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La ricostruzione dei provvedimenti legislativi che hanno interessato l’evoluzione dell’organizzazione sanitaria dimostra come l’articolo 32 Cost. rappresenta l’inizio di una grande rivoluzione che in termini sociali ancor prima che legislativi è stata compiuta nel nostro Paese. La

170 Così F. TARONI, Sopravvivere alla crisi? Politiche e istituzioni sanitarie in Italia, in

“Sistema salute”, n. 57, 2013, p. 66.

171 Si veda D. MORANA, I diritti a prestazione in tempo di crisi: istruzione e salute al vaglio

dell’effettività, in “Rivista A.I.C.” Nel rapporto sulla tutela dei diritti in ambito

sanitario si consideri anche il superamento della riflessione tra livelli essenziali e livelli minimi. Per tutti R. BALDUZZI, livelli essenziali di assistenza versus livelli minimi, op. cit.

172 La Corte costituzionale ha statuito sia il legislatore ordinario a determinare

quelli che sono i limiti e le modalità di attuazione della tutela della salute. Questo, tra le altre nella sentenza Corte cost. n. 81 del 1966, Corte cost. n. 112 del 1975, Corte cost. n. 142 del 1982, Corte cost. n. 226 del 1983, Corte cost. n. 1011 del 1988. Sul tema del bilanciamento degli interessi, in particolare in funzione degli accordi sul Fiscal Compact, si tornerà più avanti per comprendere il ruolo che può assumere il Piano di rientro proprio negli aspetti relativi agli obblighi di pareggio di bilancio.

Costituzione italiana è stata la prima a sancire in modo così deciso il valore da attribuire alla tutela della salute ed è rimasta l’unico esempio per molti anni nel panorama dei Paesi dell’Unione Europea.

L’interpretazione dell’articolo 32 Cost. è caratterizzata da un’evoluzione che spesso ha registrato opinioni contrastanti.

I provvedimenti legislativi più rilevanti che si sono ripercorsi in questa prima parte della trattazione mostrano la tendenza a coniugare il principio di autonomia (ex art. 5 Cost.) con l’esigenza di migliorare l’erogazione dei servizi sanitari.173

La riforma del 1978 ha certamente dato avvio ad un nuovo modo di intendere l’assistenza sanitaria, realizzando un sistema «universalista» di assistenza sanitaria implicitamente accolto dalla Costituzione del 1948.

Nella ricostruzione delle modifiche legislative si è posto l’accento sulle scelte che hanno attribuito alle Regioni un grado di responsabilità sempre maggiore nell’organizzazione della sanità. Un’evoluzione che ha trovato nella riforma del Titolo V per un verso, la traduzione in punto di arrivo di scelte operate dal legislatore costituzionale e per altro verso il punto di partenza per un nuovo assetto nei rapporti tra lo Stato e le Regioni.

In tale contesto, vanno quindi letti gli interventi legislativi più recenti in materia di organizzazione sanitaria. Del resto l’utilizzazione smodata delle risorse pubbliche, da parte di alcune Regioni, non ha affatto garantito il rispetto dei livelli essenziali. Ne consegue che non è l’aumento della spesa in sanità a rappresentare lo strumento per la piena realizzazione del minimum essenziale di assistenza.

Piuttosto tale obiettivo può essere raggiunto, come dimostra l’esperienza di alcune Regioni, attraverso un’efficiente organizzazione

173 Sull’importanza dell’art. 5 Cost. in relazione al principio di autonomia si veda,

per tutti, C. ESPOSITO, Autonomia e decentramento amministrativo nell’art. 5 della

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sanitaria, che poggia le proprie basi a sua volta su una ragionevole utilizzazione delle risorse disponibili.

Il Piano di rientro, dunque, costituisce lo strumento normativo attraverso cui si mira a razionalizzare l’uso delle risorse al fine di rendere efficiente l’organizzazione sanitaria nel precipuo obiettivo di garantire la tutela dei livelli essenziali di assistenza.

Invero, se da una parte c’è stata la volontà del legislatore di garantire a tutti un elevato livello di assistenza e contemporaneamente gestire al meglio le risorse disponibili, dall’altra non sempre lo scopo è stato raggiunto. Le scelte legislative non hanno prodotto costantemente gli effetti sperati, ed in alcuni casi quanto deciso ha determinato un aumento della spesa incompatibile con il quadro economico generale, senza rendere efficiente l’erogazione dei servizi sanitari.

Di conseguenza il Piano di rientro costituisce lo strumento attraverso cui realizzare il preminente obiettivo di garantire i livelli essenziali di assistenza. Per un verso razionalizzando l’utilizzazione delle risorse disponibili e, per altro verso, incentivando forme di efficiente organizzazione sanitaria.

Il Piano di rientro, per quanto possieda elementi di eccezionalità, non può essere letto come la dimostrazione di un fallimento della legislazione in materia di organizzazione sanitaria.174

174 Così, a chi pone la domanda se il Piano di rientro da strumento straordinario

possa diventare uno strumento ordinario, la risposta sembra poter essere in senso affermativo. La questione è posta da C. CUCCURULLO, Propositi, proprietà e

legittimazione degli strumenti impiegati dai Piani di rientro, in C. CUCCURULLO, F. LEGA, F. FERRÈ (a cura di), L’aziendalizzazione della sanità in Italia, Rapporto Oasi 2012, Cergas, Milano, 2012, p. 219 ss. In particolare, in riferimento alla legislazione concorrente, questa viene identificata da parte della dottrina, come la causa del mancato funzionamento del rapporto tra Stato e Regioni. Come se l’inefficienza delle Regioni possa essere inquadrata mediante un’analisi che non tenga conto dei complessi processi sottostanti. Per una riflessione sul tema si veda R. BIN,

Ricchi solo di idee sbagliate: i costi dell’antipolitica, in “Le Regioni”, n. 3, 2012, pp. 440-

Nella ricostruzione della legislazione in materia sanitaria, si è cercato di fornire una riposta ragionata da cui emerge con chiarezza la ferma volontà di dare origine ad un sistema di regionalismo forte ma allo stesso tempo solidale in cui il piano di rientro non può essere interpretato come un corpo estraneo. Sarebbe così sbagliato inquadrare il Piano di rientro come un istituto capace di porre rimedio ad una situazione emergenziale in attesa di raggiungere l’obiettivo di una riforma generale del sistema.

Non è condivisibile la tesi per cui la legislazione sui Piani di rientro sia la dimostrazione di un fallimento dell’impianto legislativo nel suo insieme. Il rispetto da parte di molte Regioni dei livelli essenziali di assistenza è invece la conferma che l’impianto legislativo, che è stato realizzato a seguito della legge n. 833 del 1978 e delle successive modifiche e riforme, ha permesso di ottenere un’ottima erogazione dei servizi. I positivi risultati ottenuti da parte di alcuni Sistemi sanitari regionali dimostrano che l’impianto delineato in Costituzione sulla competenza concorrente in tema di sanità non necessita di essere stravolto e che è possibile, con questo quadro normativo, raggiungere livelli di eccellenza nel pieno rispetto di quanto previsto dall’articolo 32 Cost.

Il Piano di rientro, quale strumento d’attuazione di un regionalismo responsabile in materia di organizzazione sanitaria e di razionale allocazione delle risorse economiche, potrebbe assurgere a modello per l’individuazione di ulteriori forme di sintesi tra interessi unitari e ragioni dell’autonomia in altri ambiti materiali caratterizzati da esigenze collidenti di Stato e Regioni.175

Dall’analisi dell’applicazione dell’istituto nell’ordinamento emerge come sussiste uno stretto rapporto che rimane costante tra l’applicazione dei Piani di rientro e l’autonomia così com’è riconosciuta dall’articolo 5 Cost. Il Costituente ha espressamente voluto sancire attraverso il principio

175 Il tema è strettamente connesso al principio della sussidiarietà, su cui si tornerà

nel corso della trattazione, cfr. G. PASTORI, Sussidiarietà e diritto alla salute, in “Diritto Pubblico”, n. 1, 2002, pp. 85-98.

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autonomistico l’unità «partendo dalle collettività di base» per risalire al livello superiore per raggiungere un disegno autonomistico ma che fosse sempre caratterizzato da responsabilità condivise.176

L’autonomia è un mezzo per addivenire alla piena realizzazione dell’eguaglianza sostanziale nel territorio della Repubblica, ma questo è possibile solo se c’è una responsabilità condivisa dei territori a cui l’autonomia è garantita.177 Se così non fosse il principio autonomista non sarebbe un valore nella misura in cui rappresenterebbe la causa del mancato raggiungimento dell’eguaglianza. il Piano di rientro rappresenta, quindi, uno degli strumenti di tutela del diritto alla salute e per il raggiungimento dell’eguaglianza sostanziale.

La tesi è dunque quella di considerare non la legislazione sui Piani di rientro quasi alla stregua di una presa d’atto del fallimento dell’esperienza regionale. Tale legislazione deve essere, piuttosto valutata come strumento per la piena realizzazione del progetto dei costituenti, che nell’impianto regionale hanno visto non una mera scelta di decentramento

176 M. MASSA, Intervista, Il regionalismo visto da Giorgio Pastori, in “Diritti Regionali”,

Fasc. 1, 2006. L’idea di un riscatto sociale che passa attraverso l’autonomia responsabile è chiaro anche in Luigi Sturzo, cfr. A. PIRAINO, L’autonomismo federale

di Luigi Sturzo, dirigente dell’Anci, in federalismi, 14 ottobre 2015. D. GRANARA, Il

principio autonomistico nella Costituzione, Giappichelli, Torino, 2013, p. 53 ss. In una

ricostruzione di come l’art. 5 Cost. si collochi a cavallo tra principi fondamentali ed attuazione dei diritti inviolabili, con una chiave di lettura assai interessante qual è quella dei limiti di fronte al diritto comunitario, si veda P. ZUDDAS, L’influenza del diritto dell’Unione Europea sul riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni,

Cedam, Padova, 2010, p. 191 ss.

177 La riflessione per cui l’istituto dei Piani di rientro è da leggere in stretta

connessione con i valori dell’autonomia, sanciti dall’art. 5, permette di comprendere come solamente un’autonomia piena e responsabile garantisce la realizzazione delle libertà e dei principi sanciti in Costituzione, per un superamento della visione «individualistica». Il ragionamento è strettamente connesso alle riflessioni che si sono effettuate sul punto, G. BERTI, art. 5, in G. BRANCA (a cura di) Commentario alla Costituzione, Principi Fondamentali, Zanichelli, Bologna, 1975, p. 277. U. ALLEGRETTI, Autonomia regionale e unità nazionale, in “Le Regioni”, n. 1, 1995, p. 11.

amministrativo, bensì la necessità di realizzare un sistema caratterizzato da Regioni capaci di esprimere a pieno l’autonomia legislativa e politica.178

178 F. CUOCOLO, Vent’anni di autonomia regionale fra concentrazione e decentramento, in

Id. (a cura di), Le Regioni. Bilancio di vent’anni, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1991, passim.

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CAPITOLO II

La disciplina dei Piani di rientro sanitari: la collocazione

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