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Il rafforzamento della previsione legislativa sui Piani di rientro ed il riconoscimento di questi come atti vincolanti per

La disciplina dei Piani di rientro sanitari: la collocazione nel sistema delle fonti e la potestà legislativa regionale

1. L’introduzione dei Piani di rientro nell’ordinamento: una ricostruzione ragionata

1.4. Il rafforzamento della previsione legislativa sui Piani di rientro ed il riconoscimento di questi come atti vincolanti per

l’ordinamento regionale

L’evoluzione della legislazione sui Piani di rientro è andata nella direzione costante di determinare una vincolatività, sempre maggiore, in

farmaceutica convenzionata. Diversamente per la spesa farmaceutica non convenzionata il superamento della soglia del 3 per cento è condizionato «alla verifica dell’idoneità e della congruità del processo attuativo dei Piani di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera adottati dalle regioni». La previsione del comma 353 si completa prevedendo che suddetta verifica deve essere effettuata congiuntamente da due soggetti differenti che sono il «Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, che si avvalgono del supporto tecnico dell'Agenzia italiana del farmaco».

227 Così N. VICECONTE, L’evoluzione del sistema di finanziamento del servizio sanitario

nazionale tra federalismo “promesso” ed esigenze di bilancio in (a cura di) S. MANGIAMELI,

Il regionalismo italiano dall’Unità alla Costituzione e la sua riforma, Atti delle giornate di studio, Roma, 20-21-22 ottobre, Vol. II, Giuffrè, Milano, 2011.

capo alle Regioni che hanno dovuto sottoscrivere l’Accordo. In quest’evoluzione è da segnalare la l. n. 191 del 23 dicembre 2009,228 che è immediatamente successiva all’Accordo a cui si è addivenuti in sede di Conferenza Stato-regioni il 3 dicembre del 2009.229

Con l’Intesa del 2009 lo Stato e le Regioni hanno confermato quanto già stabilito nei precedenti Accordi,230 in particolare con riferimento al carattere vincolante che assume il Piano di rientro, ed hanno delineato nuovi profili che permettono di considerare l’Intesa del 2009 come vincolante per scelte assunte dal legislatore.231 La l. n. 191 del 2009 riassume, per un verso l’esperienza che si è realizzata con l’applicazione dei primi anni della legislazione sui Piani di rientro per altro verso recepisce quanto concordato in sede di Conferenza Stato-regioni. Il suddetto

228 Legge finanziaria per il 2010.

229 Documento della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni

e le Province Autonome di Trento e Bolzano. Rep. n. 243 del 3 dicembre 2009.

230 Nell’Intesa del 2009 sono contenuti dei riferimenti importanti sia alla

questione delle cure transregionali sia rispetto alla nomina del Commissario ad acta. A riguardo una delle più importanti innovazioni apportate dall’Intesa del 2009 rispetto a quanto già previsto in precedenza si trova al punto 5 in ordine alla nomina del Commissario ad acta in caso di mancato rispetto da parte delle Regioni interessate dagli Accordi. Il percorso individuato dalle parti prevede che il Governo valuti l’adeguatezza del Piano proposto dalle Regioni. Il punctum crucis è da ricondurre al ruolo del Governo che deve valutare l’adeguatezza del Piano rispetto agli obiettivi per la Regione. Una valutazione che è necessaria a verificare la congruità o meno delle misure previste. In quest’ultima ipotesi «il Consiglio dei ministri, in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione, nomina il presidente della Regione Commissario ad acta per la predisposizione entro i successivi trenta giorni del piano di rientro e per la sua attuazione per l’intera durata del piano stesso». In questo è da ravvisare il punto di svolta cruciale della vicenda dei Piani di rientro in funzione al rapporto tra lo Stato e le Regioni.

Cfr. infra § III.

231 Il punto di partenza di quello che può essere considerato come una verifica

della legislazione sui Piani di rientro è che le Regioni e lo Stato, nel dicembre del 2009, prevede che le parti debbano rispettare gli obblighi assunti in precedenza, sia con l’Intesa stipulata il 23 marzo del 2005 sia dalla successiva legislazione in tema di Piani di rientro. Nello specifico «gli obblighi posti a carico delle regioni, nel settore sanitario, con l’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, finalizzati a garantire l’equilibrio economico-finanziario, a mantenere i livelli essenziali di assistenza, a rispettare gli ulteriori adempimenti di carattere sanitario previsti dalla medesima Intesa e a prevedere, ove si prospettassero situazioni di squilibrio nelle singole aziende sanitarie, la contestuale presentazione di Piani di rientro pena la dichiarazione di decadenza dei rispettivi direttori generali».

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provvedimento legislativo ha così lo scopo di valorizzare, sia i risultati positivi che sono scaturiti nei primi anni di applicazione della legislazione, sia di trovare una soluzione alle inefficienze che sono emerse dall’applicazione di quello che è un nuovo istituto nel panorama giuridico. Nell’Intesa (e quindi in accordo tra lo Stato e le Regioni) e poi nella successiva previsione legislativa, si rinviene un riferimento al diverso ruolo che assume lo Stato nel rapporto con le Regioni interessate dal Piano di rientro.

Con il provvedimento del 2009 si registra un aumento della vincolatività, che coincide con un maggiore grado di conseguenze previste per il mancato rispetto da parte delle Regioni degli impegni assunti. Suddetta Intesa ha previsto una conseguenza di particolare rilievo, rispetto alla vita istituzionale della Regione, per la mancata adozione (o approvazione) del Piano. Ci si riferisce alla previsione dell’immediata «sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio», alla decadenza in via automatica dei «direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, nonché dell’assessorato regionale competente».

Alle conseguenze di tipo politico ed amministrativo, in caso di mancato rispetto del Piano di rientro fanno, dunque, seguito gli effetti economici per le Regioni che non hanno adottato le misure previste. Il mancato rispetto del patto stipulato con il Governo determina il mancato trasferimento di fondi, generando un aumento della pressione fiscale e dunque rappresenta una forma indiretta di sanzione per l’amministrazione regionale inefficiente.232

232 Art. 1, co. 79, lett. b), l. n. 191 del 23 dicembre 2009. La previsione è quella

per cui «sono incrementate in via automatica, in aggiunta a quanto previsto dal comma 6, nelle misure fisse di 0,15 punti percentuali l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e di 0,30 punti percentuali l’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche rispetto al livello delle aliquote vigenti».

Il ruolo assunto dalla l. n. 191 del 2009 è dunque da considerare determinante nel percorso evolutivo della legislazione sui Piani di rientro, in quanto il legislatore ha valorizzato l’esperienza prodotta nei primi anni di applicazione ed ha adottato un provvedimento maggiormente articolato e strutturato.233 Questo sia per quanto attiene alle modalità di sottoscrizione da parte delle Regioni interessate, sia per le conseguenze in caso di mancato rispetto dell’Accordo.234

La valutazione sul contenuto del Piano è effettuata dal Consiglio dei Ministri in uno stretto rapporto che intercorre tra l’attività svolta dalla Giunta regionale e quella del Governo.235 Nel caso in cui il Consiglio dei Ministri effettui una valutazione positiva, in ordine al Piano presentato dalla Regione, questo è approvato ed è immediatamente esecutivo.

Nel caso in cui il Piano di rientro o non sia stato presentato o non è ritenuto soddisfacente dallo Stato, per il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio, e per il raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza, si provvede con la nomina del Commissario ad acta.236

233 Le disposizioni rispetto ai Piani di rientro sono contenute nell’articolo 1 dal

comma 77 al comma 98, ed ai commi 88 bis, 196, 196 bis, 222, 222 bis e 222 quater. Il legislatore è intervenuto al fine di adottare una legislazione maggiormente strutturata. Il dato da cui prendere le mosse è da individuarsi nell’articolo 1, co. 77, della legge che statuisce in modo chiaro che una Regione può considerarsi in deficit economico in materia sanitaria. Il «disavanzo strutturale» viene considerato tale quando lo è «rispetto al finanziamento ordinario e alle maggiori entrate proprie sanitarie, il livello del 5 per cento, ancorché coperto dalla Regione, ovvero il livello inferiore al 5 per cento qualora gli automatismi fiscali o altre risorse di bilancio della Regione non garantiscano con la quota libera la copertura integrale del disavanzo».Il Piano deve garantire il raggiungimento del pareggio di bilancio ma non può prevedere una contrazione nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.

234 Per un commento ad alcune parti dell’articolato si veda A. DONATI, La

manovra correttiva 2010, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2010, p. 209.

235 L’articolo 1, co. 79, della suddetta legge, prevede difatti che il Consiglio dei

Ministri decide «su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni».

236 dell’articolo 1, co. 79, è quella per cui «Il Consiglio dei ministri, in attuazione

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Il profilo dell’Accordo è quindi da attribuire a quella fase in cui tra lo Stato e la Regione si tenta di addivenire ad un programma condiviso. Un diverso profilo deve invece attribuirsi alla fase in cui lo Stato si sostituisce alla Regione inadempiente.

Il mancato conseguimento di un Accordo, e dunque la mancata sottoscrizione da parte della Regione, genera in capo allo Stato la possibilità di esercitare la propria competenza ad assumere le scelte in modo unilaterale. Non è quindi possibile attribuire in modo preminente il carattere di - accordo - alla legislazione sui Piani di rientro, senza considerare che le Regioni interessate, se non raggiungono gli obiettivi previsti, sono soggette ad un intervento diretto da parte dello Stato.237

La previsione legislativa non lascia spazio a interpretazioni in senso differente. Se la Regione non propone un Piano di rientro, che lo Stato reputa idoneo, si procede con la nomina del Commissario ad acta, così come si addiviene alla medesima conseguenza se la Regione non adotta il Piano. In entrambi i casi ne deriva un intervento da parte dello Stato che si sostituisce alla Regione nella gestione dell’organizzazione della sanità regionale.238

237 Sul carattere collaborativo in ordine all’approvazione del Piano di rientro

merita di essere segnalato che con la legge finanziaria del 2010 si modificano altresì i caratteri in merito al procedimento da seguire nel senso di una maggiore procedimentalizzazione. In particolare sul fronte della compartecipazione è di notevole importanza il ruolo riservato alla Conferenza, così come previsto dall’articolo 1, co. 79, «Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, decorsi i termini di cui al comma 78, accerta l'adeguatezza del piano presentato anche in mancanza dei pareri delle citate Struttura tecnica e Conferenza. In caso di riscontro positivo, il piano è approvato dal Consiglio dei ministri ed è immediatamente efficace ed esecutivo per la Regione».

238 Di contro le disposizioni della legge finanziaria per il 2010 sembrano indicare

un carattere esclusivamente bilaterale del Piano di rientro. Il successivo art. 1, co. 81, dispone che con una cadenza triennale si svolga il monitoraggio del Piano, fermo restando «la possibilità di procedere a verifiche ulteriori previste dal piano stesso o straordinarie ove ritenute necessarie da una delle parti». Diversamente da quest’ultima previsione le modalità con cui il Piano viene approvato e le regole di azione da parte dello Stato nel sostituirsi alla Regione nel caso in cui questo

L’elemento di una maggiore vincolatività per il legislatore regionale, a seguito della sottoscrizione del Piano di rientro, si deduce, tra l’altro, dalla previsione per cui la Regione è obbligata a rimuovere i provvedimenti legislativi che sono di ostacolo alla piena attuazione di quanto stabilito nell’Accordo.239

Il legislatore ha affidato il controllo di eventuali incongruenze al Commissario. Nel caso in cui questo riscontri provvedimenti legislativi contrari all’attuazione del Piano di rientro, li trasmette al Consiglio regionale, con l’indicazione dei profili in contrasto con il suddetto Piano ed il Consiglio provvede a modificare la legislazione.240 Il legislatore, probabilmente conscio della possibilità di un mancato adeguamento, da parte degli organi regionali, ha contestualmente previsto le modalità con cui farvi fronte. La previsione si completa sancendo che: nel caso in cui la Regione non provveda ad «apportare le necessarie modifiche legislative», il Consiglio dei Ministri interviene con le misure necessarie, in attuazione dell’articolo 120 Cost., al fine di eliminare i predetti ostacoli.

Il carattere di forte discontinuità, con il sistema precedente, e l’evoluzione nella direzione di una maggiore incisività dello strumento, è rappresentata dalla considerazione che gli elementi individuati dal Piano di rientro sono vincolanti per la Regione che è «obbligata» a rimuovere i

non venga sottoscritto induce a riflettere sulla natura di questo rapporto al principio di leale collaborazione. Una valutazione che sembra trovare ulteriore conferma in quanto previsto dal comma 82 in cui si afferma che «L'approvazione del piano di rientro da parte del Consiglio dei ministri e la sua attuazione costituiscono presupposto per l’accesso al maggior finanziamento dell’esercizio in cui si è verificata l'inadempienza e di quelli interessati dal piano stesso».

239 In primo luogo si fa riferimento all’articolo 1, co. 80, il quale afferma che «Gli

interventi individuati dal piano sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro».

240 La legge finanziaria prevede che «Il Consiglio regionale, entro i successivi

sessanta giorni, apporta le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga».

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provvedimenti legislativi e non può adottarne di nuovi quando questi siano di ostacolo all’attuazione del Piano di rientro.241

In conclusione è possibile considerare che vi è stato un crescendo nella vincolatività giuridica esercitata dal Piano di rientro nel sistema delle fonti e che l’intervento legislativo del 2009 ha rappresentato uno spartiacque, tra una fase di maggiore dialogo tra lo Stato e le Regioni interessate dai Piani di rientro, ed una in cui invece è subentrato un carattere maggiormente vincolante per le Regioni che presentano un forte disavanzo.

La legge finanziaria per il 2010 ha previsto non solo una maggiore vincolatività per le Regioni, ma ha altresì introdotto quelle misure tese a garantire l’applicazione del Piano di rientro, ponendolo al riparo da eventuali atti adottati dalle Regioni, nella gestione dell’amministrazione sanitaria, in contrasto con quanto sottoscritto nell’Accordo.242

241 Il riferimento si rintraccia all’articolo 1, co. 95 in cui si prevede che «Gli

interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti per la Regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro».

242 Un esempio può essere rintracciato nell’articolo 1, co. 89, che sancisce che

«per un periodo di due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime e i pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolano gli enti debitori e i tesorieri, i quali possono disporre delle somme per le finalità istituzionali degli enti». Una previsione quella sulla limitazione alla possibilità di effettuare un’esecuzione forzata per le Asl delle Regioni interessate dai Piani di rientro, riproposta nelle successive leggi finanziarie ed infine dichiarata incostituzionale dalla Corte. La pronuncia della Corte costituzionale n. 186 del 2013 ha un carattere innovativo nella complessa questione del risanamento del deficit sanitario regionale attraverso la sottoscrizione del Piano di rientro. Nel caso in specie la Corte ha agito ponendo un limite alla temporanea sospensione delle azioni esecutive nei confronti delle ASL di Regioni che hanno adottato questo strumento. La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo «1, comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2011), sia nel testo risultante a seguito delle modificazioni già introdotte dall’art. 17, comma 4, lettera e), del decreto- legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sia nel testo, attualmente vigente, risultante a seguito delle modificazioni introdotte dall’art. 6-bis, comma 2, lettere a) e b), del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre

1.5. Il processo di consolidamento della legislazione e il problema

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