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Milano tra persistenze e avanzament

Per stare nel nostro tempo recente (il che non impedirà qualche recupero di storicità) proprio i Rapporti di Ambrosianeum ci offrono la possibilità di avvertire quanto, nell’arco di qualche decennio, Milano sia cambiata. Le prime edizioni degli anni ’90 sono emblematiche di uno stato di incertezza e di diffi coltà. Anzi proprio nel Rapporto iniziale Milano è defi nita città in bilico, tra stanchezza e una ancora persistente vitale operosità; tra sospet- toso barricarsi entro il proprio particolare e slanci di solidarietà; tra ambito

provinciale e respiro europeo. Uno spirito cittadino dunque ambivalente che torna nelle edizioni successive2, dove non mancano di volta in volta elementi di ottimismo e delusioni dichiarate.

Progressivamente, peraltro, a partire dagli inizi del nuovo secolo, cre- scono i segnali di riconoscimento delle trasformazioni positive in atto, ed anzi l’ultimo Rapporto pubblicato, del 2018, dal sottotitolo – Agenda 2040 – esprime una decisa apertura sul futuro: si guarda in avanti, ci si interroga su un percorso che procede lungo una road map impegnativa: “una Mila- no politecnica ed umanistica, glocale e condivisa, universitaria e turistica, attrattiva, competitiva, plurale e insieme inclusiva, solidale, libera, giusta, pacifi ca”... fi n “bella e vivibile per tutti”. È prospettare un sogno, con testi- monianze ormai oggetto di citazione, come il nuovo skyline cittadino cui corrisponde una rilegittimata autorevolezza di capitale morale ed economica del nostro Paese.

È alle spalle il ricordo, venato di nostalgia per le generazioni più anziane, della città industriale, con le sue certezze e insieme i confl itti legati al lavoro nelle grandi fabbriche così come la presenza di periferie dal modesto stile di vita, eppure dotate di un loro ordine sociale.

Non del tutto superate sono invece le esperienze che possono essere ri- comprese, per semplifi cazione, nella Milano post-industriale e post-moderna.

Alcuni esiti persistono, a partire dalla caduta di centralità del lavoro ai fi ni della regolazione sociale ma anche delle “carriere” di vita delle persone. Sono ricompresi in questi esiti sia la tendenziale polarizzazione, in termini occupazionali, tra professioni più qualifi cate e meno, sia la precarietà che si trasferisce dal lavoro alla vita e ai valori che le fanno da guida. Questa città resta liquida nei consumi che si sostituiscono alle posizioni occupazionali nel defi nire comportamenti e aspettative e che contribuiscono alla caduta di un “centro”, un chiaro nucleo culturale, per i singoli e per i gruppi sociali di appartenenza.

Piuttosto emergono periferie esistenziali che attraversano la città e sono oggi forse ancora più problematiche delle periferie territoriali che sono state all’origine di una dispersione della popolazione e dove non necessariamente i quartieri centrali, interni, sono stati oggetto di up grading; d’altra parte non tutti i quartieri disposti intorno la struttura urbana monocentrica risultano essere stati condannati necessariamente ad un processo di degrado.

2. È impossibile non ricordare chi ha contribuito a disegnare in modo determinante l’i- dea di questi Rapporti annuali “su Milano da Milano”, fi no alla sua scomparsa prematura: Eugenio Zucchetti, professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e per lungo tempo presidente dell’Azione Cattolica milanese.

Sotto questo profi lo, non a caso non si percepisce, o si percepisce meno rispetto ad altre realtà, il senso dell’abbandono che caratterizza altri centri urbani, complice apprezzato tra l’altro la presenza di azioni di solidarietà e condivisione che hanno le loro radici in una carità sociale ambrosiana che ha il merito, in più casi, di farsi istituzione.

Ma ancora oltre si è fatto strada, dai primi anni del nuovo millennio, un processo di resilienza che ha utilizzato le trasformazioni via via intervenu- te per metabolizzare alcuni dei principali problemi legati all’avvento post- industriale, mentre al tempo stesso presidiava la transizione verso i nuo- vi territori dell’innovazione: una forza propulsiva che ha investito la città passando dalla terziarizzazione avanzata all’industria 4.0, alle dotazioni di nuovi assetti fi nanziari.

Un evento aveva per più versi rappresentato la direzione che stava assu- mendo questa forza propulsiva: la divulgazione, nel 2005, dei risultati di un lavoro di ricerca realizzato dall’associazione Globus et Locus, per conto del- la Camera di Commercio di Milano, sul futuro della città «in una prospettiva glocale, oltre le sue dimensioni di territorio amministrativo e di spazio eco- nomico produttivo, nella ipotesi di una Milano plesso di nodi di reti inserito in un ambito globale»3.

La rappresentazione che ne esce è quella che sperimentiamo ormai nella quotidianità, nei punti di forza del suo sistema produttivo e sociale, nel di- segno urbanistico, nella sequenza di eventi che si succedono, come le tante iniziative fi eristiche.

Milano era e resta un importante mercato, luogo di scambio e interme- diazione, così come conserva il suo ruolo di centro di servizi avanzati per le imprese e area di indiscussa eccellenza tecnologico-scientifi ca, di ricerca e di formazione. Milano continua ad avvantaggiarsi di una posizione che la pone al centro di tre grandi direttrici: l’Europa continentale e settentrionale, l’Est europeo e il Mediterraneo.

Anche nella sua forma urbana sembra dilatarsi ben oltre i confi ni am- ministrativi, fi no a confi gurarsi come “città di città”: “città infi nita” è stato detto suggestivamente, ma più precisamente con i tratti tipici di una city

region.

Il senso più profondo di queste persistenze e avanzamenti sta però nella conferma articolata dell’ipotesi di lavoro prima accennata: l’essere cioè un nodo con una funzione di gateway, trainante rispetto agli spazi e alle funzio- ni coinvolte, luogo di scambio, di incontro, di interconnessione saldamente

3. P. Bassetti, Introduzione, in Aa.Vv., Milano nodo della rete globale. Un itinerario di analisi e proposte, Mondadori, Milano, 2005, p. 10.

inserito nella rete di fl ussi comunicativi e informativi, di persone e cose, che rendono Milano simile a sole altre nove città al mondo4.

Questa rifunzionalizzazione di Milano appare ormai in atto, il futuro del- la città è delineato così come il ricordato nuovo skyline. Tuttavia, non può essere dato come irreversibile perché le variabili in campo in un’economia aperta e competitiva in piena riorganizzazione sul piano geopolitico, eco- nomico e militare mettono in gioco i futuri assetti internazionali così come la qualità delle forze operanti sul piano locale e nazionale possono agire nel tempo da fattori di sostegno oppure di freno al libero esplicarsi del suo rinnovamento.

Appartiene a questo ordine di problemi in particolare il ritardo politico- istituzionale che non aiuta la costruzione della nuova Milano.