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Cifra di questi discorsi, però, non era tanto l'incapacità di percepire le implicazioni talassocratiche insite negli antagonismi che generarono il conflitto scaturito dai colpi di pistola sparati a Sarajevo, nel '14, contro l'arciduca Francesco Ferdonando d'Asburgo, erede al trono della duplice monarchia; bensì le difficoltà a declinarle in termini navali,

210 La guerra d'Italia..., cit, p 334.

211 Cfr a tal proposito, John J. Mearsheimer, La Logica di Potenza. L'America, le guerre, il controllo del mondo,

Università Bocconi Editore, Milano 2003 (edizione originale: The Tragedy of Great Powers Politics, W.W. Norton, 2001), p 186, che, attingendo alla miglior letteratura anglofona sull'argomento, così sintetizza: “”Ci si può fare un'idea dell'appetito italiano per le conquiste territoriali, considerando la quantità dei suoi obbiettivi nel corso degli otto decenni in cui fu una grande potenza.” Altrettanto interessante, dato il carattere compilativo e di sintesi dell'opera in questione e l'estrazione anglofona del suo autore, la scelta di elevare l'esercito a metonimia e sintesi delle capacità militari dell'intera nazione, all'interno di un rapporto inversamente proporzionale (storicamente fondato e pienamente condiviso) fra l'entità delle ambizioni espansionistico-egemoniche italiane e la reale consistenza degli strumenti a sua disposizione per concretizzarle.

affiancando all'onnipresente esercito anche la marina. Due esempi, nella loro inconciliabile etorogeneità, possono aiutarci a capire: la pericolasa vulnerabilità socio-economica attribuita ad un paese totalmente dipendente dalle importazioni, denunciata in sede parlamentare da Antonio Graziadei, e la declinazione geografica delle ambizioni espansionistico-egemoniche russe individuata da Concetto Pettinato.

Nel primo caso, presa la parola durante una seduta della Camera svoltasi nel marzo del '16, il deputato socialista avrebbe stigmatizzato la condizione di totale subordinazione geografico-strategica della penisola al monopolio britannico del Mediterraneo e dei traffci mercantili che vi si svolgevano:

L'Italia è come un promontorio, splendido di bellezze e di glorie, che si protende nel Mare Mediterraneo, cioè in un mare che può diventare chiuso, in quanto l'Inghilterra, grande e meravigliosa potenza politica e navale, ne possiede gli sbocchi da e per l'Atlantico, da e per l'Oceano Indiano. La grande abilità politica dell'Inghilterra non fa pesare molto sulla nostra coscienza nazionale una supremazia che in mano, per esempio allo stato germanico, lo riconosco subito, avrebbe già dato luogo a ben più gravi rammarichi; ma il fatto geografico resta inalterabile, e permane come minaccia, anche se affidata ad una Potenza che rispetta la misura. D'altra parte noi abbiamo bisogno di importare da lontano e per mare, a traverso gli sbocchi del Mediterraneo, dominati dall'Inghilterra, molte merci che ci sono assolutamente indispensabili […] Ora questa naturale inferiorità commerciale ed economica nostra, di fronte all'Inghilterra, si era aggravata fin dai primissimi mesi del conflitto europeo, perché, in seguito alla chiusura dei Dardanelli, c'erano stati interdetti i mercati della Russia e della Rumenia, che erano fondamentali pel nostro rifornimento granario. Mentre, prima della chiusura dei Dardanelli, potevamo, ad esempio, importare la massima parte del grano a noi necessario attraverso ad uno stretto interno non dominato direttamente dall'Inghilterra, dopo quella chiusura le nostre condizioni venivano notevolmente a peggiorare.213

Lo status di sudditanza così descritto era poi aggravato dalle inadeguate dimensioni della marina mercantile italiana (“enormemente inferiore ai bisogni di un rifornimento, che, per le merci accennate, non può farsi, purtroppo, se non per mare”) e dall'improvvida condotta del governo, che, condividendo l'infondata ipotesi di una guerra destinata a concludersi a breve grazie al determinante apporto italiano, non aveva provveduto a riutilizzare il naviglio mercantile requisito ad Austria-Ungheria e Germania, né si era assicurato un numero adeguato di contratti di noleggio ad un prezzo economicamente vantaggioso.214 Tutto questo accentuava la dipendenza italiana da Londra:

anzitutto per i mezzi di trasporto marittimi, perché, a parte la questione della chiusura dei Dardanelli e quindi dell'inutilizzazione dei mercati granari della Russia

213 Antonio Graziadei, Idealità socialiste e interessi nazionali nel conflitto mondiale. II edizione aumentata con nuovi scritti e riveduta dall'autore, Athenaeum, Roma 1918, pp 185-186.

e della Romania, scomparsa la marina mercantile germanica e austriaca, la marina mercantile inglese diventava per noi quasi l'esclusivo mezzo dei nostri rifornimenti; e poi per effetto dei prezzi, in quanto, col rincaro inevitabile delle merci e dei noli (ecco perché l'unico modo di evitare od attenuare gli inconvenienti era di comprare in tempo) doveva aumentare il nostro debito commerciale verso alcuni grandi paesi, come il Nord-America, ma specialmente verso l'Inghilterra.215

Fulcro dell'intervento citato non erano le capacità di proiezione sul mare del paese, bensì la pessima gestione della politica economica nazionale e le ripercussioni negative che essa avrebbe avuto sulle dinamiche di approvvigionamento granario; le riflessioni si estesero anche allo stato della marina mercantile, perché il paese era obbligato a colmare il

deficit di produzione, importando cereali dall'estero via mare. Sintomatica è comunque la

gamma di provvedimenti elencati dall'oratore per sopperire alla inadeguatezza denunciata: noli, requisizioni, ricorso a naviglio straniero. L'ipotesi di potenziare le capacità nautiche della penisola, incrementando qualità e dimensioni della sua flotta, invece, non compare.

Pur ammettendo un ragionamento dagli orizzonti cronologici estremamente ristretti, perché convinto di non poter far fronte agli impellenti bisogni alimentari della nazione elaborando piani a lunga scadenza, la volontà di denunciare le lacune e le mancanze ravvisate nella gestione di questo aspetto estremamente tecnico (e proprio per questo fondamentale) dell'economia di guerra, avrebbe quantomeno dovuto indurre Graziadei a condannare il disinteresse del governo per le condizioni di grave inferiorità in cui continuava ad essere mantenuta la marina mercantile nazionale. L'assenza di accenni alla necessità di contromisure di stampo cantieristico216 (produzione di nuove navi e loro

acquisto da paesi ancora non coinvolti nel conflitto) rappresenta, quindi, un'evidente stonatura rispetto alla triade di provvedimenti adottati da tutti i governi dell'Intesa, per far fronte alla minaccia rappresentata dal tentativo austro-tedesco di contrapporre al blocco navale alleato un controblocco attraverso il ricorso alla guerra sottomarina. Accanto all'adozione di convogli scortati (che, pur nella sua essenziale efficacia, non fu un provvedimento adottato immediatamente) e allo studio di congegni in grado, se non di prevenire, quanto meno di contrastare o ridurre gli effetti devastanti e deleterei dei siluramenti217 , gli avversari degli imperi centrali cercarono infatti di sopperire ai danni 215 Ivi, pp 188-189.

216 Per comprendere come la guerra navale sia stata in primis uno sforzo organizzativo-produttivo a livello di

ingegneria cantieristica, Cfr Marco Gemignani, I mas nel primo cconflitto mondiale, in: La guerra navale 1914-

1918, a cura di Achille Rastelli e Alessandro Massignani, Gino Rossato Editore, Valdagno (VI) 2002, pp 260 e

264; Cfr anche, Filippo Maria Paladini, Arsenale e Museo Storico Navale. Mare, lavoro e uso pubblico della storia, Il Poligrafo, Padova 2008, pp 71-72, che estremizzando, sottolinea come l'epopea dei Mas abbia rappresentato “soprattutto, se non soltanto, la fortuna di una società privata […], cioè la Società Veneziana Automobili Nautiche di Attilio Bisio”.

217 Cfr nell'ordine, AUSMM, RB, B 856, f 856/8 Ufficio Internazionale delle Invenzioni a Parigi, sf 1, Ministero

della Marina-Ufficio del Capo di Stato Maggiore-N° di protocollo 46244 del 09.06.1917-Oggetto: Protezione

delle navi contro i siluri e le mine, che dopo aver esaminato alcune memorie tecniche pervenute, stabilisce

“siano da escludere i sistemi che si fondino sullo impiego di apparecchi o di dispositivi esterni allo scafo, siano essi autogalleggianti o sostenuti da appositi mezzi dipendenti dalla nave, perché essi oltre ad

inferti alle loro capacità di approvvigionamento, promuovendo l'acquisto di nuovi nattanti

218 ed il varo di navi “insommergibili” (cioè costruite secondo logiche cantieristiche nuove,

che, accrescendo notevolemnete il numero delle paratie e dei compartimenti stagni al loro interno, avrebbero scongiurato l'allagamento di tutto lo scafo in caso di falle).219

In base alle parole sin qui pronunciate, dunque, un problema dettato dalla comprovata inferiorità dello strumento navale italiano (nella fattispecie della sua componente commerciale e mercantile) sembrava non poter esser risolto attraverso il semplice potenziamento dello strumento stesso. Ad escluderlo, però, non era il livello qualitativo altrettanto scadente dell'ingegneria cantieristica nostrana o le insufficienti

accrescere la resistenza al moto, paralizzano normalmente, e pure compromettono in caso di avaria, la manovra della nave stessa”; Ivi, sf 2, Ministero per le Armi e Munizioni-Ufficio Invenzioni-Ramo Marina-N° 169.596 del 14.10.1917-Oggetto: Circa invenzione del Sig. Brousseau, che esamina “una proposta […] relativa ad un apparecchio di protezione delle navi contro siluri e che sarebbe una aggiunta o modificazione ad altra precedente sulla quale la commissione per le invenzioni, che funzionava presso il Comitato per l'esame dei progetti di navi”. Cfr anche: Ivi, sf 1, Comitato per l'esame dei progetti di navi-Commissione per le invenzioni-Protocollo n° 1188 del 31.03.1917-Oggetto: Apparecchi fumogeni per la Marina, che informa di una “serie di esperimenti compiuti nella Marina francese su apparecchi destinati a produrre fumo denso e abbondante e sul loro impiego per nascondere le navi ai sommergibili che tentassero di attaccerle.”; Ivi, Regia Marina-Commissione Permanente Esp. Mat. Guerra-Ufficio Reparto T.- N. di protocollo 5139 del 24.08.1917-Soggetto: Proposta Duco relativa ad un tipo di granata per azioni contro sommergibili, che esamina la proposta “di un tipo di granata per la distruzione dei sommergibili”.

218 Cfr, nell'ordine: ACS, PCM, GE, B 107, f Costruzione di navi insommergibili ed idrovolanti. Intensificazione della lotta contro i sommergibili nemici, sf Costruzione di trasporti di guerra protetti (tipo Pugliese) per la Marina,

Ministero degli Affari Esteri-Telegramma in partenza N° 1729 (telegramma di Sonnino ad Orlando datato 20.04.1918), in cui il ministro informa il capo del governo “che, in seguito alle premure fattemi dal R. Ministero della Marina, ho già telegrafato al R. Ambasciatore in Washington circa la costruzione in America dei dieci trasporti da guerra tipo Pugliese, interessando nel contempo alla cosa anche l'Ambascaiata degli Stati Uniti”; Ivi, Ministero della Marina-Direzione Generale delle Costruzioni Navali-Divisione N. T.-N° di protocollo 3016 del 16.04.1918-Oggetto: Costruzione di trasporti di guerra protetti per la R. Marina (tipo

“Pugliese”), ove il ministro Millo comunica che, “secondo informazioni ora confermate dal nostro Addetto

Navale in Francia, il Governo Americano avrebbe accordato la costruzione in quei cantieri di 84000 tonnellate di navi ti tipo speciale sotto bandiera francese”; Ivi, Ufficio del Capo di Stato Maggiore della Marina-N° di protocollo 6966 del 24.03.1918-Oggetto: Costruzione di navi da carico, di guerra, con protezione

subacquea, da cui si apprende che lo scetticismo inglese verso le nuove ipotesi costruttive avessero suggerito

alle “Autorità Inglesi il concetto di rimediare alle perdite in tonnellaggio con la sola e semplice ricostruzione accelerata di navi senza alcun criterio di protezione subacquea”.

219 Cfr ACS, PCM, GE, B 107, f Costruzione di navi insommergibili ed idrovolanti. Intensificazione della lotta contro i sommergibili nemici, Il Presidente del Consiglio dei Ministri-Oggetto: Costruzione di navi insommergibili

(Minuta dattiloscritta con aggiunte e correzioni manoscritte di una lettera di Boselli a Sonnino datata 18.05.1917): “Il Capo di Stato Maggiore della R. Marina […], rilevando come tutti i mezzi finora escogitati per la difesa contro le mine ed i sommergibili non costituiscano che dei semplici palliativi di dubbia efficacia, fa presente come la unica soluzione razionale ed efficace del problema consista nell'adottare sistemi costruttivi che proteggano i priroscafi da carico contro l'esplosione dei siluri e delle mine. Nel medesimo tempo egli fa presente che il nostro Genio Navale sarebbe riuscito a trovare strutture capaci di resistere appunto agli attacchi anzidetti a perciò propone di invitare i Governi alleati a delegare persone tecniche ed autorevoli, possibilmente presenti in Italia, allo scopo di evitare perdite di tempo, per assistere ad esperienze che valgano a dimostrare l'efficacia dei provvedimenti proposti, affinché possa essere subito intrapresa la costruzione delle nuove navi insommergibili anche e specialmente da parted egli Stati Alleati”. Cfr anche: Ivi, sf Costruzione di trasporti di guerra protetti (tipo Pugliese) per la Marina, Ministero della Marina-Direzione

capacità produttive dell'industria siderurgica nazionale, bensì la scelta dell'oratore di non prendere in considerazione questa ipotesi risolutiva. Parossismo giustificabile solo postulando l'esistenza, nell'immaginario collettivo italiano, di una cronica refrattarietà ad una reale cultura navale e marittima.

Del resto, già, un promemoria dattiloscritto non firmato, rinvenuto fra le carte di Francesco Saverio Nitti, avrebbe stigmatizzato come controproducente questo modo di ragionare, perché, immemore delle “fulgide nostre tradizioni marinaresche che risalgono al medio evo, quando i traffici delle Repubbliche Italiane dominavano tutti i mercati orientali”, aveva impedito un reale e concreto sviluppo della marineria mercantile italiana, da oltre trentanni caratterizzata da un deficit di costruzioni navali divenuto oramai cronico.

Oggi, fra le grandi e piccole potenze, l'Italia è all'ultimo posto, dopo le perdite subite, per quantità e tonnellaggio di piroscafi […]. In un quarto di secolo, l'Italia non ha costruito od acquistato che centoquarantaquattro piroscafi da carico, cioè poco più di cinque all'anno, nel mentre la Germania, durante quel periodo, lavorava ad occupare il secondo posto tra le marine europee. […] Ora, data la scarsissima partecipazione dell'Italia alle costruzioni navali nell'ultimo trentennio, è giusto che le si impongano delle restrizioni atte ad uccidere le poche e coraggiose iniziative sorte qua e là a dimostrare che l'Italia delle gloriose tradizioni marine non è ancora morta? Si capirebbe, fino ad un certo punto, una imposizione del genere, quando fosse stato concesso all'Italia di concorrere con larga partecipazione alle costruzioni navali; ma la qualità di materiale per le costruzioni stesse che l'Intesa ha dato all'Italia, è minima di fronte a quello adoperato per le proprie costruzioni. Del resto basta un'occhiata nei nostri porti, per persuadersi che la bandiera italiana va giornalmente sparendo!220

L'estensore del documento avrebbe quindi stigmatizzato l'improvvida condotta adottata dal governo, inspiegabilmente incapace di intuire che “i trasporti sarebbero stati la base ed il fulcro della resistenza. Era chiaro che senza trasporti non si poteva approvvigionare e che senza navi non si potevano trasportare né il grano, né tutte le altre materie prime necessarie alla resistenza, eppure non si è saputo capire tutto ciò.”221

Al principio della guerra vi era sul mercato mondiale un grande numero di navi che si potevano acquistare a buon prezzo: […] con circa due miliardi si sarebbero potute acquistare molte navi e sollevare il paese da una crisi che ogni giorno si fa più grave; oggi non si può più acquistare […] perché i mercati mondiali sono chiusi. Specie al

Generale delle Costruzioni Navali-Divisione N. T.-N° di protocollo 3016 del 16.04.1918-Oggetto: Costruzione

di trasporti di guerra protetti per la R. Marina (tipo “Pugliese”), da cui si apprende che, per conto del governo

francese, nei cantieri navali statunitensi erano in corso di costruzione “navi trasporto con dislocamento di 10.400 Tonnellate […], aventi estesa organica protezione di semplice costruzione , tale che per offesa di siluro si evitano allagamenti delle stive centrali e dei locali dell'apparato motore, permettendo alla nave di continuare la navigazione coi propri mezzi, ed a viaggio ultimato di eseguire le occorrenti riparazioni con la possibilità di evitare l'uso del bacino.”

220 221

principio della guerra, […] ci voleva un coraggio e nello stesso tempo seguire un programma che mancava, occorreva acquistare navi pronte. L'Italia non ha comperato navi e non ne ha costruito; per i suoi bisogni ha dovuto noleggiarle e così continuare a dipendere dalla Marina estere, sia per l'importazione che per l'esportazione, non potendo così mai approfittare dei noli liberi che le avrebbero potuto permettere di rafforzarsi e di ricostrirsi.222

Chi scrive, in verità, sembra esser interessato soprattutto a perorare la causa e gli interessi (spece quelli di natura strettamente economica) di industriali ed armatori, legittimando questa sua azione intellettuale richiamandosi a specifici obblighi di natura contrattualista, che avrebbero imposto allo stato precisi limiti nell'esercizio del suo potere:

Quando lo stato dice al privato: se costruirete navi in questo periodo sarete esente da requisizione per un anno, fa un vero contratto legislativo; i privati hanno costruito, in quanto lo Stato ha loro promesso la esenzione ed altri vantaggi; quando lo Stato mutasse ed avviso, avrebbe promesso ciò che non pensava a mantenere, e allora nessuna convenzione pubblica avrebbe la sicurezza di essere eseguita. Lo Stato, quando, per esempio, promette alti prezzi di requisizione, da cui può venire incoraggiamento, ad acquisti ad alto prezzo di navi, crea una speranza che può anche essere delusa, perché non implica alcun impegno preciso, nel caso nostro invece vi è un impegno la sconfessione del quale per una norma elementare del nostro diritto, non può essere lasciata alla potestà di una parte. E a confermare il principio di diritto, sovvengono le ragioni che chiameremo di moralità politica, dovendo lo Stato dare ai Cittadini l'esempio del rispetto dei patti, restringendo nei giusti limiti il concetto d'imperio e non portandolo all'eccesso di potere, alla violenza legislativa.223

In sostanza ciò che veniva qui condannato come condotta destinata ad avere ripercussioni deleterie sulle future possibilità di sviluppo della marina mercantile e, con essa, sulle capacità del paese di proiettarsi sul mare, era l'introduzione, attraverso il meccanismo delle requisizioni, di un dirigismo di stato che, subordinando alle esigenze dell'economia di guerra il diritto dei singoli alla libera impresa, si sarebbe potuto rivelare controproducente, vanificando ogni prospettiva di accumulo di capitale:

Il Giappone ha costruito molto ed ha approfittato dei noli liberi e così pure la Norvegia e l'Olanda. L'Inghilterra al principio della guerra non ha voluto requisire tutte le navi; su tre ne requisiva appena due e così ha permesso ai vecchi armatori di fortificarsi approfittando dei noli. L'Italia invece ha subito requisito tutte le navi, ed il risultato di questa politica sarà che le altre Nazioni, finita la guerra si troveranno in

222 ACS, Archivio Francesco Saverio Nitti [d'ora in poi: Carte Nitti], B 14, f 29, sf 2, La marina mercantile italiana in relazione al fabbisogno di tonnellaggio per i nostri traffici (promemoria dattiloscritto anonimo e senza

data), pp 5-7.

buone condizioni, avendo costruita una flotta che sarà dopo un breve periodo tutta liberata e potranno così riconquistare il traffico del mondo presentandosi sui grandi mercati con una forte e potente flotta mercantile. Bisogna saper lasciar fare, bisogna proteggere le buone e serie iniziative, non bisogna dimostrare con provvedimenti fiscali e precipitosi, che è inutile voler fare, perché in tal modo non vi è costanza, non vi è serietà nel mantenimento in vigore di quelle leggi che hanno permesso di costruire sotto una certa protezione che ha dato i suoi frutti.224

In aggiunta a questo, l'ipotesi di una nuova legge, che avrebbe offerto contributi statali a quanti avessero investito nella produzione di naviglio mercantile, riservando, però, alle autorità competenti il diritto “di noleggiare a time charter le nuove unità per due anni”, aggiungendo ulteriori motivi di malcontento, avrebbe finito per affossare definitivamente il settore, perché, “con tale regime, non potendosi avere disponibili le navi per i primi due anni, nessuna più vorrà costruire”.225

Inoltre, il premio che il Governo concederebbe come super valore del costo sarebbe annullato perché quando esso restituirà le navi all'Armatore, il mercato dei noli sarà molto diminuito ed il traffico mondiale nel periodo dei due anni sarà stato tutto acquistato dalla Marina estera. Inoltre il vantaggio del premio che darebbe il Governo sarà paralizzato anche perché le Ferriere aumenteranno il prezzo delle lamiere e dei profilati e la siderurgia che vorrà essa pure usufruire di una parte del premio, aumenterà così il valore dell'acciaio. […] Anche se il Governo darà un forte premio agli Armatori, questi non saranno incitati a costruire delle navi perché il periodo di requisizione li spaventa per quell'apprensione che l'azione del Governo, a torto o a ragione, mette in generale negli industriali. Avverrà che coloro i quali vorranno acquistare navi non le faranno costruire in Italia; ma si rivolgeranno all'estero […] Se il Governo ha veramente in animo, il che non dubitiamo, di aiutare