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Nel 1944 e nella prima metà del 1945 non era raro trovare il termine ‘popolazione’ (non a caso in concordanza semantica con ‘masse popolari’) piuttosto che quello di ‘popolo’. Il lemma ‘popolazione’ è un termine generico, che rimanda all’insieme di individui che abitano il territorio a prescindere dalla loro cittadinanza, a differenza della parola ‘popolo’ che coinvolge invece i cittadini attivi, per così dire, presenti in quel territorio. Fa da pendant a questa scelta, qui, l’utilizzo di un verbo come ‘trascinare’, che evidenziava un’immagine del popolo come soggetto (o meglio oggetto) in qualche modo passivo; sul piano linguistico, del resto, esso subiva l’azione di un altro soggetto attivo, la coalizione dei partiti antifascisti. Non si dimentichi, infatti, che a queste date, ancora a guerra in corso, la politica del partito, ribadita da Togliatti al secondo consiglio nazionale, era ancora incentrata sulla continuazione della formula dei comitati di liberazione nazionale. Tuttavia, affiancandosi al più generale appello all’unità di popolo e di forze politiche, prendeva forza con sempre maggior frequenza un discorso eminentemente partitivo. Nella relazione alla seconda assise nazionale, Togliatti, rispondendo alla domanda che lui stesso aveva posto per anticipazione sul perché il partito avrebbe dovuto favorire la politica dei CLN, spiegava:

!

«Perché riteniamo che in tutti i partiti del

CLN esistono [sic] forze sinceramente democratiche e antifasciste, le quali, se prendono coscienza di se stesse e dei loro obbiettivi [sic] comuni, se noi ci comportiamo senza settarismi e sappiamo avvicinarci e collaborare con tutti coloro che sono antifascisti sinceri, non solo avranno il sopravvento ma determineranno con la loro unità tutti gli sviluppi della situazione» . 91

!

Qui la partizione del popolo, un popolo che altrove e in parallelo veniva celebrato per totalità e omogeneità, non riguardava la classica frattura tra fascisti e antifascisti, o tra classe operaia e masse popolari, ma era rivolta allo stesso schieramento delle forze ‘progressiste’ e ‘popolari’, secondo una modalizzazione discorsiva che si trovò sempre più spesso a partire dalla metà del 1945 e soprattutto dal 1946. Oltretutto, il solco veniva tracciato, discorsivamente parlando, non sulla base di opinioni diverse, fattori pratici o programmi politici, bensì di una inclinazione, la ‘sincerità’, cioè di un attributo, una caratteristica del comportamento. Chiamata in causa due volte in uno stesso paragrafo, la ‘sincerità’ era utilizzata in senso figurato nel primo enunciato, col valore di autenticità («forze sinceramente [autenticamente] democratiche e antifasciste»), come una qualità della persona nel secondo («antifascisti sinceri»). Con la stessa funzione agiva la metafora della salute. Per esempio, ai primi di novembre, la conferenza dei responsabili dei triumvirati

Questa e la precedente citazione in “Dopo il 2° Consiglio Nazionale del PCI”, Bollettino di partito, II,

90

3-4 (marzo-aprile 1945).

Un discorso emblematicamente riportato in un trafiletto del Bollettino di partito del marzo-aprile

91

POPOLO POPOLI

insurrezionali del partito aveva indicato nella democrazia progressiva «la via attraverso la 92

quale il popolo italiano potrà, nell’unità di tutte le forze sane del paese [ossia, solo con quelle], risolvere tutti i problemi della ricostruzione» . 93

E questo discorso differenziale, per così dire, aveva peso campo già a partire dal secondo

consiglio nazionale, nel momento in cui il partito aveva iniziato a prevedere un’imminente campagna elettorale. Di più: in parallelo alla sua esigenza e ai suoi desiderata che le elezioni fossero indette. Ancora nel pieno della guerra, il 10 aprile 1945, veniva affermato che era

!

«compito di tutte le organizzazioni comuniste di iniziare subito una vasta campagna, libera da

ogni spirito settario, allo scopo di far conoscere e accettare dal popolo le proposte che i comunisti fanno per sanare l’attuale situazione economica e politica, e unire sul terreno di una lotta conseguente contro il fascismo e per la democrazia tutte le forze sinceramente democratiche e nazionali» . 94

!

D’altra parte, lo stesso partito, proprio durante lo svolgimento dei lavori del consiglio, aveva esplicitamente formulato la richiesta delle elezioni amministrative, come «passo decisivo sulla via di quella rinascita democratica del paese» indispensabile al popolo e come chiusura della «lunga, dolorosa e vergognosa parentesi aperta dal fascismo» . Visto poi 95

che il partito e i suoi militanti avrebbero dovuto «tradurre la grande forza della sua organizzazione in una grande forza politica» , esse avrebbero dovuto avere la più ampia 96

partecipazione possibile. Per questo il PCI si era fatto per primo promotore dell’eleggibilità femminile e del diritto di voto anche ai giovani che avessero compiuto diciotto anni.

Le elezioni erano poi state concepite dal PCI come qualcosa che avrebbe dovuto

trascendere la semplice competizione elettorale, inquadrandosi piuttosto nella cornice più ampia della distruzione di ogni residuo del fascismo e della rinascita democratica del paese. La necessità che esse, cavalcando il vento ancora favorevole del nord (o almeno questa la speranza), si svolgessero il più velocemente possibile era stata ribadita dal partito immediatamente dopo la liberazione, mentre la risoluzione della direzione del 10 luglio invitava alle elezioni per la costituente. Proprio riguardo a questo, la retorica comunista stava operando anche un repentino ribaltamento nel ruolo della agency: il popolo veniva presentato adesso come soggetto attivo, come protagonista di un atto di volontà, pur

I triumvirati insurrezionali erano stati creati nel giugno 1945 con il compito di mobilitare e dirigere

92

le forze del paese per la liberazione del paese.

“La Conferenza dei triumvirati del partito”, Bollettino di partito, II, numero straordinario (marzo

93

1945).

“Le risoluzioni del consiglio nazionale”, Bollettino di partito, II, 3-4 (marzo-aprile 1945), corsivi miei.

94

Articoli “Le risoluzioni del consiglio nazionale” e “Le elezioni amministrative primo passo verso la

95

Democrazia”, Bollettino di partito, II, 3-4 (marzo-aprile 1945).

“Forza organizzativa e forza politica”, Bollettino di partito, II, 3-4 (marzo-aprile 1945).

POPOLO POPOLI

rimanendo le forze progressiste (costituente, forze antifasciste.. ) soggetto compiente l’azione. Così si leggeva nel Bollettino di partito del luglio: «È la costituente che dovrà liquidare per volere del popolo l’istituto monarchico», fare dello stato italiano una repubblica democratica, distruggere «le sopravvivenze feudali», eliminare il predominio politico dei monopoli, distruggere il «vecchio stato reazionario, burocratico e accentratore». «È al popolo», costruendo anaforicamente la successione di enunciati, tutti con anticipazione del soggetto a scopo demarcativo, «che spetta oggi, da un capo all’altro dell’Italia, […] di riunirsi e affrontare tutte le questioni che la costituente dovrà decidere». «Spetta ai comunisti», terzo punto in successione gerarchica, «dare tutte le loro energie all’organizzazione pratica e alla direzione di questo grande movimento rinnovatore» . Del 97

resto, ‘volere del popolo’ era una formula molto presente nei discorsi del progetto costituzionale e l’uso frequente nei testi del partito indicherebbe una ricerca di consonanza lessicale col linguaggio della costituente che è opportuno sottolineare.

Tuttavia, le elezioni continuarono a slittare in relazione ai concomitanti problemi di

gestione e soprattutto di cogestione politica del potere da parte dei partiti. In novembre, infatti, il partito liberale aveva aperto una crisi di governo attraverso la redazione di un documento di aspre critiche al governo che ne provocò la caduta (a cui il PCI fece un’opposizione poco incisiva). L’11 dicembre 1945, con la partecipazione dei quattro principali partiti, nasceva il primo governo De Gasperi dell’ordinamento provvisorio rimasto in carica fino al primo luglio dell’anno successivo. Togliatti rimaneva ministro di Grazia e giustizia, Scoccimarro era alle Finanze e Gullo all’Agricoltura. Nonostante il governo De Gasperi e l’ulteriore posposizione delle elezioni, Togliatti e il partito rimanevano fiduciosi in una vittoria delle sinistre . Ne l’Unità dello stesso giorno Togliatti 98

aveva infatti affermato con convinzione: «dopo le elezioni […] noi e i socialisti ci troveremo senza alcun dubbio a capo del più forte schieramento elettorale» . Per questo il Quaderno 99

del propagandista ribadiva l’intenzione di un lavoro comune per approntare la propaganda di amministrative e politiche. Le finalità del periodico peraltro erano state esplicitate fin dal primo numero di febbraio, inquadrando la propria attività come strumento di formazione della militanza in occasione del concitato clima elettorale. Che la pubblicazione avesse uno scopo precipuamente propagandistico è confermato dal fatto che essa cessò le proprie

“Dall’insurrezione alla costituente”, risoluzione della direzione del PCI del 10 luglio 1945, Bollettino

97

di partito, II, 7 (luglio 1945).

Forse per questo motivo il PCI non si pose in contrasto con la scelta di un democristiano come capo

98

del governo? Barbagallo ha rilevato l’importanza dell’ascesa di un cattolico alla direzione del paese per tre fattori: «perché accade per la prima volta, perché apre un periodo di durata semisecolare, perché si fonda sull’accordo […] di un partito comunista ancora largamente leninista e legato alla Russia stalinista e di un partito socialista rigidamente classista e pervaso da fermanti rivoluzionari», Francesco Barbagallo, Dal ’43 al ’48. La formazione dell’Italia contemporanea (Torino: Einaudi, 1996), p. 89.

In l’Unità, XXII, 291 (11 dicembre 1945).

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pubblicazioni dopo soli quattro numeri con il fascicolo di giugno-luglio 1946, non a caso dopo la chiusura del referendum istituzionale.

l’Unità del 5 gennaio 1946 raccontava che Secchia, che era stato eletto principale

responsabile dei problemi di organizzazione del partito al V congresso, era intervenuto sui compiti più urgenti della propaganda e dell’organizzazione. Per le elezioni amministrative e politiche egli aveva esortato i compagni e le compagne, per «l’avvenire del popolo italiano», a mettersi in grado «non solo di presentare la […] lista [del partito] in tutti i comuni d’Italia», ma di «presentarla con successo» . Al centro dell’impianto discorsivo 100

vi era ancora l’identificazione tra ‘fascismo’ e ‘male’ e l’esclusione del popolo italiano da ogni responsabilità di guerra e dei crimini di guerra: «votare per il PCI», aveva detto Negarville in un discorso al cinema di Frosinone, «significa votare contro il ritorno di qualsiasi forma di fascismo» . Perciò, una delle indicazioni centrali della direzione per la propaganda 101

politica tra il gennaio e il marzo era proprio la necessità di dare alla campagna un contenuto antifascista. Si doveva infatti in prima istanza «chiarire al popolo» che «alla base di ogni bruttura, di ogni male, di ogni possibile sciagura del nostro paese sta il fascismo e l’interesse reazionario ed egoistico delle forze che lo generarono», dalle quali, con ogni evidenza, il popolo italiano era completamente escluso . Le istruzioni per la militanza non si 102

limitavano ai discorsi di principio, ma illustravano anche praticamente alcune questioni fondamentali. E l’uso dell’immagine esplicativa è stata una componente essenziale tanto del Quaderno del propagandista, quanto del successivo Quaderno dell’attivista. Già nel numero di febbraio, attraverso uno schema illustrativo si spiegava al militante, ormai disabituato al voto da un ventennio di regime, come votare . Oppure —era il caso del supplemento di 103

febbraio Documenti per il propagandista— venivano tenuti aggiornati i militanti attraverso la trascrizione dei discorsi elettorali dei principali dirigenti . Inoltre, anche tra le parole 104

d’ordine consigliate risultava preponderate il lemma ‘popolo’, a sottolineare la connessione discorsiva tra esercizio del voto e sovranità popolare. Innanzitutto quella principale di «Il comune al popolo! Il popolo al comune!» , poi altre: «L’Italia democratica avrà il suo 105

esercito di popolo per la difesa del popolo! Votate per il PC [sic] il Partito del popolo!»,

“Abbiamo realizzato molto dobbiamo realizzare molto di più”, l’Unità, XXIII, 4 (5 gennaio 1946).

100

“Vigilia di elezioni”, l’Unità», XXIII, 54 (5 marzo 1946).

101

“‘Il Comune al popolo - Il popolo al Comune’”, Quaderno del propagandista, 1 (febbraio 1946).

102

“Come si vota” (illustrazione), corredato di un dettagliato articolo “Il propagandista per le elezioni

103

comunali” alle pagine seguenti, Quaderno del propagandista, 1 (febbraio 1946). Ripetuto nel numero di marzo, Quaderno del propagandista, 2 (marzo 1946).

Qui il discorso di Longo a Milano il 3 febbraio, Documenti per il propagandista, supplemento al

104

Quaderno del propagandista, 1 (febbraio 1946).

“Il comune al popolo! Il popolo al comune!”, l’Unità», XXIII, 57 (8 marzo 1946).

POPOLO POPOLI

oppure in «Per una vita sana e gioiosa per lo sport i campeggi e le vacanze a tutti i figli del popolo! Votate per il Partito comunista italiano!» . 106

Le elezioni comunali (quelle provinciali furono rimandate), le prime dopo la caduta del

fascismo, cominciarono finalmente il 10 marzo 1946 e si svolsero tra il marzo e l’aprile e con una seconda tornata tra l’ottobre e il novembre. Fu deciso per l’occasione che il sistema di voto sarebbe stato quello proporzionale per i comuni più grandi e maggioritario plurinominale con voto limitato ai quattro quinti dei seggi per quelli più piccoli. Per la prima volta, inoltre, la partecipazione al voto fu possibile anche per le donne. Commentando i primi risultati, Rinascita di marzo puntava a mettere in risalto la volontà e la forza del popolo (e a trarne surplus semantico erogativo tramite l’identificazione popolo/ partito/nazione) attraverso la presa di coscienza della maturità politica del popolo ; 107

tramite la rilevazione della provvisoria, ma schiacciante vittoria dei partiti di massa su cui si sarebbe fondata la futura «nuova Repubblica popolare italiana»; attraverso la sicura dichiarazione del «netto predominio delle correnti repubblicane»; e attraverso il collegamento tra questo popolo —grazie al quale «la grande rivoluzione democratica nazionale riprende[va] la sua marcia in Italia» e grazie al quale la «rivoluzione democratica e popolare», iniziata un secolo prima col Risorgimento, stava «diventando realtà»— con i riferimenti semantici alla nazione, alla democrazia e alla tradizione risorgimentale . Nella 108

prima tornata in media l’affluenza fu alta, più al nord (85,4%) che non al centro (82,8%) o al sud (78%-73,3%), nei comuni più grandi (88,8%) rispetto a quelli più piccoli (83,4%), tra gli uomini, più che tra le donne (a parte nel sud) . In generale prevalse la 109 DC (maggioranza relativa), soprattutto nei comuni più piccoli, mentre le liste della sinistra ebbero una prevalenza solo in alcuni comuni maggiori. Nella seconda tornata di ottobre-novembre, che si caratterizzò per un afflusso decisamente minore (65,1%), il PCI registrò un aumento dei voti di un punto percentuale (da 17,7% a 18,7%), il PSIUP una diminuzione significativa (dal

“Parole d’ordine”, Quaderno del propagandista, 1 (febbraio 1946).

106

«L’affluenza degli elettori», scriveva l’editorialista, «ha stupito tutti coloro che avevano

107

disimparato ad aver fiducia nel popolo italiano, un popolo che lavora», “Le elezioni”, Rinascita, III, 3 (marzo 1946), editoriale.

“Le elezioni”, Rinascita, III, 3 (marzo 1946), editoriale. Altrove si parlava dell’«eredità attuale di

108

Mazzini, che è parte viva e sostanziale della nostra lotta per la redenzione del popolo italiano e per la difesa dell’indipendenza e unità della nazione italiana», Mario Alicata, “L’eredità di Mazzini”, l’Unità,

XXIII, 59 (10 marzo 1946).

Dati dell’Istituto centrale di statistica e Ministero dell’Interno: http://www.150anni.it/webi/_file/

109

d o c u m e n t i / p r ov i n c e / L e % 2 0 aut o n o m i e % 2 0 l o c a l i % 2 0 n e l l ' It a l i a % 2 0 re p u b b l i c a n a / A4repubblicaStor05.pdf [all’11 aprile 2016]. Anche i successivi dati sui risultati provengono dal medesimo sito.

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16,1% al 12,4%), così come la DC (dal 27,8% al 19%), mentre crebbero altre formazioni politiche come l’Uomo qualunque (dal 10,2% all’11,9%) . 110

La strategia discorsiva complessiva del PCI era anche in quest’occasione votata all’unità

delle forze antifasciste. Molti degli interventi pubblici non erano dissimili dalla relazione di Togliatti nella sala delle colonne della Casa dei sindacati di Mosca del 26 novembre del 1943 . Eppure, sebbene il ricorso alla semantica dell’unione continuò a esser presente e 111

preponderante nel discorso pubblico nel 1946, ancora nel 1947 dopo la ‘cacciata’ delle sinistre e ancora per la campagna elettorale del 1948, è da segnalare, come già per le comunicazioni dirette ai quadri, che alcuni interventi dimostravano al contrario una chiara frizione con questo tipo di strategia, e questo ben prima dell’esclusione delle sinistre dal governo. E non mi riferisco al dibattito interno celato dietro l’aura dell’unanimità imposta dal centralismo democratico, o a documentazione più specificamente rivolta alla militanza, come i materiali congressuali, le riviste ‘specialistiche’ come Rinascita, o i giornali di organizzazione per le sezioni e le federazioni come il Bollettino di partito o il Quaderno dell’attivista. Non mi riferisco, quindi, a quella che è stata variamente definita come ‘doppiezza’ , ‘due patrie’ o ‘doppia lealtà’ , ossia la concomitante presenza nel 112 113 114 PCI di

Commenti e considerazioni sulla campagna e sul voto della prima tornata elettorale da parte della

110

dirigenza nei documenti raccolti in Martinelli & Righi (eds.), La politica del partito comunista italiano nel periodo costituente, pp. 15-87.

In cui aveva asserito dell’assurdità di un governo di un solo partito o espressione di una sola classe:

111

«l’unità e la stretta collaborazione di tutte le forze democratiche popolari» sarebbero dovute essere pertanto «l’asse portante della politica italiana», «la base» su cui sarebbe stato costruito «un vero regime democratico», Ercoli, “L’Italia e la guerra contro la Germania hitleriana”, Togliatti, Opere, vol. 4/2, cit. p. 393.

Il concetto ha avuto larga fortuna ed è stato sostanzialmente egemonico prima del più recente

112

‘doppia lealtà’. Si veda per esempio Pietro Di Loreto, Togliatti e la ‘doppiezza’. Il PCI tra democrazia e insurrezione (1944-1949) (Bologna: il Mulino, 1991). Il termine, come molti altri che sono stati usati dagli storici come categorie analitiche a posteriori, ha origine nello stesso discorso comunista. Per esempio, nel rapporto al comitato centrale del 24 giugno del 1956, Togliatti aveva affermato: «Siamo lieti che si discutano problemi di principio perché questo contribuirà a liberarci una volta per tutte da una certa atmosfera di doppiezza», Palmiro Togliatti, “I compiti del PCI e della classe operaia oggi in Italia”, l’Unità, XXXIII, 174 (26 giugno 1956). Su questo tema, dove anche è contenuta la citazione (p. 44), si veda Gozzini & Martinelli, Storia del Partito Comunista Italiano, vol. 7, in particolare il par. La doppiezza: organizzazione, politica, cultura, pp. 44-56.

Ne ha parlato Miriam Mafai, Botteghe Oscure addio (Milano: Mondadori, 1996), p. 126.

113

Originariamente il concetto risale a Franco De Felice con riferimento al periodo del terrorismo anni

114

settanta, “Doppia lealtà e doppio stato”, Studi Storici, 3 (1989): pp. 493-563. In ambito comunista si veda Carlo Spagnolo, La stabilizzazione incompiuta. Il piano Marshall in Italia, 1947-1952 (Roma: Carocci, 2001), pp. 23-24 e 85-119.

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una volontà, ufficiale, pubblicamente democratica, accompagnata dalla speranza, ufficiosa, nella futura rivoluzione. Mi riferisco invece ad alcuni enunciati pubblici in cui già nel 1945 e a inizio 1946, diversamente da quanto ha rilevato una parte del dibattito pubblico e della storiografia sul partito , comparivano, in parallelo al consueto appello all’unità, elementi 115

discorsivi sottostanti che denotavano una volontà o una possibilità politica diversa:

!

«In questa battaglia il partito comunista, campione dell’unità democratica, si presenta a voi, là

dove il sistema elettorale lo consente, con programma e con liste di candidati comuni a tutti i democratici e antifascisti sinceri, a tutti i buoni italiani che conoscono i bisogni del popolo e sono amanti della libertà e del progresso sociale» 116

!

Di nuovo, alcuni aggettivi qualificativi che esprimevano qualità morale (i democratici e antifascisti ‘sinceri’, i ‘buoni’ italiani) e intere frasi relative venivano modalizzati in senso partitivo per definire un soggetto che non sembrava più essere connotato nel senso universale in cui era concepito solo pochi mesi prima.

!!

3.4. «In nome del popolo»: la concettualizzazione della legittimazione popolare

!

Nel clima elettorale e sempre più spesso tra 1945 e 1946 si incontrava la locuzione ‘in nome del popolo’, per mezzo della quale il popolo diveniva strumento di legittimazione, variamente per richieste o scelte politiche. “Il Partito comunista esige in nome del popolo un radicale mutamento nella politica interna governativa”, titolava l’Unità del 7 marzo 1945, in cui chiamava ripetutamente a proprio sostegno la volontà del popolo. Nello specifico: «manifestazione di un popolo giustamente indignato»; «il popolo ha ieri parlato chiaramente, ha chiaramente espresso la volontà della nazione»; «si promettono, poi, nuove misure. Le attendiamo e insieme con noi le attende il popolo»; «queste sono le esigenze sacrosante del popolo»; «se lo diverrà rapidamente, secondo la precisa volontà del popolo, bene; altrimenti non si pensi di poter contare ancora su una nostra

La storiografia sul partito sembra aver fatto eco alle asserzioni degli stessi politici dell’area della

115

sinistra, come Giuseppe Amata, professore di economia e dirigente negli anni novanta del partito della rifondazione comunista, ha parlato di un generale fallimento della democrazia progressiva «a partire dalla cacciata dei comunisti e dei socialisti dal governo, operata da de Gasperi nel 1947, dopo il viaggio negli USA e l’accettazione della strategia politica, economica e militare americane», Amata, Verso la fine del PCI, p. 43. Tra gli storici, si veda per esempio Benvenuti, “Togliatti e le aporie del comunismo italiano”, benché lo storico dell’Europa orientale non riduca la fine dell’alleanza antifascista alla sola azione democristiana ma la inquadri in un contesto più complesso di relazioni internazionali.

“Il comune al popolo! Il popolo al comune!”, l’Unità, XXIII, 57 (8 marzo 1946).

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