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Il ruolo dell’interpretazione ed i suoi effetti vincolanti per i giudici nazionali

Nel documento Il giudice tributario come giudice europeo (pagine 155-175)

Il tema dei rapporti tra pronunce delle Corti europee e giudicati tributari nazionali può essere affrontato da diverse prospettive ed articolarsi in una pluralità di aspetti. È opportuno pertanto delimitare l’ambito entro cui detta indagine va ad inserirsi. Essa vuole scientemente evitare la restrizione dell’angolo visuale ad un particolare ordinamento nazionale, sebbene esso sia quello proprio dei destinatari principali della riflessione, gli studiosi del processo tributario italiano, e sebbene si scontri con la dimensione del problema oggetto dell’indagine, poiché esso si dovrebbe presentare in modo identico nei diversi paesi membri dell’Unione Europea.

Risulta di estremo interesse evidenziare il modo in cui il contribuente nazionale viene garantito sul piano comunitario, pur partendo dall’assunto che manca una competenza specifica dell’Unione Europea in materia processual-tributaria, con la conseguenza che ciascuno stato, applica la normativa, i procedimenti ed i modelli comunitari e per farlo si serve del giudice nazionale che assume la veste di immancabile referente comunitario, fino a diventare vero e proprio giudice europeo.

Anche se il Trattato di Lisbona chiarisce la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri, distinguendo tra competenza esclusiva, concorrente e di sostegno, tale distinzione non può sopperire alla mancanza di una giustizia tributaria europea che possa garantire l'integrazione tra gli ordinamenti giuridici, in coerenza con la raggiunta integrazione economica241.

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Il trattato di Lisbona chiarisce la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri e lo fa introducendo per la prima volta nei trattati istitutivi, una classificazione precisa che distingue tre competenze principali: le competenze esclusive, le competenze concorrenti e le competenze di sostegno. Tale chiarimento non comporta alcun rilevante trasferimento di competenze, ma la riforma è importante e necessaria al buon funzionamento dell’UE. Nel passato si sono verificati spesso conflitti sulle competenze tra l’UE e gli Stati membri. Oggi i confini tra le competenze di ciascuno sono stabiliti con chiarezza. Inoltre questa trasparenza facilita l’applicazione dei principi fondamentali relativi al controllo e all’esercizio di tali competenze. Il trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) stabilisce tre tipi di competenze e per ciascuno compila un elenco non esauriente dei settori interessati: le competenze esclusive (articolo 3 del TFUE): solo l’UE può legiferare e adottare atti vincolanti in questi settori, il ruolo degli Stati membri è quindi soltanto quello di dare applicazione a questi atti, a meno che l’Unione non li autorizzi ad adottare autonomamente taluni atti; le competenze concorrenti (articolo 4 del TFUE): l’UE e gli Stati membri possono adottare atti vincolanti in tali settori. Tuttavia gli Stati membri possono esercitare la loro competenza soltanto nella misura in cui l’UE non ha o ha deciso di non esercitare la propria; le competenze di sostegno (articolo 6 del TFUE): l’UE può solamente sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri. Cfr. BILANCIA P., La nuova Europa dopo il trattato di Lisbona, Giuffrè 2009, ma anche PIRIS JEAN- CLAUDE, Il trattato di Lisbona, Giuffrè 2013. L’Unione non dispone dunque di potere legislativo in

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Ai giudici tributari nazionali spetta, quindi, il compito di sostenere, nell'esercizio della loro funzione, il processo d'integrazione europea. Orbene, poiché ormai è consolidato il primato dell’ordinamento europeo rispetto a quello nazionale, è responsabilità dei giudici nazionali offrire le garanzie di una tutela nell’interesse dell’U.E. e non di un singolo Stato, responsabilità estesa soprattutto ai giudici tributari, la cui funzione giurisdizionale è stata pienamente riconosciuta dalla Corte di Giustizia ed ai quali spetta il compito di applicare il diritto europeo facendo valere il primato di questo rispetto a quello nazionale.

Rispetto ai fini per i quali l’Unione è sorta e che essa persegue, alcune norme più specifiche possono assumere l'aspetto di componenti ausiliarie, che integrano i principi per venir sempre meglio incontro ai fini che sono cambiati e si sono arricchiti nel corso di quasi sessant’anni di Unione europea.

I principi inizialmente nati per creare un mercato unico sono, generali e stabili ed incorporano valori di fondo, essenziali, in quel dato periodo storico, per la Comunità; e proprio quei valori appaiono governare direttamente o indirettamente tutta l'evoluzione del diritto tributario europeo: quella che si realizza per via di rinnovi formali operati dalle norme e quella che passa attraverso la trasformazione informale della costante produzione giuridica della Corte di giustizia e dei nuovi significati delle formule normative. Ora, sono questi principi stabili, ed in molti casi elaborati in via giurisprudenziale, che riguardano di massima i modi di interpretare il diritto tributario sia conseguentemente le modalità di applicazione nel contenzioso tributario, ovvero ciò che conferisce una unità sistematica al diritto dell’Unione all’interno di un singolo ordinamento preso nella sua realtà storica in permanente evoluzione.

Il ruolo dell’interpretazione ed i suoi effetti vincolanti in chiave eurounitaria determina la caratteristica di quel diritto tributario europeo che viene applicato dal giudice tributario europeo: a definire i tratti particolari il “volto” o, se si vuole, lo “spirito” del sistema dell’Unione ove il termine “sistema” si riferisce all'organica continuità che nell’attuale quadro storico lega, attorno all’operare del giudice tributario nazionale, masse complesse di componenti normative dell’Unione più o meno vivacemente

L’esercizio delle competenze dell’Unione è subordinato a tre principi fondamentali enunciati nell’articolo 5 del trattato sull’UE. La delimitazione delle competenze dell’UE facilita considerevolmente la buona applicazione di tali principi: il principio di attribuzione: l’Unione dispone soltanto delle competenze che le sono attribuite dai trattati; il principio di proporzionalità: l’esercizio delle competenze dell’UE si limita a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati; il principio di sussidiarietà: nel caso delle competenze concorrenti, l’UE può intervenire solamente se è in grado di agire in modo più efficace rispetto agli Stati membri; L’attuale ripartizione delle competenze tra l’UE e gli Stati membri non è fissa, ma la riduzione o l’ampliamento delle competenze dell’UE è un tema delicato che richiede l’accordo di tutti gli Stati membri e una revisione dei trattati. Per una lettura più approfondita si rimanda al sito ufficiale dell’Unione Europea, www.europa.eu/legislation/lisbon_treaty, ma cfr. anche quanto scritto in merito da D’ANDREA -

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arricchitesi di nuove sfumature grazie all’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia.

Al fine di garantire i contribuenti nazionali mediante l’accesso alla giustizia, il processo tributario riconosce il diritto al ricorso242 ma nell’esercizio della tutela giurisdizionale, i giudici devono comunque integrare l'ordinamento europeo in quello nazionale, facendo propri i principi e le norme di origine europea e dando luogo, di fatto, ad una giustizia europea che tenga conto delle competenze esclusive dell'Unione e che accetti il primato dell’ordinamento europeo nella competenza concorrente, sia nell'imposizione indirettache in quella diretta.

Sull’ordinamento così integrato si sono costruiti i cd. pilastri che, legittimati dal Trattato di Maastricht e da quello di Amsterdam, hanno sollecitato una stretta collaborazione tra gli Stati della Comunità europea. Con il Trattato di Lisbona, tuttavia, sancito l’abbandono del sistema dei pilastri, viene affermato il ruolo ordinamentale della giustizia tributaria europea, della quale viene ampliata la portata. Anche la giustizia tributaria viene quindi coinvolta nella collaborazione tra Stati al fine di creare una giustizia eurounitaria fondata sull'applicazione del diritto europeo, ormai divenuto stabilmente ordinamento europeo243.

L’evoluzione di tale ordinamento anche in ambito tributario, fermo restando il ruolo incompiuto della funzione finanziaria, ha arricchito la funzione della fiscalità strumentale al mercato unico ed ha inoltre definito i diritti che hanno arricchito l'ordinamento europeo. La giustizia tributaria ora può avvalersi della piattaforma comune, in continua evoluzione, di diritti ed obblighi che vincolano gli stati membri dell’Unione e che costituiscono un patrimonio giuridico consolidato definito come

acquis communautaire, sicchè, come è già avvenuto per l’integrazione economica che

può ormai considerarsi piena, anche nel campo della giustizia tributaria, si è valorizzata in chiave europea l’eguaglianza del sacrificio finanziario, costituzionalmente garantita dai singoli ordinamenti nazionali.

Dunque malgrado la mancanza di una formale giurisdizione europea nel processo tributario, non può disconoscersi l’effettività di un ordinamento europeo in continua evoluzione, che trova attuazione ad opera del giudice tributario interno, che si avvale del retaggio e del proprio patrimonio giuridico, scaturente dalla giurisprudenza interna ma soprattutto comunitaria cui si affianca il riconoscimento dei diritti fondamentali e dei principi europei oltre che la successione dei Trattati, fra i quali di fondamentale importanza ha il Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.

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Cfr. PISTOLESI, La Giustizia tributaria, il Mulino 2006.

243

Si esprime esaustivamente con dovizia di particolari in merito ai Trattati, con particolare riferimento al Trattato di Lisbona, BILANCIA P., La nuova Europa dopo il trattato di Lisbona, Giuffrè 2009, nello stesso senso merita inoltre una approfondita lettura l’autore PIRIS JEAN-CLAUDE, Il trattato

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Materia di competenza esclusiva della Comunità europea è la disciplina dei dazi doganali, che può considerarsi generale, sia per la struttura, per l'applicazione, le procedure ed i relativi atti e sia anche per la tutela. Ciò al fine di evitare che nei singoli stati membri dell’Unione Europea possano essere adottate, in mancanza di un processo, soluzioni diverse per la giurisdizione tributaria e per l’accesso al processo tributario. Così ad esempio il codice doganale prevede, infatti, all’ articolo 243, il diritto al ricorso e cioè “il diritto di proporre ricorso contro le decisioni prese dall'autorità doganale, concernenti l'applicazione della normativa doganale nello Stato membro in cui la decisione è stata sollecitata”244.

E’ evidente, in subiecta materia, il processo d'integrazione dell'ordinamento europeo in quello nazionale, con evidente supremazia del primo per la competenza esclusiva dell'Unione, sì che ciascuno Stato ha dovuto conformare alla disciplina europea non solo le modalità di svolgimento del processo tributario e le relative forme di accesso, ma anche le modalità di controllo, accertamento e riscossione.

Anche il processo tributario italiano, malgrado la tassatività degli atti cui è legato il ricorso tributario, ha dovuto uniformarsi al diritto europeo riconoscendo il diritto al ricorso avverso gli atti doganali, e ciò al fine di non ledere i contribuenti italiani, i quali, al pari degli altri cittadini europei, hanno il diritto, riconosciuto dall'ordinamento europeo, di ricorrere per tale materia innanzi al giudice nazionale. I giudici italiani, dunque, mediante l’interpretazione estensiva degli atti tassativamente elencati nell'articolo 19 del D.lgs. 546 del 1992, hanno riconosciuto effetti accertativi o di riscossione agli atti doganali, rispettando così il primato ordinamentale europeo. Tale interpretazione trova conforto nella risalente sentenza della Corte Costituzionale del 3 dicembre 1985, n. 313, di fatto precedente alla riforma, ma al contempo emblematica, la quale afferma che l'espressione “avviso di accertamento” non deve intendersi in senso letterale, bensì come riferibile a qualsiasi atto, conclusivo di un procedimento o di un sub-procedimento di accertamento e nell’articolo 113, comma 2 della Costituzione secondo il quale la “tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi d’impugnazione o per determinate categorie di atti”.

In Italia tuttavia la prevalenza dell’ordinamento europeo, a motivo della competenza esclusiva in materia doganale, è limitata all’impugnabilità degli atti autoritativi, per i quali soltanto vale la piena efficacia del diritto al ricorso, non essendo consentite forme anticipate di tutela giurisdizionale, prima della lesione collegata all’emanazione dell’atto autoritativo. Ma in tal modo potrebbe risentirne l’effettività della competenza esclusiva, nel senso che una limitata accessibilità alla tutela giurisdizionale potrebbe

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Cfr. FERRAJOLI L., Il contenzioso doganale. Disciplina delle controversie amministrative e giurisdizionali in materia di dogane ed accise, Sistemi editoriali 2004, ma anche RIZZELLI P.-VILLANI

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ostacolare la tempestiva e piena efficacia del diritto al ricorso imposto dall’ordinamento europeo. Il processo tributario italiano dovrebbe pertanto realizzare la tempestiva applicabilità delle norme europee che prescrivono il diritto al ricorso per i dazi doganali, ancor prima dell’eventuale lesione scaturente dall’atto autoritativo. Sarebbe dunque opportuna che venisse riconsiderata, in ambito nazionale, la ricorribilità in materia doganale, sì da rendere più ampio l'accesso al processo tributario.

Fin dal Trattato di Roma è nato l’impegno degli Stati ad una leale collaborazione con le istituzioni europee nei confronti dell'intero ordinamento e quindi, oltre che nel settore della competenza esclusiva in materia doganale, anche relativamente a tutte le materie di competenza concorrente, che incidono, nell’ambito del diritto tributario, o sul mercato interno, o sul rispetto delle libertà economiche per i regimi transfrontalieri. Dunque anche nei settori di competenza concorrente il diritto al ricorso viene riconosciuto, mediante un'applicazione generalizzata con progressiva estensione, in tutti i settori tributari coinvolti dall'ordinamento europeo, il cui patrimonio giuridico si è creato nel corso di decenni di applicazione e d'interpretazione.

La Corte, come è evidente, contribuisce ad obiettivi di omogeneizzazione anche esprimendo pareri sulle proposte di legislazione finanziaria in ambito comunitario e, inoltre, sull’operato dell’Unione Europea in materia di lotta antifrode.

Negli ultimi trent’anni la progressiva estensione dei poteri di bilancio del Parlamento europeo, contestuale alla crescita del ruolo dell’Unione Europea, ha richiesto un adeguato e simmetrico rafforzamento dell’attività giurisprudenziale ed oggi la Corte di Giustizia Europea è uno degli organi giudiziari supremi in Europa. È attiva al livello più alto della giurisprudenza e proprio per questo su di essa gravano delle alte aspettative specie nel momento in cui da essa si esige il massimo della qualità nelle sue pronunce.

Tuttavia non è facile riuscire ad inquadrarne il ruolo e le potenzialità se non partendo da una peculiare concezione della stessa Unione Europea.

Alla domanda “cosa è l’Unione Europea”, infatti, qualunque operatore del diritto risulta per qualche istante esitante prima di trovare una risposta che riesca ad abbracciare con le categorie giuridiche di un singolo ordinamento quelle che sono le peculiarità e la ricchezza di quest’entità politica di carattere sovranazionale ed intergovernativo. Potremmo definire l’Unione Europea come un’istituzione complessa ed “in divenire” che sfugge a precise ed aprioristiche classificazioni redatte sulle base di parametri tradizionali. Ciò indubbiamente costituisce il suo valore aggiunto. Forse apparirà anticonvenzionale definire l’Unione Europea come un processo, però non vi è parola nella lingua italiana che possa meglio racchiuderne le caratteristiche245. Questo concetto è rafforzato dall’idea di un giudicato che non può frapporsi al divenire

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H.KUTSCHER, Alcune tesi sui metodi di interpretazione del diritto comunitario dal punto di vista di

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dell’ordinamento comunitario, ma che è esso stesso motore del cambiamento nel momento in cui il giudice tributario nazionale in veste di giudice europeo ne dà piena applicazione.

Tradizionale è l’idea del giudicato come definitiva manifestazione della volontà concreta della legge statale tributaria, così come le teorie che nel secolo XX hanno risolto l’intero ordinamento giuridico nella giurisdizione. Si ricordi in Germania il pensiero di Julius Binder246, in Italia quello di Alessandro Pekelis247e di Salvatore Satta248 che formulando espressioni quali “l’unica realtà giuridica è il concreto”, “il concreto si determina solo nel processo” scolpiscono indelebilmente la memoria storica del giurista tributario moderno.

Il sovrapporsi, a quello nazionale, dei piani di normatività internazionale e sovranazionale, affidati al controllo di corti giudiziarie soprattutto in materia tributaria, impone di inserire il giudicato fiscale nazionale in questa nuova dimensione, ma la tensione si compone entro linee che vengono dal passato e individuano una prospettiva anche per il futuro.

Come di recente il Bundesverfassungsgericht tedesco sottolinea, l'Unione Europea continua a trovarsi in una crisi di legittimità249 e l’autorità delle pronunce dell’Unione domina con strutture che nei singoli ordinamenti risultano essere ancora non ovvie, ed in particolare per i giudici tributari nazionali, nonostante, o forse anche a causa del fatto che, le molte innovazioni che la Corte ha incoraggiato attraverso gli anni per pervenire ad un processo di modificazione finalizzato all’omogeneizzazione, o quantomeno al ravvicinamento a livello dei principi, di modelli giuridici fiscali impositivi molto diversi tra loro.

Gli stati membri sono orientati verso una tendenziale cooperazione, quant’anche con qualche battuta di arresto.

Per evitare un conflitto seppur potenziale si dovrebbe pervenire ad uno spazio giuridico che si presenti unitario, anziché pluralista, coerente, anziché antinomico, completo, anziché insaturo250 per aversi piena uniformazione al livello dei principi in ambito tributario.

E' opinione comune, sia in dottrina che in giurisprudenza, che l'Ordinamento giuridico dell'Unione Europea presenti caratteristiche tali da distinguerlo sia dal diritto

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Cfr. J.BINDER, Prozess und Recht, Leipzig, 1927.

247

Cfr. A.PEKELIS, Il diritto come volontà costante, Padova, 1930, p. 158 ss., p. 160.

248

Cfr. S.SATTA, Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1959.

249

BverfG, 2 BvE 2/08, 30.6.2009. Per altre riflessioni cfr. DANIEL HALBERSTAM & CHRISTOPH

MÖLLERS, The German Constitutional Court says “Ja zu Deutschland!”, (2009) 10 German Law

Journal, pp. 1241-1258; CHRISTIAN TOMUSCHAT, The Ruling of the German Constitutional Court on the Treaty of Lisbon, (2009) 10 German Law Journal, pp. 1259-1261; CHRISTOPH SCHÖNBERGER,

Lisbon in Karlsruhe: Maastricht‟s Epigones at Sea, (2009) 10 German Law Journal, pp. 1201-1218.

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Cfr. G.ITZCOVICH, Ordinamento giuridico, pluralismo giuridico, principi fondamentali. L'Europa e

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internazionale che dal diritto statale251, e nonostante il diritto comunitario si sia caratterizzato per la sua settorialità, la Corte di giustizia ha enucleato una serie di principi generali vali nel campo fiscale, desumendoli, a seconda dei casi, dai Trattati, dal diritto comunitario derivato e dagli ordinamenti degli Stati membri, per mezzo dei quali, il giudice tributario nazionale possa interpretare le disposizioni comunitarie, valutare la legittimità degli atti delle istituzioni, nonché sopperire alle lacune del diritto nazionale al fine di darne una lettura comunitaria.

Il giudice tributario nazionale, referente certo della Corte del Lussemburgo, ha così rimediato alla frammentarietà del diritto comunitario, in vista del conseguimento di quella “unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa”252, tesa alla progressiva integrazione dei principi in ambito tributario, in senso monista, tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e quello comunitario.

Seppure la Corte di Giustizia avesse affermato, in un primo tempo, che i principi ed i diritti fondamentali dovevano tutelarsi nell’ambito di ciascuno Stato membro, in quanto non afferenti alle finalità del diritto comunitario253, successivamente, li ha qualificati come “principi generali del diritto comunitario di cui la Corte garantisce l’osservanza”254 soprattutto grazie al ruolo svolto dal giudice tributario nazionale. E' noto che i rapporti intercorrenti tra gli ordinamenti giuridici, nazionali e comunitario, hanno dato luogo allo scontro interpretativo soprattutto in materia tributaria tra le Corti costituzionali nazionali (tedesca, francese ed italiana) e la Corte di giustizia, la quale, nell'ottica dell'integrazione tra gli ordinamenti giuridici, ha affermato la preminenza delle norme comunitarie sulle norme interne degli Stati membri.255 Peraltro la teoria dei “controlimiti” potenzialmente avrebbe potuto far

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La CGE nella sentenza Van Gend&Loos ha affermato che il diritto comunitario è “un ordinamento giuridico di nuovo genere” che “indipendentemente dalle norme emanate dagli Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi”. A ciò ha fatto eco la dottrina, la quale ha segnalato che il sistema giuridico dell'Unione europeo si specifica per l'interazione ed integrazione tra ordinamenti, quello europeo e quello degli Stati membri,

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Tale espressione è stata introdotta nel Trattato sull'Unione Europea sin dalla sua originaria formulazione adottata a Maastricht il 7 febbraio 1992, e successivamente mantenuta anche dopo le modifiche apportate dai Trattati di Amsterdam (del 2 ottobre 1997, entrato in vigore il 1° maggio 2001), Nizza (firmato il 26 febbraio 2001, entrato in vigore il 1° febbraio 2003), Atene (del 16 aprile 2003, entrato in vigore il 1° maggio 2004), e Lisbona (del 3 dicembre 2007, entrato in vigore il 1°

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