La Regione del Tigray, di cui Mekelle è la capitale, si estende sull’altopiano etiope, con un’altitudine che spazia fra i 600 ed i 2700 metri, per superare i 3000 con i suoi rilievi montuosi. Essendo collocata all’estremo nord della Nazione, oltre a confinare con le regioni Afar e Amhara divide le proprie frontiere a ovest con il Sudan e a nord con l’Eritrea. L’area è principalmente arida, in quanto i corsi d’acqua che la attraversano, eccezion fatta per i fiumi Mareb e Tekeze, sono affluenti di scarsa entità e le precipitazioni si concentrano solo in brevi periodi dell’anno (Enciclopedia della geografia, 1996).
Sul piano politico, il Tigray è la storica roccaforte del TPLF, fortemente presente in tutti gli ambiti sociali, non solo attraverso gli eventi commemorativi, i monumenti celebrativi, una precisa forma iconografica che decora strade, negozi e abitazioni private ma anche perché la maggior parte dei ruoli principali nei quadri dell’amministrazione sono occupati da ex-militanti. In particolare, il ricordo della guerra di liberazione dal Derg e delle gesta dei freedom fighters impegnati nel conflitto è ancora particolarmente sentito ed esaltato fino ad essere mitizzato nei discorsi retorici. Come si è visto il TPLF è stato uno dei movimenti principali che ha guidato la rivoluzione; oltre a questo fattore, inoltre, la stessa provenienza tigrina di Meles Zenawi sembra ancora oggi essere considerata particolare fonte di orgoglio regionale. Secondo i dati forniti relativi al 2007 dalla Central Statistical Agency (CSA), il Tigray ha una popolazione totale di circa 4,4 milioni di abitanti, di cui si stima che l’80% abiti in zone rurali, mentre il restante 20% in zone urbane. La popolazione risulta molto omogenea sia dal punto di vista etnico che da quello religioso: il 96% degli abitanti della regione sono Tigrini, seguiti dalle minoranze degli Amhara, Irob e Afar. Sotto il profilo religioso, il 96% è di fede etiope ortodossa, il 4% musulmana, lo 0,4% cattolica (CSA 2008).
La maggiore attività produttiva è l’agricoltura, che si concentra sulla coltivazione di alcuni tipici cereali presenti nei paesi del Corno d’Africa, quali teff, grano, mais, sorgo, ma anche di legumi, tuberi, sesamo, lino, ortaggi e frutta. Assieme all’agricoltura, la pastorizia costituisce l’altro settore principale con l’allevamento di ovini e bovini, oltre che di pollame. Il settore produttivo, quello commerciale e quello dei servizi sono ancora poco sviluppati: la crescita industriale è inoltre legato alla nascita dell’Endowment
58 Fund for the Rehabilitation of Tigray (EFFORT), fondato con l’obiettivo di mobilitare e mettere insieme i capitali necessari per i grandi investimenti (Young, 1997).
Le aree urbane sono al giorno d’oggi caratterizzate da profondi interventi infrastrutturali che oltre a modificare l’aspetto delle città sta influendo molto sul tessuto sociale: l’introduzione del sistema capitalista e l’apertura all’economia di mercato avviata dopo la caduta del Derg ha condotto alla creazione di una borghesia imprenditoriale e commerciale, a cui restano però opposte le fasce meno abbienti della popolazione, ridotte ancora ai limiti dell’indigenza, delineando pertanto un contesto caratterizzato da una forte e profonda ineguaglianza sociale. Nelle zone rurali, dove risiede la maggior parte della popolazione tigrina, le condizioni sono decisamente più sfavorevoli: gli abitanti di queste aree vivono in villaggi poco estesi all’interno di vere e proprie capanne con muri a secco, tetti di paglia e prive di pavimentazione24.
Gli abitanti di queste aree vivono soprattutto di agricoltura, sebbene solo poco più del 40% dei caseggiati ha accesso all’acqua potabile (Welfare Monitoring Surveys 2004); tuttavia, il problema maggiore riguarda la carenza di terra: un vasto numero di contadini si ritrova privo di terreni di proprietà o con appezzamenti di piccole dimensioni poco adatti ad essere sfruttati (Young, 1997). L’aggravarsi di un processo di impoverimento, l’aumento della pressione demografica, prolungati periodi di carestie e siccità hanno alimentato un processo di emigrazione verso le città. Il governo regionale ha cercato di arginare questa tendenza favorendo gli investimenti proprio nelle zone più duramente segnate da situazioni di povertà: secondo Young (1997) la decisione di stabilire due importanti complessi industriali nei pressi di Adua e Adigrat, uno tessile e l’altro farmaceutico, risponderebbe proprio alla volontà di risollevare le sorti degli abitanti di queste aree segnate dai problemi appena evidenziati. Grazie a questi miglioramenti le condizioni sociali ed economiche di alcuni distretti sono andate migliorando, favorendo la creazione di posti di lavoro e la possibilità di impiego e di guadagno molte persone (ibidem).
24 Come accennato precedentemente, abbiamo avuto l’occasione di visitare molte zone del Tigray in compagnia
di un agronomo italiano, che proprio per il suo lavoro si recava spesso presso villaggi rurali segnati da una situazione di gravi difficoltà.
59 Al giorno d’oggi si può affermare che, in via generale, la Regione sta attraversando una fase di miglioramento che ha investito tutti i settori, da quello economico, a quello infrastrutturale e quello sociale; tuttavia, certamente ancora molto bisogna fare per colmare le gravi carenze del sistema.
Per quanto riguarda il livello amministrativo, il Tigray è suddiviso in sei diverse Zones, ognuna con una differente estensione territoriale. Una di esse corrisponde all’area urbana di Mekelle, la capitale della regione, che sorge nella sua parte meridionale ed è collocata in una zona montuosa che raggiunge circa i 2000 metri di altitudine. La città ospita circa 300mila abitanti (Mekelle City Administration, 2015), mostrando una continua tendenza all’accrescimento della popolazione. Secondo un’antica leggenda, il primo insediamento risalirebbe al periodo medievale, quando un monaco proveniente dall’area di Gheralta decise di insediarsi in questa zona per istruire alcuni suoi discepoli e avviarli all’attività religiosa (Lucchi, 2009).
La sua storia è legata a molte delle vicende che hanno segnato la lunga storia dell’Etiopia, in particolare a quelle che hanno riguardato le sue zone settentrionali: Yohannes IV la scelse come nuova capitale del Regno25, ergendola dunque a centro dell’attività politica; nel periodo coloniale fu inoltre
occupata per due volte dai soldati italiani, la prima per pochi mesi a cavallo tra il 1895 e il 1986, poi di nuovo nel 1935 durante l’occupazione fascista e, in seguito, nel periodo post coloniale, fu in mano ai ribelli durante un’insurrezione (in tigrino “Woyane”, nome con cui è divenuta nota) nel 1943, condotta sfruttando proprio le armi lasciate dagli italiani e repressa dalla Gran Bretagna con pesanti bombardamenti aerei (Zewde, 2001). Successivamente fu flagellata da carestie dalle conseguenze tragiche, tra le quali la più devastante fu quella del 1984-85, responsabile di un vero e proprio esodo tra gli abitanti delle zone rurali, le più colpite, che raggiunsero il capoluogo per usufruire del ricovero fornito dai campi profughi allestiti in città; da lì a poco, nel 1989 venne conquistata dalle truppe del TPLF, vedendo incrementare il proprio peso politico in virtù della presa del potere da parte dell’EPRDF e infine, negli anni più recenti, ha subito i devastanti effetti del conflitto scoppiato a ridosso del nuovo millennio tra Etiopia ed Eritrea, nel corso del quale è stata pesantemente bombardata.
60 Dal 1991, l’anno della caduta del regime militare del DERG, la città ha assunto un peso sempre maggiore, diventando una delle città principali del Paese: in città sono presenti le sedi centrali del Governo Regionale del Tigray, e della regione è anche il cuore economico e strategico: proprio per la sua vicinanza con l’Eritrea, infatti, è diventato anche un importante avamposto militare. Al giorno d’oggi Mekelle si configura come uno dei più sviluppati centri urbani del Tigray, sviluppandosi intorno a un vivace centro urbano che ospita alcune delle sedi principali degli enti governativi regionali, oltre che uffici pubblici e numerose filiali di importanti banche nazionali, tra cui l’imponente struttura della Commercial Bank of Etihiopia, nel cuore del centro cittadino. Oltre a queste istituzioni nelle strade del capoluogo, spesso pavimentate con ciottoli, sono presenti un infinito numero di negozi, piccoli supermercati, botteghe di orafi e sarti, call center, internet point e soprattutto ristoranti e bar che brulicano a tutte le ore di visitatori. Assieme a questi piccoli esercizi commerciali sono presenti diverse aree che ospitano mercati di dimensioni notevoli, da quelli ubicati nelle zone centrali a vocazione spiccatamente alimentare a quelli del legname e degli animali posti in aree più periferiche. Non si pensi, tuttavia, che queste zone più remote siano prive dell’effervescenza che caratterizza il centro: anche qui sono disseminati piccoli negozietti, spesso corrispondenti agli ingressi di abitazioni private, e sono presenti grandi infrastrutture come ospedali o, ad esempio, il palazzo della Municipalità. La maggior parte della rete stradale è inoltre costituita da strade asfaltate, sulle quali si muove un’incessante via vai di veicoli: sebbene siano ancora poche, rispetto alla popolazione residente, le vetture private, una fitta rete di piccoli ape car di importazione indiana denominati bajaj e minibus garantisce un rapido collegamento a tutte le zone della città. La presenza di tutti questi servizi, ai quali va aggiunta quella della Mekelle University, considerata da molti dei miei interlocutori come la seconda istituzione universitaria del Paese in quanto a importanza, seconda solo a quella di Addis Abeba, e quella di ulteriori istituti scolastici sia pubblici che privati, fanno del capoluogo tigrino un vero e proprio polo d’attrazione per molti individui e intere famiglie che vi si trasferiscono nella speranza di ottenere maggiori e migliori possibilità.
61 Sul piano sociale la crescita economica e infrastrutturale della città ha condotto alla creazione e all’affermazione di alcune élites urbane26, come quelle borghesi imprenditoriali e commerciali o del ceto
impiegatizio, ma anche all’inasprimento delle diseguaglianze: agli strati benestanti fanno da contraltare le classi dei meno abbienti, presenti ancora in vasto numero. Esistono ancora sacche di povertà e marginalità assolute, che si evidenziano nella folta schiera di anziani ridotti ai limiti dell’indigenza, mendicanti, invalidi, bambini di strada e individui che vivono di elemosina conducendo le proprie esistenze in una condizione di miseria inaccettabile.
26 Nella sua tesi di dottorato, Emanuele Fantini descrive la formazione, post guerra di Liberazione, dello Stato
federale, paragonandolo al periodo del Termidoro francese e spiegando la nascita e il consolidamento della élite rivoluzionaria. Scrive lo studioso: «Analogamente al Termidoro francese (1794-1799), in questi paesi la rivoluzione viene istituzionalizzata attraverso il consolidamento di una élite rivoluzionaria in classe politica professionalizzata e la sua trasformazione in classe dominante grazie all’accumulazione primitiva di capitale resa possibile da un’ambigua inserzione nell’economia mondo» (Fantini, 2009: 24-25).
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