• Non ci sono risultati.

Il potenziale impatto della Brexit sul diritto del lavoro europeo e britannico

Alla luce del risultato del referendum sulla Brexit, sicuramente influenzato dalle questioni che abbiamo messo in evidenza nel precedente paragrafo, è adesso necessario comprendere quale potrebbe essere l’effettivo impatto dell’uscita del Regno Unito dall’U.E., sul diritto del lavoro nell’Unione stessa, che abbiamo visto essere uno degli aspetti di maggiore potenziale ricaduta sulle posizioni soggettive dei singoli, visto il numero di cittadini europei (e non) che si spostano nello spazio giuridico europeo proprio in virtù di esigenze lavorative.

Inaspettatamente, sei mesi dopo il referendum del giugno 2016, si è compreso qualcosa in più del vacuo mantra del Primo Ministro Theresa May “Brexit significa Brexit”. Qualche informazione in più sulla originaria direzione della politica britannica dopo Brexit si ricava dal discorso del Primo Ministro tenutosi a Lancaster House a Londra il 17 gennaio del 2017 e dal successivo Libro bianco, in cui la premier May ha lanciato il suo “Piano per il Regno Unito”. Nel suo discorso, la May ha offerto una visione della Gran Bretagna come un paese “più forte, più onesto, più unito e più aperto”. Se si analizza il discorso, si nota che il Governo della May, mentre si appresta a lasciare l’Unione europea, sta cercando di preservare alcuni valori europei condivisi, che includono soprattutto l’uguaglianza e i diritti umani. Nonostante qualche precedente campagna retorica in cui si faceva riferimento alle potenzialità del recesso dalla CEDU, è possibile che la Carta europea dei diritti fondamentali, come testo separato dai Trattati, possa rimanere un punto di riferimento per le Corti britanniche176.

Due passaggi nel discorso sono di particolare rilevanza per ciò che attiene al diritto del lavoro. In primo luogo, in riferimento all’esigenza di aumentare la certezza del diritto, l’European Communities Act, che ha consentito l’ingresso del diritto dell’Unione europea nell’ordinamento giuridico britannico al tempo dell’adesione alla Comunità, sarà sostituito dal Great Repeal Act che rimuoverà

176 J. KENNER, Il potenziale impatto della Brexit sul Diritto del lavoro europeo e britannico, in Diritti Lavori Mercati, Editoriale, n. I/2017, pag. 9.

tutti i diritti e gli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea vigente alla data della Brexit. Così, ben lungi dal rimuovere tutto il diritto europeo, il Great Repeal Act convertirà l’acquis - il corpo del diritto europeo esistente - in diritto britannico. L’effetto di questa legge consentirà al Regno Unito di sottrarsi al controllo di Bruxelles senza cambiare realmente il diritto europeo post Brexit, almeno nel breve periodo. Terminerà la giurisdizione della Corte di Giustizia europea, nei riguardi del Regno Unito, ma ciò non necessariamente metterà fine all’influenza della sua giurisprudenza sulle Corti britanniche.

Questa interpretazione è stata confermata dalle disposizioni contenute nel “Withdrawal Agreement of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland from the European Union and the European Atomic Energy Community” del 14 novembre 2018, che stabiliscono che l’Unione europea ed il Regno Unito debbano garantire, nei rispettivi ordinamenti giuridici, il primato e l’effetto diretto, nonché un’interpretazione coerente con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. L’effetto diretto è menzionato esplicitamente in riferimento a tutte le previsioni dell’accordo di recesso che soddisfano le condizioni di efficacia diretta a norma del diritto dell’Unione.

Ciò significa, in sostanza, che le parti interessate possono invocare l’accordo di revoca direttamente davanti ai tribunali nazionali sia nel Regno Unito, sia negli

Stati membri dell’Unione Europea.

È anche obbligatorio - ai fini della coerente interpretazione dell’accordo - l’uso dei metodi e dei principi generali applicabili all’interno dell’ordinamento giuridico dell’U.E. Ciò comprende, ad esempio, l’obbligo di interpretare i concetti o le disposizioni del diritto dell’Unione, menzionati nell’accordo di recesso, in modo coerente con la Carta dei diritti fondamentali. Inoltre, i tribunali britannici devono attenersi al principio dell’interpretazione coerente con la giurisprudenza della CGUE, fino alla fine del periodo di transizione e tenere in debito conto la giurisprudenza della stessa Corte, emessa

dopo tale data.

L’accordo richiede specificamente al Regno Unito di garantire il rispetto di quanto sopra specificato, attraverso la legislazione nazionale primaria, in particolare autorizzando le autorità giudiziarie e amministrative del Regno Unito a

disapplicare la legge nazionale incoerente o incompatibile. Questa sezione chiarisce anche che i riferimenti al diritto dell’Unione nell’accordo di revoca, devono intendersi comprensivi delle modifiche apportate fino all’ultimo giorno del periodo di transizione. Poche eccezioni sono previste, in particolare per specifiche disposizioni di regolamento finanziario, per evitare di imporre ulteriori obblighi al Regno Unito177.

Ciò che davvero questo mutamento comporta, quindi, è che ogni evoluzione del diritto europeo d’ora in poi, nella forma di nuove direttive o emendamenti successivi alla Brexit, come la revisione della Direttiva sui lavoratori distaccati, se adottata, non sarà applicabile, a meno che la Gran Bretagna non decida di emanare regole equivalenti per rimanere nel mercato unico dell’U.E. In secondo luogo, il “Piano per la Gran Bretagna”, al punto 7, rubricato “Tutela dei diritti dei lavoratori”, memore dell’eredità dell’euroscetticismo nel partito conservatore della May, impegna la Gran Bretagna post Brexit ad assicurare che i diritti dei lavoratori saranno pienamente tutelati e salvaguardati. Inoltre, afferma non solo che il diritto del lavoro europeo sarà conservato, ma anche che sarà costruito sia sul versante della tutela dei lavoratori, sia sul versante dell’accrescimento della partecipazione dei lavoratori nelle imprese. Perciò la Brexit non condurrà necessariamente ad una divergenza del diritto del lavoro tra Gran Bretagna e Unione europea. Con un completo capovolgimento della posizione di Margaret Thatcher, suo predecessore negli anni Ottanta, Theresa May favorisce il diritto del lavoro europeo, ma rifiuta il mercato unico. Le politiche dettate in tema di controllo dell’immigrazione sono la più importante conseguenza per il Regno Unito dopo Brexit e ciò deve essere valutato insieme alla conservazione e all’ampliamento dei diritti dei lavoratori178.

L’impegno della May di conservare dopo la Brexit il diritto del lavoro europeo lascia però alcune aree di incertezza. Una parte del diritto del lavoro europeo, come i Comitati aziendali europei, i diritti di informazione e consultazione in caso di licenziamenti collettivi e la tutela in caso di fallimento ha una dimensione

177 Per una lettura completa dei termini dell’Accordo si rimanda al documento ufficiale reperibile al link https://ec.europa.eu/commission/files/draft-agreement-withdrawal-united-kingdom-great- britain-and-northern-ireland-european-union-and-european-atomic-energy-community-agreed- negotiators-level-14-november-2018_en.

transfrontaliera, non potrà più essere applicata. Altre norme sui lavoratori distaccati e sugli appalti pubblici dipendono dall’adesione al mercato unico e non rientrano nelle promesse della May. Inoltre non è certo che i diritti sociali fondamentali incorporati nella Carta europea saranno rispettati nella Gran Bretagna post Brexit179.

Ancor più importante è che, al di fuori dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea, non c’è nessuna garanzia che un Governo britannico possa vincolare un futuro Parlamento dall’abrogare il diritto del lavoro di derivazione eurounitaria erodendo gradualmente l’acquis sociale. Il metodo più efficace, di messa in sicurezza a lungo termine dell’influenza del diritto del lavoro europeo nel Regno Unito, è l’incorporazione dello stesso in un accordo post-Brexit di libero commercio tra Regno Unito e U.E.

La discussione della bozza di accordo sta rappresentando per l’Unione l’occasione di negoziare clausole con forti elementi essenziali per garantire l’adesione del Regno Unito ai diritti sociali fondamentali e la conservazione dell’acquis sociale, in modo da prevenire un dumping sociale all’interno di un continente con valori condivisi.

I principali punti contenuti nell’accordo di recesso del novembre 2018, riguardano i diritti dei cittadini europei che vivono nel territorio britannico e dei cittadini britannici che vivono all’interno dell’Unione, il cosiddetto “periodo di transizione” successivo all’uscita del Regno Unito prevista per il 29 marzo 2019 e il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord. Nel documento si legge che entrambe le categorie di cittadini manterranno il diritto di restare nel territorio “ospite” se vi risiedano da più di cinque anni, e che durante il periodo di transizione - che durerà fino al 31 dicembre 2020 - i cittadini dell’Unione europea che si trasferiranno nel Regno Unito avranno gli stessi diritti di quelli arrivati prima. L’accordo sul periodo di transizione prevede invece che il Regno Unito continui a far parte del mercato unico anche se perderà il suo posto in tutte le istituzioni governative europee. Durante i 21 mesi del periodo di transizione, il Regno Unito potrà decidere se accettare nuove regole in materia di giustizia e amministrazione

179 F. KENNER, op. cit., pp. 10-11.

interna e potrà altresì decidere di essere esclusa da nuovi trattati internazionali e - in generale - da nuove decisioni in materia di relazioni estere.

3.7 Brexit e libertà di circolazione dei cittadini U.E nel mercato interno: il