (N=36, Bruyas, 1998).
Camillo e colleghi hanno riportato l’utilizzo di 2000-3000 UI di hCG da somministrare al momento del rilievo dell’estro e di un follicolo in crescita con diametro ≥ 35mm; le percentuali di ovulazione dopo somministrazione di hCG sono variate dal 78% al 91% tra le 24 e 48 ore (N=67, Camillo et al., 1999).
Zavaglia e colleghi hanno riportato una percentuale di ovulazione del 78% compresa tra le 25 e 48 ore dopo somministrazione di hCG (N=1040, Zavaglia et al., 2000). È stato osservato che la somministrazioni di hCG ripetute nel tempo (2-5 volte), è responsabile di un fenomeno di immunizzazione attiva con la formazione di anticorpi verso la stessa molecola proteica, comportandone una riduzione nell’efficacia del farmaco (Roser et al., 1979; Duchamp et al., 1987). McCue consiglia di non utilizzare la molecola più di due volte all’interno della stessa stagione di monta (McCue et al.,
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2004). In alternativa alla somministrazione di hCG, per indurre efficacemente l’ovulazione nella cavalla è possibile l’utilizzo degli analoghi del GnRH.
Una singola somministrazione di buserelin è stata comunemente riportata come inefficace per indurre l’ovulazione nella cavalla (Duchamp et al., 1987; Vidament, 1992; Palmer, 1993) mentre altri .autori hanno riportato risultati contrastanti in merito all’efficacia della somministrazione di buserelin 2 volte al giorno per due giorni (Squires, 1988; Battut et al., 2001; Camillo et al., 2004).
Alcuni anni fa è stato messo in commercio un farmaco per l’induzione dell’ovulazione nella cavalla composto da un impianto sottocutaneo di deslorelin acetato è capace di indurre l’ovulazione entro 48 ore in una percentuale di cavalle superiore all’ 88% (Meinert et al., 1993; McKinnon et al., 1993; Meyers et al., 1997;Jöchle et al., 1997). Sfortunatamente questo prodotto si è dimostrato responsabile di una down regulation sui recettori ipotalamici determinando un fase di anestro, anche in piena stagione riproduttiva, soprattutto nel caso di somministrazioni ripetute, come avviene, appunto, proprio nelle donatrici di embrioni dove vengono sfruttati per l’IA più cicli consecutivi.
Più recentemente, Levy e Duchamp hanno dimostrato come una singola somministrazione sottocutanea diuna dose molto elevata di deslorelin sia in grado di indurre l’ovulazione nella fattrice e può essere utilizzato comodamente nella pratica clinica. I suddetti autori hanno confrontato le percentuali di ovulazione tra 24 e 48 ore di un gruppo di fattrici trattate con buserelin (6mg s.c. Suprefact®; n=32 cicli) con un gruppo di controllo (C; nessun trattamento; n=52 cicli). Il gruppo di fattrici trattate con buserelin ha presentato tassi di ovulazione maggiori rispetto al gruppo di controllo (31/35 contro 15/35 rispettivamente) (Levy e Duchamp, 2007).
Il flushing per la raccolta degli embrioni viene eseguito 7-8 giorni dopo l’ovulazione della donatrice; una volta terminata tale operazione vengono somministrati alle cavalle degli analoghi delle prostaglandine F2α, per assicurare un ritorno in calore nel più breve tempo possibile (normalmente entro 2-3 giorni) e per evitare gravidanze indesiderate nelle donatrici (Squires e Seidel, 1995).
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