L'uomo spingeva un passeggino con dentro un bimbo, la donna gli camminava accanto. L'uomo aveva un aria pacioccona, sollecita, sorridente e lievemente imbarazzata, e sembrava pronto in qualsiasi momento a chinarsi verso il piccolo, a soffiargli il naso, a calmarlo se piangeva. Il viso della donna aveva un'espressione annoiata, distante, sussiegosa; a volte addirittura (inspiegabilmente) cattiva. Quello schema, Chantal lo vide riprodotto in diverse varianti: talvolta l'uomo camminava accanto alla donna spingendo il passeggino e al tempo stesso portando sulla schiena un bambino infilato in una specie di zaino; oppure camminava accanto alla donna spingendo il passeggino, con un bambino sulle spalle e un altro in un marsupio sulla pancia; o ancora, l'uomo camminava accanto alla donna, senza passeggino, ma tenendo un bambino per mano e portandone altri tre, rispettivamente sulla spalla, sulla pancia e sulla schiena. […] L'uomo [si è] trasformato in un albero di bambini160.
L'immagine del padre trasformato in un “albero di bambini” che lo scrittore Kundera mostra nel suo romanzo L'identità, appare emblematica per esprimere la trasformazione del padre nell'età contemporanea161. I maschi appaiono, per la
protagonista del romanzo, uomini «'papaizzati', non più dei padri, ma solamente dei papà, ossia dei padri cui manca l'autorità di un padre»162.
Recalcati, proponendo una riflessione sulla famiglia contemporanea, mostra come essa sia profondamente cambiata giungendo alle medesime conclusioni: il padre, e in generale i genitori, sono senza autorità. Essi appaiono sempre più restii a prendersi le loro responsabilità, sono simili ad adolescenti e non sono in grado di imporre la propria 160 Kundera Milan, op. cit., pp. 20-21
volontà ai figli, di limitarne i desideri attraverso il “No!” che imporrebbe l'educazione. Sempre più preoccupati di non essere odiati da loro che non di educarli, sembrano porsi nei loro confronti come amici, convinti forse di poter avere in questo modo un dialogo maggiore, rispetto a quello che loro stessi avevano con i propri genitori. Ciò che madri e padri di oggi sembrano voler evitare è il conflitto, ponendosi così non sopra i loro figli, ma accanto.
La famiglia dunque diviene scentrata, priva di nucleo: «bambini equivalenti ai genitori, madri alle figlie, padri ai figli»163. I genitori non maturano, forse preoccupati dall'idea
che una vita di padri/madri simile a quella dei loro genitori sia una privazione di vita, la fine della giovinezza – e ora il mito della giovinezza è imperante: o sei giovane o sei fuori dal mondo- la definitiva perdita del piacere a discapito del sacrificio.
In un paradossale capovolgimento, i figli divengono il fulcro della famiglia.
Tale inversione è in qualche modo spiegabile se si riflette sul ruolo che ha oggi una nascita: essa è un evento, come esprime in modo emblematico lo scrittore triestino Mauro Covacich, nel suo ultimo romanzo L'esperimento:
Il re deve riflessa quella protuberanza minacciosa nel vetro del banco, un ologramma sospeso tra i salumi e la vasca delle mozzarelle.[...] sulla sommità estrema dell'addome sporge, poco più scuro del resto, il fiocco venoso dell'ombelico. Mettergli paura vuole davvero questo? […] La donna vuole che chiunque la incontri capisca di che cosa è capace. Io ho fatto questo, io l'ho saputo fare. Come vedete, ci sono riuscita. Una volta le donna incinte indossavano i vestiti premaman, occultavano la loro metamorfosi, tentavano di presentarla nel modo più rassicurante: una seccatura a basso impatto ambientale. […] fare figli era fisiologico, anche i figli regali. Non era la vita, era una cosa che accadeva durante la vita, mentre si era alle prese con i suoi mille rivoli. Accadeva e basta, non c'era ragione di vantarsene. La natura approfittava degli esseri umani più distratti, di fatto la maggior parte, per produrre altri esseri umani. Di solito i bambini trasmetteva allegria e ricevevano amore, ma sempre mentre i mille rivoli continuavano a scorrere sopra e sotto di loro, spesso costringendo gli adulti a dimenticarli sullo sfondo. Oggi invece fare figli è un evento- talvolta prova di coraggio, talvolta gesto disperato, talvolta coronamento, ultimo obiettivo massimale del grande slam dell'esistenza-, comunque un evento straordinario164.
163 Recalcati Massimo, Cosa resta del Padre?, cit., p. 98
Il figlio in un certo senso “divino”, diviene il fulcro dell'intera famiglia determinandone le leggi in base alle proprie esigenze, invece che essere egli stesso sottomesso alla gerarchia familiare.
La famiglia pertanto appare mutata, tuttavia la funzione educativa rimane invariata. Come si è già visto, perché la vita si umanizzi l'individuo deve acquisire un senso, deve essere prelevato dall'indistinto dell'universo ed essere amato per la propria unicità. Una volta inserito in un legame familiare, deve venire a contatto con il limite e la diversità e prendere consapevolezza di quanto la propria identità dipenda dall'Altro. Alla base dell'umanizzazione e della maturazione vi è dunque una continua dialettica tra erranza e distacco, che deve essere garantita proprio dal legame familiare.
Appartenenza ed erranza definiscono due poli della soggettività umana, tendenza all'identificazione, all'appartenenza a una comunità, all'essere insieme, a radicarsi in una cultura di gruppo e tendenza al viaggio, a fare nuove esperienze, a realizzare la propria differenza, a separarsi, a desiderare un desiderio che sia proprio165.
Se da un lato pertanto i genitori devono amare e prendersi cura del figlio permettendo che si senta parte della famiglia, dall'altro devono consentire il distacco perché il figlio possa coltivare la propria individualità. Tale separazione può avvenire solo se all'interno del nucleo familiare vi è una distinzione, prima fra tutte la differenziazione generazionale. I genitori infatti se si pongono attraverso la loro diversità, possono insegnare ai figli a convivere con l'alterità e accettarla come fondamento della vita, riuscendo così a maturare. La presenza del padre, come più volte sottolineato, appare essenziale. Se un tempo egli poteva in qualche modo sostenere la propria funzione attraverso la presenza dell'autorità di Dio-Padre, come garante della funzione simbolica, ora non è più così. Dio non esiste più e il padre si ritrova a sostenere da solo tale compito. Se il figlio prima poteva contare su due padri, uno reale, che si occupava di lui, e l'altro metafisico a cui poteva rivolgersi attraverso la preghiera e a cui obbediva senza riserve, ora il bambino può fare affidamento su un solo padre, anzi, su nessuno poiché è il tempo, come afferma Lacan, “ dell'evaporazione del padre”.
cinematografica di Nanni Moretti, il quale, con una ironica preveggenza, ha messo in scena nel film “Habemus Papam” la rinuncia del papa al suo ruolo di pontefice e la definitiva scomparsa del Padre.