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3 Mappare le pratiche culturali

Al termine del percorso a ciascuna classe è stata restituita la mappa del ‘pro-prio’ territorio, che riportava le percezioni positive, negative e le rappresentazioni biografiche di ciascun alunno e la sintesi di gruppo. In alcune scuole dotate di strumenti multimediali è stato sperimentato l’utilizzo di Google Map al posto della grande mappa comune cartacea; l’esperimento ha funzionato molto bene, sia per il coinvolgimento entusiasta delle scolaresche, sia perché lo strumento ha offerto la possibilità di aggiornare costantemente e in maniera interattiva il sito con i dati su un territorio geograficamente più vasto condiviso dal gruppo. Ecco il feedback di alcuni alunni di Capodistria che hanno partecipato all’esperimento:

– “Mi è piaciuto lavorare in gruppo”;

– “Ho saputo quali posti frequentavano i miei amici”;

– “Mi è piaciuto quando inserivamo i luoghi su Google Maps perché mi piaceva scoprire i posti che frequentano i miei compagni”;

– “Mi è piaciuto quando abbiamo portato le foto perché così vedo cosa fanno gli altri”.

Qui sotto invece la valutazione di un centinaio di alunni del rione di San Giacomo (Trieste) coinvolti nell’attività di mappatura:

ho scoperto cosa ci serve di nuovo a S.Giacomo ho conosciuto meglio i miei amici/eravamo insieme bello fare le foto con amici rivedere/ricordare posti frequentati da bambino ricordi legati ai primi giorni dopo l'immigrazione non mi è piaciuta/noiosa/fatta di fretta meravigliosa/emozionante/stupenda/fantastica/mitica mi è piaciuta/bella/bellissima vorrei rifarla/vorrei farla Interessante/bello scoprire posti nuovi divertente/divertentissima/allegra/simpatica istruttiva/utile 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 V A Duca d'Aosta V B Duca d'Aosta V Ribicic I A Bergamas I B Bergamas I Cankar

Lo strumento è stato valutato positivamente dagli alunni e dagli insegnanti che hanno apprezzato l’apprendimento stimolante non solo come educazione interculturale e alla cittadinanza, ma anche per le potenzialità di incrocio in-terdisciplinare. Nelle aree slovene di frontiera limitrofe alla provincia di Trieste, dove la presenza di cittadini italiani che frequentano le scuole per la minoranza di lingua italiana a Crevatini e a Capodistria raggiunge il 50% abbiamo scelto di indagare il territorio più ampio della zona a cavallo del confine per conoscere i luoghi frequentati nel tempo libero, visto che metà classe era residente a Trieste o Muggia, e metà a Capodistria o nei piccoli centri tra il confine e il capoluogo sloveno e non potevamo dare per scontata un’area territoriale di riferimento

comune. In effetti il tempo libero si articola a cavallo tra i due confini in maniera molto flessibile e mobile, sia nei giorni feriali che festivi. L’area transfrontaliera presenta numerosi fenomeni di attraversamento di confine dettati più da tattiche di opportunismo che da politiche di identità linguistica (Jagodic 2012). Tali azioni talvolta sono accettate e favorite, altre volte determinano conflitti per le risorse; in ogni caso questi processi aumentano il tasso di plurilinguismo.

Social mapping e fotografia hanno permesso di confrontare la visione dei bambini e ragazzi con quella della scuola, degli insegnanti e dei genitori, non sempre combaciante. La mappatura ha evidenziato ad esempio un’emblematica spaccatura nelle due classi della scuola Duca d’Aosta di Trieste dove la maggior parte dei bambini stranieri ha segnalato sulla mappa un indice di forte apprez-zamento per il ricreatorio (‘mi piace’), mentre un altro gruppo di alunni per lo più italiani lo ha definito un posto orribile, dove non ci si diverte. Il ricreatorio funziona per le famiglie migranti sicuramente come supporto pomeridiano se entrambi i genitori lavorano, ma funziona anche come incubatore di relazioni sociali e luogo di aggregazione per le seconde generazioni mentre i coetanei ita-liani, meno sguarniti di capitale sociale, preferiscono spendere il tempo libero a casa, con giochi e dispositivi elettronici. Al ricreatorio Pitteri di Trieste abbiamo riscontrato raggruppamenti diversi per età e genere, ma sostanzialmente non per provenienza nazionale, anche se si sono verificati alcuni episodi in cui la lingua serba è stata usata tra pari come codice non comprensibile agli educatori e agli altri ragazzi. Il ricreatorio risulta quindi un luogo di incontro, svago, apprendimento e socializzazione per quasi tutti i figli dei migranti, meno per gli italiani che, come i loro genitori, tendono a spostare il baricentro sociale sempre più dentro casa, condividendo playstation e videogame con pochi selezionati amici. I luoghi pubblici di aggregazione e tempo libero si confermano fondamentali per integrare stranieri con poche reti familiari e potrebbero forse rivelarsi altrettanto utili per ‘salvare’ i coetanei italiani dalle reti familiari troppo strette e dalla ‘video-dipendenza’.

L’uso del territorio per gli alunni delle scuole italiane indagate in Slovenia è risultato parecchio diverso: il contesto mescola zone urbane e piccolo centri in zone semi-rurali. Il tempo libero è giocato di più in casa con parenti e amici, e con forte impatto dei vicini che in città non compaiono nemmeno come cate-goria sociale. Forte il richiamo attrattivo verso stili di consumo ‘cittadini’ come fast food e centri commerciali che sono frequentati sia in Slovenia, che in Italia. Le considerazioni interpretative che emergono dall’analisi comparativa delle varie mappature nei diversi contesti indicano che le scelte scolastiche non sono più perfettamente aderenti al senso di appartenenza ad una minoranza, ovvero non si può più dare per scontato che gli iscritti nelle scuole di minoranza (sia slovena che

italiana) facciano parte della minoranza storica riconosciuta. Questo può essere in parte imputabile ad un clima familiare ‘ibrido’, nel caso di genitori provenienti da diversi contesti e parlanti diverse lingue, ma può anche rappresentare l’esito di un’adesione ‘opportunistica’ alla scuola di minoranza unicamente per motivi pratici di convenienza logistica e strutturale. Va anche considerato che l’ingresso nell’Unione Europea ha modificato in parte la percezione comune verso le lingue straniere, alimentando la convinzione che la cittadinanza europea richieda compe-tenze linguistiche plurime e che una educazione scolastica che usa una lingua diversa da quella della maggioranza aiuti a sviluppare in ogni caso una predisposizione al plurilinguismo, a prescindere da quali lingue concretamente siano insegnate.

Nell’esperimento di mappare territorio e spazi comuni sono emerse diverse funzioni e visioni di genere e di generazione, ma appaiono molto meno evidenti le separazioni per gruppi di appartenenza comunitaria. Non sono emersi conflitti, buono il livello di integrazione e la curiosità reciproca; risulta fondamentale l’uso delle nuove tecnologie per conoscere esperienze, cognizioni e consumo culturale delle nuove generazioni. Da un punto di vista metodologico l’uscita nel quar-tiere (social mapping), la successiva discussione in merito alle lingue parlate nei luoghi indicati dagli alunni (profilo linguistico) e la rielaborazione comune dei luoghi precedentemente indicati (mappa interattiva), sembrano essere, tra tutte le strategie utilizzate, quelle maggiormente in grado di promuovere il dialogo e una relazione efficace e significativa con i giovani per far emergere le loro inter-pretazioni oltre i contesti formali e istituzionali.