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Il modello di responsabilizzazione finanziaria delle Regioni in materia sanitaria nel tentativo di mettere a pari gli orolog

2. Il modello dei Piani di rientro sanitari nella complessa evoluzione legislativa del Sistema sanitario nazionale

2.4. Il modello di responsabilizzazione finanziaria delle Regioni in materia sanitaria nel tentativo di mettere a pari gli orolog

dell’organizzazione e del finanziamento del Sistema sanitario regionale

La modalità di finanziamento del Sistema sanitario nazionale assume una particolare rilevanza in funzione dei Piani di rientro sanitari.

Le modifiche legislative adottate nel corso degli anni Novanta sono il segnale di un cambiamento forte dell’organizzazione dello Stato sociale italiano in un periodo di forte contrazione dell’economia e in presenza di un’inefficiente allocazione delle risorse.114 La revisione del sistema per quanto attiene la gestione delle risorse si è realizzata con l’adozione della legge delega n. 421 del 23 ottobre 1992 da cui sono scaturiti il d.lgs. n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993.115

I due decreti legislativi rappresentano l’introduzione in forma compiuta dei livelli delle prestazioni come ricerca di un punto di equilibrio tra le necessità di una corretta erogazione dell’assistenza sanitaria in attuazione dei principi sanciti dall’articolo 32 Cost. e le risorse disponibili.116

114 Per una verifica del trend di aumento della spesa sanitaria dagli anni sessanta

fino all’adozione dei decreti legislativi degli anni ’90 ed ha sostegno della necessità di questo intervento si veda D. CROCE, Per una nuova aziendalizzazione del servizio, in F. A. ROVERSI MONACO, C. BOTTARI (a cura di), La tutela della salute tra garanzie

degli utenti ed esigenze di bilancio, Maggioli, Milano, 2012, p. 11 ss.

115 Per questo si veda F. TARONI, Livelli essenziali di assistenza ipotesi «federali» e futuro

del servizio sanitario nazionale in R. BALDUZZI (a cura di), La sanità italiana tra livelli

essenziali di assistenza tutela della salute e progetto di “devolution”, op. cit., p. 339.

116 Art. 13, co. 1, d.lgs. n. 502 del 1992 «Le regioni fanno fronte con risorse

proprie agli effetti finanziari conseguenti all'erogazione di livelli di assistenza sanitaria superiori a quelli uniformi di cui all'articolo 1, all'adozione di modelli organizzativi diversi da quelli assunti come base per la determinazione del parametro capitario di finanziamento di cui al medesimo articolo 1, nonché agli eventuali disavanzi di gestione delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere con conseguente esonero di interventi finanziari da parte dello Stato». Per un’analisi delle differenze sul finanziamento prima e dopo i provvedimenti del 1992, cfr. M. BRANCA, L’evoluzione legislativa per la

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Quello che merita di essere messo in evidenza è che il d.lgs. n. 502 del 1992 ha modificato il criterio di finanziamento della spesa sanitaria regionale. I provvedimenti degli anni Novanta hanno perseguito l’obiettivo di contenere l’impiego delle risorse economiche prevedendo, tra l’altro, che le spese sostenute per erogare servizi ulteriori rispetto a quelli previsti dai livelli essenziali non sarebbero state rimborsate dallo Stato alle Regioni.117

Un ulteriore provvedimento di modifica del sistema di finanziamento del sistema sanitario si è avuto con l’adozione del d.lgs. n. 56 del 2000118 in forza della legge delega n. 133 del 1999. Questo può essere letto come la ricerca di mettere a pari gli orologi della storia, tentando di riportare sullo stesso piano l’evoluzione legislativa in tema di organizzazione sanitaria e le sue modalità di finanziamento. Un metodo perseguito attraverso il superamento dei trasferimenti statali e l’avvio di un sistema di finanziamento fondato sulla responsabilizzazione delle Regioni.

Le scelte legislative sono state dettate dalla volontà di ottenere una migliore organizzazione del servizio sanitario così da attuare il diritto costituzionale alla salute. 119

Il fallimento di alcune Regioni nell’organizzazione della sanità, pertanto, non può essere attribuito all’insieme delle disposizioni normative

razionalizzazione del servizio sanitario nazionale, in “Sanità pubblica e privata”, n. 1,

1999, p. 178.

117 Un’osservazione critica in senso di possibile modifica al d.lgs. n. 56 del 2000

viene da G. STORNAIUOLO, Il finanziamento di spesa in materia sanitaria: una proposta

di modifica del D.lgs. 56 del 2000 in applicazione dell’articolo 119 del Titolo V della Costituzione, in “Rivista economica del Mezzogiorno”, n. 1, 2005, p. 61 ss.

118 Per una lettura che permette di inquadrare le riforme nell’ottica di ricerca di

un miglioramento del sistema attuale si veda A. MATTIONI, Le quattro riforme della

sanità. Una lettura sinottica di snodi istituzionali fondamentali, in R. BALDUZZI, (a cura di) Trent’anni di Servizio sanitario nazionale. Un confronto interdisciplinare, op. cit. p. 263.

119 Sull’idea per cui sussista una conclamata incapacità di alcune regioni di

assicurare gli stessi livelli essenziali si segnala F. GRANDI, L’abbandono dei LEP alle Regioni: il caso dell’interruzione volontaria di gravidanza, in “Rivista A.I.C.”, 13 marzo

ma alla scarsa capacità di assumere le scelte migliori.120 L’esempio che, tra gli altri, mette in evidenza il fallimento degli strumenti previsti dalla legislazione può essere individuato nella valutazione dei dirigenti in ambito sanitario che non è sempre stato caratterizzato da un criterio di efficienza. Il tentativo di una svolta manageriale che è stata realizzata, prima con il d.lgs. n. 502 del 92 e poi confermata dal d.lgs. n. 229 del 99 ispirato al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, è stato spesso frustrato dall’interesse sul rapporto fiduciario tra il ceto politico e i nominati.121 Considerati questi elementi di criticità non si può però sottacere che lo scopo che si era posto il legislatore con l’aziendalizzazione è stato raggiunto e nel suo complesso l’impianto legislativo ha funzionato.122

In seguito alla riforma costituzionale del 2001, il legislatore è intervenuto in altre occasioni per modificare il sistema di finanziamento della sanità regionale al fine di superare le difficoltà esistenti.123

Tra questi interventi va segnalato il tentativo di riforma effettuato con la legge delega n. 42 del 2009. Un provvedimento che è stato ampiamento studiato per le aspettative che aveva generato in funzione di una più efficace applicazione dei principi costituzionali e nell’ottica di un rivisitato rapporto tra regionalismo forte e federalismo fiscale. Com’è noto uno dei decreti attuativi della legge delega ha riguardato proprio la materia

120 Sul punto la valutazione è di E. MENICHETTI, L’aziendalizzazione del servizio

sanitario nazionale: profili di organizzazione e della dirigenza in R.BALDUZZI, G. DI GASPARE (a cura di), L’aziendalizzazione nel d.lgs. 229 del 99, Giuffrè, Milano, 1999, pp. 44 ss.

121 Un provvedimento che però com’è stato evidenziato dalla dottrina si colloca

a pieno nel percorso intrapreso dalla legislazione sanitaria degli anni precedenti, cfr. C. DE FIORES, Federalismo fiscale e Costituzione. Note a margine della legge n.

42/2009, in Studi in onore di Vincenzo Atripaldi, Vol. I, Jovene, Napoli, 2010, p.

430 ss.

122 Cfr. R. BALDUZZI, I nemici distratti dell’aziendalizzazione, in “Il bisturi”, n. 6,

2006, p. 4 ss.

123 Sono da segnalare il d.l. n. 342 del 4 settembre 2001; la l. n. 448 del 28 dicembre

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della sanità, ci si riferisce al decreto n. 68 del 2011.124 L’intento delle norme contenute nel decreto era quello di responsabilizzare le Regioni attraverso un sistema che, secondo lo spirito del tempo, venne definito federalista, con un utilizzo, non pienamente corretto della locuzione “federalismo” avendo solamente il legislatore ordinario la possibilità di adottare una legislazione nella direzione di un regionalismo forte.125 L’articolo 27, del

124 Il d. lgs. n. 68 del 2011 affronta, tra l’altro, l’importante tema dei fabbisogni

standard nel settore sanitario. Questo è stato adottato in virtù della legge delega n. 42 del 2009, che all’articolo 2, comma 2, lettera m) ha previsto la necessità di superare il sistema della spesa storica in favore di un sistema di fabbisogno standard e di rispetto dei costi standard previsto. Si è prevista l’introduzione del fabbisogno standard nazionale della spesa sanitaria, da calcolare in rapporto alle esigenze economiche in rapporto al quadro macroeconomico complessivo. Il provvedimento ha confermato il sistema dei tre macro livelli di assistenza: collettiva, distrettuale ed ospedaliera ed ha introdotto il sistema del fabbisogno standard in riferimento alle esigenze sanitarie, introducendo le previsioni inerenti ai costi ed i fabbisogni standard nel settore sanitario. Il principio di costo standard è stato introdotto al fine d’individuare un costo unitario da applicare nei diversi territori. Questo rappresenta il costo da definire in rapporto al fabbisogno standard, rispetto cioè alle prestazioni ed ai servizi pubblici essenziali, in relazione ai fabbisogni da soddisfare, definiti essi stessi standard ed individuati al fine di garantirne l’erogazione su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza e appropriatezza di un quantum ideale e necessario per assicurare le prestazioni essenziali. Per quanto riguarda la distribuzione nei confronti delle Regioni, il sistema individuato dall’articolo 27 stabilisce il parametro di distribuzione: il primo compito da svolgere è quello di calcolare il costo medio pro capite delle prestazioni, questo viene fatto attraverso la media della prestazione all’interno delle Regioni virtuose, successivamente si procede al conteggio del fabbisogno nazionale moltiplicando il dato del costo medio ottenuto in precedenza per la popolazione presente in ciascuna Regione italiana. Sulla l. n. 42 del 2009, la sua attuazione e la sanità vedi E. JORIO, Verso il servizio sanitario federale, in La tutela

della salute tra garanzie degli utenti ed esigenze di bilancio, F.A. ROVERSI MONACO E CARLO BOTTARI, (a cura di), Rimini, Maggioli, 2012, pp. 23 ss. M. FOGLIA, L’approccio standard nell’ambito dell’attuazione del c.d. federalismo fiscale: tra autonomia, efficienza e tutela dei diritti e delle prestazioni essenziali, in Atti Convegno Annuale

Gruppo di Pisa, Trapani 8-9 giugno 2012, p. 12.

125 «Se “federalismo” significa poco, “federalismo fiscale” è un’espressione che

di per sé significa ancora meno», così R. BIN, Verso il «federalismo fiscale» o ritorno al

1865 ?, in “Le Regioni”, n. 4, 2010, pp. 721-726. Per una considerazione su ruolo

svolto dal decreto legislativo all’interno di un più ampio percorso teso alla razionalizzazione della spesa si veda G. CAVO, Il contenimento della spesa sanitaria

dalla regionalizzazione al d.lgs. 68 del 2011: un obiettivo raggiunto? in F.A. ROVERSI MONACO, C. BOTTARI (a cura di), La tutela della salute tra garanzie degli utenti ed

esigenze di bilancio, op. cit., p. 201 ss. S. BARTOLE, La Corte costituzionale chiude al

d.lgs. n. 68 del 2011, ha previsto che il fabbisogno nazionale sia determinato in relazione al quadro macroeconomico nel suo complesso dovendo altresì rispettare quelli che sono i vincoli della finanza pubblica. Il sistema prevede l’applicazione su tutto il territorio nazionale di costi e fabbisogni standard derivati dai valori delle Regioni prese in considerazione come riferimento.126 Il meccanismo, così descritto, è stato pensato nel tentativo di evitare che l’autonomia possa indurre a realizzare un aumento incontrollato della spesa senza che questo abbia un rapporto con le reali necessità di costo. L’intento perseguito dal d.lgs. n. 68 del 2011 è stato quello di rendere effettivo il sistema dei costi standard in rapporto al rispetto dei livelli essenziali di assistenza.127 Il provvedimento non ha dato i risultati auspicati, in quanto il meccanismo previsto non è stata attuato nel funzionamento della ripartizione delle risorse.128

Negli anni più recenti, il tentativo da parte del legislatore nella ricerca di un sistema teso a razionalizzare la spesa per migliorare l’erogazione dei

riflessione in ordine all’idea di Supremazia dello Stato in riferimento alla riforma del 2001.

126 In conformità a quanto previsto da suddetto articolo il Consiglio dei Ministri,

dell’11 dicembre 2012, ha individuato i criteri di qualità dei servizi. Le Regioni benchmark: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Umbria.

127 Per un’analisi critica sulla possibilità di garantire il rispetto dei livelli essenziali

attraverso la previsione del provvedimento si veda E. JORIO, Un primo esame del

d.lgs. n. 68/2011 sul federalismo regionale e provinciale, nonché sul finanziamento della sanità (cinque dubbi di costituzionalità), in “Federalismi”, n. 12, 2012. A. MANGIA, I Diritti

sociali tra esigibilità e provvista finanziaria, in E. CAVASINO, G. SCALA, G. VERDE (a cura di), I diritti sociali dal riconoscimento alla garanzia: il ruolo della giurisprudenza:

convegno annuale del Gruppo di Pisa, Trapani, 8-9 giugno 2012, Editoriale scientifica,

Napoli, 2013. L’autore prende in considerazione il d.lgs. n. 68 del 2011 valutandolo come la scelta di imboccare una strada intermedia rispetto al pieno finanziamento dei servizi volti a garantire i diritti sociali da parte delle Autonomie locali, sempre nell’ottica di considerare corretta la strada intrapresa dal legislatore di obbligare le Regioni a procurarsi le risorse necessarie sul territorio in caso di sforamento del fabbisogno programmato, attraverso uno strumento qual è quello dei Piani di rientro.

128 Così F. SPANDONARO, Dal superamento dell’emergenza sanitaria al risanamento, in

“Monitor”, n. 37, 2015, p. 42. Sulla questione dei costi standard si veda, M. BORDIGNON, N. DIRINDIN, Costo standard. Nome nuovo per vecchi metodi, reperibile in www.lavoce.info.it, 2010.

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servizi sanitari, si è concretizzato con l’adozione del d.l. n. 158 del 2012, convertito in legge n. 189 del 2012129 che contiene le previsioni finalizzate ad una razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse.130 L’intento del legislatore è stato quello di proseguire nella strada di una maggiore ottimizzazione dell’attività assistenziale e sanitaria in un quadro economico profondamento mutato.131 Una riforma che ha interessato aspetti fondamentali dell’organizzazione dei servizi sanitari erogati ai cittadini e che hanno una diretta conseguenza sulla voce di spesa delle Regioni. Tra gli aspetti che più sembrano venire in rilievo c’è da segnalare quelli dell’organizzazione dei servizi di cura primaria e la riorganizzazione della collaborazione professionale del medico appartenente al Ssn.132 Un altro importante aspetto attiene all’aggiornamento dei Lea che, come già

129 Ci si riferisce in particolare alle norme per la razionalizzazione dell’attività

assistenziale e sanitaria contenute nel Capo I del decreto: Riordino dell'assistenza territoriale e mobilità del personale delle aziende sanitarie (Art. 1); Esercizio dell’attività libero professionale intramuraria (Art 2); Dirigenza sanitaria e governo clinico (Art. 4); Disposizioni in materia di assunzioni del personale del Servizio sanitario nazionale e livelli di spesa (Art. 4 bis.); Disposizioni in materia di edilizia sanitaria, di controlli e prevenzione incendi nelle strutture sanitarie, nonché' di ospedali psichiatrici giudiziari (Art. 6); Misure finanziarie e patrimoniali a favore delle regioni (Art. 6 bis.)

130 Per una riflessione analitica sulle innovazioni introdotte dal d.l. n. 158 del 2012

tese al superamento di alcuni nodi critici nella gestione della sanità si veda L. DIMASI, La nuova sanità dopo la riforma Balduzzi. Spunti di riflessione sul futuro del

Servizio Sanitario Nazionale, in “Sanità pubblica e Privata”, n. 2, 2013, p. 12

«organizzazione e gestione del personale, riordino dell’assistenza territoriale attraverso la previsione di nuove strutture di assistenza di tipo aggregativo, introduzione di più adeguati strumenti di governo della spesa farmaceutica, sviluppo della concorrenza del comparto dei generici, interazione tra istituzioni pubbliche, centri di ricerca e imprese private nella promozione e diffusione della ricerca e dell’innovazione».

131 Così C. DEL GESSO, La visione sistematica dell’azienda sanitaria pubblica, Franco

Angeli, Milano, 2014, p. 26.

132 Per l’approfondimento degli aspetti trattati dalla legge n. 189 del 2012 c’è chi

ha inquadrato questo provvedimento come “quarta riforma” della sanità, così E. BORGONOVI, R. TARRICONE, Introduzione, in E. CANTÙ (a cura di)

L’aziendalizzazione della sanità in Italia, Egea, Milano, 2012, pag. XVII. Per alcune

considerazioni più approfondite in merito alle sperimentazioni gestionali e ad altri aspetti interessati dal provvedimento si veda nello stesso volume, G. CAPPELLARO, F. LONGO, A. RICCI, Le sperimentazioni gestionali nel SSN: rilevazione

si è detto, svolgono un ruolo cruciale, considerato anche la rilevanza costituzionale che hanno assunto dopo il 2001.133

3. La continuità del ruolo delle Regioni nella tutela della salute a

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