Come mostrano i dati mostrati nel paragrafo precedente, garantire la possibilità ai bambini di integrare la dimensione narrativa con elementi iconico-visuali sostiene un processo di costruzione delle storie che permette il raggiungimento di un maggiore livello di complessità narrativa, pare opportuno approfondirne alcuni aspetti, mettendone in luce le connessioni con lo sviluppo da un lato della creatività, dall’altro anche di competenze cognitive. Una delle domande di ricerca del progetto riguardava infatti le possibili modalità tramite cui il digital storytelling può risultare utile allo sviluppo della creatività dei bambini.
Nello specifico, il gruppo di ricerca ha assunto l’invenzione e l’impiego di dispositivi metaforici135 da parte dei bambini quali indicatori di creatività. A questo proposito, la letteratura scientifica indica che una delle modalità principali che facilita i bambini nell’esplorazione e nella produzione di processi metaforici si verifica quando viene loro offerta la possibilità di agirle tramite azioni, in un processo in cui le sostituzioni di dominio avvengono primariamente sul piano gestuale (Winner, McCarthy, Kleinman, & Gardner, 1979). Tale ipotesi è sostenuta anche dall’approccio cognitivista, secondo cui è possibile dar vita a metafore anche tramite modalità non linguistiche, ad esempio tramite gesti o immagini, se si considerano le metafore essere primariamente non tanto figure retoriche, quanto piuttosto strumenti concettuali, strutture tramite cui organizziamo e categorizziamo la realtà (Lakoff, 2008; Gallagher & Lindgren, 2015). Inoltre, nella teoria della metafora concettuale, le radici del pensiero metaforico sono individuabili nello strutturarsi dei processi di interazione con l’ambiente di cui facciamo esperienza. Tali interazioni contribuiscono a creare quelle strutture incorporate che
131 Elementi linguistici, iconico-visuali, audio, gestuali e spaziali (cfr. Neville 2015). 132 χ²(1, N = 174) = 5.812, p = .016, ϕ = -.183
133 χ²(1, N = 174) = 12.002, p = .001, ϕ = .263
134 Una versione ridotta di questo paragrafo è stata pubblicata in Contini & Manera (2019). 135 Si è fatto particolare riferimento alle metafore visuali.
81 mantengono la struttura degli image schemata, cioè le strutture basiche dell’esperienza senso- motoria che rendono possibile l’emergere del pensiero metaforico (Lakoff, 1990). Facendo riferimento a questo paradigma epistemologico è dunque possibile attribuire nuovi significati al gioco simbolico, uno dei primi contesti di apprendimento di cui i bambini fanno esperienza. La letteratura scientifica recente ha sostenuto l’idea che grazie alla teoria della metafora concettuale sia possibile comprendere alcuni aspetti del gioco simbolico (Rucinska, 2014). Questo particolare modalità ludica si caratterizza per il fatto che le azioni che lo determinano non hanno un effetto reale, ma sono appunto simboliche (Weisberg, 2015). Affinché il bambino, tramite il gioco simbolico, sviluppi la capacità di individuare in un oggetto finalità d’uso differenti rispetto a quelle abituali o previste, è necessario un processo di decentramento, un mutamento di prospettiva in termini rappresentativi (Currie, 2004). In questo senso è possibile considerare il gioco simbolico come un processo enattivo, basato sulla capacità dei bambini di individuare nuove finalità d’uso negli oggetti, ipotesi coerente con le teoria enattiva della cognizione, basate su un’estensione del concetto di attribuzione di significato a un più vasto ambito sociale (De Jaegher, 2007). All’interno di questa prospettiva epistemologica, la cognizione viene considerata alla stregua di un’azione incorporata (Hutto, 2015). Pertanto, l’esperienza è interpretata come un elemento fortemente interconnesso con i processi enattivi di attribuzione di significato, giocando così un ruolo centrale nei diversi processi cognitivi. Seguendo questa linea argomentativa, De Jaegher (2010) afferma che i processi partecipativi di costruzione di significato possono essere definiti elementi che coordinano quell’insieme di attività tramite cui nuovi domini di significato vengono generati. Facendo riferimento a questo paradigma e alla teoria sensomotoria della percezione (SMTP136) è dunque possibile sviluppare
un’ulteriore ipotesi interpretativa del gioco simbolico, che ne individua il nucleo da un lato nello sviluppo della capacità dei bambini di sviluppare e agire nuove possibilità d’uso negli oggetti non strutturati o d’uso quotidiano, dall’altro in quel processo di decentramento che rappresenta la base di ogni attività ludico-simbolica (Rucinska, 2014).
L’ipotesi che i bambini sviluppino una capacità percettiva legata in maniera specifica all’individuazione di nuove possibilità d’uso ci suggerisce un’interpretazione del gioco simbolico che ne individua un’attività diretta a elementi che non sono fisicamente presenti, grazie a un’azione che Currie e Ravenscroft (2002) hanno definito seeing-in. Quest’ipotesi trova peraltro sostegno nell’interpretazione fenomenologica dei processi percettivi, che individua processi di attribuzione di significato nel corso dei quali avviene un’espansione del fenomeno percettivo e delle possibilità d’uso percepite.
82 Facendo riferimento da un lato alla teoria della metafora concettuale eleaborata da Lakoff e Johnson, dall’altro alla concezione enattiva della metafora, è pertanto possibile offrire un nuovo sguardo sul gioco simbolico, letto come un processo di enazione basato sulla capacità dei bambini di percepire nuove possibilità d’uso negli oggetti, che operano così un’azione di decentramento in termini rappresentativi. Sostenere la produzione di processi metaforici in ambito prescolare si traduce, da un punto di vista didattico-pedagogico, nella predisposizione di contesti nei quali i bambini abbiano la possibilità di esplorare un’ampia varietà di materiali e agire liberamente processi interpretativi. Questo insieme di azioni può poi essere indirizzato dagli insegnanti verso la creazione di narrazioni intese, secondo il paradigma costruttivista, come processi di costruzione di significato fortemente in relazione con lo sviluppo di competenze sociali, emotive e cognitive (Bruner, 1991). In questo senso, nelle scuole dell’infanzia italiane che hanno partecipato al progetto sono stati predisposti contesti specifici per la realizzazione degli artefatti digitali.
All’interno di questi contesti specifici, i bambini avevano la possibilità di individuare nuove possibilità d’uso in oggetti d’uso quotidiano e non strutturati, elemento che ha spesso favorito processi di metaforizzazione che sono andati intrecciandosi all’ideazione della struttura narrativa e visuale delle storie. Tale processo è stato certamente favorito dall’utilizzo dalle tecnologie digitali, che nei contesti educativi possono essere utilizzate dagli insegnanti per predisporre ambienti immersivi in cui i bambini esplorano e sviluppano i loro immaginari (Gallagher, 2015). Se, come suggerito da Gibson (2010), si accetta di considerare l’esperienza percettiva come un processo attivo basato su un ampio numero di possibilità di interazione, possiamo reinterpretare le tecnologie digitali quali elementi necessari alla predisposizione di quei contesti che Kirsh (2013) ha definito enactive landscapes, facendo riferimento a strutture che offrono la possibilità di individuare nuove possibilità d’uso137 basate sugli interessi che un
particolare contesto suscita. L’individuazione delle affordances, nonché la conseguente messa in atto di tali possibilità caratterizzano il gioco simbolico, sono processi che possono contribuire a dar conto delle modalità tramite cui i bambini individuano possibilità d’uso inaspettate. Pertanto, contesti predisposti in modo da garantire accesso a materiali non strutturati e alla possibilità di esplorarli, reinterpretarli e inserirli all’interno di una struttura narrativa e visuale tramite l’utilizzo di tecnologie digitali offrono ai bambini la possibilità aumentare le loro competenze simboliche. Considerato il basso grado di consapevolezza metalinguistica attribuibile ai bambini di età prescolare, per poter considerare il processo di trasferimento del
137 Con possibilità d’uso non si intendono solo le proprietà che gli oggetti esprimono in termini d’utilizzo, ma
anche qualità relazionali: gli oggetti non strutturati, ad esempio, per non esprimendo possibilità d’uso immediate possono suggerire ai bambini nuove affordances qualora esplorati e manipolati.
83 dominio visivo e percettivo operato dai bambini come un processo di metaforizzazione è stato stabilito, come parametro, che i bambini avessero contezza dei nomi e delle finalità d’uso normalmente attribuite agli oggetti utilizzati per operare le metafore visuali inserite all’interno degli artefatti digitali.
Nel corso del progetto di ricerca varie narrazioni digitali sono state create partendo dall’esplorazione di oggetti quotidiani o non strutturati. Prendiamo a titolo d’esempio due storie realizzate. Nella prima storia138, nello svolgersi della fase di invenzione e costruzione della
trama narrativa, un gruppo di bambini139 decide di ambientare una scena in una palude. In uno dei dialoghi trascritti dai ricercatori, il gruppo di bambini si trova ad affrontare il problema di come rendere visivamente le paludi, così un bambino afferma che "le paludi sono nere" e "sono sempre buie". Un altro bambino interviene e propone di utilizzare, per rappresentarle, un tappeto nero presente in sezione. In questo episodio possiamo identificare alcuni elementi che ci paiono propedeutici a più complessi processi di produzione metaforica: non si tratta infatti ancora di vere e proprie metafore visive, ma appare rilevante il fatto che i bambini abbiano deciso di utilizzare un oggetto conosciuto per rappresentarne un altro sulla base di somiglianze tra di essi. Infatti, come messo in luce dalla letteratura scientifica, i bambini di età prescolare tendono a categorizzare gli oggetti facendo riferimento a somiglianze percettive che si collocano a livelli superficiali, come il colore, la forma o la consistenza (Namy & Gentner, 2002). Concentrarsi sulle somiglianze che i bambini identificano su base percettiva può offrire la possibilità di passare da concettualizzazioni usuali a nuove possibilità (Van Weelden, Maes, Schilperoord, & Cozijn, 2011). Durante la creazione di una seconda storia digitale140, un gruppo di bambini141 ha deciso di utilizzare un pallina gialla che cadeva da un distributore di bottiglie
di acqua per narrare una scena in cui una navicella spaziale lancia una bomba di brodo su una parola colorata. La somiglianza identificata dai bambini del secondo esempio si basa sulla forma e sui colori. Per comprendere il significato complessivo veicolato dalla scena, il canale comunicativo visivo deve comunque essere integrato inevitabilmente al canale verbale. Come suggerito dalla letteratura di riferimento, il messaggio verbale di solito ha un ruolo di ancoraggio: le parole associate alle immagini, infatti, possono ridurre la polisemia dell'immagine stessa, limitando così l’ampiezza dei possibili significati attribuibili, ossia
138 Intitolata “Un verme e un uccello incontrano nuovi amici”, realizzata dalla sezione dei 4-5 anni della scuola
dell’infanzia “La Ginestra” di Poviglio, parte della rete di Azienda servizi bassa reggiana.
139 Gruppo composto da 4 bambini, di cui 3 al terzo anno di scuola, 1 al suo secondo anno di frequenza, di cui 3
di lingua italiana, una di madre di lingua slava.
140 Intitolata “La città di brodo”, realizzata dalla sezione mista dei 4-5 anni della scuola dell’infanzia “La Ginestra”
di Poviglio, parte della rete di Azienda servizi bassa reggiana.
141 Gruppo composto da 4 bambini, tutti al loro terzo anno di scuola, di cui 3 di lingua italiana, una madrelingua
84 ponendo vincoli al processo di attribuzione di significati plausibili (Barthes, 1964). Per mostrare l'esplosione della bomba e la successiva caduta del brodo sulla città, un bambino di cinque anni propone di usare un gomitolo di lana gialla e di gettarlo da un tavolo mentre viene filmato. Prima di prendere tale decisione, il gruppo ha discusso altre possibili soluzioni con l'insegnante: "Potremmo fare il brodo con delle tempere gialle", dice Marisol. "Potremmo anche usare un oggetto rotondo, come un palloncino" risponde Luca. In questo processo possiamo osservare un aspetto che caratterizza l'elaborazione della metafora visiva: i bambini selezionano e confrontano oggetti appartenenti a domini concettuali diversi, sulla base di somiglianze esteriori, per esempio di colore o di forma. Dalle conversazioni, registrate dagli educatori e dagli insegnanti, sappiamo che i bambini coinvolti conoscevano i nomi degli oggetti in questione. Il fatto che abbiano usato degli oggetti conosciuti in modo inusuale per rappresentare un evento testimonia un autentico processo di metaforizzazione.
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