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Lo scenario europeo post Brexit: un processo in divenire

A conclusione dell’analisi del complesso percorso argomentativo delle Corti britanniche in merito alle conseguenze del referendum Brexit sul costituzionalismo britannico, si ritiene necessario esaminare quale sia, attualmente, lo stato dell’arte della procedura di uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Un iter che, come abbiamo visto, è giuridicamente delineato nella sua complessità dall’art. 50 del Trattato di Lisbona.

Al momento della stesura del presente elaborato, come già ricordato nell’introduzione, è stato recentemente condiviso un accordo sulle future relazioni tra il Regno Unito e l’Unione europea.

I contenuti di tale documento sicuramente confermano quanto affermato dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk in una dichiarazione ufficiale del marzo 2018, dove aveva fortemente riaffermato la volontà dell’Unione di non voler costruire un muro tra Unione europea e Gran Bretagna ma che al contrario,

127 F. VIOLINI, L’avvio di Brexit nella contesa tra parliamentary sovereignty e royal prerogative powers, in Rivista AIC Osservatorio costituzionale, Fascicolo n. 1/2017 del 18 marzo 2017, pp. 11-12.

quest’ultima sarebbe stata il vicino più prossimo, amica e partner anche dopo la Brexit. La chiara intenzione era pertanto quella di proseguire i negoziati con “spirito aperto, positivo e costruttivo ma anche con realismo”128, previo però

superamento di due test fondamentali: il test dell’equilibrio tra diritti e obblighi ed il test dell’integralità del mercato unico. Ancora una volta si richiama pertanto a quella esigenza di operare un bilanciamento tra la necessità di garantire la tutela dei diritti e la volontà di non compromettere i vantaggi economici derivanti dall’appartenenza ad un mercato comune. Un compromesso richiamato più volte nel corso della trattazione e che nell’intervento del presidente Tusk viene riaffermato in tutta la sua forza.

Fatta questa necessaria premessa, rimane comunque un dato di fatto: la questione della modalità della effettiva fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione europea - soprattutto al termine del cosiddetto periodo di transizione - continua ad essere aperta. Sicuramente, l’ipotesi di “hard Brexit”, che era stata fortemente sostenuta da Theresa May, alla luce delle disposizioni contenute nell’accordo, è stata oggi decisamente accantonata. La prospettiva di lasciare l’U.E. senza alcuna rete di protezione era infatti stata associata ad una frase della stessa May pronunciata dopo essere divenuta Premier, secondo cui “no deal is better than a bad deal”, il che lasciava intendere che il puro e semplice recesso dall’U.E., senza l’individuazione di un regime specifico per i futuri rapporti tra Regno Unito ed Unione, potesse essere uno scenario plausibile129. Già a seguito del risultato delle elezioni britanniche del giugno 2017130, dove Theresa May non trovando l’investitura sperata, era stata costretta a trovare un alleato di governo, il partito laburista aveva preso nettamente posizione in favore di una soft Brexit, una soluzione che contemplava - alla scadenza dei due anni - un periodo piuttosto lungo di ultrattività delle regole del mercato interno e anche della giurisdizione

128 Dichiarazione del presidente Donald Tusk sul progetto di orientamenti sul quadro delle future relazioni con il Regno Unito del 07 marzo 2018, reperibile al seguente link: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2018/03/23/european-council-art-50- guidelines-on-the-framework-for-the-future-eu-uk-relationship-23-march-2018/

129 S. CIVITARESE MATTEUCCI, Brexit: la fine dell’Europa o la fine del Regno Unito? Editoriale in Istituzioni del Federalismo Rivista di studi giuridici e politici, Numero speciale del 2016, pag. 7.

130 Si ricorda, per completezza di informazioni, che proprio la stessa Theresa May aveva indetto le elezioni in anticipo, sulla base della consolidata aspettativa che sarebbero state un trionfo per lei e per il Partito Conservatore.

della Corte di giustizia. Previsioni queste ultime che sono state, di fatto, inserite a pieno titolo nell’accordo del 14 novembre 2018.

In sostanza il nuovo scenario prospettato, prevedrebbe un periodo transitorio di circa due anni - prorogabile di comune accordo tra l’U.E. ed il Regno Unito - dopo la formale uscita, durante il quale continuerebbero ad applicarsi le regole europee per consentire a cittadini ed imprese di entrare gradualmente, ma soprattutto senza traumi, nel nuovo regime.

È del tutto lecito, a questo punto dell’analisi, iniziare a demandarsi in cosa consisterà questo rinnovato regime e soprattutto, se sarà davvero - quantomeno nei prossimi due anni - così “innovativo” rispetto allo stato di diritto attuale. I problemi si addensano proprio sull’assenza di una chiara strategia per pilotare Brexit verso un approdo se non sicuro perlomeno prevedibile131.

In particolare, ai fini della nostra trattazione, è interessante capire come i negoziatori hanno inteso risolvere la questione dei diritti dei cittadini U.E. residenti in Gran Bretagna e degli stessi cittadini britannici in Europa, una questione che, in realtà, non aveva ricevuto particolare attenzione durante la campagna referendaria e anzi i sostenitori del “Vote Leave’s” affermavano che per i primi non vi sarebbe stato assolutamente nulla da temere.

Fino al raggiungimento di un accordo formale ed in assenza di decisioni unilaterali del Governo britannico o dell’U.E., non era agevole ritenere (e comunque far valere) che gli uni e gli altri potessero vantare “diritti di cittadinanza” europea una volta venuta meno la condizione (appartenenza del cittadino ad uno Stato membro) su cui, come abbiamo visto nel precedente capitolo, la cittadinanza europea si fonda. Fermo restando che l’Unione europea e gli stessi Stati membri avevano da tempo annunciato che avrebbero continuato ad applicare le regole della cittadinanza europea ai cittadini britannici, la questione era se, per i cittadini europei residenti regolarmente nel Regno Unito al momento della fuoriuscita, si prevedeva un trattamento specifico, posto che tra gli elementi di relativa certezza vi era il fatto che Brexit porrà fine alla libertà di circolazione e stabilimento132. Ricordiamo inoltre che, l’allettante prospettiva di riprendere il controllo delle frontiere e dell’immigrazione aveva costituito senza dubbio il

131 S. CIVITARESE MATTEUCCI, op. cit., pag. 7. 132 S. CIVITARESE MATTEUCCI, op. cit., pag. 10.

fattore determinante per l’esito referendario, ma che tuttavia, le concessioni sullo status dei cittadini europei in Gran Bretagna avrebbero potuto pesare sul piatto della bilancia nel tentativo di continuare a fruire delle altre libertà, in particolare il libero commercio e l’unione doganale. Sicuramente, da una lettura analitica del “Withdrawal Agreement”133 si comprende come l’obiettivo dei negoziatori sia

quello di assicurare un recesso del Regno unito dall’Unione europea il più ordinato possibile, prevedendo delle clausole e delle disposizioni comuni atte a stabilire regole certe, finalizzate alla coerente interpretazione ed al corretto funzionamento dell’accordo stesso. I temi presi in esame dai negoziatori sono i più disparati, quello che però ai nostri fini rileva ricordare, riguarda tutte quelle disposizioni in materia di diritti e libertà dei cittadini europei e britannici, nonché dei loro rispettivi familiari. Esaminando il testo è evidente che, quantomeno fino al termine del periodo di transizione - il sistema di garanzia dei diritti rimarrà sostanzialmente inalterato. In questo arco temporale, continuerà inoltre ad essere riconosciuta la piena libertà di circolazione all’interno dello spazio giuridico dell’Unione europea e del Regno Unito. Importantissima, sul piano delle tutele, la previsione che stabilisce che i contenuti dell’accordo di recesso possano essere invocati dai cittadini U.E. nei tribunali britannici e dai cittadini del Regno Unito nei tribunali degli Stati membri, prevedendo contestualmente che qualsiasi norma nazionale che sia evidentemente in contrasto e non coerente con le disposizioni dell’accordo, debba essere disapplicata. L’effettiva garanzia dei diritti dei cittadini nell’U.E., sarà monitorata dalla Commissione che agisce in conformità con i Trattati dell’Unione. Nel Regno Unito, questo ruolo sarà svolto da un’autorità nazionale indipendente. A questa Autorità saranno conferiti poteri equivalenti a quelli della Commissione europea per ricevere ed indagare sui reclami dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, condurre indagini di propria iniziativa e portare azioni legali dinanzi ai tribunali del Regno Unito in merito a presunte violazioni dei propri obblighi da parte delle autorità amministrative.

Alla luce di questa analisi dell’accordo sul ritiro del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea

133 Reperibile al link https://ec.europa.eu/commission/files/draft-agreement-withdrawal-united- kingdom-great-britain-and-northern-ireland-european-union-and-european-atomic-energy- community-agreed-negotiators-level-14-november-2018_en.

dell'energia atomica134, si comprende come le originarie posizioni britanniche si siano di fatto ammorbidite per lasciare spazio ad un dialogo più aperto con l’Unione, soprattutto per quanto riguarda i diritti dei cittadini europei ed il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

Nel prossimo capitolo, avremo modo di approfondire le due diverse questioni sotto un duplice profilo: da un lato analizzando le origini e l’evoluzione del sistema di protezione dei diritti sociali nel Regno Unito e dall’altro valutando il potenziale impatto della Brexit su questi ultimi e le possibili conseguenze ed ipotesi che sono state prese ad esame dalle istituzioni europee che hanno in qualche modo condotto i negoziatori, a giungere alla condivisione del testo dell’accordo così come possiamo leggerlo oggi.

134 Reperibile al link di cui alla nota 133.

CAPITOLO III

La protezione dei diritti sociali nel Regno Unito ed il potenziale impatto della Brexit

3.1 L’affermazione dei diritti sociali e la costruzione del welfare state in Gran