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Rinvio pregiudiziale operato dal giudice tributario francese: dubbi del Conseil d'État

Esaminato il tema del giudice tributario in un'ottica strettamente nazionale, non possiamo ignorare la dimensione comunitaria di questo argomento, soprattutto perché è richiesto un continuo confronto dialettico con la Corte di Giustizia. Specie nel momento concreto dell’attuazione del diritto che fa fronte ad una crescente circolazione dei capitali, delle merci, delle prestazioni di servizi, e che ha richiesto degli strumenti di controllo che si fondino su una comune interpretazione ed una corretta applicazione del diritto comunitario oltre che su una collaborazione molto stretta fra le amministrazioni finanziarie degli stati-membri120.

Appare evidente, come per altro accaduto in altri stati, che la tecnica del rinvio pregiudiziale interpretativo può rappresentare una fonte di inquietudini per il giudice interno, ed in particolare così è stato per il giudice tributario francese121 .

Questi vi ha comunque fatto ricorso, seppure all’inizio in maniera recalcitrante, al precipuo scopo di dare un'applicazione del diritto conforme alle disposizioni dei trattati, grazie alle interpretazioni del giudice del Lussemburgo.

Gli strumenti di coordinamento in materia di fiscalità beneficiano di un posto particolare nella gerarchia giuridica interna degli Stati ed a tal proposito l'articolo 55 della Costituzione francese dispone che “ i trattati o accordi regolarmente ratificati o approvati hanno, dal momento della loro pubblicazione, un'autorità superiore a quella delle leggi”.

Se da un lato come è ovvio, gli interessi dei differenti Stati ed il loro bisogno di dotarsi di strumenti idonei, li spingono a stabilire delle convenzioni bilaterali internazionali dall’altro la Costituzione riserva un'accoglienza particolare al Trattato CE. Difatti l'articolo 88-1 menziona la partecipazione della Repubblica francese all'unione europea fin dalla novella avvenuta con legge costituzionale del 25 giugno 1992.

Da queste disposizioni consegue un obbligo istituzionale di trasposizione delle direttive, ma anche di rispetto delle regole poste dal Trattato, in particolare delle quattro libertà di circolazione.

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L'ultimo caso è successivo all'entrata in vigore del regime specifico “Tva, intra-comunitaria” avvenuta il 1° gennaio 1993. Sul controllo fiscale e l'Europa del 1993, v. BRURON J., Le controle fiscal.

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In particolare il Consiglio di stato francese ha sempre considerato con reticenza che le decisioni della Corte di giustizia si imponessero superando i limiti della domanda posta dal giudice del rinvio, nel momento in cui essa rende attuativo il cd. “criterio di pertinenza”.

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Questa integrazione del Trattato lo fa beneficiare di una natura giuridica rilevantissima nell’ambito dell’ordinamento francese.

È stato statuito dal Conseil d'État, difatti, come il trattato sia inferiore gerarchicamente solamente alla Costituzione francese. Questo in particolare è stato affermato nella pronunzia Sarran Levacher del 30 ottobre 1998.

E’ stata inoltre accolta l'idea secondo la quale l'ordine giuridico comunitario è “integrato nell'ordine giuridico interno ma distinto dall'ordine giuridico internazionale”.

Per quanto concerne la Corte di Cassazione, questa aveva già reso una sentenza “ di principio” nel 1975, Cafés Jacques Vabre. nella quale considerava che il Trattato che istituisce la Comunità economica europea avesse un'autorità superiore a quella della legge interna, ed istituisse un ordine giuridico proprio ed integrato a quello degli Stati membri 122.

Ed è a causa di questa specificità che le norme comunitarie sono direttamente applicabili ai cittadini residenti all'estero degli Stati membri, e di imporsi anche sulle loro giurisdizioni.

Merita una doverosa puntualizzazione il meccanismo del rinvio pregiudiziale, con particolare attenzione al modus operandi della Corte di giustizia, che ha la facoltà di espandere il proprio operato, ed i propri poteri, per quanto concerne l'incidenza di una tale procedura sui dispositivi fiscali nazionali nell’ordinamento interno, la qual cosa è stata ritenuta talvolta discutibile perché avvince con enorme forza l’ordinamento francese interno.

Tale è stato l’approccio nei confronti del caso della tassa del 3% per esempio, creato nel 1983 per lottare contro l'evasione fiscale in materia di imposizione di solidarietà

sulla fortuna123, applicabili agli immobili detenuti in Francia dalle persone fisiche. Era codificata agli articoli 990 D e 990 E del Code général des impôts (CGI) e gravava su soggetti francesi o straniere che acquistavano delle proprietà immobiliari in Francia, direttamente o tramite intermediari.

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Cassazione sentenza Cafés Jacques Vabre del 23 maggio1975, ,in raccolta Bull. civ., numero4, p.6.

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L' imposta di solidarietà sulla fortuna (ISF, Impôt de solidarité sur la fortune) è una imposta francese sul partimonio versata dalla persone fisiche e le coppie che detengono un patrimonio netto tassabile superiore ad una certa soglia calcolata a decorrere dal 1 gennaio dell'anno considerato. Per la sua storia, per le modalità di calcolo dell'imposta, ed i suoi obiettivi, l'ISF è un argomento che si presta ad aspre polemiche in quanto è un vero elemento ideologico in seno al mondo della politica fiscale francese. L'ISF è considerata come una "eccezione francese", vista la sua assenza nella maggior parte degli altri paesi del mondo. Spesso è stata qualificata come "tassa ideologica" ed all'interno della Francia se da un lato è criticata da alcuni per le ragioni moralistiche-ideologiche sottese al tributo, dall'altro quelli che la difendono ne sottolineano in particolare il ruolo di giustizia sociale cui è rivolta la stessa.

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Era all'epoca uno strumento per combattere contro gli acquisti di immobili in Francia, ad opera di persone fisiche residenti nei paradisi fiscali. Tuttavia, lo strumento tendeva a dimostrare che degli esoneri previsti agli articoli 990 E e D non potevano profittare le società francesi. Giudicato discriminatorio dalla Corte di Cassazione nella propria sentenza del 21 dicembre 1990, SA Royal, il legislatore è stato costretto ad estenderlo nel 1993 alle società francesi, estensione che rimane, sembrerebbe, teorica.

La Corte di Cassazione finisce tuttavia per porre un rinvio pregiudiziale al CJCE che nell'sentenza ELISA del 11 ottobre 2007 ha stimato che i motivi del contendere ledevano in modo sproporzionato la libertà di circolazione dei capitali, ed ha escluso le giustificazioni di presunzione di frode o di evasione fiscale, condannando in questo modo l’oggetto in causa124.

In alcuni casi si è forse fatto un uso distorsivo, forse superfluo, del rinvio pregiudiziale, in particolare di quello fatto dal Consiglio di Stato a proposito dell'articolo 167 bis del Code général des impôts (CGI), nell'affare M. di Lasteyrie del Saillant. Il disposto normativo previsto da questo articolo aveva come conseguenza l'imposizione dei plusvalori latenti di coloro che avevano effettuato un trasferimento di domicilio. L'Alta Assemblea aveva posto una domanda pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'articolo 52 del Trattato CE, diventato articolo 43 TCE, oggi 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento.

Ma già il commissario del Governo aveva dichiarato che le disposizioni dell'articolo 167 bis erano incompatibili con la libertà di stabilimento alla luce di come essa è definita nella giurisprudenza attuale della Corte di giustizia.

La Corte del Lussemburgo le ha dato ragione con la sentenza del 11 marzo 2004, ed il

Conseil d'État ne ha dovuto trarre le conseguenze annullando il dispositivo in

questione. Sembrerebbe che il Consiglio di stato sia recalcitrante ad adeguarsi alla giurisprudenza della Corte di giustizia, ed ad apprezzarne il portato, quant’anche consegua ad un rinvio pregiudiziale, tuttavia più che mai ha il dovere di adempiere il proprio ruolo di giudice di diritto comunitario specie in materia di diritto fiscale comunitario.

Le esitazioni incontrate dalle giurisdizioni dei paesi membri rimangono comunque comprensibili, ma non per questo capaci di imporre una battuta di arresto alla vis espansiva del diritto comunitario.

È solamente con la pronuncia Société De Groot dei 11 décembre 2006 che il Consiglio di Stato francese, ammette finalmente che la Corte di giustizia possa interpretare le norme comunitarie al di là dei limiti del rinvio pregiudiziale, ma riconosce tuttavia una competenza esclusiva al giudice nazionale per la qualificazione dei fatti. In questa sentenza la Corte di giustizia afferma che un trattamento fiscale restrittivo delle libertà fondamentali, non poteva essere giustificato dall’esistenza di vantaggi fiscali.

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Cfr. BONTEMPS C., in PASSAGLIA P., Corti costituzionali e rinvio pregiudiziale alla Corte di

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Il giudice amministrativo francese era, nella specie, investito a decidere su di un ricorso promosso da due società olandesi contro il rifiuto ministeriale di abrogare un'ordinanza del 17 maggio 1990 restrittiva del commercio di prodotti125

Quest’ultima vietava alle società olandesi che avevano promosso il ricorso di commercializzare in Francia, sotto la denominazione di “ scalogno”, due varietà ibride che producevano. Le imprese invocavano la violazione del diritto comunitario a causa della contrarietà dell'ordinanza con l'articolo 28 del trattato che proibisce le restrizioni quantitative e misure di effetto equivalente.

In una precedente decisione126, il Conseil d'État aveva soprasseduto a deliberare ed aveva adito, in applicazione dell'articolo 234 del Trattato CE, oggi articolo 267 TFUE, la Corte di giustizia affinché si pronunciasse sulla legittimità di questa iscrizione alla luce di due direttive: la direttiva n. 70/458/CEE del 29 settembre 1970127, e la direttiva n. 92/33/CEE del 28 aprile 1992128. La Corte di giustizia aveva risposto concludendo per l’illegittimità della decisione della Commissione129 Tuttavia, per dare una risposta utile alla giurisdizione nazionale, il giudice comunitario ampliava la propria cognizione andando oltre i limiti della domanda, per prendere in considerazione delle norme comunitarie alle quali il rinvio pregiudiziale non faceva riferimento. Dopo avere ricordato la propria giurisprudenza relativa all'articolo 28 del Trattato130.

La Corte di giustizia, dunque, ponendo a fondamento degli elementi di fatto portati alla sua conoscenza, concludeva per la contrarietà dell'ordinanza del 17 maggio 1990 con la citata disposizione del Trattato.

Il Consiglio di Stato si trovava in presenza di un sentenza pregiudiziale che superava limiti della domanda che aveva investito con la propria decisione dunque, da una parte le norme comunitarie interpretate dal il giudice comunitario, e da un’altra parte, aveva investito la questione che le era stata sottoposta, ovvero la constatazione dell'illegittimità dell'ordinanza che era la diretta conseguenza di siffatte interpretazioni. Rileva evidenziare un “revirement” giurisprudenziale rispetto alla precedente decisione del 26 luglio 1985, ONIC, nella quale il Consiglio di Stato aveva concluso che gli apprezzamenti della Corte di giustizia che valicano i limiti della domanda non si possono imporre al giudice del rinvio con l'autorità della cosa giudicata 131.

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Ordinanza relativa al commercio degli scalogni in JO 2 giugno 1990, p. 6557.

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4 febbraio 2004, Société De Groot In Slot Allium BV e Bejo Zaden BV, richiesta numero 234560

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JOCE del12 ottobre 1970, n.L 225, pagina 7.

128

JOCE del10 giugno 1992, n.L 157, pagina 1.

129

CJCE, 10 gennaio 2006, De Groot in slot Allium BV e Bejo Zaden BV, Pronuncia numero C- 147/04, in Racc. p. I-245.

130

L’articolo 34 (ex articolo 28 del TCE, già articolo 30 CE) recita che sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente.L’articolo 31 TFUE (ex articolo 26 del TCE, già articolo 28 CE) recita invece che i dazi della tariffa doganale comune sono stabiliti dal Consiglio su proposta della Commissione. In Racc.

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Abbandonando questa interpretazione, l'alta assemblea va, al contrario, ad affermare che le interpretazioni contenute nelle sentenze pregiudiziali si impongono con forza di giudicato anche se non erano oggetto di rinvio.

Numerose erano le argomentazioni che militavano in favore dell'abbandono del giurisprudenza ONIC. La quale aveva manifestato una reticenza del Consiglio di Stato al dialogo tra giudici, oggi superata alla luce dei rapporti oramai improntati alla collaborazione tra giudici nazionali e comunitari. Essa rifletteva anche un ragionamento ancora molto nazionalistico da parte del giudice amministrativo, la sentenza ONIC che appare come la trasposizione, nella cornice del rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia, delle soluzioni tradizionali che reggono le domande pregiudiziali132.

Alla luce delle pregresse considerazioni risulta evidente come il Consiglio di Stato abbia avuto una posizione del tutto peculiare sulla materia in argomento, ciò posto non può non affermarsi che anche nell’ordinamento francese ai giudici tributari nazionali compete in prima battuta l’applicazione del diritto europeo, anche nel momento in cui si trovano a dover formulare alla Corte un rinvio pregiudiziale: essi hanno a disposizione uno strumento di particolare importanza che dovrebbe metterli al riparo da errori interpretativi e di applicazione del diritto europeo per i quali lo stato è responsabile133. I giudici tributari nazionali, in tutti i casi in cui rilevi una questione di interpretazione del diritto comunitario, se lo reputano necessario per l’adozione della sentenza, possono chiedere alla Corte di pronunciarsi sulla questione134. La valutazione della necessità di sospendere il procedimento e formulare quesiti interpretativi alla corte comunitaria spetta alle giurisdizioni tributarie nazionali che godono di un potere discrezionale di apprezzamento, se invece si tratta di una giurisdizione di ultima istanza, sussiste un obbligo che preclude una valutazione circa l’opportunità di rimettere la questione ai giudici di Lussemburgo. Il rinvio pregiudiziale non riguarda in senso stretto la compatibilità del diritto interno con il diritto comunitario, anche se inevitabilmente l’interpretazione della disposizione comunitaria conduce a valutare la compatibilità della norma interna135.

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per esempio, si veda la Sentenza, 17 ottobre 2003, Bompard, richiesta numero 244521.

133

Detto principio viene stabilito dalla Corte di Giusitizia nella sentenza Köbler del 30 settembre 2003, in Racc., Causa C-221/01, con la quale i giudici europei hanno affermato la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario a causa di una decisione dei tribunali interni.

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Cfr. BONTEMPS C., in PASSAGLIA P., Corti costituzionali e rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, in Quad. Cost., 27, 3-4, 2007, 625 ss.

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5.Necessaria uniformazione nell’interpretazione tributaria: la

posizione dei giudici francesi

Alla luce delle pregresse considerazioni, resi noti i termini del dibattito teorico che vede protagonista il Consiglio di Stato francese, appaiono di palmare evidenza, i riflessi, sul piano processuale, delle ricostruzioni esposte.

Per risolvere la questione vessata, non sarebbe bastata l’indagine fenomenica della vigente disciplina del contenzioso fiscale francese, ma occorre dare completezza alle argomentazioni con la ricostruzione giurisprudenziale volta alla uniformazione nell’interpretazione. Del resto, si è visto come, storicamente, la giurisdizione tributaria abbia conosciuto un’evoluzione parallela tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione civile, nell’ambito dell’ordinamento francese, In quest’ultima, inoltre, vi è stata la posizione caratterizzante assunta dalla Cassazione. Anche nella giurisprudenza di quest’ultima è emerso un interesse di tipo conservativo, ma non di certo paragonabile a quello esposto dal Conseil d'État ove questo confliggente rapporto potrebbe avvincere la relazione tra contribuente ed amministrazione pubblica. Così, il trend evolutivo che ha connotato la giurisdizione amministrativa e civile, in riferimento al rinvio pregiudiziale nell’ambito della competenza tributaria bipartita nell’ordinamento francese, con il tempo ha convertito il tradizionale modello del processo tributario, intercorrente tra amministrazione pubblica e contribuente, ed ha inoltre consentito di delineare le coordinate funzionali all’inquadramento sistematico della giurisdizione tributaria in chiave europea, con particolare riferimento all’individuazione dei suoi corollari, quali i poteri esegetici e di disapplicazione dei giudici tributari alla luce del perseguimento della uniformazione erounitaria nell’interpretazione del diritto interno.

Quanto le scarne indicazioni del legislatore del processo tributario impongono un’integrazione dei disposti con i corollari della natura della giurisdizione136.

Emblematici appaiono i recenti orientamenti pretori, che dopo aver esteso agli interessi legittimi il rimedio risarcitorio ed aver disposto la necessaria pariordinazione, quanto alla tutela eroganda degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi in ambito tributario, hanno, più di recente, ammesso che il risarcimento possa conseguirsi (alla luce di una consolidata giurisprudenza della corte di Giustizia137), in caso di lesione data da

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Cfr. GIORDANO A. Cit.

137

Il principio sopra enunciato aveva trovato una prima affermazione teorica nelle sentenze Brasserie du Pêcheur e Factortame con riferimento a qualunque tipo di violazione commessa da qualsivoglia organo dello stato membro. Nelle sentenze citate la Corte ha introdotto il principio secondo il quale il

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violazione del diritto Comunitario derivante dall’agire di un organo dello stato membro, ivi compreso il Giudice tributario. La diversità degli ordinamenti nazionali tributari, potrebbe portare ad una differente applicazione del diritto comunitario in ciascuno Stato membro: ogni qualvolta, infatti, i giudici tributari nazionali si trovassero dinanzi ad incertezze sul significato o sulla portata di una norma comunitaria da applicare, ne potrebbero dare un’interpretazione autonoma. Di qui la necessità di affidare ad un unico giudice, quello comunitario, il compito di fornire i criteri per una corretta ed uniforme applicazione del diritto comunitario, evitando così interpretazioni difformi. La Corte di Giustizia è infatti l’istituzione cui è affidato il compito di assicurare il rispetto del diritto nell’applicazione e nell’interpretazione dei trattati (art. 220). L’attività interpretativa dei giudici comunitari si esplica attraverso la procedura di ricorso in via pregiudiziale prevista dall’art. 234 del Trattato CE (oggi 267 TFUE) e può avere ad oggetto: a) l’ordinamento comunitario, inteso come l’insieme delle norme del diritto comunitario originario e del diritto comunitario derivato. Per quanto riguarda il Trattato sull’Unione europea, la Corte può intervenire solo nell’ambito delle disposizioni che modificano i trattati istitutivi, nelle disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, previa accettazione della giurisdizione della Corte da parte degli Stati membri, nelle disposizioni sulla cooperazione rafforzata, sulla tutela dei diritti umani, nelle disposizioni finali previste dal titolo VIII; b) gli atti delle istituzioni, compresi quelli della Banca centrale europea; c) gli statuti degli organismi creati con atto del Consiglio, se previsto dagli stessi statuti; d) gli accordi internazionali stipulati dalla Comunità, in particolare gli accordi di associazione e gli accordi misti; e) i principi generali di diritto comunitario. La Corte di Giustizia non è competente a pronunciarsi sulla corretta interpretazione di una norma interna, a meno che per la sua applicazione non sia necessaria l’interpretazione del diritto comunitario.

Tuttavia detto punto di arrivo è stato il frutto di un complesso iter cui sono approdati per vie diverse Conseil d'État e Cassation.

La presa di coscienza ad opera del giudice amministrativo francese delle specificità dell’ordinamento europeo sopra esposte e della necessaria uniformazione dell'interpretazione ed applicazione del diritto comunitario alla quale contribuiscono precisamente il rinvio pregiudiziale, la disapplicazione della norma interna in contrasto

mancato rinvio pregiudiziale da parte del competente organismo interno, costituisce un elemento che consente di qualificare la violazione del diritto dell’Unione da parte dello stato membro come grave e manifesta. Lo Stato inteso come organismo unico risponde per tutti gli atti posti in essere da ogni suo organo, indipendentemente dalla maggiore o minore autonomia di cui gode. Peraltro nel momento in cui l’omissione del giudice interno sia una violazione sistematica e comporti effetti negativi nella realizzazione degli obiettivi che le norme comunitarie violate si pongono, la violazione dell’organo giudiziario viene considerata di una gravità tale da comportare la responsabilità per lo stato e la possibilità di ottenere il risarcimento per il singolo danneggiato.

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con il diritto comunitario, nonché l’interpretazione conforme al diritto dell’Unione, si assestava su una rigida ed aprioristica posizione oppositoria.

Una conseguenza inevitabile, alla luce delle pregresse considerazioni, sarebbe stata quella di constatare l'isolamento del Conseil d'État, poiché la soluzione dell'sentenza ONIC non trovava nessuna eco nella giurisprudenza delle giurisdizioni degli altri Stati membri, ed era contraddetta anche dalla giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione francese138. Infine, i rischi di una contraddizione tra le soluzioni del giudice nazionale e del giudice comunitario esigevano una ineludibile evoluzione della giurisprudenza del Consiglio di Stato.

Tuttavia, questa evoluzione quant’anche posta in essere non è stata né risolutoria né completa, al punto che sono emerse delle incertezze sollevate in seno alle stesse sentenze.

In primo luogo va evidenziato come nella propria sentenza, la Corte di giustizia, concludendo per l’illegittimità dell'ordinanza, si è sostituita al giudice amministrativo competente per il ricorso principale. L'autorità delle interpretazioni rese dal giudice comunitario affermata dalla sentenza Société De Groot, secondo lo stesso Consiglio di Stato, si spinge fino al punto di svuotare della propria sostanza l'ufficio del giudice