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Mickey, il “borko”

Un esempio ulteriore del coinvolgimento nell’economia sotterranea e nel ricorso alle capacità di un iwala è rappresentato dalle attività di Mickey, un giovane di 22 anni membro del MYC. Così come Semera, conobbi anche lui nel 2013, quando aveva solo 18 anni. Mickey era orfano di madre e a causa delle ristrettezze economiche di suo padre venne affidato alle cure di un orfanotrofio. Fin dall’infanzia la sua vita è stata segnata dal contatto continuo e costante con persone provenienti dal mondo Occidentale. L’orfanotrofio nel quale è cresciuto è ancora oggi presente a Mekelle e si tratta di un’istituzione nata dalla collaborazione fra enti pubblici etiopi e organizzazioni non governative tedesche. La presenza al suo interno di volontari e insegnanti provenienti dalla Germania e da altre nazioni europee ha fatto sì che il ragazzo apprendesse l’inglese, pur non avendo mai seguito corsi di lingua e avendo, al contempo, terminato i propri studi nelle scuole pubbliche al grade 10. Nel caso di Mickey, il contatto con individui occidentali è stato decisivo anche per quanto concerne il suo nome. Durante uno dei nostri primi incontri mi ha infatti raccontato che quello che in realtà è un soprannome gli è stato dato per la sua capacità di

illecito. Alla fine del film Jordan viene incarcerato, ma viene mostrato come attraverso la propria ricchezza il protagonista riesca a corrompere i suoi carcerieri riuscendo a passare il suo periodo di reclusione all’interno del carcere in uno stato di benessere e tranquillità. Ironicamente, il personaggio ammette di essere stato terrorizzato dall’andare in galera solo per

pochi minuti, prima di “ricordarsi” di essere ricco.

125 imitare il Moon Walk, il tipico passo di danza reso celebre da Michael Jackson. Le esibizioni della celeberrima pop star gli sono state mostrate per la prima volta proprio dai volontari occidentali dell’orfanotrofio, che lo hanno quindi rinominato col nome del cantante. Nel corso dei miei diversi soggiorni a Mekelle, il MYC è rimasto il punto di riferimento per Mickey: ancora durante il mio ultimo viaggio nel capoluogo tigrino riusciva infatti a sbarcare il lunario con lavori occasionali per conto del centro. Il ragazzo è una sorta di magazziniere e factotum del centro e molto spesso, inoltre, arrotondava le sue entrate facendo da guida turistiche a visitatori stranieri, sia che essi fossero operatori del MYC o semplici turisti, oltre che impiegati presso compagnie pubbliche e private oppure studiosi.

Fin dai tempi del nostro primo incontro, alcuni dei volontari occidentali del centro mi confidarono che avrei dovuto “stare attento” a Mickey, arrivando a definirlo un “imbroglione” e adducendo il fatto che fosse sua abitudine subissare i diversi volontari con richieste incessanti di denaro. La mia prima reazione fu quella di ignorare questi consigli, considerandoli come retoriche fastidiose e irritanti, considerato che arrivavano proprio dai volontari che, come proclamavano, erano lì per aiutare e seguire i giovani membri del centro. Una ragione ulteriore della mia irritazione era la consapevolezza delle misere condizioni nelle quali versava il ragazzo. In più di un’occasione visitai la sua abitazione, sita in Kebele 05, una delle zone periferiche della città. Mickey condivideva la casa col suo amico Abel, cresciuto insieme a lui nell’orfanotrofio e diventato allo stesso modo membro del MYC. I due vivevano in una minuscola casa di pietra pagando 200 birr67 al mese. Aveva un tetto in latta, senza finestre, con l’ingresso

riparato da un pezzo di lamiera utilizzato come porta a fungere da unico accesso d’aria e non pavimentata, grande appena da ospitare un solo lettino e un altro materasso poggiato in terra. All’interno poster di santi e alcune immagini dei giocatori della squadra inglese dell’Arsenal adornavano le pareti vuote. L’ambiente era illuminato dalla luce di un’unica lampadina e, oltre al letto e il materasso, le sole cose presenti nella misera abitazione erano un fornellino a carbone per cucinare, alcuni effetti personali tra cui diversi album di fotografie che li ritraevano da bambini assieme ai volontari dell’orfanotrofio e pochi

67 All’epoca del nostro primo incontro, 200 birr corrispondevano a circa 8 euro. Per un’idea sulla capacità

d’acquisto della somma nel contesto di Mekelle, si pensi che lo stipendio mensile di un insegnante pubblico o un impiegato di primo livello corrispondeva, nello stesso periodo, a circa 1300 birr. Lavori meno remunerativi invece, come nel caso delle giovani ragazze impiegate presso le sale da biliardo, prevedevano stipendi mensili di 500 birr.

126 indumenti malridotti, anch’essi a terra. L’aspetto in cui si presentava l’abitazione sembrava riflettere quello dei suoi affittuari: per tutto il periodo in cui rimanemmo in contatto gli vidi indossare quasi sempre gli stessi vestiti logori, consumati e sporchi, che si dividevano a seconda delle occasioni. Nel loro “guardaroba” figuravano anche quelli che sembrerebbero apparire come una costante delle persone meno agiate, dei sandali in plastica colorati acquistabili per pochi birr. Per queste ragioni, considerai i commenti dei volontari occidentali come assolutamente privi di senso, rendendomi conto che le richieste di denaro da parte di Mickey erano giustificate da evidenti condizioni di indigenza.

Essendo alla mia prima esperienza di campo e avendo la necessità di allargare la rete di interpreti che lavoravano per la MEITE, pensai di approfittare dell’ottima conoscenza dell’inglese di Mickey, illustrandogli il metodo di lavoro della Missione e proponendogli quindi di lavorare con me e Silvia Cirillo, anche lei alla sua prima esperienza di campo in Etiopia. Un giorno ricevetti una sua chiamata nella quale mi disse della possibilità di intervistare un suo amico e mi diede così appuntamento per iniziare il lavoro. Ci incontrammo presso uno dei bar più noti del centro cittadino, un posto dove era possibile trovare dolci appena sfornati e gelati. Contrariamente alle indicazioni che gli avevo dato nei giorni precedenti, Mickey e il ragazzo che avremmo intervistato arrivarono insieme ad altri tre ragazzi, ai quali mi venne consigliato dal mio interprete di giornata di offrire qualcosa da mangiare. Già prima di iniziare l’intervista iniziai a notare uno strano comportamento da parte dei presenti, che si scambiavano sorrisi e sguardi divertiti. Quello che però mi destava particolari sospetti era il fatto che il ragazzo che avremmo dovuto intervistare pronunciava saltuariamente parole in inglese. Mickey mi aveva infatti detto che parlava solo tigrino. Ad ogni modo, iniziammo l’intervista. Già durante le prime domande mi resi conto che il nostro intervistato sembrasse comprendere le mie domande ben prima che Mickey le traducesse. I miei dubbi svanirono del tutto grazie all’intervento, decisamente inaspettato, di un uccellino. Il piccolo animaletto era entrato nel bar e non riusciva più a trovare la via d’uscita, continuando a sbattere e picchiettare proprio contro il vetro della finestra accanto alla quale eravamo seduti. Deciso a liberare l’animale, che stava evidentemente distraendo il nostro ospite, aprii improvvisamente la finestra, facendolo uscire. Fu in quel momento che il ragazzo che stavamo intervistando tradì quanto mi era stato detto da Mickey, esclamando

127 in un inglese perfetto: «Finally! Now he is really free as a bird!». Decisi di non farne parola con Mickey ma dopo un’ultima domanda mi sbrigai a chiudere la nostra intervista e a prendere congedo dal gruppo. Dopo quanto accaduto non mi rivolsi più a Mickey per farmi fare da interprete ma continuai a frequentarlo.

Oltre alle attività presso il MYC, sia Mickey che il suo amico Abel frequentavano dei corsi di meccanica per automobili presso uno dei maggiori college privati di Mekelle, sperando di poter in questo modo trovare lavoro in un campo, mi dicevano, con ottime possibilità di remunerazione. Quando gli chiesi come facessero a pagare la retta dell’istituto dove studiavano mi spiegarono che entrambi avevano ricevuto uno sponsor da alcuni volontari del centro, coi quali avevano instaurato un rapporto di amicizia (cfr. cap. II). Si erano infatti rivolti a loro facendosi inviare il denaro necessario a pagare interamente la loro iscrizione ai corsi di studio. La richiesta di un aiuto economico a membri del centro, però, non era limitato a questo episodio. Entrando, nei mesi successivi, più in confidenza con Mickey, questi mi raccontò di come, quasi sempre adducendo la necessità di dover pagare per la propria istruzione, fosse una cosa ormai abituale per entrambi contare sull’invio di denaro da parte degli stranieri che avevano conosciuto a Mekelle. Mickey mi raccontò apertamente delle volte in cui riuscì a farsi inviare soldi nonostante non servissero a pagare il suo percorso di studi, come invece aveva detto ai suoi mecenati, parlandomi di quanto, pur conscio del fatto di mentirgli, avesse bisogno di quel denaro per sostenere le sue spese quotidiane.

Quando tornai a Mekelle nel 2016 incontrai nuovamente Mickey al Mekelle Youth Center nei primi giorni di settembre. Aveva da poco compiuto 22 anni e rispetto all’ultima volta in cui ci eravamo visti, risalente a due anni e mezzo prima, aveva una nuova acconciatura in stile rasta, come lui stesso la definiva, con i capelli rasati nella nuca e nei lati e dei lunghi dread sulla testa. Mi raccontò che rispetto al nostro ultimo incontro aveva completato la sua istruzione come meccanico per automobili ma non era ancora riuscito ad ottenere un impiego nel settore, a causa, sosteneva, della sua mancanza di esperienza. Mi raccontò anche di vivere ancora nella casa che avevo visitato anni prima e che, sostanzialmente, poco era cambiato dal nostro ultimo incontro. Era mattino presto e il centro era ancora vuoto. Era stato

128 proprio Mickey ad aprire i cancelli, e prima che io arrivassi era seduto all’ombra su uno dei tavolini esterni, impegnato a redigere una lista dei suoi buoni propositi per il nuovo anno che sarebbe iniziato pochi giorni dopo. Aveva iniziato a scrivere pochi minuti prima, e sul foglio c’erano solo due punti. Il primo recitava solo la scritta, in inglese, “Holy Water”. Mickey mi spiegò quindi della sua volontà, per l’inizio del nuovo anno, di recarsi presso una fonte di acqua santa, in tigrino may c’elot68: «Per il novo anno devo lavare via i miei peccati. Quest’anno voglio sciacquare i miei peccati, il mio passato, e ricominciare un anno nuovo, un anno migliore». Il

secondo punto, invece, recitava “New home, new Life”. Mickey mi disse che continuava a vivere nella vecchia casa che avevo già conosciuto ma di avere la volontà di trasferirsi in una casa che fosse più vicina al centro, ma soprattutto della sua volontà di cambiare la proprie attitudini: «Col nuovo anno voglio cambiare

casa e voglio cambiare anch’io. Voglio essere più saggio, voglio essere più onesto. In passato ho detto tante bugie, ma ora basta! Devo smetterla e trattare tutti bene». Passarono solo pochi minuti dopo che ci salutammo e incontrai,

proprio alle spalle del centro, il suo amico Abel che stava per raggiungerlo. Proprio al contrario di quanto mi aveva detto Mickey pochi minuti prima, i due non vivevano più insieme nella casa che avevo visto anni prima ma si erano sistemati, ognuno per sé, in un condominio poco distante dal MYC.

Durante una ulteriore occasione trascorsi qualche ora presso il Mekelle Youth Center, parlando con Jon, il direttore, e vecchi amici che avevo conosciuto anni prima, fra cui lo stesso Mickey. Fu proprio lui a farmi fare un giro sui campi da gioco che erano stati da poco rinnovati. Quando arrivammo al campetto di cemento per il basket Mickey mi presentò il nuovo allenatore, altissimo ragazzo di Mekelle che, dopo le presentazioni in lingua tigrina, indicò il mio amico esclamando: «Borko!», provocando l’ilarità dei presenti e la reazione stizzita di Mickey che, rispondendogli in tigrino, inveì contro l’allenatore facendo poi il gesto di star zitto. Quando gli domandai cosa volesse dire quella parola, Mickey rispose imbarazzato

68 «Le may’celot sono sorgenti alle quali la comunità attribuisce un potere terapeutico. Normalmente diventano

luoghi di culto e di cura in seguito a sogni rivelatori che indicano la presenza di una sorgente sotterranea o nascosta. Le fonti prendono il nome da figure della religione ortodossa a cui i malati si rivolgono per ottenere la grazia, come i Santi o la Vergine Maria, e in molti casi accanto ad esse viene costruita una chiesa dedicata alla stessa figura da cui la fonte prende il nome. Le persone vi si recano per compiere abluzioni rituali, solitamente accompagnate da preghiere, ingerire l’acqua o cospargere i propri corpi con il fango che si trova in prossimità delle sorgenti. Possono accamparsi in prossimità delle sorgenti per tutta la durata del trattamento oppure raccogliere l’acqua santa in contenitori e bottiglie, per poi compierne un utilizzo terapeutico “domestico”. Le pratiche legate all’uso dell’acqua santa possono avere sia un potere preventivo, poiché proteggono dagli attacchi delle entità maligne, sia curativo, in caso di malattia, sventura, infertilità, e altro ancora» (Villanucci, 2014: 210-211).

129 che si riferiva al suo nuovo taglio di capelli e che avrebbe significato “rasta”. Naturalmente, subito dopo aver salutato Mickey telefonai in tutta fretta il mio fidato amico e interprete Afeworki, chiedendogli se conoscesse il termine. Afe scoppiò a ridere per poi rispondere semplicemente con «no money», aggiungendo la spiegazione che si trattasse di un modo offensivo per chiamare i vagabondi, i mendicanti, i senzatetto. Molto più importante, Afe aggiunse che una delle sue possibili traduzioni in amarico era proprio il termine “duruye”, di cui si è già detto nei paragrafi precedenti. Le stesse interpretazioni mi sono state fornite da tutti gli interlocutori a cui ho chiesto cosa volesse dire; spiegazioni sempre accompagnate da sorrisi e precisazioni sul fatto che fosse considerata una parola notevolmente offensiva. Pur non avendo potuto affrontare in l’argomento con il diretto interessato, ritengo che la battuta esclamata dall’allenatore di basket nei confronti di Mickey fosse scaturita proprio dal fatto di averlo visto in compagnia di uno straniero al quale, anche in quell’occasione, stava facendo da guida mostrandomi il centro e facendomi conoscere i nuovi membri.

Non fu l’unica occasione nella quale il comportamento di Mickey veniva giudicato in modo negativo, per quanto scherzosa potesse essere la battuta dell’allenatore. Durante un pomeriggio di ottobre, infatti, il mio telefono venne raggiunto da una chiamata di Mickey nella quale mi chiese di incontrarci presso un bar nei dintorni del MYC poiché aveva intenzione di presentarmi una ragazza. In quel momento mi trovavo in compagnia di Ogy, così gli chiesi di farmi compagnia invitandolo quindi a mangiare qualcosa al bar. Quando arrivammo, Mickey era già seduto a uno dei tavolini all’esterno del bar ed era in compagnia di una ragazza giovanissima di nome Ruta. Ruta disse di avere 22 anni, sebbene sembrasse mostrarne di meno. Si trattava di una ragazza bellissima, curata in ogni dettaglio e vestita in modo seducente. Ruta era infatti attentamente truccata, con del rossetto di un colore rosso scuro e ciglia lunghissime, al pari dei capelli che portava liscissimi, raccolti con uno chignon sulla testa e lasciati invece sciolti sulle spalle. Il busto era coperto da una maglia trasparente che lasciava trasparire una fascia reggiseno, portata insieme a un pantalone scuro attillato e delle scarpe col tacco. Al collo, invece, indossava un nastrino nero. Ruta ci raccontò, parlando un inglese eccellente, di essere nata a Mekelle ed essersi poi, in anni recenti, trasferita ad Addis Abeba dove disse di vivere in un appartamento di sua

130 proprietà. Ogy, col suo solito tono provocatorio, sorrideva sornione ogni volta che Ruta parlava della sua vita ad Addis, tanto da provocare la reazione stizzita della ragazza, che gli chiese i motivi delle sue risatine. Ogy si difese dicendo di ridere per alcune cose che stava leggendo sul suo cellulare. Mickey mi invitò a prendere il numero della ragazza, invitando entrambi a restare in contatto. Una volta congedati da Mickey ed Ruta, Ogy prese finalmente la parola:

Ogy: Hey man, da quanto tempo conosci quel tipo? Gianmarco: Da 3 anni.

Ogy: È una vergogna, amico. Certe cose non si fanno, amico! Quando conosci qualcuno da così tanto tempo non puoi trattarlo così. D’accordo, qui tutti truffiamo i forenji, ma non in questo modo. Quando le persone diventano amiche non puoi fregarle. Prendi me e te, dopo tre giorni eravamo già amici, e adesso non potrei mai imbrogliarti!

Gianmarco: A cosa ti riferisci?

Ogy: Avanti amico! L’hai vista quella? Quella è una sugar baby, amico! Hai sentito cosa ha detto? Ha detto di avere una casa, una macchina…ma lei lavora con questa [con le mani fa un gesto per indicare una vagina]!

Nelle parole di Ogy compariva ancora una volta una critica a quello che riteneva essere un comportamento scorretto, pur ammettendo che anche per lui quella di truffare gli stranieri fosse una pratica abituale, visto che tra me e Mickey c’era un rapporto di conoscenza reciproca che andava avanti già da diversi anni. La definizione di sugar baby che aveva attribuito a Ruta è stata al centro della ricerca di dottorato condotta a Mekelle da Desireé Adami. La studiosa ha infatti indagato sul fenomeno che vede queste giovani ragazze agire all’interno di ciò che definisce come “sesso transazionale”, i rapporti sessuali basati, cioè, sullo scambio di danaro o beni materiali69 (Adami, 2017: 285). La studiosa mette bene in

guardia dall’evitare di ridurre queste transazioni al rango di semplice prostituzione (ivi: 334-337), e spiega

69 La studiosa tende però a dimostrare che le risorse alle quali accedere tramite il sesso transazionale non sono

solo economiche o relazionali, ma anche che: «la risorsa cui mi riferisco non è prettamente monetaria, o meglio trascende l’aspetto puramente materiale associato al denaro per riconnettersi, piuttosto, al raggiungimento di quella “visione” che è l’elemento centrale di questa tesi, nonché delle preoccupazioni, delle speranze e dei microprocessi quotidiani delle giovani protagoniste» (Adami, 2017: 286). Anche il sesso transazionale sul quale si è contrata Desireé Adami viene considerato, quindi, un modo attraverso cui costruire il proprio futuro e superare le difficoltà quotidiane: «l’utilizzo del sesso con partner multipli per scopi transazionali fanno parte di una stessa economia morale in cui le giovani donne ricorrono alla sfera intima delle relazioni con l’altro sesso come mezzo di affermazione sociale, di costruzione di un sé moderno e rispettabile, e di acquisizione di potere, in un contesto socio-economico in profondo cambiamento. Da qui, l’interesse a concentrare la ricerca anche su coloro che, nel contesto locale, venivano etichettate con l’appellativo di “sugar baby”». (ivi: 289, corsivo dell’autrice).

131 anche come le relazioni fra queste ragazze e gli uomini che frequentano per ottenere benefici vengono spesso mediate da broker, ai quali vengono accordate forme di pagamento (ivi: 296). Pertanto, secondo quanto sostenuto da Ogy, Mickey avrebbe potuto volermi introdurre a Ruta con lo scopo, qualora tra me e la giovane ragazza si fosse instaurata una relazione, di ottenere la propria ricompensa.

Durante uno dei nostri ultimi incontri, avvenuto durante il mio ultimo soggiorno a Mekelle nel settembre del 2017, fu lo stesso Mickey a raccontarmi diversi particolari a proposito di Ruta. Mi raccontò infatti che la ragazza era tornata a vivere ad Addis, dove viveva insieme a un uomo cinese. Aggiunse inoltre che durante il periodo in cui la ragazza frequentò Mekelle, l’uomo in questione le inviò diverse volte grosse somme di denaro tramite servizio di money transfer. Ulteriore particolare, Mickey mi raccontò di come nello stesso periodo – circa un mese – Ruta si fosse trasferita a casa di un ingegnere francese, un uomo che il mio amico definì il suo “boyfriend”. Prima di salutarci, scambiai con Mickey qualche parola circa quelli che sarebbero stati gli impegni futuri di entrambi. Mi chiese se, una volta tornato in Italia e