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LINFANGITE ACUTA DEGLI ARTI INFERIORI AL DEA

Enrico Oliva

Pathophysiology, Faculty of Medicine,Department of Physiology.

University of Ostrava, Czech Republic.

Le linfangiti rappresentano la più frequente e temibile complicanza del linfedema, sono l’espressione di una flogosi dei vasi linfatici, coinvolgendo a volte i linfonodi, allora parliamo di Linfangio-Adeniti. La linfangite può essere acuta o cronica di quest’ultima riconosciamo il tipo aspecifico e specifico, interessando sia i vasi linfatici superficiali o quelli profondi (più raro), può decorrere in senso tronculare o reticolare .

Le linfangiti acute si definiscono reticolari, quando sono colpiti i capillari linfaticie e tronculari, quando sono colpiti i collettori linfatici.

Le linfangiti croniche aspecifiche sono secondarie a linfangiti acute recidivanti;

le linfangiti croniche specifiche sono veicolate dal micobatterio della TBC, dal Treponema Pallido, dal micobatterio della Lebbra e da parassiti (Filaria). Nelle linfangiti croniche i collettori diventano dei cordoni fibrotici e vanno incontro anche ad ulcerazioni e fistolizzazioni con perdita di materiale caseoso.

Nelle linfangiti profonde abbiamo 3 quadri clinici diversi 1)Eritematosa: iperemia dei collettori e trombosi del lume.

2)Purulenta: colliquazione endovasale del trombo .

3) Gangrenosa: presenza di flittene ed escare superficiali di colore grigiastro.

Sintomatologicamente si presenta con un dolore cutaneo urente, associato a febbre, nausea e vomito. Nelle linfangiti profonde il dolore si irradia lungo il

decorso dei fasci vascolari,va posta diagnosi differenziale con le tromboflebiti.

La reazione flogistica interessa sia la parete vasale, che si ispessisce spesso fino all’occlusione e peggiorando con la fibrosi linfoadenitica e perilinfoadenitica, sia la linfa determinando processi ipercoagulativi.

La cute, con il progredire della linfangite, tende ad ispessirsi ed indurirsi con fenomeni di lichenificazione oppure di fibrosi tessutale.

Riconosciamo nelle linfangiti varie cause etiopatogenetiche: quella infettiva è la principale, sostenuta da Streptococchi (Str. Beta-emolitico di gr. A - Eresipela) e Stafilococchi (Staphylococcus aureus).

Riconosciamo anche le linfangiti post-traumatiche e le linfangiti carcinomatose.

L’area linfedematosa presenta una immunodeficienza locale (causata in parte dalla scarsa mobilità delle cellule APC lungo le vie linfatiche), quindi qualunque trauma o lesione (piccole ferite superficiali o anche micosi ungueali o periungueali), rappresenta una porta aperta a tutte le infezioni scatenando un episodio linfangitico. Va ricordato che ogni episodio linfangitico distrugge in maniera irreversibile parte del patrimonio vasale linfatico e nel 3% dei casi possono conclamarsi quadri setticemici.

Questa trattazione, se pur breve, evidenzia senza alcun dubbio che è la terapia antibiotica ad essere il caposaldo nel trattamento delle linfangiti, sia nella fase acuta che nel cronico e negli episodi recidivanti, un quadro cinico a parte è rappresentato appunto dalle linfangiti stagionali ricorrenti.

Gli antibiotici di riferimento sono le penicilline e le cefalosporine, da usare ovviamente nel trattamento di attacco ma e soprattutto, in prevenzione, nei pazienti oncologici e durante il trattamento chemioterapico , oltre in quelli con pregressi episodi trombo flebitici. E’ stato evidenziato da recenti studi epidemiologici, che circa l’1% degli accessi nei DEA in Italia siano pazienti con deficit della circolazione linfatica con fino all’80% di casi di linfangite. Porre una giusta e rapida diagnosi di linfangite nei pazienti giunti al DEA è fondamentale per attivare il trattamento più incisivo ed efficace e per non incorrere in pericolosi errori diagnostici. Si devono valutare alcuni parametri;

A) Febbre _< 41 °c

B) Valutazione dell’edema con Eco-duplex

C) Palpazione di tumefazioni linfonodali ed ecografia D) Arrossamento ed iperemia cutanee

E) Aumento al termo tatto del calore locale F) Eco-color circolo venoso

G) Storia di pregresse linfangiti o traumi o ferite recenti

H) Valutazione del dolore locale alla palpazione ed eventuale ecografia Il trattamento in fase acuta deve prevedere il riposo al letto o attività

moderata, la terapia antibiotica : Ampicillina, cefalosporine, dicloxacillina, macrolidi, bendaggio elastocompressivo multi-couche a corta estensibilità (alta stifness) e applicando bende medicate all’ossido di zinco a contatto della pelle per protezione e per attività nutriente ed antinfiammatoria, in questa fase è l’unico presidio per stimolare il flusso linfatico, non sono indicati invece linfodrenaggio manuale o pressoterapia.

Indicato l’uso di corticosteroidi solo eventualmente nella primissima fase mentre gli antiinfiammatori non steroidei presentano diverse controindicazioni rispetto ad alcuni patogeni. Associare il trattamento delle comorbilità e quella sintomatica.

Determinante per il controllo degli episodi di recidiva è l’impostazione della Profilassi antibiotica, specie nei pazienti con patologie multiple, si attua con la penicillina a lunga durata d’azione (Benzilpenicillina benzatina). Olszewski in uno studio su 45 pazienti affetti da linfedema al II-IV Stadio, con ricorrenti episodi linfangitici da 1 a 6 all’anno, osservò che la somministrazione di benzilpenicillina benzatinica, al dosaggio di 1.200.000 U.I., ogni 3 settimane per almeno 1 anno, riduceva del 90% gli episodi recidivi di linfangite e rallentava la progressione dei fenomeni infiammatori superficiali correlati. Questo antibiotico è risultato come il più efficace nel contenimento delle complicanze del linfedema, da allora la pratica clinica della profilassi con benzilpenicillina in elezione o in alternativa con gli altri tipi di penicilline, ha ridotto notevolmente gli episodi di linfangite.

Una particolare attenzione dobbiamo dedicarla al quadro clinico dell’erisipela rappresenta una infezione del tessuto cutaneo che clinicamente esordisce con una flogosi locale associata a febbre alta ed improvvisa a carico prevalentemente degli arti inferiori.

La penetrazione tramite ferite o lesioni cutanee dello streptococco piogeno (gruppo A) o diversamente dei gruppi G e C e la successiva diffusione

sottocutanea causa la cosiddetta cellulite . La diffusione dei piogeni tramite i vasi linfatici è rapida, l’area colpita presenta margini rilevati ed un vasto eritema. Le zone ricche di sottocutaneo appaiono edematose, nelle aree con scarso sottocutaneo si sviluppano altresì necrosi e bolle. La diagnosi è essenzialmente clinica, gli esami di laboratorio evidenziano una leucocitosi neutrofila, VES e PCR elevate. Va posta diagnosi differenziale dall’herpes zoster (determina la comparsa di vescicole confluenti ad area limitata); dalle tromboflebiti degli arti inferiori tramite l’esame ecodoppler ed infine dalle stafilococciche maligne (le chiazze non sono a margini netti).

La benzilpenicillina ha indicazione nella profilassi nei casi di erisipela recidivante.

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