«Guidami, fino alla fine dei giorni» afferma Jack O'Brian, protagonista di The Tree of Life, rivolto a Dio. E proprio la fine del mondo è lo sfondo del romanzo di McCarthy, La strada. In un universo ormai devastato da un'imprecisata catastrofe, un uomo e suo figlio viaggiano con un carrello verso un'ipotetica terra promessa, in direzione sud, dove potersi riscaldare con i raggi di un sole ormai debole. La terra è arsa e deserta, ovunque imperversano incendi che bruciano gli alberi, il cielo è buio e non esiste 172 Recalcati Massimo, Cosa resta del padre? op. cit., p. 100. Un sistematico approfondimento della tematica è presente nel volume precedenti di Recalcati, L'uomo senza inconscio. Figure della nuova
clinica psicoanalitica, Milano, Raffaello Cortina, 2010
nient'altro che ceneri e morte, la terra è ormai «morta senza testamento»174. In questo
paesaggio plumbeo, la vita sta per estinguersi senza che vi sia speranza per il domani, perché «il dopo è già qui»175.
Lo sfondo del romanzo ricorda un'ambientazione post-apocalittica, a cui si allude esplicitamente in un passo: «La botola debolmente illuminata in mezzo al prato sembrava una tomba spalancata nel giorno del giudizio in qualche antico dipinto apocalittico»176.
Il primo angelo suonò la tromba […] la terza parte della terra fu arsa, la terza parte degli alberi fu bruciata, e venne incenerita tutta l'erba verdeggiante. Il quarto angelo suonò la tromba: si oscurarono un terzo delle stelle e il giorno perdette un terzo del suo splendore, come pure la notte. Il quinto angelo suonò la tromba: egli aprì il pozzo dell'abisso e dal pozzo salì un fumo, come il fumo di una grande fornace, tanto che il sole e l'aria furono oscurati per il fumo del pozzo [Ap. 8-9].
Nella più completa desolazione le giornate si susseguono tutte uguali -i due camminano, si procacciano il cibo, accendono il fuoco e si coprono dal freddo e dalla pioggia- se non per alcuni incontri con altri esseri umani che ormai testimoniano la fine della civiltà e di ogni valore positivo. I pochi superstiti, infatti, seguendo la regola del mors tua vita mea che la sopravvivenza impone, minacciano di morte, rubano, uccidono, schiavizzano e si cibano degli altri uomini. Le immagini spaventose di individui con la maschera antigas, o di uomini barbuti che trascinano schiavi in catene, di un bambino decapitato e sventrato che «anneri[sce] nella spiedo»177, di un «fregio di
teste umane»178 oppure di una serie di uomini incatenati che attendono in fila il loro
turno per essere mangiati, mostrano l'orrore che sembra pervadere questo mondo: coloro che sono sopravvissuti hanno perso la loro umanità.
Gli stessi protagonisti descritti dapprima come lebbrosi e mendicanti, sembrano perdere progressivamente il loro statuto umano divenendo simili ad animali179,
entrambi inoltre non hanno un nome, sono designati solamente con «he» e «the child» 174 McCarthy Cormac, La strada, Torino, Einaudi, 2007, p. 100
175 Ivi, p. 42 176 Ivi, p. 118 177 Ivi, p. 151 178 Ivi, p. 69
(lui e il figlio). Tale aspetto se da un lato mostra la mancanza di civiltà che caratterizza il mondo in cui vivono, dall'altro esprime il loro aspetto paradigmatico180. Il padre e il
figlio appaiono come due figure mitiche, gli unici appartenenti alla schiera dei «buoni», a provare ancora dei sentimenti, sebbene la sopravvivenza li costringa a non lasciarsi guidare dalla compassione. Per tale motivo il padre, nonostante continui a infondere speranza al figlio riguardo all'esistenza dei buoni, deve essere crudele con i nemici che incontrano: deve sparare all'uomo che minaccia di morte il figlio, deve rintracciare e minacciare quello che ha rubato loro il carrello contenente tutti i beni. Spesso è proprio contro questa contraddizione paterna- dichiarare di appartenere ai buoni ma non aiutare il prossimo- contro cui si scaglia il bambino, esprimendo il suo dissenso con lunghi silenzi, gesti muti e risposte brevi. Egli infatti vede l'altro come qualcuno da aiutare, per questo motivo cerca sempre di convincere il padre a prestare soccorso, ottenendo in cambio solamente il diniego. Il padre infatti è consapevole dei rischi nei quali possono incorrere, il suo unico scopo è quello di salvaguardare il figlio, pertanto è intenzionato a difenderlo a tutti i costi.
L'unico momento in cui il padre acconsente alla richiesta del bambino di aiutare un essere umano è quando i due, in uno dei loro incontri (il quarto di sette181), fanno la
conoscenza di un viandante novantenne, senza memoria, che afferma di chiamarsi Ely. Questo è l'unico nome che compare in tutta la narrazione, contrassegnata, come si è visto, dall'indefinitezza dei personaggi. Nella Bibbia [1, Re 17-19 e 2, Re 1-2] Elia resuscita il figlio di una vedova, sfida e vince altri profeti, invoca il Signore che gli risponde con del fuoco, fugge in un monte dove viene sfamato da un angelo e parla con dio, infine è rapito in cielo con un «carro di fuoco e cavalli di fuoco».
Nel romanzo Ely si presenta come profeta e vede nella figura del bambino un angelo, afferma che se fosse l'ultimo tra gli uomini chiederebbe di morire. Il riferimento pertanto appare evidente tuttavia nel romanzo vi è un'inversione, egli infatti proclama la morte di Dio e la fine di ogni speranza: «Non c'è nessun Dio e noi siamo i suoi 180 Luperini Romano, Ginzburg Alessandra, Cataldi Pietro, Cormac McCarthy, “La strada” (2006) in
«Allegoria», n. 63
181 Il numero può alludere a una simbologia cristiana, se si pensa che il penultimo incontro, poco prima che il padre venga ferito a una gamba, avviene con un ladro, come Cristo in croce, a cui allude il padre come si vedrà nel dettaglio più avanti. Le persone che padre e figlio incontrano sono rispettivamente un uomo ustionato, un uomo che li minaccia di morte, uomini che praticano il cannibalismo in uno scantinato di una villa, Ely, un ladro che ruba loro il carrello e un uomo armato
profeti»182.
Giunge perfino a negare la propria identità e ad esporre la propria diffidenza nel momento in cui il padre designa il figlio come l'ultimo degli dei.
Ormai certe cose me le sono lasciate alle spalle. Da anni. Dove gli uomini non riescono a vivere gli dei non se la cavano certo meglio. Vedrà. Stare soli è il minore dei mali. Quindi spero che quello che ha appena detto non sia vero, perché essere in viaggio con l'ultimo degli dei sarebbe terribile; spero proprio che non sia vero. Le cose andranno meglio quando non ci sarà più nessuno183.
Elia è anche il nome ebraico di Dio, evocato dal Cristo in croce, il quale implorando il padre, afferma «Elì, Elì, lamà sabactani» [Mt 27,46]. Pertanto le parole del vagabondo appaiono ancora più significative e dimostrano come lo sfondo del romanzo sia chiaramente un mondo senza Dio.