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2.1 Storia delle collezion

2.4 Il Museo Oggi, funzionamento e gestione

2.4.1 Il percorso museale

Per accedere al Museo Archeologico di Orbetello si deve percorrere una piccola scalinata esterna all’edificio che ci conduce alla porta d’ingresso del Museo.

Appena varcata la porta troviamo alla nostra destra la biglietteria e alla nostra sinistra un piccolo

bookshop dove sono in vendita alcuni testi scientifici riguardanti la storia del territorio orbetellano. I libri sono esposti su una struttura in ferro verniciato di grigio che richiama lo stile delle basi delle vetrine, lo stesso materiale è stato usato per il tavolo della biglietteria (Fig. 14).

44 Nel progetto iniziale dell’Architetto Franco Ceschi51

erano previste delle postazioni informatiche

interattive che permettevano di accedere a delle informazioni aggiuntive sui materiali esposti, i computer dovevano essere posizionati sui piani che attualmente funzionano da base per i libri, lungo il percorso e a ridosso delle pareti troviamo due computer che ci consentono di approfondire e localizzare

geograficamente i siti archeologici dai quali provengono i reperti esposti nelle teche.

Le teche sono posizionate al centro dell’edificio lasciando quindi le pareti spoglie, si crea in questo modo un forte contrasto tra i reperti esposti e l’edificio che funge da contenitore permettendo di ammirare anche la struttura; sarebbe interessante inserire un pannello che spieghi la storia dell’edificio e la sua funzione, non si tratta infatti di un edificio privo di valore storico, è anch’esso un monumento degno di essere valorizzato e conosciuto.

La scelta di collocare le teche nella parte centrale ricorda in parte il progetto adottato per la mostra ‘La

romanizzazione dell’Etruria, il territorio di Vulci’ anche se nell’attuale allestimento le teche sono

separate in più unità espositive.

Le teche sono cinque e risultano disposte con orientamento diagonale rispetto alle pareti del vano, tra di loro sono aperte a ventaglio, in questo modo si creano degli spazi vuoti dove sono state collocate delle vetrine più basse che espongono quegli oggetti di piccole dimensioni, come le monete, le fibule e le

51 POGGESI G., ‘Il Museo archeologico di Orbetello. Le collezioni’, 2010 Fig. 14 Il bookshop

45 fuseruole.

Fig. 15 Visuale del Museo

La direttrice di visita del Museo ha due direzioni, una di andata e una di ritorno (vedi immagine in alto); il percorso di visita è indicato con dei numeri progressivi da 1 a 27 che sono stati collocati sui pannelli, questo elemento è molto utile per aiutare il visitatore a percorrere il Museo.

Nella direzione di andata si visita la ‘faccia’ della vetrina che guarda verso la parete di fondo del Museo (quindi il lato destro); nella direzione di ritorno invece si visiteranno le pareti della teca che guardano in direzione della porta di ingresso (cioè il lato sinistro).

Percorso di andata Percorso di ritorno

46 Le vetrine sono divise in sezioni: ogni singola vetrina accoglie reperti divisi per tipologie, la prima ad esempio, nella sua direzione di andata, è divisa nella sezione preistoria e protostoria, età orientalizzante e in una sezione dedicata alle armi e alle attività domestiche.

La prima vetrina conserva le più antiche testimonianze provenienti da questo territorio ma delle quali si è persa la localizzazione precisa, si tratta di strumenti pertinenti all’industria litica, ascrivibili al Neo- Eneolitico, mentre la Preistoria è documentata dai vasi cinerari di età villanoviana (forse provenienti da Terrarossa, vicino a Porto Ercole). I reperti sono sempre accompagnati da una didascalia e da un pannello, nel primo caso viene definito e datato il reperto mentre, nel secondo caso, vengono approfonditi gli aspetti riguardanti l’oggetto esposto.

L’età orientalizzante è invece documentata da vasi realizzati in bronzo, in Etruria infatti c’erano molti giacimenti minerari che costituivano un’importante risorsa economica: a sud troviamo i Monti della Tolfa dove veniva estratto il rame, il piombo, lo zinco e il ferro, mentre a nord c’erano le miniere delle Colline Metallifere dove veniva estratto soprattutto il rame, la zona di Campiglia marittima, ricca di piombo e stagno e l’Isola d’Elba importante centro di estrazione del ferro. Tra gli oggetti esposti ci sono tripodi, patere e coppe che erano usati principalmente nel banchetto aristocratico o che venivano donati ai vincitori di gare atletiche.

La terza sezione è infine dedicata alle armi e alle attività domestiche ed è approfondita anche nella vetrina bassa posta al centro in cui sono esposte armi da caccia e da guerra, quali asce e punte di lancia e oggetti attinenti la sfera femminile, come pesi da telaio e rocchetti.

Proseguendo nel percorso di visita si passa alla seconda vetrina dove sono adagiati reperti riguardanti la ceramica etrusco-geometrica (ex collezione di Raffaele Del Rosso poi donata all’Antiquarium), la ceramica d’impasto e i reperti ascrivibili alla sfera dell’ornamento e dell’abbigliamento degli etruschi, sono esposti molti bottoni, fibule, bracciali e rasoi.

Nella successiva vetrina, la terza, sono conservati i buccheri, la ceramica etrusco corinzia e gli

unguentari; ai buccheri è dato grande spazio infatti i pannelli ne spiegano approfonditamente l’utilizzo, le modalità di produzione e le forme più comunemente realizzate con questa tecnica; i buccheri provengono dalla necropoli di Orbetello, Località il Cristo (ex collezione dell’Antiquarium).

Agli unguentari invece non solo è dedicata una sezione della vetrina ma anche le più basse vetrine centrali, qui sono stati esposti un gran numero di esemplari, come unguentari di produzione etrusco- corinzia e produzione corinzia, sono inoltre esposti alcuni in alabastro (che, come i buccheri, erano collezione dell’ex Antiquarium provenienti dall’area di necropoli orbetellana).

Il percorso di visita si sposta alla quarta e penultima vetrina del percorso di ‘andata’, le sezioni in questo caso sono quattro, una dedicata alle coppe ioniche, una alla ceramica attica, una al Pittore di Micali e alla sua scuola e l’ultima alla ceramica etrusca figurata.

Le coppe ioniche ebbero grande diffusione anche in ambito etrusco, soprattutto tra la fine del VII e la metà del VI secolo a.C., tra i centri maggiormente interessati ricordiamo Caere, Tarquinia, Vulci e i rispettivi territori.

47 La ceramica attica è documentata da esemplari sia a figure nere che a figure rosse; la sezione dedicata al Pittore di Micali e alla sua scuola espone otto anforette del cosiddetto ‘gruppo di Orbetello’, si tratta di un singolo artigiano che operava nell’officina del Pittore.

L’ultima grande vetrina accoglie invece la ceramica a vernice nera e tutti quei reperti ascrivibili all’età ellenistica provenienti dalla necropoli di Orbetello

(Località di Sale) inoltre, indicata con il numero 16, c’è la sezione per le anfore, queste sono fuori vetrina e sono state adagiate su una base di metallo nell’angolo in fondo al Museo, anche in questo caso un pannello spiega nel dettaglio alcuni aspetti relativi ai reperti, come ad esempio le modalità di stoccaggio delle anfore (Fig. 16).

Tra i reperti di età ellenistica ci sono strigili e uno scudo con al centro la testa di gorgone circondata

da un articolato fregio con scene di caccia, in cui si scontrano cervidi, leoni e grifi; probabilmente questo scudo veniva applicato ad un altro, forse di cuoio, e utilizzato in ambito funerario o votivo. Lo scudo fu acquistato dal Comune di Orbetello nel 1957 e proveniente dal territorio di Pescia Romana o Pescia Fiorentina).

La teca centrale di ‘bassa altezza’ è invece dedicata agli specchi che erano costituiti da un disco circolare in bronzo e muniti di un codolo per l’inserimento del manico che poteva essere in osso o in avorio, poi sostituito, a partire dal VI secolo a.C., dal manico fuso insieme al disco, variante più economica della prima, anche questi provengono dalla necropoli orbetellana, ex collezione di Raffaele Del Rosso. Tutti i reperti fin’ora elencati appartenevano all’ex Antiquarium di Orbetello e, nella maggior parte dei casi, provengono dall’area di necropoli orbetellana (oggi periferia di Orbetello, conosciuta come

Neghelli), le prossime teche invece accolgono i materiali trasferiti, in occasione dell’apertura del Museo Archeologico di Orbetello (2004), dal Museo Archeologico nazionale di Firenze che li acquistò alla fine dell’Ottocento (quando ciò vennero portati alla luce).

Per quanto riguarda il percorso di ritorno, come abbiamo già ricordato, vengono usate le stesse vetrine ma adagiando i reperti nella ‘faccia’ posteriore. La visita prosegue con la vetrina dedicata agli oggetti

provenienti dal Poggio di Talamonaccio, sono esposti quei reperti usati durante il banchetto, altri pertinenti il mondo femminile e, nell’ultima sezione, gli elmi di bronzo.

Gli oggetti da banchetto sono databili per lo più all’età classica ed ellenistica e testimoniano la vitalità di questi centri tra IV e III secolo a.C., ma anche il ruolo importante che rivestirono per la propria posizione geografica nei traffici tirrenici e nella diffusione in Etruria delle mode e dei modelli culturali aristocratici ellenici.

La sfera femminile è invece documentata da alcuni oggetti ornamentali come una corona di foglie di alloro e bacche in oro, molto comune in Etruria nel VI secolo a.C., forse un prodotto vulcente; sono

48 presenti anche anelli ed orecchini in oro e in bronzo provenienti da Orbetello, Località il Cristo e

acquistati dal Museo Archeologico di Firenze.

L’ultima parte di questa vetrina è dedicata agli elmi in bronzo rinvenuti sul Poggio di Talamonaccio tra il 1876 e il 1877, si tratta di un tipo prodotto a partire dal IV secolo a.C. denominato ‘Montefortino’, questi due oggetti sono adagiati su un supporto in metallo che ricostruisce il profilo di un volto.

Nelle altre due sezioni sono esposti reperti provenienti dal ripostiglio del Genio Militare, rinvenuto nel 1892 sul Poggio di Talamonaccio; si tratta di modellini pertinenti la guerra e l’agricoltura, il primo aspetto è documentato dalla presenza di armi da offesa (bipenne, scuri, spade e coltelli) e da armi da difesa (elmi e scudi), in realtà la distinzione tra i due ambiti, guerriero e agricolo, non è sempre chiara: gli strumenti agricoli potevano essere usati anche durante la battaglia, le zappe ad esempio potevano essere usate per scavare le trincee.

Del ripostiglio fanno parte anche una lastra rettangolare, quattro anelli e tredici pezzi di aes rude, inoltre è bene ricordare che alcuni reperti provenienti da questo ripostiglio sono conservati al Museo di Villa Giulia a Roma, si tratta del gruppo votivo bronzeo dell’aratore di Arezzo di IV secolo a.C., in questa teca è esposta una sua riproduzione.

Interessante è un bronzetto, inv. 10646, che rappresenta un guerriero con corta tunica che si poggia sul ginocchio sinistro, armato di lancia, scudo ellittico elmo e schinieri.

La vetrina successiva è interamente occupata dai reperti rinvenuti dal Ripostiglio Vivarelli Strozzi a Talamone; si tratta di armi votive bronzee, un aratro miniaturistico, due anse conformate a figura femminile e una pisside. Un’intera sezione della vetrina è dedicata alle lance in bronzo, ci sono ventitré esemplari di punte a foglia di lauro o piramidali collocate su delle aste di legno che ricostruiscono quelle che dovevano essere le dimensioni originali delle lance, queste sono state allacciate alla parete tramite dei ganci in vetro trasparente posti alle due estremità, mentre le altre punte di lancia sono state adagiate sulla base della vetrina (figura in basso).

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Fig. 17 Lance da Talamonaccio

Tra questa vetrina e la successiva c’è una di bassa statura di larghezza superiore rispetto alle altre dove sono adagiati i ferri del Poggio di Talamonaccio, si tratta di armi realmente usate nelle battaglie come punte di lancia, punte di giavellotto e parti di fodero, tra gli oggetti agricoli ci sono pale, forcone, vanga, falci e una zappa, tutti questo oggetti in ferro testimoniano la presenza sul colle di Talamonaccio di una fiorente attività metallurgica.

La penultima vetrina accoglie la ceramica comune di età ellenistica e romana (testimoniata da anfore, olle e unguentari), le lucerne e la ceramica sigillata. La vetrina posta centralmente tra le ultime due teche

50 accoglie alcuni esemplari di monete, collocate seguendo un ordine cronologico: dagli esemplari più antichi a quelli più recenti.

Infine l’ultima vetrina del percorso di visita è dedicata alla produzione di mattoni e tegole in età romana, imoltre accoglie un grande plastico del territorio di Orbetello: a nord fino a Talamone, a sud fino a Capalbio, fino al mare a ovest e fino all’entroterra maremmano a est; qui sono evidenziati i siti archeologici dai quali provengono i reperti.

Alla destra di questa sezione, in una nicchia dell’edificio, sono adagiati sul pavimento, senza alcuna protezione, delle basi di colonne la cui provenienza risulta incerta.

2.4.2 Le vetrine

Come già si è osservato le vetrine sono essenzialmente di due tipi, le grandi vetrine contenitore e le vetrine di modulo più piccolo, con piano inclinato, che accolgono i reperti di piccole dimensioni. Le grandi vetrine sono rettangolari, alte tre metri e lunghe cinque metri circa, i loro quattro lati sono interamente vetrati e blindati permettendo in questo modo la visita su ogni lato, si tratta di vetri in cristalli temperati o stratificati.

La base di ogni vetrina è costituita da uno zoccolo di lamiera alto circa sessanta centimetri e verniciato con polveri epossidiche grigio chiaro sul quale sono posti i supporti per i reperti. Lo stesso rivestimento in

51 lamiera grigio chiara si ha per la parte superiore della vetrina, dove una cornice contorna le lampade per l’illuminazione. Le luci interne alle vetrine provengono infatti dall’alto, si tratta di una luce bianca diffusa52.

L’illuminazione esterna alle teche è costituite invece da tre piccole lampade collocate per ognuno dei due lati lunghi dell’edificio, si tratta di un’illuminazione tenue e rivolta verso il soffitto; da questa scelta consegue che la focalizzazione dell’attenzione si sposta esclusivamente sulle vetrine che sono invece ampiamente illuminate.

Le pareti divisorie interne suddividono la vetrina delimitando gli spazi di esposizione dei reperti e ospitando l’apparato didascalico, i reperti sono collocati o su mensole in vetro trasparente o su dei piani rialzati, questi ultimi possono essere di varie altezze, si creano in questo modo diversi scorci prospettici permettendo di collocare alcuni reperti in primo piano ed altri in secondo piano, i piani di appoggio per i reperti sono in ferro verniciato di una tonalità di azzurro chiaro.

Fig. 20 Reperti collocati o su piani di diverse altezze o su mensole di vetro

Come abbiamo già detto le vetrine più basse sono quelle poste al centro tra una teca e l’altra sono alte circa un metro, la cui base è costituita dallo stesso materiale delle altre vetrine, cioè lamiere grigie chiare, la teca è vetrata e, oltre ad ospitare i reperti, accoglie le didascalie e dei piccoli pannelli.

La tipologia delle vetrine di grandi dimensioni trova un possibile confronto con quelle del Museo di Villa Giulia a Roma, allestito sempre dall’Architetto Franco Ceschi.

Anche in questo caso si tratta di contenitori di grandi dimensioni completamente vetrati, la base delle vetrine funge anche da cassetto per contenere quei reperti che non sono stati esposti. Nelle teche del Museo di Villa Giulia è stato scelto un altro colore, più scuro e tendente al nero ma la forma è molto

52 simile a quella scelta per Orbetello inoltre anche in questo caso è prevista la visita ad entrambi i lati di alcune vetrine che non sono appoggiate al muro.

La scelta di collocare i reperti su piani di diverse altezze la ritroviamo a Lecco nel Civico Museo

Archeologico che fa parte del Sistema Museale Urbano Lecchese, dove sono esposti i reperti provenienti dal territorio limitrofo. Il progetto di allestimento di questo Museo è stato realizzato dal Laboratorio Museotecnico di Milano, affiancato dal direttore dei Musei Civici Gian Luigi Daccò insieme al referente scientifico del Museo Michela Ruffala.

Nelle immagini in basso sono riportate due teche del Museo che in parte ricordano le scelte fatte per il Museo di Orbetello, anche nel caso di Lecco si è scelto di posizionare i reperti su piani di diverse altezze, osservando le immagini si può notare infatti che i reperti sono poggiati su supporti di diverse altezze che, anche in questo caso, danno la possibilità di rendere visibili tutti i reperti anche quelli posti a ridosso della parete della teca.

Altre somiglianze si trovano nella struttura delle teche, la seconda immagine in basso riporta una teca con i reperti di età romana, si tratta di vetrine a nastro in lamiera verniciate di grigio come nel caso del Museo di Orbetello. La morfologia generale è simile a quelle scelte per Orbetello, uno zoccolo su cui posa l’intera struttura e una parte centrale completamente vetrata dove sono esposti i reperti. Anche la scelta dell’illuminazione è molto simile, si tratta di una luce diffusa di una tonalità chiara proveniente dall’alto.

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2.4.3 L’Apparato informativo nel Museo Archeologico di Orbetello. Pannelli e