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3. Crowdsourcing

Local Motors ad esempio proietta i nuovi schemi e le opportunità offerte dai nuovi strumenti nel campo in cui la produzione capitalistica tradizionale è nata. Quello automobilistico. Local Motors è un’azienda automobilistica open source fondata da Jay Rogers e Jeff Jones nel 2007. Lo staff di Lo- cal Motors co-crea veicoli con la loro comu- nità online. Local Motors è un sito (online e non) che ospita una comunità di professio- nisti, amatori, ingegneri, designers, appas- sionati e clienti del campo dell’automobile. I membri della comunità possono condivi- dere le proprie idee, conoscenze e strumenti in virtù del bene comune e possono votare le soluzioni che preferiscono. La selezione e lo sviluppo di progetti di Local Motors è

quindi basato sul crowdsourcing e lo stesso vale per i singoli componenti del veicolo progettato. Local Motors è la proiezione su larga scala di un nuovo modo di progettare e produrre e il suo obiettivo non è quello di brevettare idee ma piuttosto di condivierle in modo che altri possano costruire su di esse e magari migliorarle. [Chris Anderson,

2010] Il nome Local Motors non è casuale,

infatti si riferisce alla speranza dei suoi due fondatori di distribuire geograficamente i punti di produzione dei loro veicoli in giro per il mondo e che questi diventino delle mini fabbriche, loro concessionarie. In questo modo ognuno potrà vedere il pro- prio veicolo vicino a sé e ancora una volta possiamo notare come oggi si possa essere

contemporaneamente globali e locali. Lo- cal Motors testimonia le potenzialità del crowdsourcing in processi complicati come la progettazione di un’automobile in cui molte persone possono dimostrare il pro- prio talento e liberamente, collettivamente creare innovazione. Nella progettazione del veicolo Rally Fighter la comunità risolse problemi di tipo tecnico e in caso di proble- mi di budget riuscì sempre a trovare la soluzione migliore ad esempio sostituendo alcuni pezzi con pezzi meno costosi ed essenzialmente uguali. La comunità collet- tivamente migliorava la propria sensibilità ai problemi tecnici e di budget del progetto e auto regolandosi optava sempre per la scelta migliore per loro e per il mercato (essendo loro possibili clienti). Essendo una open community i membri che ne fanno parte provengono da diversi campi e pos-

siedono diverse conoscenze e quello che si forma è un misto di amatori e professionisti. Una caratteristica delle open-innovation comunity come quella di Local Motors è la totale uguaglianza dei suoi membri per cui gli amatori hanno la stessa importanza ed influenza dei professionisti: chiunque può collaborare e suggerire soluzioni e le idee sono giudicate in base al merito e non in base al curriculum del collaboratore. Quello che fa vivere la comunità, la gestisce e la autoregola è l’omofilia, ovvero l’amore per il simile, per cui i membri della comunità ten- gono ad associare a sé e creare un legame con coloro che si trovano nel network. Alla base dell’open-innovation troviamo proprio questa libertà di poter esprimere il proprio talento e il proprio potenziale sia da parte dei professionisti che degli amatori che possono sentirsi realizzati nel fare qualcosa

3. Crowdsourcing che li appassiona ma che per loro sfortuna

o scelta non è il loro lavoro. Local Motors offre la possibilità di progettare macchine anche se questo non è il tuo lavoro. Le open- innovation community offrono un nuovo approccio al mercato connettendo un’offerta latente (talenti non ancora impiegati in un campo) ad una domanda latente (prodotti non ancora abbastanza economici da creare con i metodi tradizionale di produzione). In Local Motors e nel suo modello incontriamo l’unione tra passato e futuro. Passato nel senso che queste macchine sono costruite da persone con cacciavite e chiavi inglesi, non ci sono robot ad esclusione degli stru- menti CNC per il taglio del metallo, e non vi sono catene di assemblaggio. Futuro perché la comunità open-source e il crowdsourcing offrono design veloci, economici e frutto di una ricerca di mercato.

Eric Schmidt, CEO di Google dice:

“La Peer production è qualcosa di più che sedersi e avere una bella conversazione ... Si tratta di sfruttare un nuovo modo di pro- duzione per promuovere l’innovazione e la creazione di ricchezza a nuovi livelli.” [Tapscott D., 2006]

“Le aziende che producono design-driven innovation danno un grande valore alle loro interazioni con questa rete di interpreti. Queste aziende capiscono di essere immerse in un laboratorio di ricerca collettiva at- traverso il quale aziende, designer, artisti e scuole stanno conducendo le proprie indagini. Questi ricercatori sono impegnati, in modo esplicito e implicito, in un dialogo continuo: si scambia-no intuizioni, interpretazioni e proposte [...]. Testano la solidità delle loro ipotesi e condividono le proprie visioni.“ [Verganti R., 2009]

Web & Crowdsourced Designed Local Motors Rally Fighter,

Nello scenario italiano, Emil Abirashid è la mente che sta dietro ad una grande piatta- forma d’innovazione, non solo online, che si propone come strumento per facilitare l’incontro tra idee innovative, business, finanziamento e startup. Startup Business è un business network che si rivolge alle startup italiane, ad investiori, università, ricercatori ed innovatori. Il suo obiettivo è favorire la generazione di legami tra questi attori ed in particolare tra chi offre inno- vazione e chi può supportarne l’ingresso nel mercato. Il network elimina le barriere fisi- che e genera comunità, offre una visione ed una visibilità generale del contesto in cui le nuove realtà d’impresa italiane si muovono e si sviluppano. Gli startupper possono incon- trarsi e scambiarsi informazioni, consigli e sviluppare progetti comuni o non. In queste piattaforme le aziende confrontandosi gene- rano un valore aggiunto e possono trovare quell’innovazione che oggi costituisce la chiave d’accesso al mercato globalizzato. Quello che StartupBusiness si offre di fare è eliminare la distanza tra offerta e domanda facilitandone l’incontro. La piattaforma attraverso alcuni strumenti come il blog, il forum, il calendario eventi, i video e il ser- vizio di mailing interno, permette di diffon- dere informazioni e conoscenze utili e rile- vanti per coloro che cercano di generare

innovazione e impresa. Startup Business ha lanciato nel 2012 Formabilio, altro esempio italiano di open-innovation network. Formabilio è una startup fonadata in Veneto che si propone di unire il Made in Italy d’eccellenza ai nuovi modelli di crowsour- cing sopra descritti. Il modello mette as- sieme competenze ed eccellenze italiane (come il design dell’arredo) con le poten- zialità delle nuove tecnologie, internet, e-commerce, crowdsourcing e comunità partecipative. Il modello di Formabilio intende rivolgersi ai progettisti attraverso concorsi per raccogliere i progetti migliori ed innovativi, i progetti rimangono pub- blici e visibili sulla piattaforma, sottoposti ai giudizi, alla valu-tazione e ai commenti della community di appassionati di design, professionisti e amatori. I design scelti dalla comunità ven-gono quindi realizzati da imprese manifat-turiere italiane. Gli stessi prodotti saranno venduti e commercializza- ti on line sullo stesso sito “formabilio.com”. Il crowdsourcing di Formabilio rivoluziona la tradizionale filiera produttiva del design dell’arredo e trae significativi benefici dalla comunità e dalla sinergia tra il capitale umano dei designer e l’interazione con i possibili clienti che votando e suggerendo i design preferiti indirizzano l’azienda verso i prodotti più commerciabili.

3. Crowdsourcing

Nell’articolo di Jeff Howe “The Rise of Crowdsourcing” viene preso come esempio un’altra interessante applicazione del mod- ello. La società Innocentive è stata fondata nel 2001 nel Maasaachussets dal produttore Eli Lilly per il mercato farmaceutico. La piattaforma nacque con lo scopo di mettere in relazione i ricercatori con le aziende del settore ma col tempo si estese anche ad altri ambiti, oltre a quello iniziale farmaceutico e oggi la sua comunità è composta da circa 300.000 solvers. Innocentive è considerata la piattaforma leader nel crowdsourcing applicato all’open innovation. Il modello è quello classico: le organizzazioni possono affidarsi alla piattaforma e ricevono dalla

crowd una serie di soluzioni a problemi commerciali, sociali, politici, scientifici o tecnici. Il network globale di Innocentive permette alle organizzazioni, che devono pagare un costo aziendale di iscrizione di 100.000 dollari, di trasformare i propri costi di ricerca ed innovazione, attraverso la con- segna rapida di soluzioni e lo sviluppo di un programma sostenibile di open-innovation. Ali Hussein di Innocentive ha dichiarato che con il crowdsourcing viene introdotto un moltiplicatore al settore di ricerca e svi- luppo: normalmente la percentuale di suc- cesso delle soluzioni proposte è del 12 /18% ma attraverso Innocentive la percentuale di successo sale al 35% e oltre.

community globale di problem solvers

la soluzione migliore viene premiata. l’azienda paga solo se riceva una soluzione

staff inter no ricerca e sviluppo / collaboratori ester ni

The solution process, Innocentive

Secondo Karim Lakhani del MIT questo non rappresenta una sorpresa, in quanto il valore di reti come Innocentive è la diversità di background intellettuale dei partecipanti. Lakhani ha esaminato 166 problemi inviati ad InnoCentive da 26 diverse aziende e dice:

“In realtà abbiamo notato che le probabilità di successo di un risolutore aumentavano in settori in cui non avevano alcuna competenza formale”. Affermando ciò si introduce un

principio centrale della teoria delle reti, che il sociologo Mark Granovetter descrive come “la forza dei legami deboli.” Le reti più efficienti sono quelle che si collegano alla più ampia gamma di informazioni, cono- scenze ed esperienze. Moltissime impor- tanti organizzazioni e agenzie governative americane e non, come l’Air Force Research Lab, Celeveland Clinic, NASA, P&G, si sono affidate a Innocentive negli ultimi dieci anni.

“P&G ora incorpora nella ricerca di innova- zione un maggiore desiderio di collaborare con persone al di fuori Procter & Gamble .... Vogliamo continuare a crescere al ritmo col quale siamo cresciuti negli anni. Quando si arriva a essere delle dimensioni che noi ora abbiamo assunto, continuare a farlo su base interna davvero non ha senso“.

Mike Addison, Procter and Gamble, New Business Development

“La NASA ... sta attuando l’approccio open innovation per raggiungere gli obiettivi di tornare sulla Luna, su Marte e spingersi oltre. La formazione di partenarships in cui sia la NASA che il suo collaboratore hanno qual- cosa di prezioso da offrire per soddisfare la necessità tecnologica dell’altro permette ad entrambe le parti di utilizzare meno risorse per risolvere i rispettivi problemi. Per la NASA, questo approccio non solo accelera ricerca e sviluppo (R & S) delle missioni spaziali, ma rende il settore ricerca e sviluppo anche più economicamente efficiente, il che è un vantaggio per i contribuenti“.

Nona Minnifield Cheeks, NASA Goddard Space Flight Center

Immagine da

www.innocentive.com/ pavilion/NASA

3. Crowdsourcing

Il settore che è stato più toccato dalla rivoluzione introdotta dal crowdsourcing è stato il settore dei media. Come abbiamo visto, ognuno ha ottenuto l’accesso a stru- menti economici, software user-friendly e canali di distribuzione gratuiti. Il risultato è che un grande numero di nuovi prodotti mediatici sono stati generati e distribuiti. Gli stessi cambiamenti stanno avvenendo anche in altri campi rivoluzionando signifi- cativamente il mondo del commercio. Threadless.com vende più di 120.000 T-shirt al mese utilizzando proprio questo approccio democratico. IStockphoto ad esempio possiede una vastissima collezione di immagini fotografiche che sono state re- alizzate e fornite da più di 50 mila fotografi e artisti. Queste vengono vendute a prezzi molto più bassi di quelli dei suoi concorren- ti. Il modello definito crowdcreativity nasce quando il crowdsourcing è applicato al processo creativo per generare e raccogliere sulla stessa piattaforma contributi nel campo della fotografia, della grafica, dell’advertising, del design, della moda o della musica. Anche in questo caso sono sempre di più le aziende che decidono di affidarsi al modello del crowdsourcing per risolvere e soddisfare esigenze di comunica- zione o di creatività in generale sostituendo il modello tradizionale dell’outsourcing.

Questa categoria è quella che più di tutte tocca il mondo del progetto, del design proponendo nuove strade alle aziende e agli stessi designer riscrivendone spesso i ruoli. Vedremo nel prossimo capitolo come il crowdsourcing si inserisce nello scenario professionale di generazione di idee, solu- zioni e creatività. vedremo come i modelli classici si stanno adattando alle nuove op- portunità e come il mondo della comunica- zione visiva sta reagendo alle nuove oppor- tunità offerte dal crowdsourcing. Il mondo del progetto ed in particolare il design della comunicazione si trova di fronte a nuovi e inaspettati strumenti che ne rivoluzionano i processi. È necessario analizzarli e prendere coscienza delle opportunità che offrono per capire come e se è possibile sfruttarli man- tenendo un corretto e professionale approc- cio al progetto di definizione di un artefatto comunicativo.

3.6

3

C R O W D C R E A T I V I T Y E

D E S I G N D E L L A C O M U N I C A Z I O N E

L’introduzione di nuovi modelli, tecnologie, canali e soluzioni ridefiniscono i percorsi classici e l’approccio progettuale ai pro- dotti, la loro ideazione, generazione ed evoluzione. L’innovazione spontanea, nuovi stili e modelli nel mondo della produzione ridefini-scono la figura del designer che deve necessariamente coltivare diversi tipi di conoscenze, i quali limiti d’azione sono sempre meno netti e meno distinguibili in singole materie. Assistiamo oggi ad una ridefinizio-ne del rapporto comunicazione- prodotto e ancor più del rapporto comu- nicazione-progetto. I nuovi atteggiamenti

progettualmente non convenzionali ci spingono verso nuove questioni riguardanti il mondo della comunicazione. I makers con il loro “Making in public” trasferiscono on- line l’atteggiamento DIY (do it yourself) che diventa DIT (do it together) e così facendo generano gli effetti del network inserendosi in cicli di rete. Perciò quando connetti idee e persone, queste crescono. “E’ un circolo

virtuale - più persone combinate generano più valore, che a sua volta attrae ancora più persone, e così via.” [Chris Anderson, 2012]

Sono questi nuovi modi che influenzano fortemente la cultura del design che si

evolve con essi adattandosi a volte senza valutare adeguatamente le criticità e i rischi che nuovi processi e nuovi strumenti pos- sono introdurre nel pensiero progettante. Nascono nuove realtà e strumenti che sfrut- tano e si adattano a quelli che sono i nuovi modi possibili di relazionar-si tra colleghi, clienti e oggetti. A seconda dell’ambito in cui si sviluppano si generano degli schemi diversi che sfruttano alcune delle opportu- nità offerte dal web e dal crowdsourcing. Tutte hanno però in comune il cercare di generare innovazione attraverso il supporto di una community. affidare lo sviluppo di un progetto, un prodotto o un servizio ad un insieme di persone esterne all’azienda ma che fanno parte di una stessa comunità. In queste pagine ci concentreremo su uno degli ambiti che maggiormente sono stati toc- cati da questo nuovo modello: l’ambito della creatività ed in particolare il design della comunicazione.

Anche per quanto riguarda il design della comunicazione gli strumenti di autopro- duzione e progettazione hanno raggiunto la cosiddetta democratizzazione; basti pen- sare ai software di progettazione grafica sempre più accessibili. I progetti di comu- nicazione si inseriscono nei nuovi modelli di partecipazione attraverso piattaforme di crowdsourcing che sfruttano gli effetti del network per trovare soluzioni progettuali o indirizzare il lavoro verso la scelta più popolare.

Il crowdsourcing come condivisione di talenti attraverso la rete non può che essere considerato un fenomeno dei nostri tempi, nato col web e con l’accessibilità a strumenti di realizzazione e distribuzione. Ma il con- sultare la massa per avere idee, progetti e soluzioni creative era un procedimento che si seguiva già ben prima della nascita del web. Basta pensare ai concorsi pubblici. Un esempio fra tanti. In Italia nei primi anni ’50 l’Agip di Enrico Mattei scopre un impor- tante giacimento di petrolio vicino a Piacen- za e si prepara a lanciare sul mercato una nuova benzina: la “Supercortemaggiore”. Mattei, in vista della nascita dell’organismo gestore della produzione e distribuzione di idrocarburi in Italia, ENI, decide di associa- re una forte immagine pubblicitaria al nuovo carburante Agip. Viene lanciato un

4.1

Nasce la

4. Crowdcreativity e design della comunicazione

contest, aperto a tutti gli italiani, per la creazione di un marchio, di alcuni cartelloni pubblicitari e della grafica delle colonnine dei distributori. Il premio totale ammonta alla cifra di 10 milioni di lire (oggi sarebbero 124 mila euro). C’è anche una giuria com- posta da personaggi illustri del mondo dell’arte e della comunicazione: Giò Ponti, Mario Sironi, Mino Maccari, Antonio Bal- dini, Silvio Negro. L’ufficio pubblicità Agip riceve ben quattromila progetti da appas- sionati, disegnatori e designer. La giuria si dovette riunire quattordici volte per sceg- liere ed eleggere il vincitore del concorso: il cane-drago a sei zampe dello scultore Luigi

Broggini (affiancato da Giuseppe Guzzi). Lo stesso cane a sei zampe che verrà pre- sentato ufficialmente nel 1954 diventando simbolo dell’Eni e che ancora oggi, dopo due restyling (il primo ad opera di Bob Noorda) è rimasto praticamente intatto.

Un altro esempio ha come protagonista Enzo Baldoni: nato nel 1948 è uno dei più noti copywriter italiani, tra i primi ad utiliz- zare Macintosh in Italia, apre un blog quan- do ancora gli italiani non sapevano cos’era internet. Nel 2002 si inventa uno dei primi esperimenti di crowdsourcing (questa volta sfruttando anche la rete) in Italia: il concor- so per McDonalds’s “Quanto casino per un panino” viene inaugurato con l’immagine di un BigMac trafitto dalle frecce. Gli italiani vengono invitati a partecipare con un libero contributo creativo. L’agenzia di Baldoni (Le Balene) viene sommersa da 1476 proposte e i “panini” rivisitati arrivano dai soggetti più disparati: dal designer, all’architetto, dallo studente all’anziano impiegato. Risulta quindi una gigantesca azione di creatività in crowdsourcing dalla quale una giuria seleziona i vincitori. Questi esempi servono a capire quanto il crowdsourcing abbia delle origini che risalgono a decenni fa ma sep- pur riprendano certamente le modalità con cui viene sfruttato dalle aziende il crowd- sourcing oggi, presentano un processo e Agip,

Supercortmaggiore, 1953.

offrono percorsi ben lontani da quelli che vivono sulle piattaforme sulle quali oggi tale fenomeno si sviluppa. Quelli che sono cambiati sono chiaramente gli strumenti e le tecnologie che permettono di connettere molto più facilmente e velocemente tutti gli attori in gioco. Questa facilità deve però fare i conti con una serie di questioni legate alla professione del designer della comu- nicazione. Jeff Howe coniando la parola “crowdsourcing“ dichiarò: “La quantità di

conoscenza e talento dispersa nell’umanità sarà sempre maggiore della nostra capacità di sfruttarla. Il crowdsourcing può correg- gere questa dispersione...ma nel fare questo il crowdsourcing scatena le forze di una distru- zione creativa.” [Jeff Howe, 2006]

Cerchiamo di capire cosa sta dietro a questa “distruzione creativa”, di conoscere meglio questi strumenti e di capire come il loro ruolo di facilitatori e mediatori si inserisce oggi nel processo creativo e come sta rivo- luzionando i processi che stanno alla base del deisgn della comunicazione.

La nuova facilità di connessione e l’estrema diffusione del web stanno portando secondo Jeff Howe, ad una riduzione del divario professionisti/dilettanti, in qualsiasi set- tore. Le aziende, quindi, possono connet- tersi più facilmente con una vasta gamma di interlocutori passando dall’outsourcing (consegnare a professionisti o agenzie esterne un progetto o parte dello stesso) al crowdsourcing, rivolgendosi ad una folla, un vasto pubblico con qualsiasi livello di esperienza precostituita su un argomento per ottenere la risposta ad un’esigenza. La strategia dell’outsourcing consiste dunque nell’inviare pare del lavoro di una compa-gnia a dei fornitori o collaboratori esterni allo scopo di semplificare il proces- so lavorativo e diminuire i costi. Oggi il crowdsour-cing si affianca all’outsourcing diventandone quasi una variante come sug- gerisce la stessa etimologia del nome (crowd + outsourcing). Esternare ad una folla, ad una comunità in realtà è una strategia profondamente diversa che presenta valori, criticità e imprevisti che non facevano parte del modello “ousourcing“. Oggi appas- sionati e dilettanti all’improvviso hanno un mercato in cui esprimersi e ce l’hanno a por- tata di click; le aziende scoprono e indagano sulle nuove modalità da seguire per utiliz- zare il talento latente di questa folla. Non

4.2

C’era una volta