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modalità di ascolto del minore alla luce del d.lgs

PARTE I: IL DIVORZIO

5. La tutela del minore nella crisi della famiglia

5.5 L'ascolto del minore alla luce della legge 219/2012

5.5.2 modalità di ascolto del minore alla luce del d.lgs

Il decreto emanato dal governo, inserisce nel codice civile una serie di norme che sono dirette a disciplinare in maniera unitaria, la procedura di ascolto del minore nei diversi procedimenti che lo riguardano. L'art. 336 bis afferma:

“il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, è ascoltato dal Presidente del Tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l'ascolto è in contrasto con l'interesse del minore, o manifestatamene superfluo, il giudice non procede all'adempimento, dandone atto con provvedimento motivato. L'ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il Pubblico Ministero sono ammessi a partecipare all'ascolto solo se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell'inizio dell'adempimento. Prima di procedere all'ascolto, il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto. Dell'adempimento è redatto processo verbale nel quale è descritto il contegno del minore, ovvero è effettuata registrazione audio video”

Come già ribadito più volte, il minore deve essere ascoltato in primo luogo in famiglia, in base alla prescrizione dell'art. 315 bis. I genitori devono considerare le opinioni del minore in relazione anche

all'opportunità di avviare un procedimento nel quale verrà coinvolto, sia che l'eventuale procedimento verrà avviato in proprio dai genitori, sia che venga attivato in quanto rappresentanti degli interessi del figlio189. Tali opinioni però possono avere un grado di incidenza differente sulle decisioni effettive da intraprendere nell'interesse di chi le ha espresse, vale a dire che possono essere individuate come non particolarmente rilevanti; tuttavia alcuna dottrina ritiene che le opinioni del minore possano assumere un peso importante tale da farle diventare decisive soprattutto quando il figlio minore dimostri una certa maturità in relazione ad alcuni argomenti, come scelte politiche, religiose, culturali, di studio, ecc...190

In secondo luogo il dovere di ascolto ricade su tutti coloro i quali hanno una forma di responsabilità nei confronti del minore stesso, fra cui gli operatori giuridici, ovvero dello Stato poiché il minore è soggetto vulnerabile191.

L'ascolto deve essere diretto su questioni che riguardano i figli minori ma è anche difficile cercare di definire in un quadro chiaro ed esaustivo quelle che sono dette questioni; in linea generale possiamo identificarle con le scelte relative all'attività scolastica, le frequentazioni e relazioni amicali, partecipazioni ad associazioni o utilizzo di sistemi informatici, ecc...

La norma in questione poi, fa riferimento ai provvedimenti che il giudice deve assumere nell'interesse del minore. Il giudice può avvalersi di mezzi di prova per intraprendere i provvedimenti richiesti su istanza di parte, oppure d'ufficio. Occorre qui fare una precisazione di carattere processuale. In primo luogo l'ascolto del minore non costituisce atto istruttorio e non è assimilabile ad alcun altro atto del

189M. Bianca, “Filiazione, Commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal

d.lgs 28 dicembre 2013, n. 154”, Giuffrè editore, 2014, pag 96.

190P. Virgadamo, “L'ascolto del minore in famiglia e nelle procedura che lo

riguardano”, cit. pag. 1657.

processo anche se l'ascolto è raccolto durante l'istruttoria ed aiuta a far comprendere al giudice il tema e le circostanze nella quali dovrà emanare il provvedimento, orientandolo nelle sue decisioni; in secondo luogo l'ascolto non può essere assimilato ad alcuno dei mezzi di prova tipici, infatti non può rientrare nella testimonianza dato che il minore non può essere considerato del tutto terzo nel processo di separazione o divorzio ed è quindi chiamato ad esprimersi principalmente su questioni che attengono alla sua sfera personale, e non può rientrare nell'interrogatorio libero perché non è agile definire se il minore sia o non sia parte del processo. Inoltre, sul profilo dell'efficacia l'ascolto ha un grado di cogenza maggiore rispetto alla testimonianza e ancor di più rispetto all'interrogatorio libero192.

Abbiamo visto che l'art. 336 bis, delinea in maniera analitica e generale, quale siano le modalità con cui il minore debba essere ascoltato e, in quanto generale, la norma è applicabile, quando compatibile, anche a procedimenti in cui l'ascolto è regolato da norme specifiche. La discussione si è incentrata su chi fosse il soggetto che dovesse procedere all'ascolto. La norma prevede che sia il Presidente del Tribunale o il giudice delegato con la possibilità di avvalersi di esperti ed ausiliari. In tale modo si risolve la problematica che si era creata con l'art. 155 sexies sulle modalità di ascolto diretto e indiretto:

per ascolto diretto intendiamo l'audizione da parte del giudice in udienza e, se necessario, alla presenza di un ausiliario esperto;

per ascolto indiretto intendiamo l'ascolto delegato direttamente all'ausiliario anche attraverso una consulenza tecnica d'ufficio193.

192F. Danovi, “Ascolto del minore nel processo civile”, op. loc. cit.

È stato osservato che che nel tribunale dei minorenni dovrebbe procedere all'ascolto il giudice onorario del collegio in quanto esperto di scienze umane, è invece da escludersi che l'ascolto possa essere delegato ad un rappresentante legale del minore che ne riferisca le opinioni, ciò perché è possibile che si configuri un conflitto di interessi e perché il rappresentante non ha le competenze a svolgere la funzione di ascoltatore194.

La disposizione in questione prosegue affermando che “I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il Pubblico Ministero sono ammessi a partecipare all'ascolto solo se autorizzati dal giudice”. È facile intuire la ratio di tale regola che è sicuramente diretta ad evitare che il minore possa subire dei condizionamenti durante l'ascolto, poiché potrebbe sentire delle pressioni oppure potrebbe dare dalle risposte che siano dirette ad evitare di deludere i genitori. Nel caso in cui il giudice non ammetta la presenza dei soggetti menzionati dall'articolo, non si può certamente dire che venga leso un loro diritto processuale, ne può dirsi violato il principio del contraddittorio195; infatti nel dettato si prescrive anche la possibilità di tali soggetti, di rivolgere al giudice delle domande o suggerimenti di argomenti che devono essere vagliati non ledendo quindi in tal maniera quello che è il loro diritto di difesa che si esercita in compatibilità con l'interesse del minore che, in tale caso, è un interesse a non essere turbato196.

d.lgs 28 dicembre 2013, n. 154”, op. loc. cit.

194Così P. Virgadamo, “L'ascolto del minore in famiglia e nelle procedura che lo

riguardano”, cit. pag. 1568.

195G. Dosi, “L'interesse del minore nella sua audizione”, in Min. Giust., 2011, pag. 167; F. Danovi, “Ascolto del minore nel processo civile”, cit. pag. 1534.

196Tuttavia occorre fare in tale caso una precisazione processuale. I soggetti indicati nella norma possono proporre domande al giudice ma è altrettanto vero che il giudice può degradarle a semplici sollecitazioni quando ritiene che quegli argomenti possano avere delle ripercussioni psicologiche sulla figura del minore. Tale facoltà ha dei risvolti anche sotto il profilo giurisdizionale poiché in talune situazioni potrebbero essere sollevate delle questioni inerenti alla mancata terzietà del giudice rispetto alla causa che sta trattando.

Nell'ambito dei giudizi civili, ad una prima lettura delle norme del 2012 e 2013 sembrerebbe che l'ascolto più che un diritto del minore sia più un potere del giudice. Infatti rimane confermato che il giudice “dispone” e non “può disporre” - rimarcando l'errore dell'abrogato 155

sexies - l'ascolto del minore e «deve quindi ritenersi che, salvo casi

eccezionali accompagnati da opportuna motivazione, egli debba necessariamente procedere all'adempimento»197, facedo pensare che si tratti non di un potere ma di un adempimento da parte del giudice, cioè un obbligo. Una parte della dottrina ritiene che il giudice non debba necessariamente e sempre procedere ad ascoltare il minore, escludendosi quindi in capo ad egli un potere incondizionato di procedere all'audizione198, argomentando che è lo stesso art. 336 bis, 1° comma, che individua una deroga all'ascolto, vale a dire quando lo stesso risulti “in contrasto con l'interesse del minore, o manifestatamene superfluo”. Diverse sono le ipotesi nelle quali si potrebbe delineare un contrasto con l'interesse del minore, ad esempio quando il minore abbia manifestatamente dichiarato di non voler partecipare al procedimento rifiutando l'ascolto, oppure ancora quando lo stesso versi in una condizione di particolare fragilità; invece è superfluo quando il minore sia stato già ascoltato nel processo stesso o in un processo diverso su questioni analoghe, o ancora quando l'oggetto del giudizio non coinvolga direttamente il minore199.

Sempre nel perseguimento dell'interesse del minore, l'ultimo comma prende in esame le modalità in senso stretto attraverso le quali è possibile ascoltare il minore, vale a dire attraverso la redazione di un verbale nel quale è individuato anche il contegno del minore e le sue

F. Danovi, “Ascolto del minore nel processo civile”, cit. pag. 1565.

197P. Virgadamo, “L'ascolto del minore in famiglia e nelle procedura che lo

riguardano”, op. loc. cit.

198F. Danovi, “Ascolto del minore nel processo civile”, op. loc. cit; F. Graziosi,

“Profili Processuali della l. n. 54 del 2006 cd. Sull'affidamento condiviso dei figli”, in Dir. di fam. e delle Pers., (Il), 2006, pag. 1865.

non-risposte che sicuramente possono essere espressione di una qualche forma di pensiero sull'argomento trattato; inoltre il minore può anche chiedere che vengano eliminate dal verbale delle sue affermazioni che ritiene di aver dato in maniera confidenziale. Il verbale può essere sostituito da sistemi audiovideo, tuttavia difficile è riuscire a configurare tale tipo di metodo ciò perché richiede un particolare impianto tecnologico e dispendio di tempo200.

Di particolare interesse è la previsione contenuta nell'art. 38 bis disp. att. c.c. che afferma:

“quando la salvaguardia del minore è assicurata con idonei mezzi tecnici, quali l'uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il Pubblico Ministero possono seguire l'ascolto del minore, in luogo diverso da quello in cui egli si trova, senza chiedere l'autorizzazione del giudice prevista dall'art. 336 bis, secondo comma, del codice civile”

capire quale sia il luogo più adatto per effettuare l'ascolto non è sempre agevole e per anni ci si è affidati alla prassi e a protocolli di intesa contenenti regole comportamentali per magistrati ed avvocati, con la finalità di garantire la piena tutela del minore stesso. Nel 2013, il legislatore ha previsto che solo il giudice o un suo ausiliario partecipano di diritto all'ascolto mentre gli altri soggetti possono parteciparvi solo dietro autorizzazione del giudice. A questo punto però notiamo che l'art. 38 bis disp. att. c.c da una immediata partecipazione a quei soggetti esclusi dal 336 bis – ribadendo se non con autorizzazione del giudice – ove siano assicurati “idonei mezzi tecnici” per la salvaguardia del minore: sicuramente la norma vuole riferirsi

200M. Bianca, “Filiazione, Commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal

alla prassi che si è sviluppata in alcuni Tribunali i quali si sono dotati nel tempo di vere e proprie “aule dell'ascolto” che si caratterizzano per la presenza di due locali, uno dove l'audizione si svolge in presenza dei soggetti che devono partecipare di diritto (giudice o suo ausiliario), e un altro locale nel quale stazionano gli altri soggetti che partecipano al procedimento201. Le due aule sono separate da uno specchio di modo che il minore non sappia chi lo sta ascoltando e quindi non possano essere influenzati i suoi pensieri. Da notare e che l'articolo in questione non individua i genitori tra i soggetti che possono partecipare all'ascolto immediato nelle prescritte modalità ciò perché “per il minore sapere che i genitori sono al di là del vetro può essere fonte di una notevole pressione psicologica” e la loro presenza “dovrà essere espressamente vagliata dal giudice ed appositamente autorizzata, solo quando tale presenza sia compatibile con l'equilibrato e sereno svolgimento dell'adempimento”202.

Dopo il dettato generico dell'art 336 bis su come debba configurarsi l'ascolto, il d.lgs 154/2013, che inserisce all'interno del c.c. gli artt. 337

bis e ss, fa riferimento ad un ascolto per il caso in cui il minore in

questione sia coinvolto nel caso specifico di separazione o divorzio. L'art. 337 bis sancisce:

“ in caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti 201Si è sviluppata negli anni l'esigenza di procedere correttamente all'acquisizione del punto di vista del figlio cercando si superare le criticità e i silenzi delle prime norme emanate in tema di ascolto. Per realizzare ciò il Consiglio Superiore della Magistratura ha organizzato negli anni, studi tecnici sul tema con la partecipazione di esperti psicologi ed avvocati e magistrati, per cercare di elaborare principi e prassi comuni per procedere all'ascolto del minore nei procedimenti giudiziari, cercando di garantire il rispetto e l'equilibrio del minore

e la sua piena tutela.

M. Bianca, “Filiazione, Commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal

d.lgs 28 dicembre 2013, n. 154”, op. loc. cit.

202Cit. M. Velletti, “Art. 38-bis. Disposizioni Attuazione codice civile: aule per

relativi ai figli nati fuori dal matrimonio si applicano le disposizioni del seguente capo”.

In realtà abbiamo già specificato che per ciò che riguarda l'ascolto del minore, trova applicazione l'art. 336 bis in quanto disposizione di carattere generale ed applicabile con unico limite della compatibilità. In particolare è necessario soffermarsi su alcuni aspetti dell'art. 337

octies:

“prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all'articolo 337 ter, il giudice può assumere ad istanza di parte o d'ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo tra i genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all'ascolto se in contrasto con l'interesse del minore o manifestatamene superfluo”

alla lettura dell'articolo comprendiamo quale sia la reale novità del dettato normativo, vale a dire che il giudice non procede all'ascolto del minore quando le parti (coniugi/genitori) abbiano raggiunto un accordo sulle condizioni di affidamento dei figli, ritenendolo in tale caso superfluo o in contrasto con l'interesse del minore stesso. L'inciso cristallizza un principio nella disciplina dei diritti dei minori, vale a dire che non dove procedersi all'ascolto come se fosse un qualsiasi altro tipo di atto processuale, quando ciò nuoce al superiore interesse del minore che è primario rispetto agli altri interessi in gioco,

ribadendo così la prescrizione dell'art. 336 bis203.

Ad oggi l'ascolto del minore riceve una apposita regolamentazione anche con riguardo alle procedure non conflittuali, come una separazione consensuale o un divorzio su domanda congiunta204. Il legislatore ha voluto che in tali casi espressamente indicati dall'articolo in questione, la regola fosse quella del “non ascolto” così come indicato anche nella relazione illustrativa di attuazione al decreto. La Ratio deve ricercarsi nella stessa definizione di ascolto diretto del minore: in primo luogo, come già abbiamo detto più volte, il minore deve essere ascoltato in famiglia e, quando i genitori siano in grado di raggiungere un accordo sulle condizioni di affidamento dei figli, procedere all'ascolto potrebbe essere sia contrario all'interesse dei minori sotto l'aspetto psicologico e sia superfluo in quanto il minore non potrebbe apportare elementi utili ai fini di un corretto giudizio205. Buona parte della dottrina ritiene inoltre che nelle ipotesi di omologa di un accordo, la regola di non procedere all'ascolto del minore evita che possano essere promosse contestazioni a provvedimenti di omologa contestando come unico vizio il mancato ascolto del minore, arrivando quindi a strumentalizzarlo206. Tale dottrina specifica ancora che l'audizione è manifestatamene superflua quando siamo davanti ad accordi tra i genitori che realizzano un affidamento condiviso che rispetti la bigenitorialità con un adeguato assetto economico sempre in relazione all'interesse del minore, poiché sarebbe come coinvolgere il minore in un “processo senza processo”207.

203M. Bianca, “Filiazione, Commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal

d.lgs 28 dicembre 2013, n. 154”, cit. pag. 185.

204L. Querzola, “Riforma della filiazione e processo: nuove sfumature delle

categoria giuridiche tradizionali”, in Dir. Proc. Civ., 2013, pag. 1050.

205M. Bianca, “Filiazione, Commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal

d.lgs 28 dicembre 2013, n. 154”, op. loc. cit.

206Così M. Velletti, “Art. 38-bis. Disposizioni Attuazione codice civile: aule per

l'ascolto del minore”, cit. pag. 139; P. Virgadamo, “L'ascolto del minore in famiglia e nelle procedura che lo riguardano”, cit. pag. 1660.

207L. Querzola, “Riforma della filiazione e processo: nuove sfumature delle

Tuttavia, altra parte della dottrina solleva delle diverse osservazioni ritenendo che “l'ascolto dovrebbe essere disposto, in linea di principio, anche nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo intervenuto tra i genitori in materia di affidamento”208 sostenendo che i tribunali devono effettuare un controllo sommario dell'accordo e, se questo è rispettoso dei principi e delle direttive di legge sulla responsabilità genitoriale, lo strumento dell'ascolto finisce per essere un'incombente di scarso rilievo ma, essendo l'ascolto diritto di cui gode il minore, la normativa non può essere interpretata alla lettera e che non può escludersi a priori un ascolto del minore nei provvedimenti di omologa. La soluzione prospettata da questa dottrina è una tipizzazione di possibili ipotesi in presenza delle quali non deve procedersi all'ascolto209. Su tale punti si afferma anche che la perplessità nasce dalla equivocità dell'espressione utilizzata nel dettato normativo, vale a dire la “non manifesta superfluità” in quanto l'ascolto rientrerebbe nei diritti del minore che è possibile limitare solo quando sia accertata l'effettiva contrarietà all'interesse del minore stesso. La domanda che sorge in tale caso è: come si fa ad accertare tale contrarietà se l'85% delle separazioni è consensuale e quasi il 70% dei divorzi congiunti?210

Tuttavia sul punto possiamo però affermare che in via generale il giudice non procede all'ascolto in presenza di una richiesta di omologa di un accordo quando l'accordo, ad una prima verifica, sia diretto alla soddisfazione dell'interesse della prole minorenne, caso contrario rifiuta l'omologazione. In tal caso il legislatore, appunto per la domanda sopra, ha precisato che non si procede all'ascolto davanti ad un accordo dei coniugi a meno che le circostanze del caso concreto

208In tal sesno F. Danovi, “Ascolto del minore nel processo civile”, cit. pag. 1600. 209F. Danovi, “Ascolto del minore nel processo civile”, cit. pag. 1601.

210Dato ISTAT del 2013 riportato da M. Bianca, “Filiazione, Commento al decreto

non lo richiedano. Il giudice deve sempre procedere all'ascolto del minore in presenza di una lite giudiziaria a meno che il minore non sia in tenera età e risulti privo della capacità di discernimento o, per le ragioni delineate in questo paragrafo, l'ascolto vada contro l'interesse del minore stesso creandogli un turbativa, anche di tipo psicologico211, in tale caso il mancato ascolto dovrà essere motivato nell'apposito provvedimento.

Infine, l'art. 337 octies ha introdotto una ulteriore novità, vale a dire che durante la crisi della famiglia si può disporre l'ascolto del minore in funzione delle decisioni che riguardano l'affidamento della prole minorenne. Dall'art. 337 octies si ricava che si può procedere all'ascolto del minore quando ciò sia utile ad intraprendere provvedimenti sull'affido. Tale novità è accolta in maniera positiva