• Non ci sono risultati.

dere le loro creazioni e questo atteggia- mento diffuso e comune genera comunità. La filosofia che vive dietro il movimento dei makers e alla loro collaborazione spontanea è la stessa che stava dietro alla rivoluzione dei computer avvenuta a metà degli anni ‘80 e al fervore che ebbe Steve Jobs. Questa ispirazione nasce dalle teorie di un uomo Stewart Brand: emerso dalla cultura psiche- delica degli anni ‘60 promosse una visione della tecnologia come una forma della liberazione delle menti e dei talenti delle persone, una visione dell’innovazione

tecnologica come amica dell’uomo. Walter Isaacon, nella sua biografia di Steve Jobs descrive con queste parole il ruolo centrale di Brand nella nascita di quello che oggi è il movimento dei Makers: “La filosofia che

stava sotto diceva che la tecnologia poteva essere nostra amica. Brand scrisse nella prima pagina della prima edizione (del suo “The Whole Earth Catalog”): sta nascendo un regno di intimo e personale potere del singolo individuo a condurre la propria educazione, trovare la sua ispirazione, realizzare il suo contesto e condividere la sua avventura con

1. Innovazione e design oggi

chiunque sia interessato. Gli strumenti che aiutano questo processo sono promossi dal Whole Earth Catalog.” [Walter Isaacson, 2011] Questi principi oggi animano migliaia

di Makerspaces che utilizzano gli strumenti del ventunesimo secolo per realizzare un certo tipo di rivoluzione economica e socia- le. L’idea di poter rivolu-zionare il mondo e l’economia con un’idea, un computer ed una connessione internet oggi è chiara a tutti. La straordinaria rivo-luzione nei modelli sociali ed economici classici si possono già riscontrare nella stessa natura dei Makers. Infatti, grazie ai nuovi strumenti di fab- bricazione digitale, non vi è più una distin- zione tra inventori ed imprenditori e la loro energia creativa reinventa la produzione. I Makers sono contemporaneamente inven- tori e imprenditori, imprenditori e produt- tori, artigianali e innovativi, low-cost e high-tech ma soprattutto sono allo stesso

tempo locali e globali. La differenza tra stampare uno ed essere un amatore (usando la nostra stampante) o stampare tanti ed essere un imprenditore (inviando a servizi di stampa aperti) dipende dall’opzione che scegliamo nel menu di stampa e da quanto vogliamo spendere. La struttura industriale del XXI secolo è fortemente influenzata dall’introduzione di questi strumenti nel processo produttivo poiché portano alla nascita di innumerevoli ma distinti impren- ditori, amatori e profes-sionisti che si inser- iscono nei processi progettuali e produt- tivi riscrivendone le regole. Le piccole aziende non hanno più barriere d’entrata che avevano prima della democratizzazione dell’innovazione digitale e produttiva. Oggi le piccole aziende vendono direttamente al cliente on-line. Anziché aspettare ordini dalle grandi industrie, oggi inventano i loro prodotti e anziché competere sul

prezzo competono sull’innovazione che da una parte è ormai raggiungibile da tutti e dall’altra è divenuto l’elemento discrimi- nante per vincere la concorrenza.

I makers sono mossi da atteggiamenti spon- tanei e spesso ricercano inconsciamente una gratificazione non di tipo economico dalle loro realizzazioni ma si inseriscono nel mer- cato per “perseguire la felicità” come disse il teorizzatore di questa “Economia felice”, Erik Hurst (Economista di Chicago). I makers sono possibili imprenditori co- scienti delle logiche e dei gusti del mercato perché ne fanno parte e in fondo realizzano ciò che loro stessi vorrebbero vedere sugli scaffali del supermercato. Un altro grande vantaggio dell’atteggiamento maker è che la variabilità, oggi progettabile e program- mabile diventando parte integrante anzi “valore necessario” nella catena di produ- zione. La produzione di massa e i modelli del XX secolo favorivano la standardizza- zione e la ripetizione e la variabilità era un ostacolo ed un limite nella produzione industriale meccanica. Oggi nell’ambiente digitale si è trasformato in un vantaggio poiché oltre ad essere ricercata dai con- sumatori della modernità fluida in con-

tinua ricerca del nuovo, è anche promossa e favorita dalle nuove possibilità dei nuovi strumenti: l’individualizzazione e la per- sonalizzazione dipende semplicemente dai codici e dai file caricati ma la varietà in sé è gratis e non costa niente di più alle mac- chine di fabbricazione. Il movimento dei makers è portavoce di un atteggiamento che rivoluziona profondamente diversi modelli sociali, progettuali, economici, industriali e culturali. Il termine makers fa riferimento in particolare al mondo degli oggetti reali ma il loro atteggiamento tocca ormai qual- siasi ambito. Si generano nuovi schemi e modelli d’interazione che hanno in comune le generazione di vere e proprie comunità virtuali che hanno lo scopo come abbiamo detto di generare gli effetti del network.

1. Innovazione e design oggi

Abbiamo visto come la società venga influ- enzata dall’ingresso di nuove tecnologie ed innovazione e come di riflesso anche il mondo del progetto spesso debba adattarsi e assumere nuove forme e modelli. Abbiamo considerato come ultimamente vengano generati continuamente e sempre più spesso nuovi modelli e schemi d’azione proprio perché nascono da una tecnologia fluida e veloce che sta trasferendo queste carat- teristiche nei contesti in cui si sviluppa. Abbiamo visto come al centro degli ultimi modelli nati in relazione all’avvento delle scoperte digitali: del computer e della con- nessione web si trovi la stessa accessibilità e connessione e la generazione spontanea di comunità che generano cicli di valore in grado di autoalimentarsi. Gli schemi gen- erati dalle opportunità di social networking sono innumerevoli. Nella prossima sezione analizzeremo un modello che si appoggia proprio sull’apporto che queste comunità possono dare all’inter-no di diversi contesti. Il crowdsourcing. Considereremo il mod- ello generale per poi scoprire alcune realtà specifiche ed analizzare come questo nuovo modello e gli schemi d’azione che genera si sta inserendo nel mondo del progetto ed in particolare del design della comunicazione.

3

C R O W D S O U R C I N G

La collaborazione e la condivisione in sé in quanto modo di lavorare e di progettare non è una così poi grande novità in quanto alla base della cultura del design c’è pro- prio la condivisione, il teamworking e la co-creati-vità. Quello che sta cambiando è l’evoluzione dei comportamenti progettanti dovuti proprio all’unione tra concetto di co-working e i nuovi strumenti e modalità attraverso cui questo si può esprimere. La collaborazio-ne oggi passa per la rete, non sempre si esaurisce lì, ma viene sfruttata on- line per generare comunità ed innovazione. E‘ necessario introdurre un nuovo concetto:

il crowdsourcing, ovvero l’atteggiamento, che diventa concreto modello di business, per cui si decide di affidare la realizzazione di un progetto, o di una parte di esso, una sua modifica o miglioramento ad una comu- nità on-line che spontaneamente si dedica al raggiungimento di un obiettivo generando innovazione all’interno di quello che abbia- mo definito ciclo della rete. Il crowdsour- cing è essenzialmente un modello di produ- zione e risoluzione dei problemi che si basa sul valore generato dall’intelligenza collet- tiva di una comunità on-line e dal valore che questa può generare.

Il termine “crowdsourcing” deriva dall’unio-ne delle parole “crowd” e “out- sourcing” e significa letteralmente “ester- nalizzare ad una folla”, ovvero affidare ad una community on-line la risoluzione di un certo proble-ma allo scopo di ottenere la risposta ad una domanda. La parola “crowdsourcing” è relativamente nuova, è stata coniata dal giornalista e autore di WIRED US, Jeff Howe nel 2006, “il lavoro

non è sempre gratuito, ma costa molto meno di pagare i dipendenti tradizionali. Non si tratta di outsourcing, è crowdsourcing.“ [Jeff Howe, 2006]. Il concetto che vi sta dietro

risale a secoli fa. Nel 1800, la prima edizione dell’ “Oxford English Dictionary” è stata in effetti realizzata in crowdsourcing da volontari che hanno contribuito inviando definizioni su fogli di carta che poi sono state raccolte e ordinate. Addirittura un secolo prima, nel 1715, il governo britan- nico promosse un concorso pubblico (The Longitude Prize) per ottenere una soluzione ad alcuni problemi di navigazione. Vinse un orologiaio di nome John Harrison. Quello che è cambiato sono essenzialmente i canali all’interno dei quali le organizzazioni e la folla interagiscono. Canali molto più veloci, accessibili e facili da gestire. Le organiz- zazioni che decidono di affidare ad una community esterna sotto forma di open call,

un’attività tradizionalmente svolta entro i perimetri aziendali si trovano di fronte ad una riduzione dei costi e alla possibilità di ricevere contributi in quantità non raggiun- gibili attraverso modelli tradizionali come ad esempio l’outsourcing.

“Grazie al web .. Le aziende che si muovono ora possono sfruttare un pool globale di talenti, idee e innovazioni che supera di gran lunga quello che potevano sperare di produrre internamente“ Kevin Maney, autore di USA

Today. Wikipedia è forse il sito più famoso basato sul modello del crowdsourcing e sul- la condivisione partecipativa e spontanea. Fondata dal’ ex-professore di filosofia Larry Sanger e dall’imprenditore Jimmy Wales, Wikipedia nacque con l’obiettivo di svilup- pare una enciclopedia gratis disponibile on- line. Chiunque può creare o modificare una delle centinaia di migliaia di voci che com- pongono l’enciclopedia on-line. Raccogliere e catalogare tutti gli articoli per la loro enciclopedia si rivelò essere un lavoro inter- minabile quindi decisero di percorrere una strada alternativa. Sfruttando un semplice software, chiamato Wiki - parola che deriva dal termine hawaiano che significa “veloce” - permisero ad altre persone di partecipare e contribuire. Nel gennaio 2001 Wikipedia si aprì alla folla e la folla rispose. In tre setti- mane, diciassette articoli vennero realizzati

3.1

Definire

3. Crowdsourcing

- Quando ci si affida ad una forza lavoro online per ottenere un aiuto nella risoluzio- ne di un compito;

- Quando la conoscenza esiste ma è neces- sario un aiuto per raccoglierla ed organiz- zarla;

- Quando si chiede alla folla un aiuto per trovare la soluzione ad un problema; - Quando si ha bisogno di idee dalla folla e delle loro opinioni e feedback.

CROWDSOURCING -

4

strategie

Affidare la realizzazione di un progetto, o di una parte di esso, una sua modifica o miglioramento ad una comunità on-line che si dedica al raggiungimento di un obiettivo generando innovazione all’interno di una rete che unisce chi ha un’esigenza da soddisfare e chi ha i mezzi per offrire una soluzione

CROWDCREATION - La produzione in massa di lavori creativi CROWD WISDOM - L’utilizzo di un’intelligenza collettiva CROWDVOTING - Il filtro e l’organizzazione di molte informazioni CROWDFUNDING - L’utilizzo del portafoglio collettivo della folla Jeff Howe distingue 4 diverse strategie di crowdsourcing

da “Crowdsourcing: Why the Power of the Crowd Is Driving the Future of Business, 2008”

dai partecipanti. Un mese dopo, 150 nuovi articoli vennero caricati ed entro la fine del 2001, Wikipedia aveva 15mila articoli. Oggi Wikipedia ha 30 milioni di articoli - circa 23 volte il numero di articoli contenuti nell’enciclopedia britannica. Chiaramente il discorso è molto più complicato in quanto il crowdsourcing è in realtà un modello ap- plicabile ad un ampio raggio di attività Ecco la definizione di crowdsourcing data da Estellés Arolas, E.; González Ladrón-de- Guevara, F. « Il crowdsourcing è una tipolo-

gia di attività online partecipativa nella quale una persona, istituzione, organizzazio-ne non a scopo di lucro o azienda propone ad un gruppo di individui, mediante un annun- cio aperto e flessibile, la realizzazione libera e volontaria di un compito specifico. La realizzazione di tale compito, di complessità e modularità variabile, e nella quale il gruppo di riferimento deve partecipare apportando lavoro, denaro, conoscenze e/o esperienza, implica sempre un beneficio per ambe le parti. L’utente otterrà, a cambio della sua partecipazione, il soddisfacimento di una concreta necessità, economica, di riconosci- mento sociale, di autostima, o di sviluppo di capaci-tà personali, il crowdsourcer d’altro canto, otterrà e utilizzerà a proprio beneficio il contributo offerto dall’utente, la cui forma dipenderà dal tipo di attività realizzata.” [Estellés Arolas, E.; González Ladrón-de- Guevara, F., 2012]

Questa è solo una delle molte e diverse defi- nizioni del termine “crowdsourcing” ma ne coglie gli aspetti principali e dis- tintivi: il web come strumento di condi-

visione, il legame tra la comunità e chi ha una necessità da soddisfare, il valore generato dalla comunità e i benefici degli effetti del network. Tutte le definizioni del termine crowdsour-cing devono riportare questi elementi ma devono anche neces- sariamente rimanere generiche in quanto lo stesso concetto di crowdsourcing è in realtà un modello in continua evoluzione che si adatta generan-do diversi schemi a seconda dei diversi ambiti e settori in cui si inserisce, ognuno con i propri vantaggi e le proprie criticità. Sono proprio l’adattabilità e la flessibilità del crowdsourcing a renderlo un modello così forte, in grado di emergere in molte, differenti applicazioni. Come può essere utilizzato il crowdsourcing?

Individuiamo 7 ambiti, modelli o strategie che si basano sullo schema del crowdsour- cing e sul valore generato spontaneamente dall’intervento in un processo delle comu- nità on-line: CrowdContent, Customer and commerce Service, Social, Crowdfunding, Crowdvoting, Open-innovation, Crowdcrea- tivity. Nei prossimi capitoli vedremo in che modo il crowdsourcing può essere utilizzato per generare valore in modo da avere una visione di insieme dei contesti in cui questo modello si può applicare fino ad arrivare a parlare del crowdsourcing applicato al mondo del design della comunicazione. La classificazione qui proposta cerca di essere lo specchio di una realtà molto più artico- lata, complessa. Tutti i progetti di crowd- sourcing che verranno presi come esempio infatti possono in realà appartenere con- temporaneamente a più aree applicative.

3. Crowdsourcing

CROWDCONTENT

Il crowdsourcing si focalizza sullo sviluppo, condivisione, raccolta e gestione di contenuti, informazioni e conoscenza. CUSTOMER & COMMERCE SERVICE Riguarda le generazione di community partecipative di consumatori attivi al fine di aumentare la fedeltà a un brand, ricevere feedback, generare servizi di customer care e supporto all’uso mantenendo alta la soddis- fazione dei clienti stessi.

SOCIAL

Il crowdsourcing applicato al sociale creando commu- nity di individui che partecipano a progetti di miglioramento nel campo della cultura, so-cietà, ambiente, sanità, politica.

CROWFUNDING

Basato su un processo collaborativo di un gruppo di persone che decide di utilizzare i propri soldi per trovare la soluzione ad un problema, realizzare un progetto o sostenere gli sforzi di altri.

CROWDVOTING

Prendere delle decisioni in base ai voti espressi dalla community. I prodotti che ottengono più voti sono quelli che passano una certa fase o vengono realizzati perché sono quelli che hanno più probabilità di piacere ed essere venduti.

OPEN-INNOVATION

Si generano laboratori di ricerca basati su un’intel- ligenza collettiva in cui si scambiano si scambiano intuizioni, interpretazioni e proposte.

CROWDCREATIVITY

Per generare e raccogliere sulla stessa piattaforma contributi e soluzioni nel campo della fotografia, della grafica, dell’advertising, del design, della moda o della musica. L’aquila 3D Life in a day iStockphoto Strategie e modelli IdeaStorm Crowd4Care Etsy Pazienti.org Change.org Local Motors SartupBusiness Formabilio Innocentive Quirky Threadless Zooppa Userfarm Kickstarter

In questo primo caso il crowdsourcing si fo- calizza sullo sviluppo e condivisione di con- tenuti, informazioni e conoscenza. Le appli- cazioni variano dal questions&answers, alle recensioni, fino al citizen journalism. Progetto interessante è L’Aquila 3D dell’architetto Barnaby Gunning. Il pro- getto, partito nel 2010 prevede la raccolta di fotografie utilizzate per una ricostruzione virtuale della città dell’Aquila, direttamente ideata dalla cittadinanza. L’obiettivo del progetto di modellizzazione “L’Aquila 3D” è quello di creare una rappresentazione tridi- mensionale completa della città danneggiata

dal terremoto. Con il supporto di Google, centinaia di volontari aquilani e non, si sono impegnati nella fase di raccolta d’una impo- nente quantità di fotografie (oltre 600mila) della città, scattate per ogni suo immobile. Le foto sono state successivamente calate nel progetto con la collaborazione di model- latori 3D intervenuti on line da ogni parte del mondo. Nel giro di due anni i volontari, hanno collaborato nel modellare diverse migliaia di edifici nel centro della città. Oggi il lavoro prodotto è direttamente visibile su Google Earth. Il progetto non sarebbe stato possibile senza la collaborazione spontanea

3.2

Crowd-content

da Wired.it “L’Aquila rinasce in 3D“, 29 settembre 2010

3. Crowdsourcing

di centinaia e centinaia di volontari, on-line e non, che hanno caricato e selezionato le foto utilizzate poi per la modellazione 3D della città. «Il nostro progetto crea una

documentazione che evolve con la città e lo fa in modo visuale, senza bisogno di scartabel- lare documenti, tutto è immediato e disponi- bile a tutti», racconta al Corriere della Sera

l’architetto: «Al MIT presenterò un viaggio

virtuale nella città che poi renderò disponibile in Rete, così tutti potranno vedere in quali condizioni versa la città. Perfino chi vive lì non sa come è ridotta la sua casa, non può passare le numerose transenne che bloccano le strade senza prima aver richiesto numerosi permessi.» [Barnaby Gunning, 2013]

Obiettivo puramente creativo è invece quello che sta dietro al progetto “Life in a

Day” nato proprio grazie al crowdsourcing

e alla possibilità di raccogliere in poco tempo una quantità enorme di materiali e contenuti generati da una comunità che in questo caso è la comunità di YouTube. Life in a Day può essere considerato il primo esperimento di social filmmaking, si tratta infatti di un lungometraggio realizzato gra- zie al contributo di migliaia di videoamatori provenienti da ogni parte del mondo. Nella giornata del 24 luglio 2010 i partecipanti a questo ambizioso progetto sono stati invitati a postare sul canale dedicato di YouTube un

video che raccontasse la loro giornata, un dettaglio del quotidiano, un avvenimento importante o semplicemente una narrazione di quello che era stato il loro sabato 24 luglio 2010. I filmati raccolti e selezionati, 1.125 su oltre 80.000 caricati sul canale, sono stati montati fino a diventare un vero e proprio lungometraggio che documenta la vita sulla Terra, in un giorno, da diversi punti di vista. Il progetto di crowdsourcing cinematogra- fico è stato realizzato dalla casa di pro- duzione di Ridley Scott in collaborazione con Youtube, Sundance Institute, National Geographic e il regista Kevin Macdonald. Il crowdsourcing permette dunque di rac- cogliere una vasta quantità di contenuti e materiali di diverso tipo da una folla che li genera spontaneamente in un rapporto tem- po impiegato/quantià di materiali vantag- giosissimo rispetto a qualsiasi altro modello. La raccolta di materiali può essere una fase di un progetto più ampio come nel caso di “Life in a Day” in cui il crowdsourcing non è sufficiente per realizzare l’intero progetto in quanto i materiali raccolti andavano suc- cessivamente visionati, classificati, filtrati e montati. In altri casi la stessa raccolta di materiali e contenuti può costituire l’anima di un progetto e la comunità è in grado di filtrarli correggerli segnalarli ed eliminarli come nel caso di Wikipedia

3. Crowdsourcing o di IStockphoto. iStockphoto è un fornitore

on-line di materiale fotografico royalty-free , fondato da Bruce Livingstone nell’aprile del 2000 ed è stato acquistato nel febbraio 2006 da GettyImages per 50 milioni di dollari. La piattaforma offre una vastissi- ma collezione di fotografie (ma anche illustrazioni, formati vettoriali e materiale audio e video) che sono state fornite da più di 50 mila fotografi e grafici. iStockphoto a sua volta rivende queste immagini a prezzi stracciati operando secondo il modello dei micro-pagamenti. Il costo delle immagini varia a seconda della dimensione, da un minimo di 1$ a centinaia di dollari seguendo un sistema di pagamento basato su crediti. Il mondo della fotografia è uno dei settori che più è stato rivoluzionato dalle nuove opportunità e dai modelli basati sul crowd- sourcing. Basta pensare che oggi sono 140 miliardi le fotografie caricate su Facebook. Fino al 2000, erano state scattate 85 mil- iardi di fotografie. Oggi siamo arrivati a 3,5 trilioni con 250 milioni di upload giornalieri su Facebook e 40 milioni su Instagram. iStockphoto e rivoluziona totalmente il mercato della fotografia professionale: a differenza dei professionisti, chi vende foto su iStockPhoto non ha bisogno di incassare migliaia di dollari l’anno per vivere: 100