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Necessaria uniformazione nell’interpretazione tributaria: la critica dei giudic

Si deve alla Corte Costituzionale tedesca il merito di aver gettato le basi, anche se attraverso un'evoluzione non certo lineare e, a volte, neppure condivisibile, di un abile sistema di equilibrio tra esercizio della funzione di tutela costituzionale e riconoscimento del valore vincolante delle pronunce pregiudiziali della CGE, che ha prodotto ripercussioni nell’ambito nazionale anche in riferimento alla materia tributaria.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale tedesca Bundesverfassungsgericht (BVerfG) si caratterizza ed è scandita da una serie di fatti che ne sottolineano l'evoluzione ed il mutamento di orientamento. In un primo momento il

Bundesverfassungsgericht (BVerfG) sostenne che l'Unione Europea allora Comunità

Europea era tenuta a conformarsi e non violare i principi della struttura dell’ordinamento costituzionale, con particolare attenzione al rispetto dei principi contenuti nella norma fondamentale tedesca anche quelli di natura fiscale.

In un secondo momento vi è stato un temperamento di quello che era il previgente assetto con un'apertura nei confronti dell'impostazione dualistica, sostenendo che i principi fondamentali della costituzione tedesca non possono essere del tutto avulsi dai principi comunitari e che con l’influenza di questi si può modificare la concreta applicazione ed interpretazione della norma, anche fiscale, con doverosi distinguo tra fiscalità diretta ed indiretta, che pertanto deve essere comunitariamente orientata, sempre che non sia in contrasto con il "wesengehalf" ovvero con quello che potremmo definire come nucleo essenziale dei principi che in ogni caso va rispettato.

In un primo momento il Bundesverfassungsgericht (BVerfG) vantava il ruolo di garante con il precipuo fine di custodire e difendere la Costituzione ed i principi fondamentali, specie di natura tributaria, avocando a sè il ruolo di esercitare un sindacato di legittimità sugli atti comunitari in contrasto con l'ordinamento interno; invece in un secondo momento, mediante un’ulteriore cessione di sovranità, rinuncia alla funzione del sindacato di legittimità dell'atto comunitario a meno che non vi sia un aperto contrasto pregnante e caratterizzato da gravità tale da imporre un intervento dello stesso Bundesverfassungsgericht (BVerfG). L’evoluzione giurisprudenziale vede dunque il primato del diritto comunitario affermato da numerose sentenze45.

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Cfr. RÖRIG M.T., in PASSAGLIA P., Corti costituzionali e rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia,

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A livello giurisprudenziale il giudice costituzionale tedesco constata che la Corte di giustizia delle Comunità ha compiuto un vero salto di qualità, dopo un periodo iniziale di self-restraint, per quanto concerne l'ampiezza di riconoscimento ed il livello di protezione dei diritti fondamentali, a partire dal caso Internationale Handelsgesellschaft e, soprattutto, dal caso Nold46.

Un ulteriore momento di passaggio dell’iter evolutivo è rappresentato dalla sentenza Maastricht del 1993. Essa viene considerata come il diretto precedente della sentenza del 2009 Lissabon47. La controversia verteva, in particolare, su quell’interpretazione dell’art. 38 GG posta, sin dal Maastricht Urteil, a tutela del principio democratico48. Questo viene inteso, nella sua dimensione di difesa, come diritto fondamentale dei

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Testualmente: "Il passo decisivo visto alla stregua del Grundgesetz è stato compiuto dalla Corte di giustizia con la sentenza resa nel caso Nold; in essa la Corte dichiara che, nel garantire i diritti fondamentali, è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che "ella non potrebbe mai legittimare misure incompatibili con i diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dalle costituzioni di questi Stati''. A ciò aggiungasi l'elezione del parlamento europeo a suffragio universale diretto e l'adozione di alcune importanti Dichiarazioni, quale quella del 5 aprile 1977 sui diritti fondamentali e quella del 7-8 aprile 1978 sulla democrazia. Alla luce di quanto precede la Corte costituzionale tedesca ritiene di poter concludere per l'esistenza ormai di un catalogo europeo dei diritti fondamentali e per una sostanziale equivalenza nel livello di protezione.

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La Corte tedesca parla di un "rapporto di cooperazione" con la Corte europea di giustizia e, quindi, di una suddivisione di compiti tra le due Corti. Ciò ha dato adito a false interpretazioni e riaperto in dottrina la querelle sullo spinoso problema. La Corte costituzionale federale esercita la sua giurisdizione sull'applicabilità in Germania del diritto comunitario derivato nel quadro di un "rapporto di cooperazione" con la Corte di giustizia europea: in virtù di tale rapporto “questa Corte garantisce la tutela dei diritti fondamentali in ogni caso concreto per l'intero territorio delle Comunità europee, mentre la Corte costituzionale federale può limitarsi ad assicurare una generale garanzia degli standards inderogabili dei diritti fondamentali" (B, 2, sub b). E ancora: "questa Corte e la Corte di giustizia si trovano in un rapporto di cooperazione, nel quale si completano a vicenda" (B, 2, sub c 5). La decisione, pronunciata a seguito di due ricorsi attivati ai sensi dell'art. 93, co. 1, sub 4a, della Legge fondamentale (Verfassungsbeschwerde), esamina analiticamente la problematica connessa al fenomeno dell'integrazione europea, alla luce dell'ulteriore evoluzione contemplata nel trattato di Maastricht e, quindi, del necessario equilibrio tra le nuove competenze dell'Unione (con la garanzia, contro ogni indebita dilatazione, offerta dal principio della tassatività delle competenze) ed il rispetto dell'identità nazionale degli Stati membri. Si insiste sul fatto che il trattato istituisce un'alleanza, un'associazione di Stati (Staatenverbund) e non, al momento, una sorta di "Stati Uniti di Europa", nonché sull'assenza di "automatismo" per future evoluzioni e sul perdurante ruolo politico del Bundestag, e in generale dei parlamenti nazionali a salvaguardia del principio democratico. Nella sintesi finale il giudice tedesco sottolinea che il trattato di Maastricht "costituisce una nuova tappa nel processo di unificazione europea, che dovrebbe ulteriormente rafforzare la democrazia e l'efficienza nell'attività delle istituzioni. Nel contempo l'Unione rispetta l'identità nazionale degli Stati membri, i cui sistemi di governo si fondano sui principi democratici. Pertanto l'Unione salvaguarda le basi democratiche esistenti negli Stati membri e cresce su tali basi. Un ulteriore sviluppo dell'Unione europea non può prescindere da questa impostazione". Indi il giudice richiama la revisione costituzionale dell'art. 23 della Legge fondamentale, per concludere che "decisivo è, sia dal punto di vista del trattato sia da quello della costituzione, che l'ampliamento delle basi democratiche dell'Unione vada di pari passo con l'integrazione europea e che anche negli ulteriori sviluppi di questa sia tutelata negli Stati membri una democrazia vitale". Cfr. BVerfG 89, 155

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Cfr. SAITTO F.,Germania. Il Tribunale costituzionale federale, con un’interpretazione conforme, ha respinto la Verfassungsbeschwerde contro la legge che istituisce il Fondo di stabilità europeo, in AAVV Diritto pubblico comparato ed europeo, Giappichelli, 2011.

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singoli a non vedere frustrato il loro diritto di partecipare, attraverso le opportune sedi della rappresentanza, al procedimento di assunzione delle decisioni, mediante il quale si concretizza la volontà politica dei cittadini. Solo in questa prospettiva, tra l’altro, sarebbe ammissibile, sanciscono i giudici, tutelare attraverso lo strumento della

Verfassungsbeschwerde il principio democratico. La possibilità di ricorso diretto a

tutela di questo diritto rappresenta, infatti, un’eccezione al principio generale per cui questo, che si realizza attraverso il principio maggioritario, non sarebbe tutelabile per via giudiziale. Il giudice tedesco sarà legittimato a presentare al

Bundesverfassungsgericht questioni di costituzionalità ex art 100 della Grundgesetz in

presenza di norme comunitarie che siano in grado di violare i principi costituzionali ed i diritti fondamentali della Grundgesetz.

La Corte Costituzionale tedesca si sofferma sul grado di democraticità del processo di integrazione europea che trova il proprio imprescindibile fondamento nelle carte fondamentali degli stati membri “purché la Corte di Giustizia garantisca i diritti fondamentali nei singoli casi per l’intero territorio della comunità europea, il Tribunale federale costituzionale può limitarsi ad una generale garanzia degli irrinunciabili standards dei diritti fondamentali”.

Questo fino all’ordinanza in materia di armonizzazione del prelievo fiscale sull'importazione del 2000 rubricata “Bananenmarkt”49. Essa, presenta un tono più conciliante rispetto alla precedente sentenza Mastricht, nella quale la Corte interna e quella Comunitaria sono avvinte in una “relazione di cooperazione”. La predetta pronunzia rappresenta il momento conclusivo di un iter quasi decennale, che può essere ricollegato all'emanazione del Regolamento europeo n. 93/404 relativo alla disciplina delle importazioni di banane. Tale atto, pensato per garantire l'armonizzazione del prelievo fiscale sull'importazione di tale prodotto, colpiva sensibilmente le imprese tedesche che, sino ad allora, avevano beneficiato di un regime agevolato, grazie al quale l'importazione di tale merce dai Paesi dell'America Latina non era soggetta ad imposizione. Tale normativa estendeva il prelievo fiscale anche ai territori che erano stati ex colonie europee (i cosiddetti Paesi ACP, cioè dell'area africana, dei Caraibi e dei Pacifico), sostituendo il precedente regime non armonizzato, che consentiva alle imprese della Germania di importare, da tali Stati, banane senza alcuna imposta doganale. Come era ovvio, il governo tedesco si oppose all'introduzione del Regolamento europeo e ne contestò la legittimità difronte alla Corte di Giustizia, sostenendo che la disciplina ivi prevista fosse ultra vires rispetto ai limiti delle politiche agricole comuni e violasse, altresì, le disposizioni GATT, General Agreement on Tariffs and Trade50. Il giudice europeo si adopera per riconfermare il

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L’ordinanza in materia di armonizzazione del prelievo fiscale sull'importazione del 2000 rubricata “Bananenmarkt disciplinava il mercato delle banane, in Racc.

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Regolamento (CEE) n. 404/93, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle banane. Questo regolamento, entrato in vigore il 1° luglio 1993, pone le fondamenta della libera

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disposto normativo introdotto dal regolamento con la conseguenza che i ricorsi si spostarono sul fronte interno tedesco. Con una prima sentenza, cd. Bananenmarkt I , BvR 2689/94, la Corte Costituzionale tedesca in materia doganale rifiutò di sindacare la validità delle norme europee, ma si ritenne competente ad interpretarle in via autonoma, così dando parziale riconoscimento alla richiesta del ricorrente privato di accedere ad un regime transitorio agevolato. In una seconda pronuncia Bananenmarkt II, BvR 760/95, la Corte tedesca rifiutò nuovamente di pronunciarsi in quanto dichiarò improcedibile la domanda perché il ricorrente non aveva previamente esaurito tutte le azioni legali a sua disposizione garantite dal diritto tedesco. La terza pronuncia, Bananenmarkt III, BvL 1/97, fu originata da una richiesta di vaglio costituzionale presentata dal Tribunale Amministrativo di Francoforte, che sollecitò il

circolazione di tale prodotto fra gli Stati membri nonché di una disciplina comune delle importazioni nei confronti dei paesi terzi. Viene instaurato un contingente tariffario e vengono stabilite regole specifiche per la ripartizione di tale contingente. Il governo tedesco sostiene che il contingente implica un insufficiente approvvigionamento del mercato e che la ripartizione del contingente rafforza questo insufficiente approvvigionamento dei mercati in una serie di Stati membri ed impone, per di più, oneri insopportabili a talune categorie di operatori economici. È fondamentale per comprendere i problemi di fronte a cui si è trovato il legislatore comunitario quando stava elaborando la nuova organizzazione comune dei mercati, che la situazione del settore è caratterizzata da notevoli differenze di prezzo e di qualità fra le banane dei paesi terzi, da un lato, e quelle CE e ACP, dall'altro. Le importazioni dai paesi terzi erano assoggettate a un dazio doganale consolidato nell'ambito del GATT, pari al 20% del valore della merce. C'era tuttavia un regime speciale di esenzione dal dazio per le importazioni in Germania. Tale regime si fondava su un protocollo allegato alla convenzione d'applicazione relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare alla Comunità, menzionata nell'art. 136 del Trattato CEE. In forza di tale protocollo veniva fissato ogni anno per la Germania un contingente di importazione in franchigia doganale. Se questo contingente non bastava a coprire il consumo tedesco e se i paesi ed i territori d'oltremare non erano in grado di soddisfare l'ulteriore domanda tedesca, gli Stati membri interessati si dichiaravano, in forza dell'art. 6 del protocollo, «pronti a consentire un aumento corrispondente del contingente tariffario tedesco». Le parti sono concordi sul fatto che il governo tedesco ha sempre ottenuto questo consenso, giacché gli Stati interessati hanno riconosciuto che non era possibile agli operatori tedeschi procurarsi ulteriori approvvigionamenti nei paesi e nei territori d'oltremare.

Questi regimi ampiamente diversi per l'offerta delle banane implicavano che il consumo delle banane ed i loro prezzi variavano sensibilmente da uno Stato membro all'altro.

Con ricorso proposto il 14 maggio 1993 la Repubblica federale di Germania ha chiesto l'annullamento del titolo IV (regime degli scambi con i paesi terzi) e dell'art. 21, n. 2, (soppressione del contingente tariffario speciale in vigore per la Germania) del suddetto regolamento. Il Consiglio ha chiesto il rigetto del ricorso.

Il governo tedesco osserva che, ai sensi dell'art. 40, n. 3, secondo comma, del Trattato, l'organizzazione comune dei mercati deve limitarsi a perseguire gli obiettivi enunciati nell'art. 39 e che l'art. 43 non offre una base giuridica sufficiente al regolamento, giacché quest'ultimo contiene disposizioni che si riferiscono ad obiettivi propri della politica dello sviluppo. Esso ricorda le disposizioni che favoriscono, sotto l'aspetto doganale, le banane dei paesi ACP, ed in particolare le disposizioni che in altro modo mirano a garantire lo smercio delle banane ACP tradizionali. Su questi punti gli scopi del regolamento non attengono soltanto alla politica commerciale, ma anche alla politica dello sviluppo. Perciò la base giuridica avrebbe dovuto essere fornita, oltre che dall'art. 43, anche dall'art. 235 o dall'art. 238. Le misure adottate non sono infatti, secondo il governo tedesco, una semplice attuazione degli impegni assunti dalla Comunità nell'ambito della convenzione di Lomé.

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Bundesverfassungsgericht affinché, attraverso il proprio sindacato, assicurasse una

piena protezione dei diritti fondamentali dei cittadini tedeschi, con riferimento al tributo doganale anche ove ciò significasse mettere in discussione la validità e la supremazia del diritto europeo. La Corte Costituzionale, che emanò la sentenza dopo circa quattro anni, rigettò le censure del giudice remittente e dichiarò infondata la questione. In particolare, la Corte ribadì che il suo sindacato risultava precluso perché, nel caso di specie, la tutela dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione tedesca non aveva subito alcun arretramento con l'entrata in vigore del Regolamento censurato. Il Bundesverfassungsgericht inoltre affermò che il suo intervento sarebbe stato possibile solo ove i diritti fondamentali non fossero stati riconosciuti e garantiti in ambito europeo, oppure qualora avessero subito compressione non suscettibile di avallo, e questo con riferimento al tributo doganale per l’importazione del prodotto in argomento.

Dal canto proprio la Corte di Giustizia confermò la legittimità del regolamento che era stato contestato e puntualizzò che il regime fiscale di armonizzazione per l'importazione delle banane non ostava alla concessione di misure temporanee di sostegno agli importatori, gravemente colpiti dal mutamento del regime fiscale applicabile.

La pronuncia del giugno del 2000 conclude l’ennesimo ricorso alla Corte Costituzionale tedesca sollevato dal Tribunale Amministrativo di Francoforte, ma, in un certo senso, inaspettati ne furono gli esiti. Rigettando le argomentazioni del giudice remittente, la sentenza in esame preliminarmente ribadì quanto espresso nella Solange II in merito alla non necessità di un riesame costituzionale delle pronunce europee fino a quando (ed a condizione che) l'ordinamento dell'Unione fosse in grado di garantire un'efficace protezione ai diritti fondamentali. In secondo luogo, la Corte Costituzionale rivendicò il potere di operare tale vaglio di legittimità qualora detta tutela risultasse al di sotto degli standard minimi considerati accettabili in raffronto alle garanzie offerte sul piano interno.

Emessa nel 2000, dopo ben quattro anni di attesa, questa pronuncia costituzionale rappresenta una studiata soluzione di compromesso. Viene garantito, infatti, il controllo di legittimità sulle disposizioni del diritto europeo da parte del

Bundesverfassungsgericht ma senza elementi di rottura nel rapporto tra diritto tedesco

e diritto comunitario51. Il Bundesverfassungsgericht nel tempo aveva rivendicato non solo il potere di controllare "la costituzionalità" dei processi di integrazione europea, anche quelli di natura fiscale, attraverso la pretesa tutela dei diritti fondamentali, ma anche di sindacare la legittimità delle competenze esercitate ad ogni livello dagli organi dell'Unione, alla luce di canoni costituzionali interni a prescindere dal fatto che potesse trattarsi di materia di competenza esclusiva, come la materia doganale.

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Cfr. RÖRIG M.T.,inPASSAGLIA P., Corti costituzionali e rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia,

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Con l’ordinanza in oggetto e la volontaria omissione di qualsivoglia accenno alla teoria della Cooperazione, il Bundesverfassungsgericht riafferma il proprio orientamento sulla necessità di garantire una tutela giuridica dei diritti fondamentali dall’eventuale lesione patita in seguito di provvedimenti di matrice comunitaria. La peculiarità che emerge da questa ordinanza investe l’onus probandi che si caratterizza per l’obbligo di dover provare che la tutela comunitaria sia scesa al di sotto degli standards tedeschi, mediante un raffronto della tutela apprestata dalla Comunità europea e quella apprestata dalla Costituzione tedesca.

Si affermerà che “con esclusivo riferimento al caso individuale dedotto in giudizio bisogna, invece, verificare, partendo ovviamente dalla fattispecie concreta, se la tutela sovranazionale garantisca uno standard che sia “in generale” sostanzialmente equivalente a quello della Legge Fondamentale.

La materiale autonomia del giudice si esprime non soltanto nella tutela dall'ingerenza degli altri organi costituzionali, ma anche nella sostanziale facoltà di decidere liberamente e senza vincoli sulla materia sottoposta alla sua cognizione. Da ciò si può concludere che, quantomeno sul piano formale, i giudici tedeschi non siano soggetti alla regola del precedente, né tenuti a seguire le decisioni emesse da altre Corti.

Inoltre il canone dell’indipendenza della funzione giudiziaria non trova limiti nella eventuale sovraordinazione gerarchica dell'organo decidente. Ogni singolo giudice è, in linea di principio, libero di decidere ex novo la questione sottoposta alla sua attenzione nonché di seguire il proprio personale convincimento nell'interpretazione del diritto o di mutare orientamento52.

Il Bundesverfassungsgericht , crea parametri in pronunce nelle quali elabora e sviluppa la teoria dei controlimiti, tramite l’interpretazione dei precedenti comunitari e dei propri precedenti giurisprudenziali, al fine di verificare che non vi sia pregiudizio alcuno per i principi espressi nella Costituzione tedesca.

Il rapporto di cooperazione tra Bundesverfassungsgericht e Corte di Giustizia può essere riassunto, a partire dalla sentenza Maastricht, in due peculiari caratteristiche: α) Il diritto comunitario dei trattati, anche laddove investa l’ambito tributario, è sottoposto direttamente ed in prima battuta al controllo costituzionale del

Bundesverfassungsgericht . Il Bundesverfassungsgericht verifica la conformità

costituzionale delle modifiche, integrazioni ed estensioni dei Trattati. La tutela dei diritti fondamentali anche in riferimento alla fiscalità ed all’unione doganale, non può cedere difronte al diritto comunitario. Se il Bundesverfassungsgericht giunge alla conclusione che la legge di recepimento interna viola diritti o principi fondamentali,

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Al contrario, una vera e propria limitazione della libertà del giudice si ha nei casi in cui quest’ultimo sia eccezionalmente vincolato alle decisioni di altre Autorità oppure alle sentenze di giudici di altri rami dell'ordinamento giudiziario con valore pregiudiziale rispetto alla soluzione del caso di specie, come accade per la dichiarazione di legittimità o illegittimità dell'atto amministrativo nel processo civile.

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ivi inclusa l'identità costituzionale, questa deve ritenersi illegittima sulla base della

Grundgesetz

β) Quanto alla interpretazione del diritto comunitario derivato, a prescindere dal settore in esame, quant’anche riguardi la fiscalità e l’unione doganale, a prevalere è la competenza di controllo della Corte di giustizia, poiché soltanto questa può garantire l'unità dell'interpretazione giuridica nell'ambito dell'Unione europea. Ma, se l'interpretazione del diritto comunitario derivato prospettata dalla Corte di giustizia lede in modo sostanziale un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione tedesca, il quale non è riconosciuto in ambito comunitario, allora (almeno sul piano teorico) permane la competenza a giudicare del Bundesverfassungsgericht . Giustappunto la materia fiscale sembrava rientrare in quest’ultima sfera sulla quale l’ordinamento tedesco mostrava la propria reticenza a cedere una fetta di sovranità.

Ad identiche conclusioni, sulla base della sentenza del 7 giugno 2000, deve giungersi quando, nonostante il riconoscimento del diritto fondamentale in ambito comunitario,