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Occorre preliminarmente risolvere il quesito se la moschea, propria della cultura islamica, possa equipararsi agli “edifici di culto” degli ordinamenti occidentali.

Masgid (moschea) viene dalla radice araba Sa-gia-da, che vuole dire prostrarsi: in senso etimologico la moschea è il luogo della prostrazione.

La storia narra che appena il Profeta Mohammed (s.A.'a.s.) arrivò a Medina, perché cacciato dai suoi concittadini Meccani che lo volevano uccidere, fece iniziare la costruzione della moschea che divenne poi il centro dell'attività sociale, politica e religiosa. Questa prima moschea era di mattoni d'argilla con un tetto in foglie di palma della quale ovviamente non si ha più alcun resto.

Il modello della prima moschea nasce quindi in Arabia: un edificio semplice, privo di oggetti di culto, con una sala di preghiera e una corte aperta. All'interno si trova il minbar, il podio per le predicazioni e il mihrab, la nicchia per prostrarsi verso La Mecca. Per insegnare e interpretare il Corano, oltre che per lo studio delle scienze, vengono fondate accanto alle moschee numerose madrasa, scuole, conventi e università.

Tuttavia, la moschea non possiede i caratteri propri delle chiese e dei luoghi in cui si assiste alla presenza divina, e deputati alla “soddisfazione dei bisogni religiosi della popolazione”170, quanto piuttosto quelli di incontro e di raccolta di comunità, anche eterogenee. Oltre alla preghiera, nella moschea si svolgono altre attività, pur mancando – e questo è il carattere di maggior differenza con altri luoghi di culto – una portante ed unitaria struttura organizzativa.

Ciò da adito a preoccupazioni non indifferenti per l’ordine pubblico in quanto spesso accade che anziché luogo di incontro e di preghiera, essa diventi coagulo di cellule terroristiche171.

170

V. Tozzi, Le moschee ed i ministri di culto, Stato, chiese e pluralismo confessionale, www.statoechiese.it, settembre 2007, 6.

171

Il ministro dell'Interno Roberto Maroni è intervenuto sull'argomento, puntando l'attenzione sul fatto che spesso le moschee non sono luoghi di culto e ha avvertito: "Gli arresti effettuati ieri a Milano

Come precisato dalla Relazione sull’Islam in Italia172: i luoghi di culto islamici nascono per opera di singole associazioni senza programmazione o supervisione di autorità centrali, che sono del tutto inesistenti. Ciascuna associazione gestisce tali locali senza controlli o regole verificabili da parte degli stessi fedeli, nemmeno sull’amministrazione finanziaria (necessaria per le attività che ivi si svolgono, come la macellazione rituale, le attività cultuali e assistenziali). Anche il controllo dei flussi economici provenienti dall’estero è estremamente difficoltosa.

Non è dunque possibile con precisione stabilire quali e quanti luoghi di culto islamici ci siano in Italia.

La presenza di musulmani nel nostro paese è infatti fortemente diversificata, e mentre in alcune località vi è forte l’esigenza di edificare nuove moschee, in altri luoghi

dimostrano che ci sono delle realtà maghrebine, di matrice islamica, ben radicate nel territorio italiano e da cui possono scaturire concrete minacce". "Il ministero dell'Interno, ha fatto una ricognizione completa sulle moschee esistenti in Italia. Purtroppo non è mai agevole distinguere tra luoghi culto e luoghi in cui si svolgono altre attività, come anche reclutamento e la raccolta di fondi per finanziare il terrorismo e la preparazione di attentati". Maroni è poi intervenuto direttamente per difendere la moratoria: "Il Parlamento farà le sue valutazioni, ma dire no pregiudizialmente solo perché la proposta arriva dalla Lega è il solito balletto dettato dal pregiudizio ideologico".

"Chiediamo una moratoria a tempo indeterminato sulla costruzione di nuove moschee e presunti centri culturali - ha affermato Cota - finché il Parlamento non approverà una legge che regolamenti l'edificazione di luoghi di culto che non abbiano sottoscritto intese con lo Stato". Cota ha annunciato che la Lega presenterà una mozione parlamentare sull'argomento e ha anche fatto presente che esiste già "una nostra proposta di legge per la regolamentazione della costruzione di questi luoghi di culto di cui abbiamo chiesto la calendarizzazione in aula". In particolare, la proposta prevede che le moschee siano costruite solo con il permesso della regione interessata, se prima ci sarà stato un referendum sui cittadini che avrà dato esito positivo e purché vengano edificate ad almeno un chilometro di distanza da chiese o sinagoghe. Ahmad Gianpiero Vincenzo, presidente degli Intellettuali Musulmani e consulente per l'immigrazione presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato, ha espresso le sue perplessità su una moratoria che "non serve a a prevenire il fenomeno terrorismo". Al contrario, ha aggiunto, bisogna "cercare di mettere ordine nella galassia dei centri culturali islamici, dove in mancanza di meglio i musulmani si ritrovano a pregare". www.larepubblica.it, 3 dicembre 2008.

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Lavoro condotto dal 2006 al 2007 dal Consiglio Scientifico per la diffusione e l’attuazione della “Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione” (aprile 2007), nominato dal Ministro dell’Interno G. Amato (decr. Min. Int., 23 aprile 2007) e presieduto dal Prof. Carlo Cardia. E’ intenzione del Consiglio predisporre un documento appositamente dedicato alle moschee nel quale siano indicate le caratteristiche identificative delle medesime, perché rispondano realmente a funzioni cultuali proprie e siano gestite in armonia con la normativa italiana. Un’altra decisiva proposta è quella della creazione di una Federazione dell’Islam Italiano con statuto, regolamenti su imam, moschee, che possa essere armonizzata con la Costituzione ed anche sostenuta economicamente dallo Stato: tutto ciò, insieme ad un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nazionale. A tal fine deve essere data maggior diffusione possibile della Carta dei valori, ed aggiornata la Consulta per l’Islam in Italia, operante presso il Ministero dell’Interno.

ciò può non essere altrettanto urgente o necessario. In Colle Val D’Elsa, a Bologna, a Genova, è accaduto che associazioni del tutto prive di rappresentatività abbiano insistito per essere considerate nei piani urbanistici locali, sentendosi trascurate a favore di altri interlocutori.

Emerge un ulteriore problema relativo alle moschee: nelle maggior parte di esse non si sa chi sia il responsabile, chi siano gli imam, e le attività realmente svolte.

A Bologna ad esempio, le autorità comunali, in vista della concessione dell’area per la costruzione di una moschea, hanno chiesto determinate garanzie ai soggetti individuati come responsabili della richiesta: il rispetto delle leggi italiane, la firma della carta dei valori, di non svolgere propaganda contraria ai diritti fondamentali.

Anche in passato - con riguardo alla concessione delle aree per la edificazione di circa 300 moschee - si è assistito al proliferare di moschee costituite da locali assai piccoli, seminterrati, garage, adibiti a luoghi di preghiera per i musulmani del luogo.

Un’eccezione a tutto questo è rappresentata dalla grande Moschea di Roma, la più grande d’Europa, inaugurata il 21 giugno 1955, su un’area donata dal Comune, alle pendici del Monte Antenne173.

173

L’idea di costruire una grande Moschea nella capitale della cristianità nacque nel 1966, quando re Feisal dell’Arabia Saudita venne in visita a Roma con una delegazione di dignitari reali. Quando chiese di andare a pregare col suo seguito gli fu detto che non c’era una Moschea e fu accompagnato in una casa privata allestita a questo scopo. Egli espresse il desiderio, poi proposto alle autorità italiane, di erigere una moschea a Roma. All’origine del progetto, non vi furono dunque le esigenze di culto della comunità musulmana, a quei tempi esigua, ma la volontà del Governo italiano di migliorare le relazioni diplomatiche e commerciali con i paesi arabi, e in primo luogo con l’Arabia Saudita, disposta a finanziare la costruzione. Nel 1969 il Governo Rumor diedel via libera al progetto. Nacque così il Centro islamico culturale d’Italia, con la partecipazione di vari principi e dignitari in esilio (Iran, Afghanistan) allora residenti in Italia. Nel 1971 l’Ente morale si aprì agli Ambasciatori i cui Paesi accettarono di finanziare la moschea: Arabia Saudita, Bangladesh, Egitto, Guinea, Indonesia, Malesia, Marocco, Oman, Pakistan, Senegal e Turchia. Il Comune di Roma mise a disposizione gratis nel 1976 il terreno, e, una volta pervenuto, nel corso del 1975, il consenso del papa Paolo VI al progetto, fu emesso il bando di concorso per la realizzazione dell’opera con un budget iniziale di 15 miliardi di lire. Furono selezionati due progetti: quello di Paolo Portoghesi e quello dell’ iraniano Sami Musawi, ai quali venne proposto di lavorare insieme. I lavori di costruzione partirono con due pre-condizioni: la cupola doveva essere meno alta di quella di San Pietro e il minareto senza gli altoparlanti per la preghiera (E’ l’unica moschea al mondo a non averli ancora oggi). I due progettisti, formarono un’accoppiata insolita: Paolo Portoghesi doveva essere il garante di un ambientamento della moschea nella cultura architettonica occidentale, mentre l’architetto iraniano doveva essere il portatore di istanze culturali della tradizione musulmana. Tra i due il dialogo non fu facile e la loro unione terminò. Nel 1980, dopo la caduta dello Scià di Persia,

Gli edifici di culto, per la normativa statale, hanno rilevanza pubblica, e sono “opere di urbanizzazione secondaria”174: tuttavia, come si è visto in precedenza, alcune leggi regionali, hanno concesso benefici economici solo alle confessioni munite di intesa175, o comunque “organizzate” nel territorio176.

Il regime giuridico dei luoghi di culto è interamente regolato dallo Stato, che con norme unilateralmente prodotte, ha inteso tutelare la promozione della persona umana (artt. 2 e 3 della Costituzione). Si è visto che oggetto della tutela offerta dal potere pubblico è la persona umana, e solo indirettamente le organizzazioni religiose in cui essa esprime la sua personalità (art. 2 Cost.): tuttavia, i soggetti collettivi devono godere di pari tutela in quanto mezzi per la piena soddisfazione dei bisogni dei singoli177.

Il limite per un pacifico riconoscimento delle moschee quali luoghi di culto, deriva quindi dalla mancanza, come detto, di un ente esponenziale della comunità

Musawi fu allontanato. Entrambi, successivamente, si attribuirono l’ispirazione e il merito del progetto, ma il vero artefice sembra essere stato Portoghesi, che diresse la costruzione, avvalendosi della collaborazione di valenti strutturalisti. Mentre la moschea nei paesi musulmani sorge nel cuore del centro abitato, come d’altra parte la chiesa cristiana, (si pensi alla cattedrale gotica che sorge nel nucleo del borgo medievale), per la localizzazione della moschea di Roma fu scelta invece una zona verde, isolata dalla città, per evitare il pericolo di interferenza con il tessuto urbano della capitale del Cristianesimo. Fu scelta una zona separata dal centro abitato, utilizzando un’area periferica e non urbanizzata, adibita a parco pubblico. Così la Moschea di Roma divenne col tempo una Moschea-Santuario, per pellegrini e visitatori dall’agglomerazione urbana e di fuori. Per quanto concerne l’altezza del minareto, si pensò dapprima che esso potesse superare la Cupola di San Pietro, perché posto su un terreno in quota più elevata rispetto alla Basilica. Questo problema fu sottoposto più volte alla Commissione Edilizia del Comune di Roma, che respinse ogni volta il progetto finché il minareto fu ridotto all’altezza attuale, leggermente sproporzionata rispetto al corpo della costruzione. Il costo complessivo era salito nel 1991 a oltre 60 miliardi, ma i lavori erano ancora lontani dalla fine. Dopo la guerra del Golfo, l’Arabia Saudita, interruppe il finanziamento e subentrò il re del Marocco Hassan II con un’offerta di altri 30 miliardi circa. Egli non fece più lavorare le imprese italiane, e portò le sue maestranze dal Marocco, circa 300 operai. Gli interni, infine, vennero decorati sullo stile della moschea di Casablanca.

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Per la normativa urbanistica, che così considera i luoghi di culto, si rinvia interamente al cap. 2.

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Ma si vedano le decisioni della Corte costituzionale n. 195 del 1993: “Il rispetto dei principi di libertà e di uguaglianza va garantito non tanto in raffronto alle situazioni delle diverse confessioni religiose, quanto in riferimento al medesimo diritto di tutti gli appartenenti alle diverse fedi o confessioni religiose di fruire delle eventuali agevolazioni disposte in via generale dalla disciplina comune dettata dallo Stato, perché ciascuno possa in concreto più agevolmente esercitare il culto della propria fede religiosa”; e n. 346 del 2002.

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LR Lazio n.27 del 1990.

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religiosa, in grado di esprimere chiaramente i principi del gruppo e di relazionarsi con lo Stato.

Ad avviso di parte della dottrina178, sarebbe sufficiente che i gruppi islamici si dotassero di un’”organizzazione minima rappresentativa”, e tale possibilità si rinverrebbe: nell’art. 2 l. n. 1159 del 1929 sui “culti ammessi” in cui si stabilisce che gli istituti dei culti acattolici possono essere eretti in ente morale con D.P.R., su proposta del Ministro dell’Interno; nell’art. 20 della Costituzione; nel R.D. n. 289 del 1930, art. 1 in cui si prevede il diritto per i fedeli di ciascun culto di avere un proprio tempio od oratorio, e art. 10 in cui si prevede il diritto di richiedere la personalità giuridica a qualsiasi interessato.