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1 Obiettivi e luoghi della ricerca

La ricerca qualitativa intrapresa dal Dipartimento di Scienze Umane dell’U-niversità di Udine come partner del più ampio progetto “Eduka-Educare alla diversità” capitanato dallo SLORI è partita con l’intento di osservare il processo di integrazione fra i giovani nei contesti informali vicini alle pratiche quotidiane per verificare, aldilà dei dati statistici, come si giocano le identità linguistiche e il senso di appartenenza in classi eterogenee e quali funzioni transculturali possa svolgere un territorio condiviso e convissuto. Il punto teorico di partenza si basava sull’idea, ormai consolidata dagli anni ’90 da autorevoli fonti interdisciplinari (Bauman 1992; Beck 1992; Giddens 1991) che non si possa dare per scontata l’esi-stenza di culture coincidenti con lingua e/o territorio e che l’identità «non possa essere che mista, relazionale e inventiva» (Clifford 1999: 23). Il concetto di cultura qui utilizzato si richiama quindi all’approccio antropologico di Hannerz (1992) e di Clifford (1999: 36-37): «Con l’espandersi della comunicazione e delle influenze interculturali, la gente interpreta gli altri, e se stessa, in una sbalorditiva diversità d’idiomi: a livello globale una condizione che Michael Bachtin chiamò “etero-glossia”. Questo ambiguo, plurivoco mondo rende sempre più difficile concepire la diversità umana come inscritta in culture indipendenti ben definite». Nel corso della ricerca abbiamo concepito le azioni comunicative come azioni identitarie seguendo le indicazioni teoriche dell’antropologia linguistica di Hymes (1964), Duranti (1997) e Matera (2002) che considerano la lingua come uno tra i tanti elementi importanti della cultura da analizzare in una realtà sociale processuale, in un divenire continuo e infinito, frutto costante di interazioni e negoziazioni fra intenzioni e scopi degli individui con le categorie preesistenti (Giglioli 1976).

Del team scientifico hanno fatto parte Luisa Zinant e Flavia Virgilio come ricercatrici che hanno lavorato sul campo, Davide Zoletto come supervisore dei contenuti pedagogici, chi scrive come coordinatrice e responsabile scientifico. Annunciata Cossetto è stato l’indispensabile riferimento amministrativo sotto la guida del direttore Mauro Pascolini, ai quali devo un sincero ringraziamento per la collaborazione prestata al progetto.

Nelle tre aree da indagare (Udine, Trieste e Capodistria) sono stati selezionati alcuni ambiti scolastici con forte presenza di alunni stranieri oppure coinvolti in dinamiche di intersezione e scambio tra vecchie e nuove minoranze nell’area transfrontaliera. Fin dall’inizio siamo partiti dalla scuola come punto di partenza e ‘contenitore’ per allargare lo sguardo e la ricerca alle pratiche e ai contesti in-formali vissuti dagli alunni, nella convinzione che osservare l’integrazione entro le mura scolastiche offra una visuale ridotta e parziale delle dinamiche sociali a

tutto campo, spesso più evidenti proprio nei campi da gioco e nel tempo libero (Zoletto 2011).

Ci siamo perciò concentrati sull’uso comune e diverso di spazi e territori circostanti la scuola, su quali lingue venissero usate, in quali luoghi e con chi, dove e con chi spendessero il tempo libero le ragazze e i ragazzi di queste scuole culturalmente caleidoscopiche.

La ricerca è partita con la collaborazione attiva di tredici classi e il coinvolgi-mento di circa una ventina di insegnanti; le varie attività hanno interessato oltre duecento alunni in una fascia di età generalmente compresa tra i nove e i tredici anni. Dobbiamo ringraziare in particolare per il coinvolgimento e l’ospitalità i dirigenti, gli insegnanti e gli alunni delle seguenti scuole:

– scuola primaria Duca d’Aosta di lingua italiana (due classi quinte) di Trieste;

– scuola primaria J. Ribičič di lingua slovena (una classe quinta) di Trieste; – scuola primaria P. P. Vergerio il Vecchio di lingua italiana (una classe

quinta), sezione periferica di Crevatini (Slovenia);

– scuola secondaria di I grado di lingua italiana E.F. Bellavitis (una classe seconda) di Udine;

– scuola secondaria di I grado di lingua italiana A. Bergamas (due classi prime) di Trieste;

– scuola secondaria di I grado di lingua italiana A. Manzoni (due classi seconde e una classe terza) di Udine;

– scuola secondaria di I grado di lingua slovena I. Cankar (una classe prima) di Trieste;

– scuola secondaria di I grado P. P. Vergerio il Vecchio di lingua italiana (due classi prime) di Capodistria (Slovenia).

Nella maggior parte delle scuole sono stati prima contattati e intervistati i dirigenti scolastici e gli insegnanti e in un secondo momento, dopo le attività collettive, la ricerca è stata affinata e approfondita intervistando separatamente alcuni alunni. Parte dell’osservazione partecipante e delle interviste hanno coinvolto invece i contesti educativi e ricreativi, come lo spazio pomeridiano del doposcuola presso l’istituto Vergerio il Vecchio di Capodistria dove sono stati intervistati circa 7 ragazzi. Nei corridoi e nelle aule durante le pause di ricreazione della scuola E.F. Bellavitis di Udine, nel Punto di Incontro Giovani a Udine e nel ricreatorio comunale Pitteri a Trieste l’osservazione partecipante e le interviste hanno permesso di delineare un quadro anche comparativo fra i vari contesti. Sono state inoltre analizzate le attività dell’Incubatore culturale di Capodistria, ente per lo scambio e la valorizzazione transculturale (10 interviste ad adulti),

l’Istituto bilingue di San Pietro al Natisone e la sede del periodico in lingua slo-vena Slovit, Cividale del Friuli.

Una parte dell’osservazione ha riguardato i luoghi pubblici di aggregazione e di incontro per giovani, per lo più piazze e parchi delle aree urbane popolari di Trieste (rione San Giacomo) e Udine (quartiere Aurora). Una cinquantina di interviste sono state condotte su un campione di ragazzi tra gli 11 e i 14 anni resi-denti a Udine (18), Trieste (7), Capodistria (6) e su adulti resiresi-denti nelle medesime zone (Udine: 10, Trieste: 2, Capodistria: 6) che ci ha permesso di delineare una quindicina di genealogie migratorie che ricostruiscono le storie di vita familiari dislocate in nuclei familiari provenienti dall’area balcanica, e che stiamo appena analizzando per verificare la diaspora migratoria e le scelte linguistiche nei vari passaggi generazionali e dislocazioni (Vatta 2012).

Sostanzialmente abbiamo cercato di mantenere un adeguato equilibrio di rappresentatività dei tre contesti: quello udinese, triestino e capodistriano che si presentano molto diversi sia territorialmente, sia per la composizione delle minoranze presenti. A Udine le scuole e i doposcuola in cui si è effettuata la ricerca sono stati scelti per l’alto tasso di presenza straniera (variabile dal 50 al 75% sulla componente italiana); qui l’ambiente urbano è caratterizzato da una radicata presenza di migrazioni plurilingui e di plurima provenienza nazionale ormai stabili da svariati anni (Altin e Virgilio 2011), che vanno ad inserirsi in un contesto linguistico che vede il friulano come lingua di minoranza storica tute-lata e riconosciuta, ma non molto utilizzata nelle scuole e negli ambiti indagati. A Trieste lo scenario privilegiato è stato il quartiere centrale e popolare di San Giacomo, una delle basi storiche della comunità di minoranza slovena, oggi fra le zone più densamente frequentate e abitate dagli immigrati, soprattutto dalla comunità serba. Le classi che hanno collaborato alla ricerca presentano tutte una percentuale molto alta di alunni stranieri (dal 40 all’80%) con situazioni ‘ibride’ nella scuola di lingua slovena dove parecchi iscritti provengono da matrimoni misti e vivono in ambiente bi- o anche tri-lingue; una parte di iscritti è invece figlio delle migrazioni dall’area dell’ex Jugoslavia, per lo più dalla Serbia e Bosnia. Una situazione simile ma parzialmente capovolta è stata riscontrata nelle scuole di lingua italiana a Crevatini e a Capodistria, dove quasi metà degli iscritti è cit-tadino italiano residente in provincia di Trieste; anche in queste classi abbiamo comunque riscontrato un’alta frequenza di matrimoni misti e contesti familiari bilingue e spesso trilingue.