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La grande novità del neoliberalismo sta nella capacità di rintracciare il principio di ragionevolezza del governo nella naturalità dei comportamenti e nell’aver predisposto un sapere adibito alla legittimazione di tali comportamenti, vale a dire l’economia politica.

Definita come la scienza della natura umana, il sapere economico estende le proprie competenze in maniera parossistica, finendo per assumere un carattere praticamente totale. Il suo compito è costruire un ordine del discorso che comprenda uno spazio, delle strategie, dei processi di soggettivazione, delle procedure di veridizione e che dia vita a un dispositivo razionale di governo. È in questo senso che “si inventa” delle categorie nuove attraverso le quali trasfigurare le vecchie; si può parlare, a tal proposito di tre slittamenti: il mondo diventa il mercato, il soggetto l’imprenditore, la natura umana il capitale umano. Definito mediante queste tre trasfigurazioni il discorso neoliberale diventa, in questa maniera, il principio di legittimazione della realtà.

Il primo slittamento riguarda la creazione del mercato come luogo di manifestazione privilegiato delle libertà, degli interessi, dei comportamenti, in una parola, della natura umana. Considerato l’unico spazio di realtà, l’unico possibile in cui gli uomini possono vivere, il mercato diviene il garante della ragione di governo. Esiste una sola realtà ed è il mercato.

Come principio di intelligibilità e di decifrazione dei rapporti e dei comportamenti sociali, il mercato assume, dunque, un aspetto ultra economico, che avrebbe a che fare con la sua intrinseca giustizia: è il luogo della produzione della giustizia. Non solo: il mercato è anche lo spazio, l’unico possibile, di libertà. Tramite il mercato, il neoliberalismo organizza una ragione di governo capace di disporre una gestione e una

organizzazione ordinata della libertà attraverso il suo incitamento, la sua sollecitazione e investimento continuo. Nel sistema liberale si consuma e si produce costantemente libertà secondo una logica distributiva. In questo senso vi è un’immediata aderenza tra libertà, natura umana ed economia politica, dal momento che qualsiasi comportamento è assimilato ad un comportamento economico.

Naturalmente ciò fa del mercato il principale strumento di limitazione del governo e di alternativa al governo, in quanto custode della meccanica degli interessi naturali.

Si può dire, meglio ancora, che il mercato è il custode della verità dei comportamenti umani e delle relazioni sociali: «Meccanismo di formazione della verità»79; soltanto nel mercato, cioè, la natura umana troverebbe la sua più propria espressione. In quanto spazio di manifestazione della verità, allora, è necessario che lo si faccia funzionare «con il minimo di interventi possibili perché possa, a ragione, sia formulare la propria verità, sia proporla come regola e norma alla pratica di governo»80.

Inteso come uno spazio che obbedisce a meccanismi completamente naturali, ossia spontanei, il mercato si identifica, quindi, con un luogo di veridizione. La spontaneità diventa il sintomo di un'ingenuità naturale che stabilisce una sorta di intoccabilità totale pena l'alterazione e la snaturazione dei meccanismi.

L'economia politica, in questo modo, individuando nel mercato il luogo della formazione della verità, fornisce al governo un criterio di autoregolazione basato sull'oggetto della sua azione: «Il mercato è da rivelarsi rivelatore di qualcosa che è come una verità»81.

Questa verità «è il meccanismo naturale del mercato»82. Portatore di una verità intrinseca e naturale il mercato assume il ruolo di testimone imparziale del buon governo. Un buon governo, in realtà, sarà un governo che non governa poiché qualsiasi governo (se non è economico) è estraneo alle logiche mercantili. Nessuno può dire la verità al mercato se non esso stesso: «Consentendo nello scambio di collegare fra loro la produzione, il bisogno, l'offerta, la domanda, il valore, il prezzo e così via, costituisce in questo senso un luogo di veridizione, cioè un luogo di verifica-falsificazione per la pratica di governo»83.

Non soltanto fornisce un criterio di limitazione al governo; il mercato insegna anche il principio di giustificazione. Esso fa si che «il buon governo non sia più soltanto un governo giusto. È ancora il mercato a far si che ora il governo, per essere un buon

governo, debba funzionare secondo la verità»84. In questo senso, aggiunge Foucault, l'economia politica ha quindi la funzione di regolare teoricamente le indicazioni attraverso le quali fornire al governo il nuovo principio della sua verità: «Il mercato deve dire il vero, e deve farlo in relazione alla pratica di governo»85. Il neoliberalismo, come tutte le forme di razionalità politica, è una ragione di governo che funziona attraverso un certo rapporto con la verità. Focalizzarci su questo punto ci serve per capire il nesso tra governamentalità e produzione della verità, dal momento che Foucault inscrive il liberalismo all'interno della storia politica della produzione della verità. La questione della verità è sempre e da sempre una questione politica; più precisamente è una questione di critica politica.

È il caso, in questa sede, di precisare, senza poter, tuttavia, approfondire la questione, che il tema della veridizione è l’oggetto di un altro corso al Collège de France, Del

governo dei viventi, non a caso immediatamente successivo a Nascita della biopolitica,

e successivamente nell’anno 1981 in una serie di lezioni tenute a Lovanio, Mal fare dir

vero86. La disamina delle modalità di governo di sé e degli altri, infatti, è legata all’analisi delle forme di verità attraverso le quali il governo intesse la sua logica e le sue strategie organizzative. Ogni forma di governo, allora, dispone e imbastisce un vero e proprio regime di verità, che produce e riproduce, attraverso il loro incitamento, “atti di verità” da parte dei governati su se stessi. Il ribaltamento della concezione puramente negativa del potere, tuttavia, obbliga Foucault a non considerare il dispositivo aleturgico in modo eminentemente negativo e confessionale, dunque, secondo la teoria classica dello sovranità, solamente per garantire obbedienza e fedeltà al potere. D’altronde il tentativo è anche di smarcarsi dall’idea pastorale della verità come relazione esclusivamente unilaterale di un potere che obbliga e controlla attraverso la confessione. Si tratta di effettuare uno spostamento della produzione della verità in cui il soggetto non sia soltanto il risultato passivo di un dispositivo di assoggettamento a una verità prodotta esternamente da sé, bensì il punto di un gioco di intersezione più complesso tra verità eteronoma e una verità autonoma. In questo senso Foucault parla di governare

attraverso la verità: «Non si possono dirigere gli uomini senza fare operazioni

nell'ordine del vero, e queste sono sempre eccedenti rispetto a ciò che è utile e necessario per governare efficacemente»87. Ovviamente tutto ciò suscita numerose questioni dal momento che, si può anticiparlo subito, la razionalità governamentale

organizza un sistema raffinato di autogestione delle condotte umane attraverso l’adesione a una verità, quella del mercato, che pur essendo artificialmente prodotta, è, però, costruita come un regime autonomo della libertà. Governare attraverso la verità della libertà è già, di fatto, una mistificazione e una duplice cattura: non c’è più un fuori, scompare ogni spazio di eccedenza e di resistenza che la verità e la libertà dovrebbero portare con sé. Non è secondario notare, infatti, che incastrato in queste empasse, per cercare pratiche virtuose di verità fuori e contro il potere di soggettivazione degli individui, Foucault a partire dagli anni ‘80 sposta i suoi studi sul modo antico. Si tratta, come è noto di un campo di studi immenso, che incontreremo solo tangenzialmente più avanti.

Anche il governo liberale, dunque, come tutti i governi, funziona con la produzione della verità, la cui orditura ideologica è affidata al sapere economico. L'economia diventa il nuove regime discorsivo che produce continuamente una verità o ancora meglio il segno di una tale verità: «Produce dei segni, che sono segni politici i quali permettono di far funzionare le strutture, produce dei meccanismi e delle giustificazioni di potere. Il libero mercato, il mercato economicamente libero, lega politicamente e manifesta dei legami politici»88. Diventando lo spazio di realtà naturale, la ragione di governo assume l’aspetto di una strategia dell’evidenza che opera attraverso l'individuazione, la circoscrizione e la delimitazione, sotto forma di sorveglianza, dello spazio di libertà economica in cui i soggetti (ora uomini economici) possono esprimere al meglio se stessi. Nel momento in cui non vi è più un fuori del mercato, il governo che non accetta la realtà naturale del mercato-realtà, è un governo che si condanna ad essere contro natura, contro evidente, cieco: «Si dovrà governare per il mercato, piuttosto che governare a causa del mercato»89. Foucault lo dice esplicitamente: il problema del neoliberalismo è «sapere in che modo sia possibile regolare l'esercizio globale del potere politico in base ai principi di un’economia di mercato»90. E ancora: «Mettere in relazione, riferire, proiettare su un'arte generale di governo i principi formali di un'economia di mercato»91.

Far essere il mercato significa creare le condizioni di possibilità della trasformazione del mercato in ambiente sociale, predisponendo quest’ultimo artificialmente attraverso delle misure di tipo governativo strategico-gestionale.

Il compito è imbastire uno spazio concreto e reale, un ambiente sociale appunto, entro cui poter realizzare il mercato e, quella che viene considerata la sua ragion d’essere, il dispositivo formale della concorrenza. In questo modo si raggiunge l’identificazione tra società e mercato nella misura in cui si costruisce una società su misura e in funzione di esso.

Il problema è esattamente quello dello stile del governo, della maniera di fare e di intervenire. Ritorna qui, come avevamo detto, la questione della modalità del governo, piuttosto che del rifiuto del governo. Non si tratta se intervenire o meno, la questione si sposta sul come. Come intervenire per fare della realtà un mercato? «Sulla società in quanto tale, nella sua trama e nel suo spessore»92.

Ne viene fuori un governo della società in cui la società è l'obiettivo specifico dell'azione di governo.

La forma mercato, allora, si comporta come il meccanismo di decifrazione e di intellegibilità della società e di conseguenza delle relazioni che in quella si consumano. È necessario, infatti, intervenire sulla società, sugli agenti economici direttamente coinvolti affinché «i meccanismi concorrenziali, in ogni istante e in ogni punto dello spessore sociale, possano svolgere il molo di regolatore»93.

Questo passaggio, molto importante per Foucault, evidenzia la metamorfosi da governo economico a governo della società: oggetto dell'azione di governo è l'ambiente sociale. Si domanda, allora, Foucault: «Che cosa vuole fare il governo sociologico nei confronti di una società, che è diventata ormai l'oggetto proprio dell'azione di governo, della pratica di governo? Vuole fare in modo che il mercato sia possibile»94. D'ora in poi il mercato svolgerà un ruolo di regolatore generale, e di principio della razionalità politica. Ciò è possibile nella misura in cui assunto principale delle teorie neoliberali è la convinzione che l'economia di mercato costituisca la sola forma in grado di garantire la libertà di tutti e ciascuno.

L'economico, quindi, si configura come un insieme di operazioni regolate: «Un insieme di attività le cui regole hanno livelli, forme, origini, date e cronologie del tutto differenti tra loro. Le regole potranno consistere in un habitus sociale, una prescrizione religiosa, in un'etica, in un regolamento corporativo, o anche in una legge»95. I processi formali economici non avrebbero nessuna possibilità di realizzazione e concretizzazione reale senza «un quadro istituzionale e delle regole positive» che assumano il ruolo di sua

condizione di possibilità96. Assumendo il ruolo di una pratica di governo, il mercato è, infine, anche un principio di formalizzazione e di informazione: «Il problema è di sapere fino a che punto potranno estendersi i poteri d'informazione politici e sociali dell'economia di mercato»97. Disponendo e predisponendo un enorme apparato di sapere e di conoscenza e di informazioni intorno alla società che ha il compito di gestire, la razionalità neoliberale dà vita e gestisce un auto-governo critico. Si profila, come vedremo più avanti, il quadro di una società della conoscenza che si gestisce proprio grazie e attraverso l’incitamento alla conoscenza.