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Nazionalcattolicesimo, pragmatismo e liberalismo moderato nel nazionalismo basco (1903-36)

Come riconosce lo storico José Luis de la Granja, il Partido Nacionalista Vasco degli anni trenta assomigliava a un «conglomerado ideológico» capace di comprendere le più diverse posizioni teoriche, dal vecchio integrismo alle nuove istanze aperturiste in senso liberale e democratico cristiano77. In questo senso, il PNV del primo quarto di secolo può difficilmente essere considerato come un partito nazionalcattolico, sebbene il nazionalcattolicesimo fosse l'ideologia originaria e appartenesse all'influente corrente integrista di Luis Arana. A partire dalla Repubblica il pragmatismo di una nuova generazione e la graduale associazione tra nazionalcattolicesimo ed españolismo, farà uscire il partito dall’immobilismo ideologico dei veterani di Euskeldun Batzokija e da quello che impropriamente verrà definito “aranismo”.

La morte di Sabino Arana il 25 novembre 1903 aveva aggravato la storica divisione tra radicali e moderati, lasciando irrisolto un impossibile chiarimento teorico; che segnerà per Santiago de Pablo y Ludger Mees la natura “pendolare” del PNV (successivamente integrata e metabolizzata come strategia cosciente e funzionale del movimento). Inizialmente tuttavia, e fino all’uscita di scena di Luis Arana, la sfida non sarà tra due opposti integrismi (divisi tra regionalismo e separatismo), riguardando piuttosto la fedeltà all’originaria natura confessionale del nazionalismo. Alla scomparsa di Sabino, il partito si trovava diviso tra una presidenza ortodossa, rappresentata da Ángel Zabala (1866-1940), e l'opposizione politica e finanziaria di Ramón de la Sota (1857-1936), che si manifestava attraverso il gruppo editoriale nazionalista di “Euskalduna” (los fenicios). La dirigenza vizcaína traeva invece legittimazione dall’aver partecipato alla fondazione del movimento, rientrando dal principio nella ristretta cerchia dei fratelli Arana-Goiri.

Nella parabola politica della destra integrista (bizkaitarra) si possono riconoscere alcune periodizzazioni fondamentali, che comprendono l'autocratica gestione di Luis Arana (1908-1915), la scissione di Euzkeldun Batzokija (1916-1921),

l'integrazione dei “veterani” nel PNV Aberriniano (1921-1930), la riunificazione di Vergara nel segno del Primitivo Nacionalismo (1930-1933) e la graduale emarginazione politica di Luis Arana e del suo jelismo nazionalcattolico. Dalla scissione di Euzkeldun Batzokija nel 1916 al Congresso di Tolosa nel 1933 saranno invece quattro le principali correnti a contendersi l'egemonia sul nazionalismo; comprendendo l'integrismo di Luis Arana, un centro pragmatico ancorato alle posizioni di Engracio Aranzadi (1873-1937), un minoritario nazionalismo liberale (già emergente all'interno del gruppo di “Euskalduna”), e la tendenza socializzante dei giovani aberriniani.

Per moderare la tensione interna si propose in un primo tempo la redazione di un comune manifesto programmatico, basato sul riconoscimento governativo di quei diritti storici (Los Fueros) che, almeno secondo l’interpretazione “soberanista” di Sabino Arana, avrebbero rappresentato il corpo legislativo e istituzionale dell'indipendenza euskerica. Il testo, approvato nel 1906 con il titolo Manifiesto y organización del Partido Nacionalista Vasco non risolse la strutturale divisione del movimento (sia pure evitandone la scissione), offrendo maggiori margini d'azione elettorale ai moderati e soddisfando gli ortodossi nell’affiliazione su base etnica, che richiedeva al sollecitante che almeno uno dei suoi quattro cognomi fosse di provenienza autoctona. Il documento si occupò anche della costituzione dei Batzoki come cellule della futura società basca, di politiche in difesa della razza e della «represión de la blasfemía, de la criminalidad, del alcoholismo, del juego, de la prostitución, de espectaculos públicos immorales y antivascos»78.

Successivamente, il ritorno politico di Luis Arana e la sua elezione nel 1908 alla presidenza del partito sancì la vittoria del nazionalismo integrista, rinforzato dalla rifondazione di Euzkeldun Batzokija come partito nel partito al servizio di Luis Arana e dei veterani del movimento. A partire da questa data, alla corrente moderata di “Euskalduna” si aggiunse quella possibilista e pragmatica di Engracio Aranzadi, che gradualmente riuscì a svincolarsi dalla dirigenza vizcaina.

Sul versante ortodosso la pubblicazione di Ángel de Zabala Historia de Bizkaia (1909) propose l'ambigua formula rappresentata dal nazionalismo “individualista”

78. Manifiesto y Organización del Partido Nacionalista Vasco (1906), F.S.A., Pnv_Nac_Ebb, K. 00317, C. 5.

(come massima estensione della vocazione confederale di Luis Arana), divenendo oggetto di una pesante disputa tra il PNV e il vescovo di Vitoria José Cadena y Eleta (1855-1918)79. Lo scontro traeva origine dall’irritazione ecclesiastica verso un partito che, in un momento di generale crescita dei movimenti operaisti, rischiava di rompere l’unità politica dei cattolici. A questo proposito va segnalata la pressione esercitata sul PNV (a partire dal 1907) perché si integrasse nei blocchi elettorali cattolici e sul clero locale perché vigilasse sul radicale «Bizkaitarrismo» di alcuni sacerdoti locali, che «con su actitud separatista, no solo pierden el espiritu de orden, sino que se hacen odiosos al gobierno y a la nación»80.

Per Zabala, più semplicemente, si trattava di integrare gli individui (come possessori del diritto naturale) alla «ley de Dios, y [...] de la caridad evangelica»81. In particolare, la razza e la storia politica di Euzkadi sarebbero espressioni di un immemorabile «dignisimo sentimiento individualista».

Mi razón es en esto tan individualista como lo es en aquello sociológico, no admitiendo infalibilidades fuera de Dios y de su Vicario el Papa, y complaciéndose en creer que la razón de un hombre, razón limitada y finita siempre en todos, no tiene mas autoridad que la razón de otro hombre, ni más peso que el peso que arrojan los argumentos que exponga82.

Piuttosto che differenziare l’ordine político da quello religioso, Zabala opta per liberare l’uomo dalla soggezione politica, dal momento che «la ley moral basta ella sola para regular toda clase de relaciones humanas, así privadas como publicas»83, tenendo

79. «La obra del señor Zabala está inficionada de un individualismo erróneo y pernicioso que desfigura por completo a la sociedad civil entendida según los principios de la Filosofía Cristiana y aun a la misma familia». La Censura, Advertencias, in A. de Zabala Ozamiz-Tremoya, Defensa del libro Historia de

Bizakaia de Zabala eta Otzaiz-Tremoya: condenado por el Señor Obispo de Vitoria y dispuesta por el autor para la Sagrada Congregación Romana del Indice, Bilbao, Sociedad Bilbaína de Artes Gráficas,

1910, p. 19. Al seguito della condanna lo stesso Zabala fu costretto a riconoscere come il testo fosse scritto «con sobrada precipitación» e che «el escrito en general falta de orden, de claridad y de pulimento, y hay además unos conceptos que sin necesitad se repiten una y mas veces, y otros que por haber cambiado el autor de opinión sobre algunos puntos durante el tiempo de trabajo, se contradicen abiertamente entre si» A. de Zabala Ozamiz-Tremoya, Advertencias, in Ivi, p. 4.

80. Circular del Sr. Nuncio de Madrid a los religiosos regulares, F.S.A., PNV_Nac_Ebb, K. 000221, C. 27, cit., p. 1.

81. Á. de Zabala, op. cit., p. 36. 82. Ivi, cit., p. 48.

conto che se «el hombre no se bastara, la Iglesia y nadie mas que la Iglesia es la custodia legitima del Dogma y la Moral»84.

El juicio y la autoridad de Dios y por lo mismo el juicio y la autoridad de su iglesia, son superiores al hombre, y merecen, por lo tanto, todo su acatamiento y sumisión: a diferencia del juicio y de la autoridad de los hombres, que como tales no ofrecen ningún titulo al acatamiento y sumisión de los demás hombres85.

Con maggiore originalità, Zabala si allontò dal corporativismo nazionalcattolico (dalla famiglia al municipio), decidendosi per un ambiguo individualismo morale, legato direttamente a Dio e al suo vicario. Tale superiorità della morale religiosa e della Chiesa si risolveva però in un impossibile storico, laddove riconosceva come ingiusta qualsiasi ribellione verso l’ordine costituito.

Nella sua opera, i riferimenti al libero arbitrio (come base della costruzione nazionale) non evitavano, la totale condanna di quelle idee individualiste e razionaliste che (a partire dalla riforma protestante) si erano diffuse nel mondo. Sebbene Zabala fosse interessato ad approfondire il carattere autonomista della razza basca (nel quadro di una naturale soggezione all'autorità ecclesiastica) la polemica ne comportò il ritiro dalla politica attiva, favorendo l'ascesa di Luis Arana al ruolo di incontrastato “censore” dell'ortodossia nazionalista.

Se l’individualismo di Zabala pretendeva basarsi sulla nobiltà e l’uguaglianza ancestrale dei baschi 86, ad esso si preferì una più tradizionale religiosità corporativa, associata al maggiore autoritarismo organizzativo del partito di Luis Arana (sanzionato dalle assemblee nazionali di Elgoibar nel 1908 e di Zumarraga nel 1914). La soggezione del partito alle gerarchie ecclesiastiche provocò tuttavia l'allontanamento di quegli elementi (ancora minoritari), che possedevano una vocazione maggiormente liberale.

La scissione promossa da Francisco de Ulacia (1863-1936) anticipa un progressivo scollamento tra i quadri intermedi e la presidenza, giudicata conservatrice, autoritaria e strategicamente impreparata alle esigenze del partito. La Prima Guerra

84. Ibidem. 85. Ivi, p. 87. 86. Ivi, p. 203.

Mondiale mostrò il diverso approccio internazionale di Engracio Aranzadi (direttore della rivista “Euzkadi” e sostenitore della causa alleata) da quella di Luis Arana, vicino idealmente all’autoritarismo prussiano. Alle discrepanze strategiche e teoriche dei due dirigenti nazionalisti si sommarono, verso la fine del 1915, il forte debito economico, il patto elettorale tra Luis Arana e i datisti e la lotta per il controllo di “Euzkadi”. La conseguente scissione di Luis Arana e del gruppo veterano associato in Euskeldun Batzokija, rappresenterà un fondamentale passaggio nel superamento dell’integrismo jelista, favorendo il pragmatismo elettorale della Comunión Nacionalista Vasca.

A partire da tale frattura nelle posizioni di Aranzadi l’immaginazione della razza basca come “nacionalidad perfecta” prese il sopravvento sulla precedente vocazione etno-religiosa. Piuttosto che perseguire la retorica jelista, il discorso si centra sul wilsoniano principio di nazionalità.

La doctrina nacionalista, de interés universal, desde que estalló la Gran Guerra en que el mundo se deshace, fue para nosotros los patriotas vascos, el tema, único en lo puramente humano, que absorbió cuanto éramos, desde el día primero de nuestra vida pública87.

Naturalmente, il sostegno alla causa alleata non comportava l'accettazione tout court del pluralismo liberale ed Aranzadi rimase legato a una concezione uniforme e organica della rappresentanza, dal caserío allo Stato. In particolare la nazione andava intesa come «toda agrupación de familias de una raza, que viven en territorio propio, mostrando su personalidad étnica, con la singularidad de su idioma y la singularidad de su gobierno o instituciones»88. La nazione era comunque intesa anche come fatto linguistico e culturale, indipendentemente dalle diverse elucubrazioni genealogiche o mitiche riguardanti le origini. Lo studio antropologico dei baschi come Raza isla (con riferimento all’impostazione di Élisée Reclús), non comportava nessun valore aggiunto sul piano morale, limitandosi a provare (sul piano etnico e filologico) l’esistenza di una nazione basca.

87. E. de Aranzadi Etxebarria, La nación vasca, Bilbao, Pizkundia, 1918, cit., p. 8. 88. Ivi, p. 29.

Nada nos preocupa que vinieran del Asia Menor, o del África, o del Norte de Europa, o de la América por la Atlántida. ¿Por qué reñir por esas inocentadas? Todo lo aceptamos a beneficio de inventario. Nos importa probar, que somos. No, lo que fuimos. Nos importa atestiguar que existimos como colectividad nacional; no que venimos por línea de varón de Sem o de Jafet, o que llegamos aquí por el Norte o por el Sur89.

Si ribadiva, sottolineandone il carattere democratico, l'antica uguaglianza universale dei baschi, associata all’arcadica visione del caserío. I baschi, per Aranzadi, furono ugualmente nobili e su tale nobiltà si sarebbe fondata la democrazia basca. Nel caso di Guipuzcoa, terra natale di Aranzadi, «los guipuzkoanos, todos, se encontraban capacitados para presidir un municipio o presidir el Congreso guipuzkoano, abandonando, como sucedió, no pocas veces, la azada o lezna que recogían al siguiente día»90. In generale «se exigía, para elegir o ser elegido, la condición de hijosdalgo, pero la hidalguía o nobleza de sangre se acreditaba, cuando se imponía la prueba, por la oriundez guipuzkoana o bizkaina»91. Citando l’opera di Sabino Arana e la “ley natural” della Chiesa, Aranzadi osservava come l'amore per la terra dei padri rientrasse tra i doveri cristiani, con l’eccezione significativa del popolo ebraico che, in quanto deicida, si poneva fuori dalla “ley natural” del patriottismo.

Negli stessi anni Jesús de Sarría, direttore della rivista culturale “Hermes” (1917-1922), riformulò il nazionalismo su basi più laiche, promuovendo una minoritaria corrente nazionalista (sebbene influente sul piano sociale ed economico). Tra le sue opere più significative meritano di essere citate le opere Ideología del nacionalismo vasco (1918), lo scritto riformista e aperturista verso sinistra Oligarcas y ciudadanos (1919) e Patria Vasca (1920).

Per Sarría la nazione nasceva dall’insieme dei suoi elementi sostanziali (razza, lingua e tradizioni storiche), rimanendo in ogni caso vincolata a una scelta collettiva e individuale. L’opera di Sabino Arana non andava compresa in un senso dogmatico, essendo l’espressione casuale e subcosciente di una sepolta nazionalità. In generale non sarebbe stato conveniente rompere il legame sentimentale con lo Stato spagnolo, sia pure ridiscutendo l’associazione Spagna-Castiglia in direzione di una federazione di

89. Ibidem. 90. Ivi, p. 47. 91. Ibidem.

libere nazionalità (inclusiva del Portogallo). In questo senso, superando l'antico etnicismo escludente, si riconosceva che «Euzkadi, Castilla, Cataluña, Galicia y otros pedazos de tierra ibérica son nacionalidades ya resucitadas o en vías de resurrección»92. In qualche modo Sarría si faceva portavoce di uno spirito “rigenerazionista” condividendo l’analisi di Ortega y Gasset sui mali della nazionalità spagnola, da rinvigorire attraverso i nazionalismi periferici93. La sua interpretazione delle tradizioni basche variava significativamente dalla ricostruzione etno-religiosa dell’integrismo, cercando una connessione con le posteriori formulazioni costituzionali.

Nuestra sangre es sangre de verdadera democracia: pueblo de nobleza universal, que quiere decir, no de privilegios universales, sino de igualdad de ciudadanía. Somos nobles todos los vascos porque no contiene nuestro organismo social ninguna clase sellada históricamente de servidumbre94.

Per Sarría la restaurazione della libertà basca era in primo luogo restaurazione della democrazia, adattata al moderno costituzionalismo e alla vocazione industriale e commerciale delle province basche. In Patria Vasca si ricordava come l’autonomia di Euzkadi dipendesse unicamente dalla sua volontà collettiva, piuttosto che dalla purezza etnica o religiosa95. La dottrina basca «exige una pluralidad de funciones y una tal cuantidad para percibir y reaccionar, que no es extraño que nos sintamos un poco inquietos»96. L’elemento cattolico dei Paesi baschi non poteva però negare che «todos los ciudadanos disfruten de la misma igualdad absoluta que pueda disfrutarse en cualquier otra agrupación civilizada del mundo»97. Le ragioni pratiche della proposta regionalista erano sintetizzate da quattro “imperativi nazionali”, riferibili alla questione

92. J. de Sarría, Ideología del nacionalismo vasco, Bilbao, E. Verdes, 1918, p. 102.

93. «Los males de que sufre el Estado español son una enfermedad orgánica, una derivación de la falsa concepción que le dio origen. El mismo Ortega Gasset, glorioso castellano, ha reconocido en lo fundamental esta tesis. La ha envuelto en ropaje castellano, pero la ha expuesto, en el fondo, casi tan brutalmente como la manifiesta nuestro nacionalismo. Ha reconocido que faltando una emoción nacional – se refiere a la emoción nacional de España suponiéndola nación – hay que recurrir para salvar al estado español a la emoción de los pueblos que lo constituyen». Ivi, pp. 118-119.

94. Ivi, p. 57.

95. «Concluyeron ya, felizmente, las luchas religiosas, y en ningún pueblo civilizado se presentaron conflictos serios por cuestiones de conciencia. Los hombres han comprendido, al fin, la inutilidad de esas batallas». J. de Sarria, Patria vasca, Bilbao, Editorial Vasca, 1920, p. 108.

96. Ivi, p. 47. 97. Ivi, p. 110.

economica, sociale, linguistica e culturale98. L’imperativo di tutela economica, con una speciale dedica a Ramón de la Sota, sottolineava lo speciale impegno che «el nacionalismo tiene que ejercer para la conservación del patrimonio»99. Un pragmatismo che lo portava a sostenere la paziente opera della CNV, contro l’«extasis» santa ma ingenua del nazionalismo ortodosso100. Fortunatamente, per Sarría, alla seconda opzione «participan muy pocos [...] que, viendo a la Patria en Jirones, quisieran encerrarse en ella para reconstituirla en toda su pureza, para crearle una alma y una civilización exclusivamente vasca»101.

Proveniente dal gruppo di “Euskalduna” e collaboratore di “Hermes”, anche Eduardo Landeta (1862-1957) appoggiò l'evoluzione liberale del nazionalismo, arrivando a domandare ai dirigenti ortodossi fino a quando «van a conservar insepulto el cadáver y las practicas de Sabino Arana y Goiri?»102. In questo senso si ridiscuteva il principio sovranitario dei Fueros, che continuava ad essere uno dei collanti del programma nazionalista, sottolineando la graduale e volontaria perdita d'indipendenza dei baschi (e la commistione etno-linguistica tra baschi e castigliani). In generale si trattava, per Landeta, di portare a compimento un processo di modernizzazione del partito nazionalista, che riconosceva nell'elemento volontarista la base preminente della nazionalità.

El nacionalismo vasco es un todo idéntico al nacionalismo de cualquier otra nación con las variantes correspondientes a su particularidad de historia, de raza y de lengua, y en consecuencia de esto, yo tomo para mí, respetando como es natural toda opinión que se pronuncie en otro sentido, que nacionalismo vasco no es la doctrina de Sabino Arana ni de otro vasco cualquiera, si no que es la afirmación de la nacionalidad vasca; si no que es la adhesión efectiva y eficaz a su nacionalidad y a cuánta a ésta le pertenezca, que sientan los vascos para su nación.103

98. «El pueblo vasco tiene una enorme masa de labradores, obreros y empleados de todas las categorías e industrias. Organizaciones no vascas ejercen influencias sobre ellos. Seria lamentables que ellas pudieran darle lo que no pudiéramos darles nosotros». Ivi, p. 83.

99. Ivi, p. 68. 100. Ivi, p. 100. 101. Ivi, p. 101.

102. E. de Landeta Aburto, Los Errores del nacionalismo vasco y sus remedios: conferencia leída en los

salones del Centro Vasco por Eduardo de Landeta Aburto el día 5 de mayo de 1923, Bilbao, Imprenta y

librería de J. Santos, 1923, p. 11. 103. Ivi, p. 16.

In questo senso, «la situación actual del nacionalismo vasco en Euzkadi (Partido o Comunión, pues ambos en ella pusisteis vuestras manos y ambos me son igualmente indiferentes, pero no así el nacionalismo) no representa otra cosa en definitiva que el natural epilogo de una larguísima historia de errores y desaciertos»104. Anche Landeta (in attesa che il popolo maturi liberamente una coscienza nazionale) si indirizza verso la prospettiva autonomista, con larghi poteri nell’ambito amministrativo e fiscale e con l’uso “forale” del contingente militare entro i limiti regionali. Un’autonomia spirituale che sappia riallacciare i rapporti con l’emigrazione basca in America e allontani i pericoli e le velleità della proposta separatista.

Se la corrente di Landeta, laica e regionalista, anticipa l’esperienza politica di Acción Nacionalista, quella vicina a Luis Arana ribadiva la natura eminentemente cattolica e religiosa del nazionalismo, senza la quale l’unità etnica e morale dei baschi avrebbe perso di significato. A conseguenza della fusione tra Euzkeldun Batzokija e Aberri l’integrismo cattolico nazionalista recuparava forza e credibilità, spingendo Luis Arana a una progressiva definizione del suo pensiero (riassunto dalla sua vocazione confederale e jelista).

La ricostituzione dei sei «ex-Estados históricos Vascos» va accettata «como obra natural de la vida de la raza», estranea ai modelli latini centralizzatori. Il carattere confederale apparteneva da tempi immemorabili all'anima dei vizcaini che «libremente se confederaron formando sus republicas llamadas ante-iglesias, y a su vez estas ante- iglesias se confederaron formando las merindades»105. L’anima bizkaitarra di Luis Arana associava la direzione politica dei veterani di Euzkeldun Batzokija ad una sorta di primato morale di Vizkaya nella gestione nazionale basca, dal momento che «los bizkainos que seguimos leales a la doctrina del primitivo Nacionalismo Vasco, con Sabino, nos gloriamos de la singular y alta generación y constitución primitiva (tengase presente) de Bizkaya en la libertad»106. I caratteri autonomisti dei vizcaini «legitiman nuestro orgullo porque acreditan la existencia de las virtudes de nuestros antepasados como connaturales a nuestra raza en la libertad», sia pure con l’amara amissione che «hoy debemos confesarlo rebajadas las virtudes de nuestra raza hasta casi llegar al nivel

104. Ivi, p. 18.

105. El unitarismo de la Comunion crea el “separatismo interior vasco”, F.S.A., HAG, K. 00018, C. 7 106. Ibidem.

de los pueblos llamados latinos (lo decimos con honda pena) no podríamos ejercitar aquellos derechos a pleno chorro»107. L’unica speranza di salvezza risiedeva nel motto JEL del Primitivo Nacionalismo, nella missione che da Dio era stata assegnata alla razza euskaldun, nel rispetto delle proprie peculiarità e in opposizione alle correnti unitariste e individualiste; la prima delle quali accusata di proporre un «extrangero» uniformismo, la seconda di porsi fuori dalla patria nella proposizione di un individualismo «ageno» alla popolazione108.

Per l’ortodosso Ceferino de Jemein (1887-1965) in Sólo JEL basta (1930) il nazionalismo si sarebbe dovuto difendere dall’evoluzione liberale ed españolista, portatrice di corruzione morale, di balli indecenti e del «gamberrismo, más propio de las