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Le nuove confessioni e la costruzione di luoghi per il culto

oratori e l’esercizio in forma associata del culto. 6. Attività negli edifici di culto. 7. Le moschee. 8. L’edilizia di culto e la giurisprudenza. - 8.1. La sentenza della Corte costituzionale n. 195 del 1993 e la diversità di trattamento tra confessioni religiose nel finanziamento dell’edilizia di culto. - 8.2. La sentenza della Corte costituzionale n. 346 del 2001 e la giurisprudenza amministrativa regionale sul finanziamento dell’edilizia di culto. - 8.3. La realizzazione di edifici delle confessioni di minoranza nella giurisprudenza amministrativa. Le pronunzie della Corte europea dei diritti dell’Uomo. Due note decisioni delle Corti Americane. 9. Proposte di legge sulla libertà religiosa: scissione tra diritto all’esercizio del culto, e disponibilità oggettiva di strutture edilizie adeguate. Critiche.

1. Nozione e nomenclatura utilizzata.

I luoghi del culto delle confessioni acattoliche sono diversi gli uni dagli altri in dipendenza della pratica religiosa di riferimento147.

Secondo le tradizioni evangeliche, ortodosse, israelitiche, ove sia costruita una chiesa, essa è sempre destinata al culto pubblico, senza particolari condizioni per l’accesso. Carattere privato possono presentare invece oratori e cappelle, riservati ad una ristretta cerchia di persone coabitanti, che si trovano, ad esempio in ospedalini, ricoveri, case di riposo, o ad uso di singole famiglie.

147

G. Peyrot, Osservazione sui luoghi e sulle riunioni private di culto, Il dir. eccl., 1953, 232; G. Peyrot,

L’autorizzazione all’apertura dei templi e le norme comuni per le pubbliche riunioni, Il dir. eccl., 1953,

267; F. Finocchiaro, Note intorno ai ministri dei culti acattolici ed ai poteri dell’autorità in relazione al

diritto di libertà religiosa, Il dir. ecc., 1959, 25 e ss.; R. Bertolino, Spese cultuali dei comuni e templi acattolici, Il dir. eccl., 1963, 372; V. Tozzi, Gli edifici di culto nel sistema giuridico italiano, Salerno,

1990; G. Olivero, Sulla condizione giuridica degli edifici di culto acattolico, Ann. Catania, 1950-1951, 147 e ss..

Per le chiese evangeliche l’esercizio del culto non è vincolato ad un tipo di edificio in particolare, e può essere praticato anche in private abitazioni e all’aperto. Non interessa, per esse, l’eventuale riconoscimento in persona giuridica dei loro templi.

Per identificare i luoghi di culto delle chiese evangeliche148, normalmente si ricorre ai seguenti termini : “tempio”, ovvero edificio di ampia mole a disposizione di chiese più numerose; “oratorio” o “cappella”, di più modeste dimensioni al servizio di piccole comunità di fede; “sale di adunanza o di culto”, ossia locali siti in edifici più grandi, e riservati allo svolgimento delle funzioni religiose. L’interno del tempio, austero e semplice, presenta il pulpito, la Tavola della Santa Cena ed il fonte battesimale, diversi in dipendenza dei riti praticati. Non ci sono vincoli circa l’alienabilità di questi spazi di preghiera.

Il luogo di orazione della comunità ebraica organizzata149 è denominato “sinagoga”. Si tratta di un immobile a sé stante, o incorporato in altro edificio con o senza segni distintivi; può essere anche situato in una apposita sala o in altro locale adattato allo scopo.

Vi sono poi gli “oratori”, luoghi di culto di comunità minori, o della diaspora, o di gruppi praticanti un rito particolare.

Per il diritto ebraico una sinagoga non dovrebbe mai occupare la parte inferiore di un edificio preposto ad abitazione: l’arca contenente i rotoli della legge, ne costituisce l’elemento essenziale, e deve essere disposta in modo che l’officiante sia rivolto ad est in direzione di Gerusalemme; essa non dovrebbe mai essere demolita prima che ne venga costruita altra in sua vece, tranne nei casi di pericolo imminente.

Un edificio-sinagoga può essere trasformato in scuola per lo studio della legge, ma non può accadere il contrario.

Non potrebbe essere alienata una sinagoga occorrente all’orazione di tutti gli israeliti del luogo, se non per compiere atti di maggiore santità, come, ad esempio, per

148

Sui templi evangelici, Jalla, Les temples des Vallèe Vaudoises, Torrepelice, 1931. Sulle sinagoghe in Italia, Piucherfeld, Bate Keneseth Be-Italia, Gerusalemme, 1954.

149

Colorni V., Legge ebraica e leggi locali, Milano, 1945; Synagogue, The Jewish Enciclopedia, New York, 1916.

l’acquisto delle tavole della legge. Sono considerate alienabili invece, le sinagoghe dei villaggi costruite solo per gli abitanti del luogo. Tuttavia, in caso di vendita, esse – tramite condizione apposta al contratto - non possono essere trasformate in case di bagni, o concerie, tranne per parere favorevole di un consiglio di sette anziani del luogo dichiaranti la rinuncia a tale condizione.

Presso le chiese ortodosse, collegate al Patriarcato di Costantinopoli, o a quello di Mosca o a quello serbo, o che dipendano dal Metropolita della Chiesa russa all’estero, si usano i termini di: “chiesa” o di “tempio” per identificare edifici stabilmente consacrati al culto pubblico delle comunità religiose nei vari centri; “cappella” per individuare i locali di culto privato.

Non esistono particolari esigenze stilistiche o architettoniche per la loro costruzione. Gli elementi essenziali sono l’altare per l’amministrazione dei sacramenti e le icone.

2. Le nuove confessioni e la costruzione di luoghi per il culto.

Tutti questi luoghi, non possono essere inquadrati in una categoria unitaria, nemmeno utilizzando il termine “edifici dei culti acattolici”: per essi sarebbe meglio riferirsi a “luoghi per il culto”150.

Nella legislazione italiana la dizione “edificio di culto” nei riguardi delle confessioni religiose diverse dalla cattolica può avere un’interpretazione più estesa di quella strettamente legata alla definizione letterale151. La realtà infatti, si presenta in maniera assai stratificata rispetto al modello classico.

150

Si rinvia al capitolo primo, nota n. 33.

151

Nelle disposizioni sui “culti ammessi” (art. 1 r.d. del 28 febbraio 1930, n. 289) ricorrono i termini di “tempio” e “oratorio”; nelle norme sulle comunità israelitiche (art. 20, 65 r.d. del 30 ottobre 1930, n. 1731) si rinvengono i termini “sinagoghe” e “oratori”. Tali termini si ritiene possano essere equivalenti agli “edifici dei culto diversi dal cattolico” usata nella legislazione sui danni di guerra (d.lgs. del 17 aprile 1948, n, 734) che riguarda qualsiasi edificio servente al culto di una delle religioni on cattoliche.

Vi sono edifici aperti al culto pubblico buddista o induista. E ancora delle ville, o degli immobili in cui la confessione religiosa svolga varie iniziative, e in cui, una stanza o un locale, sia riservato per la ritualità dei fedeli152.

Se infatti, nella nostra esperienza non si possono avere edifici di culto se essi non siano accessibili al pubblico, senza essere riservati solo ad una comunità, per altre tradizioni religiose, ciò non si verifica. In taluni di questi locali, infatti, le riunioni si svolgono saltuariamente e l’entrata è riservata ad un gruppo ristretto di aderenti153.

La normativa dovrebbe perciò essere aggiornata alle nuove esigenze religiose. Tra cui quella di rispondere alle richieste delle popolazioni - e delle religioni - provenienti da tutte le parti del mondo, che hanno ormai “cambiato il panorama confessionale italiano”154.

Il fenomeno dell’immigrazione ha dato luogo ad una presenza considerevole di musulmani (stimati a circa un milione), di ortodossi (circa seicentomila, fra romeni, i più numerosi, russi, moldavi, ucraini, ecc.), di buddisti e di induisti (oltre centomila ciascuno)155.

Nei luoghi di culto, gli immigrati trovano occasione di preghiera, ma anche e soprattutto di incontro, di organizzazione, di legami con i paesi di provenienza.

Questo può in realtà dar luogo anche a qualche preoccupazione, soprattutto per l’ordine pubblico, vista la pericolosità delle riunioni di talune cerchie di estremisti islamici.

Si aggiunga che alle richieste delle confessioni religiose circa l’assegnazione delle aree per la costruzione di nuovi edifici di culto, spesso i Comuni – nella persona del

152

A.C. Jemolo, Lezioni, op. cit., “Il termine edifici diremmo si riferisca all’id quod plerumque accidit ; ma la norma si può applicare anche ad una parte di edificio, cioè alla chiesa incorporata nel fabbricato di un convento, di un’opera pia, di un palazzo, ecc.”, 389.

153

In una bozza di Intesa proposta dall’Istituto Soka Gakkai si legge: “le competenti autorità dell’IBISG informano la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo competente dell’esistenza di edifici di culto dell’Istituto medesimo nella circoscrizione, indicando gli spazi specificatamente dedicati al culto ed eventuali variazioni che si determinino”. Art. 7 della Bozza di Intesa predisposta dall’IBISG.

154

C.Cardia, La condizione giuridica, op. cit., 25.

155

La chiesa ortodossa romena si appoggia per il 90% a immobili della chiesa cattolica, mediante affitto o comodato, o tramite rapporti di fatto con uso gratuito dei locali. La chiesa ortodossa russa, tramite le stesse modalità, per il 70%. Le moschee fino ad oggi esistenti, sono per lo più spazi ridotti, seminterrati, garage; l’unica eccezione è la grande Moschea di Roma, quanto a costruzione, spazio, garanzie statali.

Sindaco – rispondono negativamente, facendo leva sulla mancanza di personalità giuridica o dell’intesa ai sensi dell’art. 8, terzo comma, della Costituzione.

Si è cercato di aggirare l’ostacolo, da parte di certi gruppi confessionali, creando delle vere e proprie “Associazioni”, aventi capacità di acquistare e di alienare, o delle Onlus156.