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Il microcredito come possibile parametro della qualità della vita Fatte le dovute e necessarie eccezioni nell’adattamento del microcredito ad un contesto

Microcredito e sostenibilità: un possibile parametro della qualità della vita

3 Il microcredito come possibile parametro della qualità della vita Fatte le dovute e necessarie eccezioni nell’adattamento del microcredito ad un contesto

globalmente più progredito, esso si presenta come strumento di inclusione sociale ed economica in grado di riconnettere e ricostruire la rete sociale, la comunità sociale e quel senso di appartenenza ad essa che manca nella società occidentale contemporanea. D’altra parte “dare credito” non significa soltanto prestare denaro ma anche “dare fiducia” a qualcuno, in modo che anche una semplice stretta di mano possa bastare a saldare un accordo [2].

Come descritto in altra sede, «il microcredito va ben oltre il mero meccanismo della

solidarietà perché mette nelle mani dei più deboli gli strumenti per poter emergere come individui dalla condizione di sottomissione implicata dall’aiuto solidaristico (che in realtà non aiuta nessuno se non la coscienza di chi si presta ad elargire le briciole). In generale, i paesi ricchi a causa della loro storica posizione di predominanza sui paesi poveri, considerano, o almeno lo hanno fatto in passato, l’istituto del microcredito come l’ulteriore opportunità di essere virtuosi e prestare un soccorso – non richiesto – ai poveri. Spesso tale aiuto si è poi tradotto empiricamente in mera beneficienza: il professore bengalese, ma soprattutto l'esperienza sul campo in tutto il mondo, ha dimostrato che fare beneficienza è dannoso per chi la riceve perché è come una catena che trattiene in condizioni di asservimento i beneficiati al loro benefattore; è una pratica che non consente il pieno sviluppo dell’autonomia individuale. La beneficienza quindi non può essere la soluzione alla povertà. Fare microcredito invece significa rimodellare

il sistema creditizio affinché esso possa avvicinarsi a quei clienti che non hanno garanzie reali ma hanno tante buone idee, voglia di fare e, ovviamente, bisogno di lavorare» [7].

I lavori che costituiscono il pregresso di questa riflessione [7, 8], riportano una serie di dati sulle attività di microcredito in essere in Italia e in Abruzzo. L’ipotesi di base vagliava gli effetti positivi del microcredito sui singoli e sulla collettività, derivanti dalla possibilità di sganciarsi dalle condizioni di difficoltà che costringe a chiedere assistenza. Di conseguenza, le attività messe in campo dai soggetti promotori ed erogatori di micro- prestiti, possono essere considerate, non solo socialmente inclusive ma veri e propri indicatori della qualità della vita di una collettività.

A titolo di esempio, si consideri l’esperienza di PerMicro SpA. Secondo quanto diffuso dalla società, attraverso il documento datato dicembre 2018, realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano e il gruppo di ricerca Tiresia [9] e incentrato sulla misurazione dell’impatto sociale del microcredito in Italia, si evince che, nel periodo compreso tra il 2009 e il 2016, sono stati erogati, a quasi 1900 imprese, oltre 27 milioni e 400 mila euro. 1813 gli imprenditori finanziati. Il 46% di questi ha dichiarato di aver migliorato la propria qualità della vita, il 79% ha soddisfatto il proprio bisogno e il 31% ha accresciuto le proprie competenze. I dati mostrano, inoltre, che dopo il finanziamento di PerMicro è possibile parlare di un miglioramento generale delle condizioni di vita di una comunità, in quanto si assiste alla generazione di posti di lavoro e al consolidamento occupazionale. In media, due imprese su tre hanno assunto una persona e ogni impresa che ha assunto, ha creato due posti di lavoro. Il 90% delle imprese finanziate sono ancora in attività. Un terzo degli imprenditori finora finanziati sono diventati soggetti finanziabili ed hanno avuto accesso al credito tramite canali tradizionali.

Alle famiglie sono stati erogati 11251 microcrediti per un totale di 55 milioni e 700 mila euro. Le persone effettivamente finanziate sono state 9844, donne per il 58%, immigrate nella quasi totalità dei casi. L’11% è rappresentato da donne di età inferiore a 35 anni. Grazie al finanziamento di PerMicro il 94% dei richiedenti il prestito, ha risolto i problemi familiari per cui avevano fatto richiesta. In generale, oltre ad aver migliorato il proprio rapporto con le banche, si registra una significativa riduzione del tasso di povertà e un aumento dell’inclusione socio-economica. Il 29% dei clienti dichiara, grazie al microcredito, di non vivere più in condizioni di “grave deprivazione materiale” e il 2,61% dichiara di non vivere più sotto la soglia di povertà assoluta.

Le risultanze delle attività di PerMicro sono molto incoraggianti e rappresentano un punto a sostegno dell’ipotesi di una correlazione tra il numero di programmi di microcredito presenti in un territorio e il livello della qualità della vita ([10, 11]) intesa in termini di capabilities [12, 13].

«Per quanto riguarda il microcredito, si è lungamente detto della funzione inclusiva

di un efficace strumento di finanza etica, in grado di risollevare le sorti delle persone in difficoltà. La qualità della vita è qui intesa non come «buona combinazione di risorse materiali e non, di aspetti oggettivi e soggettivi, che caratterizzano la condizione umana» ma secondo la definizione di Amartya Sen e Martha Nussbaum, i quali, ripensando il concetto in termini di "accessibilità", hanno introdotto il termine di capabilities degli individui, cioè le loro capacità di scelta e azione. La loro nuova definizione di qualità della vita, oltrepassando i limiti del meramente economico, va a incardinarsi su tre pilastri: risorse a disposizione (having), possibilità di fare (functioning) e capacità di fare o trasformare in azione le possibilità che si hanno (capabilities).

Gli autori riconoscono che la qualità della vita è data da «condizioni oggettive che caratterizzano le condizioni di vita (sociali, economiche, istituzionali, relazionali) degli individui» ma insistono «sulle capacità che questi hanno o meno di accedere alle risorse

disponibili e trasformarle». Il benessere non può essere determinato né in termini di soddisfazione espressa dai soggetti né in termini di possesso di beni materiali ma è, secondo Sen, dato dalla libertà concessa di esprimersi ed agire. Il benessere di natura economica, pertanto, non corrisponde necessariamente a una condizione sociale e ambientale positiva dei cittadini» [7].

Tutto ciò considerato e alla luce di quanto riscontrato da PerMicro, la lettura in termini di possibilità di accesso e utilizzo mirato e consapevole delle risorse economiche, come sin qui illustrato, apre alla possibilità di annoverare il microcredito tra gli indicatori della qualità della vita: se il microcredito, anche in seguito alle novità legislative intervenute tra il 2012 e il 2015, attraverso un più semplice accesso al finanziamento e alla pratica del tutoring o mentoring, riesce nell’impresa di trasformare le risorse acquisite in pratiche sociali, culturali e professionali, raggiungendo la crescita socio-economica personale e collettiva, allora il miglioramento della qualità della vita di una comunità passa anche attraverso una sempre più ampia diffusione del microcredito.

Si ribadisce allora la possibilità di considerare la relazione tra il numero di pratiche di microcredito avviate – complessivamente da tutti gli operatori presenti su un dato territorio, raggruppati per tipologia di microcredito erogato – e la percentuale di persone in condizioni di povertà relativa su quel territorio (dato ricavabile dalle stime nazionali Istat) come indicatore valido per la misurazione della qualità della vita.

Riferimenti bibliografici

[1] Ferraguti D., Hunt K., Pellegrini F. (2014), L’identità del microcredito, in L. Brunori, E. Giovannetti, G. Guerzoni (a cura), Faremicrocredito.it. Lo sviluppo del

potenziale del microcredito attraverso il social business in Italia, Milano,

FrancoAngeli.

[2] Becchetti L. (2008), Il Microcredito, Bologna, Il Mulino.

[3] Ciravegna D., Limone A. (a cura) (2007), Otto modi di dire Microcredito, Bologna, Il Mulino.

[4] http://rivista.microcredito.gov.it/progetti/archivio-progetti/609-il-modello-dell-ente -nazionale-per-il-microcredito.html

[5] Yunus M, (2000), Il banchiere dei poveri, Feltrinelli Editore, Milano.

[6] Savini V. (2012), Microcredito e società. Da Grameen Bank alle esperienze

abruzzesi, Ce.R.I.S., Sant’Omero.

[7] Savini V. (2015), Microcredito e qualità della vita: una proposta di analisi, in Ratio Sociologica (ISSN: 2035-3871), n. 1/2015, Chieti.

[8] Savini V. (2016), Microcredit and quality of life: an analysis model, in Antonio Maturo et al. (Eds): Recent Trends in Social Systems: Quantitative Theories and

Quantitative Models, collana Studies in Systems Decision and Control, Springer,

Vol. 66.

[9] https://permicro.it/wp-content/uploads/2018/12/PerMicro_Impatto- Soc_ITA_dic18.pdf

[10] G. Nuvolati, (1998), La qualità della vita delle città: metodi e risultati delle ricerche

comparative, Milano, FrancoAngeli.

[11] G. Nuvolati, F. Maggino, (2012), Quality of life in Italy: research and reflections, Dordrecht, Springer.

[12] Sen A., Nussbaum M. (1993), The quality of life: a study prepared for the World

Institute for Development Economics Research of the United Nations University,

Oxford, Clarendon press.

[13] Becchetti L., Paganetto L. (2003), Finanza etica. Commercio equo e solidale, Donzelli Editore, Roma.