• Non ci sono risultati.

«La spedizione dei Mille va considerata come la più grande impresa di una schiera di avanguardia

Su Il Calendario del Popolo e Rinascita grande eco trovavano la figura di Garibaldi e la spedizione dei Mille. Nella sua rappresentazione, al pari di quella di altri eroi del Risorgimento, il ‘popolo italiano’ aveva un ruolo fondamentale con chiara funzione legittimante. Togliatti, per esempio, evidenziava come Garibaldi avesse una «influenza grandissima» «fra il popolo», mentre di Pisacane diceva che «era uscito dal popolo ed esprimeva ciò che sentivano le masse popolari» . Spiegava 111 Il Calendario del Popolo del maggio 1945:

!

«La spedizione dei Mille va considerata come la più grande impresa di una schiera di avanguardia

dei figli del popolo italiano che volevano raggiungere unità, libertà, indipendenza. Alla schiera di avanguardia fece eco tutta l’anima popolare, tanto che i Mille divennero diverse migliaia e la Sicilia fu liberata. Questa avanguardia e questo largo seguito di masse popolari lottarono nel nome di Garibaldi perché riconoscevano in lui, cavaliere della libertà dei popoli, il difensore degli oppressi, l’interprete dei loro sentimenti di libertà e di indipendenza. Il movimento garibaldino rappresenta l’ala avanzata democratica e popolare del nostro Risorgimento, che fu frenato e poi imbottigliato dall’ala conservatrice che ebbe il sopravvento con la conquista regia. Oggi l’Italia è risorta ancora nel nome di Garibaldi e nella sua tradizione gloriosa le nostre eroiche unità partigiane garibaldine, protagoniste del Nuovo Risorgimento Italiano, hanno liberato il suolo della Patria» . 112

!

D’altra parte il ‘garibaldinismo’ doveva essere interpretato, secondo quanto era scritto su Rinascita del febbraio 1945, non come una «riflessione del pensiero» o un «pacato ragionamento», ma come disposizione naturale del popolo, una qualità evocata attraverso vari elementi: «temperamento naturale», «bisogno spontaneo dell’animo», «impulso», «stato d’animo» «slancio d’amore, tradotto in azione, verso gli ideali della patria, di libertà di fraternità, di giustizia, di eguaglianza». Nelle parole di Rinascita:

!

“18 Marzo 1871: il popolo di Parigi insorge a difesa della Patria in pericolo, proclamando la

110

Comune”, Il Calendario del Popolo, I, 1 (27 marzo 1945).

Palmiro Togliatti, “Una conferenza su Garibaldi”, Palmiro Togliatti, Serie 3: Carte Ferri-Amadesi,

111

Sottoserie 1: Anni, Sottosottoserie 1: Scritti, 1. Scritti diversi, 1937-29 dicembre 1943, “Rapporto del compagno Ercoli su Garibaldi”; ora in Togliatti, La politica nel pensiero e nell’azione, pp. 505-513.

“Lo sbarco dei Mille”, Il Calendario del Popolo, I, 4 (1-15 maggio 1945), corsivi miei.

UNPOPOLO ILPOPOLO

«Favorita forse dal temperamento naturale del popolo, la dedizione piena e completa alla causa che si sposa è, nei giovani italiani di ieri e di oggi, più un bisogno spontaneo dell’animo che una riflessione del pensiero, più un impulso che un pacato ragionamento» . 113

!

La vera «comprensione storica e psicologica della straordinaria fortuna che ebbe il mito garibaldino» poteva essere definita attraverso «questa osservazione del Malon»:

!

«Più che un fatto storico definito e circoscritto nel tempo, il ‘garibaldinismo’, questo fiore che

sboccia ad ogni primavera della nazione, è uno stato d’animo. Io credo che, prendendo in prestito il nome da colui che fu la figura più rappresentativa di questo stato d’animo, si possa sempre designare come ‘garibaldinismo’ ogni slancio d’amore, tradotto in azione, verso gli ideali della patria, di libertà di fraternità, di giustizia, di eguaglianza: ciò che era alla base dell’azione dell’Eroe dei due mondi, che egli seppe concretare nel successo di una lotta leggendaria e quasi miracolosa, ma che potette avere la sua fortuna perché rispondeva a un’esigenza diffusa universalmente, trovava eco in migliaia di petti, era insomma (come si diceva in principio) la mentalità comune e lo stato d’animo generale della generazione del Risorgimento» . 114

!

Questa formalizzazione del garibaldinismo serviva in ultima analisi a tracciare un ponte tra ieri e oggi, trovando al contempo la giustificazione della connessione tra Risorgimento e Resistenza:

!

«Cosicché si può definire ‘garibaldinismo’ non soltanto quello fiorito con Garibaldi ed intorno

a Garibaldi, ma anche quei tentativi, quegli sforzi, quei sacrifici di cui è ricca la storia italiana […]. [Faceva seguito un excursus storico di esempi italiani di lotte ‘garibaldine’ fino al tempo attuale] Così oggi garibaldine sono le brigate partigiane che nel nostro paese occupato contendono allo invasore zolla a zolla della nostra terra» . 115

!

La semantica del ‘nuovo risorgimento italiano’ fu di grande attualità anche nel periodo successivo e fino alle elezioni del 1948. Commentando i risultati del Blocco del Popolo, l’Unità titolava in prima pagina “Garibaldi ritorna in Campidoglio”, e inneggiava alla «vittoria del popolo» «all’avanguardia del nuovo risorgimento d’Italia» . Del resto 116

anche Gramsci, riconosciuto capo fondatore del partito, aveva in più occasioni fatto

A.R., “Il mito garibaldino”, Rinascita, II, 2 (febbraio 1945).

113

A.R., “Il mito garibaldino”, Rinascita, II, 2 (febbraio 1945).

114

A.R., “Il mito garibaldino”, Rinascita, II, 2 (febbraio 1945).

115

“Garibaldi ritorna in Campidoglio” e “Città conquistate dalle forze del lavoro”, l’Unità, XXIII, 265

116

UNPOPOLO ILPOPOLO

riferimento all’esempio garibaldino . 117

Risorgimento, Rivoluzione francese, Resistenza, erano dunque elementi connessi a

livello discorsivo e concettuale. Facevano da collante a questo ricorsivo asse semantico, da una parte, l’immagine onnipresente del popolo in rivolta, dall’altra, il discorso sulla nazione e sulla patria. D’altra parte, una direttiva della direzione alle federazioni, come riportava il Bollettino di partito del novembre-dicembre 1944, aveva esplicitamente chiesto di accompagnare la bandiera rossa a quella tricolore:

!

«Le organizzazioni del Partito, esponendo la bandiera nelle loro sedi, sono tenute a esporre

accanto a essa la bandiera nazionale italiana. Così pure in cortei e dimostrazioni la bandiera del partito sarà portata insieme e accanto alla bandiera nazionale» . 118

!

Ancora all’indomani dei risultati elettorali delle amministrative del 1946, Luigi Longo lamentava:

!

«Tutto questo rosso, troppo rosso, senza tricolore, né come bandiera, né come una piccola striscia. Tutto questo rosso non è sulla linea di pace, di tranquillità, di armonia; molti lo vedono come un’offesa e pensano che, se vinciamo noi, scorrerà il sangue per le strade. In generale la gente è abituata a vedere il tricolore nelle cose ufficiali e quindi a frammezzare il rosso con un po’ di tricolore, dà un’impressione di maggior ordine. Una politica popolare nell’ordine e nella libertà, è quello che vogliamo» . 119

!

Non è un caso, poi, che proprio il riferimento implicito o esplicito alla dimensione nazionale si accompagnasse, anche per posizione all’interno delle frasi, alle immagini o del partito e del movimento comunista, oppure proprio al popolo, quasi a volerne continuamente sottolineare un’intima connessione:

!

«Non è accettabile […] da certi avversari i quali, sforzandosi di separare la nazione dal popolo,

tentano di trasformare il concetto di nazione in una categoria astratta che faccia da paravento ai loro interessi particolari di classe; e, come per caso, questi interessi sono eminentemente anti-popolari. A costoro noi diciamo che […] gli interessi di una nazione sono inscindibili da quelli del suo popolo, che si difendono i valori nazionali soltanto difendendo gli interessi delle

«Mi ricordo che a una dimostrazione per una commemorazione dell’indipendenza, un compagno

117

mi disse: ma perché tutti gridano: ‘viva Garibaldi! e nessuno: viva il re?’ ed io non seppi darne una spiegazione. Insomma, in Italia dai rossi ai verdi, ai gialli idolatrano Garibaldi, ma nessuno veramente ne sa apprezzare le alte idealità. […] E nessuno degli italiani che in quello stesso giorno forse acclamavano l’eroe liberatore della Sicilia, pensò che Garibaldi se fosse stato vivo, avrebbe sostenuto anche l’urto di tutte le potenze europee, pur di fare acquistare la libertà a un popolo»; [Antonio Gramsci], “Oppressi ed oppressori”, ora in Gramsci, Scritti politici, vol. I, pp. 6-7.

“La bandiera del PCI”, Bollettino di partito, 4-5 (novembre-dicembre 1944).

118

Ora in Angelo Ventrone, “La liturgia politica comunista”, p. 811.

UNPOPOLO ILPOPOLO

masse popolari e che, in definitiva, valori nazionali di ogni popolo potranno affermarsi pienamente soltanto con l’eliminazione dei nemici del popolo» . 120

!

Spesso li troviamo in successioni strette tra loro: “Nell’eroica lotta contro l’invasore il popolo italiano costruisce la sua unità” è il titolo di un articolo de l’Unità del 19 marzo 1944 , che 121

ben evidenzia come le concordanze semantiche nei testi del partito tendessero a riproporsi legate le une alle altre a formare precise catene significative, come qui quella di ‘popolo’-‘italiano’-‘unità’. Inoltre, molto frequente nel 1944 ma anche e soprattutto nel 1945, la ricorrenza di aggettivazioni che caratterizzavano il popolo come un blocco unico, unito e omogeneo, e principalmente ‘tutto il popolo’ o ‘il popolo tutto’ come cluster più frequenti : 122

«Significa soltanto che, di fronte all’ampiezza e difficoltà dei compiti che dobbiamo assolvere, sentiamo che potremo adempiere la nostra funzione storica di dirigenti di tutto il popolo italiano sulla via di una democrazia antifascista e progressiva soltanto se apriamo in questo modo le file del partito, così da poter avere in esse tutti gli elementi che sono necessari per realizzare i contatti con tutti gli strati delle masse lavoratrici e adempiere verso di essi una funzione di direzione» . 123

!

Se poi il ‘qui e ora’ del ricorso alla nazione era impiegato frequentemente per annullare le distanze, il ‘noi’, come meccanismo attanziale di embrayage , era utilizzato in funzione 124

“Politica comunista, politica nazionale”, l’Unità, Edizione meridionale, 6 (gennaio 1944), corsivi

120

miei.

“Nell’eroica lotta contro l’invasore il popolo italiano costruisce la sua unità”, l’Unità, Edizione

121

meridionale, 15 (19 marzo 1944).

In analisi computazionale, segmenti adiacenti di parole ricorrente all’interno del corpus considerato.

122

Togliatti, “Rinnovare l’Italia”, Da Gramsci a Berlinguer, vol. 2, p. 115.

123

Nell’embrayage attanziale soggetto dell’enunciazione e soggetto dell’enunciato coincidono, il che

124

rende l’argomentazione partecipata, diretta, tesa ad instaurare un rapporto diretto con l’attante; questo si manifesta attraverso, per esempio, l’utilizzo di termini personali, spaziali e temporali (io, tu, noi, voi, qui, ora). Si contrappone alla tecnica attanziale di débrayage, tramite la quale si ha invece una disgiunzione tra soggetto dell’enunciazione e istanza enunciativa (visibile, per esempio, dall’uso della terza persona, dalla forma impersonale, da avverbi, aggettivi, locuzioni spaziali e temporali che sottolineano distanza). Nella semiotica narrativa greimasiana: «Al contrario dal débrayage che è la collocazione, fuori dall’istanza dell’enunciazione, dei termini categorici che servono da supporto all’enunciato, l’embrayage designa l’effetto di ritorno all’enunciazione, prodotto dalla sospensione dell’opposizione tra certi termini delle categorie della persona e/o dello spazio e/o del tempo, e dalla denegazione dell’istanza dell’enunciato», Algirdas J. Greimas & Joseph Courtés, “Embrayage”, Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la theorie du langage (Parigi: Hachette, 1979) [edizione italiana, Algirdas J. Greimas & Joseph Courtés, “Embrayage”, Semiotica: dizionario ragionato della teoria del linguaggio, eds. Algirdas J. Greimas & Joseph Courtésvoce & Paolo Fabbri (Milano: ESBMO, 2007)].

UNPOPOLO ILPOPOLO

aggregante. Secondo modalità discorsive simili, si ricorreva ai pronomi e aggettivi possessivi alla prima persona plurale (‘nostr*’) e al pronome personale alla prima persona plurale (‘noi’), anche in funzione singolare (‘noi’ nel senso di ‘il partito’) in senso demarcativo: la collettività inclusiva (non a caso in stretta concordanza con i lemmi) del partito, del popolo, come abbiamo visto già in alta incidenza con i richiami alla nazionalità italiana. Per converso, quando si intendeva sottolineare estraneità si faceva largo uso di pronomi e aggettivi alla terza persona plurale (‘essi’, ‘loro’), spesso associati ad appellativi quali ‘nemici del popolo’ o ‘traditori del popolo’ e in posizione contrastiva ai richiami al proprio ‘campo’. Per esempio, sempre su l’Unità del 2 aprile 1944:

!

«i tedeschi e i loro servi fascisti, accampati in Europa e nel nostro paese, […] ricorrono a

qualunque mezzo per ritardare la loro disfatta. Con questo scopo, distruggono sistematicamente le nostre città, saccheggiano il nostro territorio, massacrano il nostro popolo» . 125

!

I pronomi personali e gli aggettivi possessivi, come in questo caso, erano sempre impiegati alla forma plurale ma potevano presentarsi —e succedeva molto spesso— con funzione singolare reificante: «i tedeschi» e «i loro servi fascisti» rappresentavano complessivamente un nemico da un solo volto, ‘il nemico’, dotato di un solo obiettivo, un’unica volontà, un’unica razionalità. Il plurale usato in funzione singolare e il singolare usato come plurale —con parole come ‘il partito’ e ‘il popolo’— identificavano un analogo dispositivo comunicativo: l’individualità si riassumeva sempre nel soggetto unico della collettività, tertium non datur. Il partito, il popolo, il nemico, erano termini che divenivano nei testi realtà a statuto ontologico, incontestabili e prescrittive in quanto interiorizzazioni di «schemi motivazionali ed interpretativi come istituzionalmente definiti» : 126

!

«Dimostri […] adesione o dissenso, sia risolutivo in senso positivo o in senso negativo, il

contributo della volontà popolare alla vita politica è sempre l’elemento essenziale e determinante. La volontà delle masse infrange i più perfetti strumenti di repressione, spezza i più solidi ingranaggi di interessi, manda in frantumi le più forti organizzazioni politiche; la volontà delle masse, invisibile ma ponderabile nella vita politica di tutti i popoli, sorregge, per contro, le iniziative a suo vantaggio, le riscalda del proprio calore, aderisce ad esse e le rende inattaccabili e invincibili, così come l’atmosfera aderisce e fascia gli esseri e le cose del mondo, li circonda della propria forza, ne impedisce la disgregazione prima che il ciclo naturale sia concluso» . 127

!

Tutto questo non stupisce se si mette in relazione l’esigenza dietro questo artificio retorico

“Dopo la strage del Colosseo. Morte agli invasori tedeschi!”, l’Unità, Edizione meridionale, 17 (2

125

aprile 1944), corsivi miei.

Rema Rossini Favretti, Il discorso e il potere. Analisi dei rapporti ra politica e stampa in Gran Bretagna

126

(Bologna: Pàtron, 1980), p. 30.

“Iniziativa politica e adesione popolare”, La Rinascita, I, 1 (giugno 1944), corsivi miei.

UNPOPOLO ILPOPOLO

con le difficoltà incontrate dalle forze antifasciste e dalle formazioni partigiane nella seconda metà del 1944 e in particolare nell’inverno 1944-1945. Il Bollettino di partito dell’ottobre 1944, riportando ampie parti del discorso di Togliatti del 3 ottobre a Firenze presso il teatro La Pergola, davanti alle complicazioni della situazione, invitava a mantenere l’«unità incrollabile» dei partiti, attorno ai quali si stavano raccogliendo «le grandi masse del popolo» . Lo stesso Togliatti, in un’intervista pubblicata su l’Unità del 12 dicembre e 128

poi sul Bollettino di partito del novembre-dicembre, chiariva: «vogliamo l’unità di tutti coloro che sono decisi alla lotta per la liberazione del paese» in quanto «guardiamo a dare al popolo quello di cui ha bisogno» . E non a caso la riunione di direzione del partito del 6 129

novembre 1944, con la presenza dei ministri e sottosegretari di stato comunisti, insisteva particolarmente nella conferma della linea di Salerno di unità e partecipazione al governo . Ancora la direzione del partito per l’Italia settentrionale riunitasi nel marzo del 130

1945 ribadiva che l’insurrezione non poteva essere espressione di una classe ma «insurrezione di tutto un popolo per l’indipendenza e la democrazia» sotto la «bandiera del tricolore, simbolo dell’unità di tutto il popolo» . Una riconferma dell’unità d’azione 131

che teneva presente anche la repressione dell’insurrezione antimonarchica delle formazioni partigiane greche per opera delle truppe d’occupazione inglesi . 132

!!

2.5. «Come lottano i comunisti… per l’unità del popolo»: la modalizzazione comunista dell’informazione

!

Proprio per l’elevata frequenza con cui compare e per questo ‘lavorìo’ strategico-linguistico operato su di esso dalla stampa e dai dirigenti al fine di conferirgli precise connotazioni e modalizzare poi tutto il discorso, la parola ‘popolo’ è uno dei punti di osservazione privilegiati delle vie di costruzione dell’identità e della tradizione comunista. E permette di comprendere più precisamente come «il PCI riuscì con successo a strutturare nell’identità comunista, e progressivamente nel senso comune anche storiografico, una così stretta

“Rafforziamo i Comitati di Liberazione Nazionale”, Bollettino di partito, I, 3 (ottobre 1944). Affronto

128

il rapporto tra ‘massa’ e ‘popolo’ nel cap. 3 e in particolare nel par. 7.

La citazione è qui presa da “Un’intervista del compagno Togliatti sulla soluzione della crisi”,

129

Bollettino di partito, I, 4-5 (novembre-dicembre 1944).

Un resoconto di questa assise è riportata nell’articolo “La situazione italiana prima della crisi

130

ministeriale”, Bollettino di partito, I, 4-5 (novembre-dicembre 1944). Citato in Galli, Storia del PCI, pp. 159-160.

131

Aldo Agosti, Storia del Partito Comunista Italiano 1921/1991 (Roma; Bari: Laterza, 1999), p. 50.

UNPOPOLO ILPOPOLO

identificazione tra storia nazionale e tradizione di partito» . 133

Il ricorso alle generalizzazioni (‘il popolo’/‘il partito’/‘il nemico’) e all’antitesi dei soggetti (‘noi’/‘loro’); l’impiego del discorso anaforico (ossia la ripetizione di parole o locuzioni, spesso nella forma della domanda retorica ); la resa drammatica e fortemente 134

retorica , spesso costruita per contrasto ; gli epiteti sferzanti e le forti aggettivazioni, sia 135 136

per denigrare, sia per esaltare ; l’insistenza su immagini che richiamano alla forza, alla 137

capacità di organizzazione e di lotta ; gli accenti quasi-religiosi ; i paragoni con le cose 138 139

della natura in funzione deterministica , sono tutti dispositivi linguistici impiegati per 140

dare spinta all’azione ed esprimere senso di appartenenza nazionale, di unità e di riscatto nei confronti degli avversari. D’altra parte, e in generale, il discorso politico non è volto tanto a fornire informazioni, quanto a modalizzare le informazioni , a formare più che a 141

Andrea Guiso, “Il PCI e la sua storia: come cambiano i paradigmi”, I partiti nell’Italia repubblicana, ed.

133

Gerardo Nicolosi (Soveria Mannelli: Rubbettino, 2006), pp. 135-194, cit. p. 138.

«Vogliamo noi chiudere gli occhi circa il fatto che l’Italia è stata […] la seconda potenze dell’‘asse’

134

hitleriano e fascista? Vogliamo negare che l’Italia è stata per più di vent’anni governata dal fascismo […]?», “L’Italia e il mondo”, La Rinascita, I, 1 (giugno 1944).

A esempio: «Nel corso di questi due decenni, di fronte a un paese oppresso e sconvolto da una

135

fosca tirannide corruttrice e a un’opinione pubblica avvelenata da una sistematica propaganda di menzogne, il fermento purificatore e rinnovatore della nostra lotta non poteva non manifestarsi nelle forme polemiche più aspre, come negazione intransigente che investiva non solo l’aperto nemico, ma l’incerto, il dubbioso, il confusionario, il vile. Noi [il partito] siamo stati lo strumento tagliente che penetra nella piaga, il fuoco che cauterizza, l’audacia che strappa le maschere, il grido che chiama a raccolta i coraggiosi, che scuote la gioventù e orienta le folle per le inevitabili battaglie contro l’oppressione politica e sociale. Siamo stati l’avanguardia che spezza gli ostacoli e apre il cammino», “Unità nazionale”, La Rinascita, I, 3 (agosto-settembre 1944).

Supra: «infrange… perfetti strumenti», «spezza… solidi ingranaggi», «manda in frantumi… le più

136

forti organizzazioni», “Iniziativa politica e adesione popolare”, La Rinascita, I, 1 (giugno 1944). I «servi fascisti», i «traditori e carnefici della nazione», o, al contrario, gli «eroici martiri»; “Ai

137

giovani”, La Rinascita, I, 2 (luglio 1944).

Si veda per esempio “Come lottano i comunisti per l’insurrezione nazionale e per l’unità del

138

popolo”, La nostra lotta, III, 3 (1° febbraio 1945).

Supra: «il fermento purificatore e rinnovatore della nostra lotta», “Unità nazionale”, La Rinascita, I,

139

3 (agosto-settembre 1944).

Supra: «così come l’atmosfera aderisce e fascia gli esseri e le cose del mondo, li circonda della

140

propria forza, ne impedisce la disgregazione prima che il ciclo naturale sia concluso», “Iniziativa politica e adesione popolare”, La Rinascita, I, 1 (giugno 1944).

Desideri, Teoria e prassi del discorso politico, pp. 21-22.

UNPOPOLO ILPOPOLO

informare. Artifici retorici come quelli sopra elencati e descritti, continuamente riproposti, hanno finito per codificare in questo modo veri e propri modelli discorsivi del e nel lessico comunista, ripresentati costantemente non solo in stato d’eccezione, come gli anni in cui il paese era ancora in guerra, ma anche in fasi di ricostituzione di nuovi assetti ed equilibri politici e istituzionali. Questo perché, soprattutto in questo periodo, queste e altre modalità espressive si sono imposte alla stregua di rituali discorsivi, atti a fissare impliciti, schemi e codici interpretativi, particolari connotazioni, investimenti di senso.

L’espediente —il governo di unità nazionale basato sull’alleanza tra tutte le forze

politiche antifasciste e la prospettiva di un’assemblea costituente— veniva plasmato discorsivamente tramite strumenti retorici di questo tipo e mediante l’immagine, fortemente caricata a livello semantico, del popolo. L’unità del popolo era espressione dell’unità antifascista, spiegava Spano su l’Unità del 9 gennaio 1945, contro l’«estremismo parolaio» di certe concezioni settarie «ch’esse credono rivoluzionarie, mentre sono obiettivamente, […] perché ostacolano l’unità e la mobilitazione del popolo, posizioni reazionarie in quanto fanno inconsciamente il giuoco dei reazionari» . 142 Grosso modo, la semantica di popolo (del popolo) predominante nel discorso comunista (ma non solo)143

durante gli ultimi due anni di guerra e l’immediato dopoguerra —per tutto il 1945, e, in qualche misura ma con qualche considerazione da fare in merito , anche per il 1946 e per 144

parte del 1947—, è stata quella più vicina all’immagine che il partito stesso voleva dare di sé: un popolo (e un partito), patriota, fiero, combattente, profondamente italiano, interclassista.

Una rappresentazione che in tutta evidenza svolgeva e aveva svolto un ruolo di sostegno

alla stabilità dei governi di unità antifascista, governi composti anche dai comunisti,