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«per un marxista lo stesso rapporto di causalità è qualcosa di molto complicato ed implica

particolare cattolico, certi aspetti soteriologici, quasi chiliastici, della sua dottrina. Tra questi la concettualizzazione del tempo, progressivo ma anche circolare: dalla edenica società primigenia senza classi, attraverso un periodo di sacrifici, attesa e compromesso (l’esodo/la dittatura del proletariato), la salvezza riguardava un futuro non ben definito (il paradiso/la società socialista), una sorta di processo apocatastatico di ritorno alla condizione di uguaglianza originaria . La particolare concezione della storia del 81

comunismo italiano, che sposava in toto quella marxista, faceva da pendant a questi aspetti. Era una storia concepita come causa sui, predeterminata, unilaterale e conseguentemente evolutiva:

!

«per un marxista lo stesso rapporto di causalità è qualcosa di molto complicato ed implica

azione e reazione, interdipendenza e contrasto, per cui (e lo disse Lenin) il processo storico è nel suo complesso ‘causa sui’ e contiene sempre in sé, secondo la trama di uno sviluppo dialettico di forze reali, non soltanto la propria giustificazione, ma l’elemento positivo e il negativo, la contraddizione e la lotta» . 82

!

Ma il comunismo italiano ha avuto in comune col pensiero religioso anche la prospettiva

Su questi aspetti nel contesto generale dei sistemi totalitari si veda Hans Maier, “Political Religion: a

79

Concept and its Limitations”, Totalitarian Movements and Political Religions, 1 (2007): pp. 5-16.

Kula ha visto in questa adesione acritica e incondizionata dei partiti comunisti nazionali ai dogmi

80

della dottrina marxista, poi leninista, poi sovietica, una prova del loro atteggiamento fideistico; Kula, “Communism as Religion”, p. 371.

Su questi aspetti specifici si confrontino le riflessioni di Kula, “Communism as Religion”, e

81

soprattutto di Walzer, Exodus and Revolution.

Articolo non firmato [Palmiro Togliatti], “Lezione di marxismo”, Rinascita, II, 3 (marzo 1945).

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escatologica, l’obiettivo palingenetico e il progetto di ingegneria sociale dell’individuo: l’uomo nuovo comunista, inquadrato nei modelli idealtipici ed esemplari degli eroi della rivoluzione, delle vite dei leader e dei partigiani. Ma non meno devono essere considerate alcune caratteristiche della sua organizzazione, come la rigidità della condotta all’interno delle scuole di partito, soprattutto negli istituti scolastici degli anni cinquanta. Così anche la modalizzazione euforica del discorso e il netto rifiuto di ogni riflessione negativa, liquidata come ‘disfattismo politico’, o non conforme, apostrofata come ‘dissenso’ o ‘frazionismo’. Oppure la modulazione discorsiva dell’altro, del nemico esterno (i borghesi, i fascisti, i capitalisti, il padronato, i democristiani.. ) o interno (i deviazionisti, i trockijsti, i titoisti.. ), sempre schematica, semplicistica, e connotata in senso assiologico. In generale, deve essere sottolineato il carattere demagogico della politica del partito, attraverso l’incessante propaganda e la continua mobilitazione.

Ma soprattutto il comunismo italiano ha condiviso con le (accreditate) religioni

politiche del ventesimo secolo il culto del capo e lo stretto legame di dipendenza reciproca tra leader e masse, come diritto a esistere e fonte perpetua di legittimità. Come detto, la retorica operata dalla pubblicistica sul rientro di Togliatti ne aveva sancito a livello comunicativo, e ne sancì poi anche a livello politico, il ruolo di leader indiscusso del partito . L’edizione meridionale de l’Unità del 2 aprile 1944 raccontava: 83

!

«Dal 1926, dal giorno in cui Antonio Gramsci fu arrestato a Roma, Ercoli dirige con mano

sicura il movimento comunista italiano. In 18 anni di esilio, egli non ha mai cessato di consacrare tutte le sue energie al nostro Partito del quale ha costantemente diretto l’azione in Italia, organizzandone l’attività clandestina all’interno, impostandone la linea politica, educandone i quadri alla scuola del marxismo-leninismo, sotto la bandiera di Marx-Engels-Lenin-Stalin. Oggi, dopo molti mesi, durante i quali il Partito è stato costretto a lavorare senza la sua guida, riprende il suo posto fra di noi, in contatto diretto con il popolo italiano, alla testa del Partito e delle masse» . 84

!

In questo breve passo de l’Unità compaiono molti di quegli elementi strategico-linguistici e retorico-discorsivi che sorressero l’impalcatura del discorso comunista negli anni a seguire e in particolare le strategie di sacralizzazione del capo.

Non che le frizioni tra il gruppo dirigente che operava al nord, come Longo e Secchia, più incline a

83

sostenere la svolta di Salerno, e il centro romano, guidato da Scoccimarro, si appianassero, anzi. In merito ne hanno variamente parlato le diverse ricostruzioni del partito comunista italiano che hanno trattato questi anni. Si veda comunque Paolo Spriano, Storia del Partito comunista italiano, vol. 5, La Resistenza, Togliatti e il partito nuovo (Torino: Einaudi, 1975); proprio su questo argomento il saggio di Ferdinando Dubla, “Il Partito comunista nella Resistenza (1943-1945)”, Novant’anni dopo Livorno. Il PCI

nella storia d’Italia, eds. Alexander Höbel & Marco Albeltaro (Roma: Editori Riuniti, 2014), pp. 201-222.

“Il Partito Comunista Italiano saluta il suo Capo tornato finalmente in Italia”, l’Unità, Edizione

84

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Innanzitutto, è proposto l’arbitrario (quanto semplicistico) assunto di una ‘coerente

linearità’ in primo luogo tra Gramsci e Togliatti mentre Gramsci era altrettanto 85

arbitrariamente eletto a mitico capo fondatore e ‘primo bolscevico’ del comunismo italiano, «allievo» e «studioso attento» di Labriola il leggendario pensatore marxista . E poi tra 86

Togliatti e tutti i capi del marxismo-leninismo ortodossamente riconosciuti. In seconda istanza, frutto del gusto per le tinte forti e drammatiche proprio di molti linguaggi ideologici, veniva delineata una sorta di ‘semantica dell’eroe’ e una ‘mistica dell’unicum’ , 87

che, puntando tutti i riflettori su di un unico soggetto, ne faceva un deus ex machina assoluto della politica del movimento comunista italiano: il capo (emblematicamente maiuscolo nel titolo) che continuava, nonostante la lontananza, a dirigere il partito «con mano sicura». Un esecutore quasi-titanico dei più disparati compiti, ruoli realisticamente inconciliabili in una loro trasposizione pratica, per mezzo dei quali era riuscito a far sopravvivere il movimento comunista in sua assenza: capo condottiero, leader spirituale, educatore di quadri e masse, dedito e interamente consacrato al partito. Le sue azioni erano così e furono da questo momento sempre più lette a posteriori, in perfetta coerenza (di volta in volta) con l’ultima parola d’ordine da lui impartita. Legata a questa immagine prometeica di Togliatti e in terza istanza, il dirigente veniva anche indicato come l’unico veramente capace di essere «in contatto diretto con il popolo italiano», l’unico in grado di comprenderne aspettative e bisogni, stabilendo in questo modo un legame profondo, quasi magico, quasi religioso, tra il capo e il suo popolo: popolo che in questa accezione serviva in tutta evidenza proprio allo scopo di legittimare e costruire la sua figura di leader.

Ma già prima del rientro di Togliatti, l’Unità aveva dato sostanza al discorso pubblico del

rapporto paideutico tra Gramsci e Togliatti postulando la ‘naturalità’ della dialettica dei rapporti di collaborazione tra capi nella storia della classe operaia e inserendo la coppia italiana nel pantheon delle figure leggendarie del comunismo europeo:

!

«La storia della classe operaia è ricca di episodi di collaborazione tra capi, Marx e Engels e, su

un altro piano, Luxemburg e Liebknecht in Germania, Gramsci ed Ercoli in Italia, horez e Duclas in Francia, hanno costituito o costituiscono dei formidabili ‘tandem’ di lavoro nei quali le esperienze e le energie dell’uno elevano e potenziano le esperienze e le energie dell’altro. Ma mai, forse, tale collaborazione è stata così intima e profonda, benché poco appariscente, come nel caso di Lenin e Stalin» . 88

Alessandro De Angelis, I comunisti e il partito. Dal ‘partito nuovo’ alla svolta dell’89 (Roma: Carocci,

85

2002), p. 64.

Come lo definì Togliatti più tardi, Articolo non firmato [Palmiro Togliatti], “Lezione di marxismo”,

86

Rinascita, II, 3 (marzo 1945).

Utilizza quest’ultima espressione Paola Desideri, Teoria e prassi del discorso politico. Strategie persuasive e

87

percorsi comunicativi (Roma: Bulzoni, 1984), p. 31.

Paolo Tedeschi, “Due capi”, l’Unità, Edizione meridionale, numero speciale (21 gennaio 1944).

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!

L’intento politico era quello, prima, di stabilire discorsivamente una relazione maestro-discepolo speciale, un rapporto esclusivo, insindacabile, insondabile anche per gli altri alti componenti dei partiti; poi di strutturarlo come dato di fatto.

Ma la tracciatura di una stretta connessione tra Gramsci e Togliatti era operazione che lo

stesso Togliatti condusse fin dal 1944 . Subito dopo il rientro in Italia del dirigente, l’Unità 89

pubblicava un articolo firmato Ercoli, una struggente rievocazione degli ultimi consigli che il capo scomparso gli aveva rivolto. «Ricordo benissimo», raccontava Togliatti, «che una delle ultime parole di Gramsci che mi vennero trasmesse, in forma di consiglio e di guida», «riguardava la necessità che noi facessimo una politica ‘nazionale’» . La collegialità della 90

direzione era richiamata soltanto dopo la messa in azione di questo legame, da cui era comunque virtualmente esclusa. Stabilita la paternità gramsciana del partito («Egli ha creato il nostro partito»), postulata la relazione discepolo-discente e la necessità attuale del suo insegnamento («Gramsci ci deve guidare»), il richiamo illustre del capo scomparso, descritto con le capacità divinatorie di previsione del futuro («L’occhio d’aquila del pensatore marxista scorgeva senza dubbio la crescente decomposizione della società italiana», «Egli ha previsto le vie della resurrezione del nostro paese») , serviva in ultima 91

istanza a ratificare la svolta intrapresa a Salerno: «Egli ci ammoniva di continuare, nella situazione in cui ci saremmo trovati alla caduta della tirannide fascista, la politica da lui iniziata prima nel 1919 e poi nel 1924» . 92

Uscendo dall’ambito prettamente discorsivo, la sacralizzazione è stata sempre il portato

di un processo binario, che ha visto il coinvolgimento dell’azione delle masse al pari di quella dei rappresentanti della politica. Essa non è stata «solo il risultato di una manipolazione propagandistica», ma si è rivelata anche «una spontanea proiezione della

Riprendo e sviluppo questo argomento inra, cap. 4, par. 5.

89

Ercoli [Palmiro Togliatti], “La politica di Gramsci», l’Unità, Edizione meridionale, 21 (30 aprile

90

1944).

Altrove: «Profeta è stato il nostro compagno. Si sono realizzate le sue profezie in quanto suonavano

91

anni di disgrazia per l’Italia, ma si sono realizzate anche le parole profetiche di lui che annunciavano all’Italia l’inizio di un nuovo periodo storico nel quale essa avrebbe saputo, sotto la direzione di un nuovo gruppo dirigente, iniziare l’opera della sua redenzione», “L’insegnamento di Antonio Gramsci nella commossa rievocazione di Togliatti”, l’Unità, XXII, 100 (28 aprile 1945), dal discorso pronunciato al Cimitero Acattolico di Roma del 27 aprile 1945. In qualche caso si parla di vera e propria ‘profezia’: «Gramsci non solo previde il fascismo, ma egli nel tempo stesso seppe trarre le necessarie conseguenze da questa sua previsione, da questa sua profezia, in una direttiva che egli ci dette allora e che vale anche per oggi», discorso del 29 aprile 1945 di Togliatti al Teatro San Carlo di Napoli, Togliatti, La politica nel pensiero e nell’azione.

Ercoli [Palmiro Togliatti], “La politica di Gramsci», l’Unità, Edizione meridionale, 21 (30 aprile

92

1944). Con questa stessa semantica: Articolo non firmato [Palmiro Togliatti], “L’eredità letteraria di Gramsci”, l’Unità, Edizione meridionale, 21 (30 aprile 1944).

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cultura popolare» . Tuttavia, sul piano dell’analisi discorsiva, il popolo non si presentava 93

quasi mai in questi anni come soggetto politico, ma sempre come oggetto dell’azione di altri agenti del discorso (il capo, il partito, la classe operaia). Queste le parole di Togliatti nella rievocazione dei precetti gramsciani:

!

«È alla classe operaia che spetta ricostruire un’Italia in cui sia finito il regime degli odiosi

privilegi e il popolo, libero di disporre dei suoi destini, abbia aperta davanti a sé la via del progresso» . 94

!

Anche nel passo già citato de l’Unità del 2 aprile 1944, l’immagine del capo (e per traslato del partito e della classe operaia) fa da pendant a quella di un popolo che deve essere guidato, trascinato, condotto. Scriveva il Bollettino di partito di fine 1944:

!

«vedere la classe operaia alla testa delle masse lavoratrici e del popolo nella sua funzione di dirigente nella lotta di liberazione e di rinascita democratica che deve dare una nuova impronta alla vita politica nazionale; sentirsi al fianco, legati alle masse come partito capace di guidarle in questa lotta. E bisogna saper porsi su questo terreno là dove si è chiamati a lavorare; con quelle masse che si ha il compito di guidare —ciò è quanto dire conoscere i bisogni, i problemi che assillano quelle masse e indicare le soluzioni e i modi più adatti per realizzarle. La politica del nostro partito va incontro agli interessi del popolo e del paese, nella misura in cui essa è aderente ed è espressione dei bisogni e delle aspirazioni delle masse popolari di ogni parte del nostro paese. È questa appunto la funzione delle nostre organizzazioni locali che costituiscono, insieme, tutta l’organizzazione del nostro partito e che devono realizzare, insieme, la politica nazionale del nostro partito» . 95

!

In questo passo, la agency è detenuta interamente dalla classe operaia (come forza-liberatrice, guida, con funzione dirigente, promotrice di rinascita democratica) e dal partito (ancora

Emilio Gentile, “Il volto sacro della politica”, Il Sole 24 ore (24 marzo 2013).

93

Ercoli [Palmiro Togliatti], “La politica di Gramsci», l’Unità, Edizione meridionale, 21 (30 aprile

94

1944). Sempre su questa semantica: Articolo non firmato [Palmiro Togliatti], “L’eredità letteraria di Gramsci”, l’Unità, Edizione meridionale, 21 (30 aprile 1944).

“Come deve essere fatto un settimanale di Partito”, Bollettino di partito, I, 4-5 (novembre-dicembre

95

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come guida, indicatore di soluzioni) , mentre il popolo è in posizione subordinata rispetto 96

alla loro azione (è massa popolare da guidare). Non a caso esso è più volte indicato come ‘masse’, che ha un’accezione di ‘quantità indistinta’, ‘disordinata’, ‘non definita’, semanticamente più affine a ‘folla’ e ‘moltitudine’ che non a ‘popolo’ . 97

D’altra parte, però, il popolo oggetto dell’azione di guida del capo (della sua agency

politica, potremmo dire), era a un tempo soggetto di legittimazione della sua figura (detenendo una agency di nominazione). Non è un caso, infatti, che Gramsci fosse definito dalla stampa variamente come «rappresentante del popolo», «figlio del popolo», «esempio alla classe operaia e ad un popolo intiero» , «conoscitore profondo della storia 98

del suo popolo» . Inoltre, nell’aprile 1945, quindi soltanto un anno dopo, Togliatti 99

apostrofò il popolo italiano in maniera del tutto diversa:

!

«Il popolo italiano, amico, collaboratore dei grandi popoli anglosassoni, amico,

entusiasticamente amico del grande popolo sovietico, il popolo italiano in quelle regioni dove vivono i suoi nuclei più operosi, energici e combattivi ha saputo mostrare di essere in grado di prendere in mano le proprie sorti, di liberarsi da sé» . 100

!

‘Agency’ (solitamente contrapposta a ‘structure’) può essere definita come «the socially constituted

96

capacity to act» e come «consisting of acts that make a pragmatic difference». La scelta di un individuo di compiere un’azione non è casuale, ma dipende dal modo in cui si è costituiti in quanto soggetto. Perciò, la agency è determinata dalle strutture sociali del linguaggio, dalla vita routinaria e dalle narrazioni psichiche ed emotive degli individui, Chris Barker, he Sage Dictionary of Cultural Studies (London; housand Oaks: Sage Publications, 2004), pp. 4-5. Il concetto ha una storia accademica molto lunga, da Max Weber, a Norbert Elias, a Talcott Parsons, e molti altri. Mi limito qui a segnalare gli autori il cui pensiero è indispensabile per la mia ricerca come: Peter Berger & homas Luckmann, he Social Construction of Reality. A Treatise in the Sociology of Knowledge (New York: Anchor Books, 1989 [1966]) [edizione italiana, La realtà come costruzione sociale (Bologna: il Mulino, 1997)], che hanno presentato una relazione dialettica tra agency e structure; Pierre Bourdieu, Esquisse d’une théorie de la pratique, précédé de trois études d’ethnologie kabyle (Genève; Paris: Droz, 1972) [edizione italiana, Per una teoria della pratica. Con tre studi di etnologia cabila (Milano: Cortina, 2003)], intrecciata agli originali concetti di habitus e campo; Norman Fairclough, Language and Power (London; New York: Longman, 1989), per il suo particolare approccio di Critical Discourse Analysis.

“Massa”, Dizionario online Sabatini Coletti: http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/M/

97

massa.shtml [al 12 aprile 2016].

“L’insegnamento di Antonio Gramsci nella commossa rievocazione di Togliatti”, L’Unità, XXII, 100

98

(28 aprile 1945).

“27 Aprile 1937. Assassinato dagli aguzzini fascisti muore in carcere Antonio Gramsci”, Il Calendario

99

del popolo, I, 2-3 (28 marzo-30 aprile 1945).

“L’insegnamento di Antonio Gramsci nella commossa rievocazione di Togliatti”, L’Unità, XXII, 100

100

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Con la liberazione dell’Italia, nella stampa e nei discorsi di Togliatti o di altri dirigenti, il discorso sul popolo andava subendo un mutamento repentino: da oggetto dell’azione passava a essere vero e proprio soggetto di azione storica, sociale e politica . 101

!!

2.4. «(Tutto) il popolo italiano è in fermento»: la costruzione dell’appartenenza

!

La ricerca della parola popolo in articoli, documenti o discorsi del partito, rivela come dal 1944, e proprio dal rientro di Togliatti da Mosca, sempre più frequenti e marcati divenissero i richiami al lemma in una connotazione prettamente nazionale e, spesso, patriottica:

!

«In tutti i territori liberati, il popolo italiano è in fermento. È un fenomeno che indica

precisamente quale grado di coscienza patriottica e civile abbiano raggiunto le masse, malgrado i venti anni di schiavitù fascista e i disastri della guerra» . 102

!

L’evocazione nazionale deve innanzitutto essere letta in stretta connessione con la concezione del partito che la nuova dirigenza stava delineando, e con la necessità di rendere il partito comunista un grande partito, nazionale e di massa. Nella costruzione discorsiva, generalmente, come già specificato , l’intorno lessicale di una parola serve a dare ulteriore 103

specificazione, argomentativa o valoriale —negativa, positiva—, al sostantivo cui si riferisce (per esempio, ‘popolo italiano’). Il carattere nazionale, dunque, si presentava nei testi attraverso costanti specificazioni di luogo, anche generiche, ma che richiamavano tutte all’hic et nunc spazio-temporale della situazione italiana: per aggettivazione diretta (‘Italia’, o la co-occorenza più frequente ‘italian*’), con sostitutivi avverbiali, aggettivali e in locuzioni (‘all’interno’, ‘in Italia’, ‘qui’, ‘ora’); con la ricorsività di termini come ‘nazione’/‘nazional*’, ‘paese’, ‘patria’; attraverso l’uso della metafora, della metonimia o di altre figure retoriche che implicano un trasferimento di significato, come il richiamo al tricolore, a Garibaldi o al Risorgimento; tramite epiteti e appellativi: «Alla lotta giovani italiani! Non v’incresca del sacrificio a cui la patria vi chiama» . 104

I richiami al Risorgimento italiano, collegati semanticamente al popolo e alla nazione e

concettualmente alla Resistenza, erano molto frequenti sul nuovo periodico culturale Il Calendario del Popolo. La rivista edita da Teti e diretta da Giulio Trevisani, iniziate le

Si veda il cap. 3.

101

“Ovunque nell’Italia Meridionale il popolo risponde alle provocazioni monarchiche”, l’Unità, 14

102

(marzo 1944), corsivi miei. Sulla deresponsabilizzazione del popolo durante il fascismo si veda inra, cap. 2, par. 8.

Si veda cap. 1, par. 5.

103

“L’Italia ha finalmente un governo di guerra, democratico, antifascista e di unità nazionale”, l’Unità,

104

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pubblicazioni a partire dal marzo 1945, ebbe uscita bisettimanale e in pochi anni raggiunse un’ampia diffusione . Il collegamento tra popolo risorgimentale e popolo partigiano in 105

rivolta era chiarito fin dal primo numero. Il trafiletto a sottotitolo dell’editoriale sulle cinque giornate di Milano riportava:

!

«Il popolo milanese, insorgendo contro gli austriaci, dà l’esatta misura di quel patriottismo di

cui oggi dà nuova prova lottando nell’esercito partigiano o nel movimento clandestino contro l’oppressore tedesco» . 106

!

Vi era sempre una netta equivalenza narrativa tra popolo, considerato come protagonista di momenti-chiave del moto risorgimentale, e movimento partigiano, come era evidente dall’illustrazione sul quinto numero de Il Calendario del Popolo, dove «il popolo italiano [che arrivava] alla Vittoria» era rappresentato da un combattente partigiano . Il popolo, in 107

alcuni articoli dedicati a temi risorgimentali, aveva sempre la funzione di soggetto cosciente e sovrano della propria azione: «L’eroico popolo veneziano, allora, si ritira nella sua laguna e prosegue la lotta contro l’invasore», «Il popolo è padrone della situazione, eccitati dalle voci di vittoria dei piemontesi», «Il popolo di Brescia continua eroico la sua lotta», «Il popolo di Brescia rifiuta», «Il popolo si difende strenuamente» . Non meno ricorsivi 108

erano poi i riferimenti alla Rivoluzione francese e al vittorioso popolo parigino.

!

«Si comprende facilmente come, ai primi moti rivoluzionari del 1789, gli occhi ed il pensiero del popolo parigino si rivolgesse [sic] alla Bastiglia. L’assalto a questa fortezza segnò l’inizio della insurrezione popolare contro il vecchio regime feudale. Quello che era stato il simbolo della tirannide, distrutto e cancellato dagli eroici assalitori, divenne il simbolo della libertà e della democrazia. Era infatti il prologo eroico e vittorioso della grande rivoluzione francese» . 109

!

Anche negli articoli sulla Comune di Parigi l’accento era tutto posto sul popolo e sulla sua opera di forte trasformazione sociale:

!

Una descrizione più dettagliata della rivista in Albertina Vittoria, Togliatti e gli intellettuali. La

105

politica culturale dei comunisti italiani (1944-1964) (Roma: Carocci, 2014), p. 37.

“18-22 Marzo 1848. Le Cinque giornate di Milano”, Il Calendario del Popolo, I, 2-3 (28 marzo-30

106

aprile 1945).

Si veda la figura n. 2, “Il popolo italiano arriva alla Vittoria”, Il Calendario del Popolo, I, 5 (16-31