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La mostra ‘La romanizzazione dell’Etruria Il territorio di Vulci’

2.1 Storia delle collezion

2.2 Il Progetto Etruschi, verso la nascita del Museo Archeologico di Orbetello

2.2.1 La mostra ‘La romanizzazione dell’Etruria Il territorio di Vulci’

Come si è già detto la mostra ‘La romanizzazione dell’Etruria. Il territorio di Vulci’ rientrò nel Progetto Etruschi che individuò nell’edificio della polveriera del potenziale per divenire Museo. La mostra rappresentò una tappa importante per Orbetello poiché pose le basi per la costituzione di un Museo del territorio.

L’idea iniziale fu quella di affrontare il fenomeno della romanizzazione per tutta l’Etruria ma il ritardo degli studi sulla romanità in Etruria e i limiti finanziari, di tempo e di spazio consigliarono di rinunciarvi, fu quindi pensato di illustrare la romanizzazione di uno solo fra i centri etruschi, quello di Vulci. La scelta ricadde su Vulci perché in antichità rappresentava uno dei centri più importanti della zona, controllava infatti un’ampia area di questo territorio. Inoltre rientrava tra i centri più precocemente e intensamente romanizzati che coincideva con un comprensorio il cui grande patrimonio naturalistico e culturale doveva essere valorizzato46.

Negli anni in cui fu allestita la mostra le ricerche archeologiche condotte in quel territorio erano giunte ad un sufficiente grado di maturazione per poter essere mostrate. Si trattava dei risultati ottenuti dagli scavi effettuati presso la Villa di Settefinestre e la colonia romana di Cosa (che in quegli anni era stata scavata dalla Accademia americana di Roma) oltreché dei risultati ottenuti dalle ricerche archeologiche svolte nel territorio vulcense da parte della Soprintendenza per l’Etruria Meridionale e dalle ricerche topografiche condotte nel cosano e nella valle dell’Albegna (che rientravano nel progetto South Etruria Survey cominciato negli anni Cinquanta)47. I materiali esposti durante la mostra provenivano da queste aree archeologiche che dovevano rappresentare quella fase comunemente definita con il termine

‘romanizzazione’, alla base di questo progetto c’era infatti il grande tema ‘Buongiorno Etruschi’ che, come abbiamo già avuto modo di accennare, voleva porre luce sulla vita quotidiana di questo popolo, in questo caso era ben documentata dalle strutture insediative e dai manufatti provenienti dalle città romanizzate (Vulci) e da quelle fondate (Cosa) oltreché dalle tracce di vita nelle campagne locali provenienti da ville, fattorie e villaggi (le ville dell’agro Cosano).

Gli ambienti della polveriera vennero restaurati dalla Soprintendenza dei monumenti di Siena e in tale occasione ci fu la possibilità di creare una sorta di allestimento sperimentale di una prima sezione del museo. L’idea era quella di fondere insieme lo scritto e le illustrazioni con i materiali archeologici, due mostre in particolar modo furono scelte come ‘esperienze-guida’ da seguire anche nel caso di Orbetello: ‘Schiavi e padroni nell’Etruria romana48’ (riguardante lo scavo di Settefinestre) e ‘Misurare la terra’49

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46 CARANDINI A., La romanizzazione dell’Etruria. Il territorio di Vulci. Catalogo della mostra, pp. 21, 1985 47 CARANDINI A., La romanizzazione dell’Etruria. Il territorio di Vulci. Catalogo della mostra, pp. 22-23, 1985 48 CARANDINI A., SETTIS S., ‘Schiavi e padroni nell’Etruria romana. Catalogo della mostra’, Bari, 1979.

49 SETTIS S., PASQUINUCCI M., ‘Misurare la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano. Il caso modenese.

40 Modena (riguardante il fenomeno della centuriazione), queste due esperienze furono importanti perché si basavano sulla narrazione storica ragionata più che sul feticismo degli oggetti e furono significative per la divulgazione delle informazioni archeologiche. La mostra di Orbetello fu un ulteriore modo per

sperimentare al meglio il raccordo fra apparato esplicativo e documentazione materiale. La nuova esposizione pensata per Orbetello doveva apparire in primo luogo, più che una raccolta di oggetti, un riflesso riassuntivo del territorio circostante, ricostruito in modo comprensibile a tutti.

La polveriera era un grande ambiente rettangolare a volta, spezzata solo dalle quattro finestre laterali, quindi le caratteristiche dello spazio suggerivano di lasciare il più possibile libere le pareti perimetrali a causa dell’attacco basso della volta e di concentrare le vetrine, gli oggetti e i pannelli verso il centro della stanza. Questo permetteva di formare un percorso anulare con entrata e uscita allo stesso punto per ciascun piano. L’asse centrale invece fu modulato, sia per variare il percorso e articolare le sezioni della mostra, sia per accentuare le caratteristiche dello spazio. In corrispondenza delle finestre laterali (dove l'asse longitudinale interrompe e cambia direzione formando spazi precisi) era possibile avere la visuale di tutta la larghezza dell’ambiente (Fig. 12). L’asse si trasformava in ‘serpentone’ che all’inizio di ogni sezione cambiava direzione ed era formato da elementi modulari componibili, vetrine e pannelli che si alternavano secondo l’esigenza del materiale esposto. Un elemento curvilineo di raccordo fra i tratti lineari serviva da base per gli oggetti grandi che non avevano bisogno di vetrine, ciò permetteva una pausa visuale nel percorso.

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Figura 12. In alto planimetria del piano terra della ‘Mostra la Romanizzazione dell'Etruria. Il territorio di Vulci’. In alto il primo piano futura sede del Museo Archeologico di Orbetello.

Per accentuare l’aspetto del racconto continuo e per soddisfare vari livelli di approfondimento da parte di un pubblico eterogeneo, fu deciso di inserire sopra ogni vetrina e sopra ogni pannello un testo a caratteri grandi che riassumeva tutti i temi della narrazione.

Come contrappunto al ‘serpentone’ centrale, erano sistemati negli spazi laterali grandi plastici, eseguiti appositamente per la mostra, per illustrare alcuni degli esempi più significativi dell’architettura della romanizzazione e oggetti di notevoli dimensioni quali alcuni affreschi e mosaici appositamente ricostruiti provenienti dalla villa di Settefinestre, montati su supporto50.

L’illuminazione artificiale dell’ambiente era affidata a lampade al quarzo inserite nel ‘serpentone’ centrale che, orientate verso la volta, riflettevano la luce indirettamente sugli oggetti.

La mostra ‘la romanizzazione dell’Etruria, il territorio di Vulci’ doveva diventare un’esposizione permanente e costruire la base del museo del territorio, come auspicava già dagli anni Settanta l’Amministrazione Comunale, il progetto però non fu portato a termine e la Mostra dovette chiudere nell’Ottobre del 1985.

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