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La necessità di cambiare l’orientamento dell’assistenza verso la cura

Parte seconda Migrazione e tutela della salute

1. La necessità di cambiare l’orientamento dell’assistenza verso la cura

La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che importanti pro- gressi nel miglioramento della salute per i prossimi decenni non verranno da nuove scoperte mediche o cure innovative, ma piuttosto dal più ampio sviluppo e applicazione di programmi di prevenzione basati sulla popola- zione (Saltman, Rico e Boerma 2006). Soprattutto da nuovi costrutti con- cettuali in grado di orientare la fruizione dell’assistenza sociosanitaria da un modello basato sulla medicina di attesa (dove è il paziente che decide se e come attivare l’assistenza) a una medicina di iniziativa (la sanità pubbli- ca, con criteri espliciti e condivisi, decide per chi e come attivare le presta- zioni assistenziali in una modalità di tipo preventivo: gratuite e aggiuntive) (Maciocco 2007; Colemann et al. 2009). Infatti, gli interventi preventivi destinati alla popolazione over 64 e volti a mantenerne l’autonomia pre- sentano un rapporto costo-efficacia nettamente inferiore dell’assistenza so- ciosanitaria offerta nelle condizioni di non autosufficienza conclamata (Netuveli et al. 2006). È ormai del tutto evidente, inoltre, che interventi di addestramento dei familiari o l’insegnamento di schemi di riabilitazione a breve termine siano in grado di ritardare l’ammissione in strutture residen- ziali in media di venti mesi (Lewis 2007) e che il modello di presa in carico attiva della patologia cronica riduca le crisi, aumenti la qualità delle cure con un abbattimento dei costi (Tsai et al. 2005).

sone è significativamente elevato, in particolare l’assistenza ospedaliera si fa carico attualmente di circa il 40 per cento della cronicità in regime di ri- covero ordinario, con uno spreco enorme di risorse economiche e umane. Inoltre l’assistenza a molti di questi soggetti è tradizionalmente erogata in base a una richiesta da parte della persona malata, legata a un aggrava- mento o una complicanza della patologia ed è, per ciò stesso, episodica e scarsamente pianificata. Questo comporta spesso un uso improprio dei ser- vizi di assistenza di secondo e terzo livello e una risposta di limitata effica- cia. Il trend demografico, la nuova caratterizzazione epidemiologica e il tumultuoso sviluppo tecnologico hanno determinato una domanda di servizi che sempre più spesso necessita invece di una “presa in carico globale” del paziente. La progressiva cronicizzazione delle malattie ha evidenziato in particolare la necessità di riorganizzare i servizi territoriali e riprogettare le cure primarie, per superare la frammentazione dei servizi, in una logica d’integrazione tra ospedale e territorio, attraverso la realizzazione di per- corsi assistenziali integrati.

La ridefinizione del percorso assistenziale basato sulla continuità tra territorio e ospedale risponde alla naturale evoluzione scientifica e tec- nologica della cura, oltre che a esigenze di governance e sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Infatti, essa mira a salvaguardare la presa in carico del bisogno nel rispetto dell’aspetto umano della perso- na, all’utilizzo in modo appropriato degli strumenti di diagnosi e cura e infine contribuisce a mantenere sostenibile il sistema universalistico, pubblico e gratuito attuale.

1.1. S’impone una revisione del modello funzionale che risponda a tale radicale mutamento

Questa circostanza richiede lo sviluppo di strategie in grado di recupe- rare anche il rapporto positivo fra l’azienda sanitaria e la propria comunità territoriale, in particolare con l’uso di un linguaggio che usa parole semplici e dal significato immediato, come quello di fragilità e prendersi cura.

Inoltre a fronte di tradizionali logiche di governo basate prevalente- mente sul controllo dell’offerta, occorre oggi porre la massima attenzione sullo sviluppo di sistemi innovativi di governo della domanda, attraverso la messa in atto di percorsi e strumenti che sappiano rispondere agli utenti con servizi adeguati, di qualità e maggiormente capaci di programmare i com- portamenti di scelta e fruizione in funzione dei bisogni.

Gli interventi che mirano a mantenere o migliorare l’autonomia do- vrebbero però essere offerti solo a persone selezionate, quelle persone che, senza di essi, andrebbero incontro a un crescente bisogno di assisten-

za sociosanitaria. Sarebbe quindi ottimale per gli operatori conoscere in anticipo il rischio (inteso come probabilità di incorrere in un evento av- verso, come per esempio il ricovero urgente, la non autosufficienza o la morte) di ogni singolo individuo in modo da attivare degli interventi di prevenzione (promozione del self care) e/o di presa in carico (disease e case management) tempestivi e appropriati1. Il grado di rischio del sin-

golo individuo è quindi un chiaro esempio di come un dato diventa un’informazione strategica “perché è capace di modificare la probabilità delle decisioni” (Morosini et al. 2006). In buona sostanza, se s’intende la medicina come scienza destinata unicamente a curare la malat- tia/patologia, allora l’obiettivo di tale disciplina si riduce a un mero mec- canismo di richiesta-risposta. Se, invece, si riesce a intenderla in senso più ampio, ovvero come la branca/il settore che ha il fine di erogare cure alla popolazione, allora è possibile affermare che la medicina, per garanti- re il conseguimento delle proprie finalità, necessita di legarsi, confrontar- si, integrarsi con altre discipline, come per esempio la psicologia e la so- ciologia, in una visuale di ricerca bio-psico-sociale. Lo schema nella figu- ra 1 illustra una linea di intervento che trasforma il significato di assisten- za in quello di cura (patrimonio proprio dei servizi territoriali). Il tradi- zionale percorso che dal bisogno percepito porta alla formulazione di una domanda di assistenza generata da un bisogno acuto determina l’erogazione di assistenza prevalentemente ospedaliera, tranne per le cri- ticità a bassa complessità e le urgenze differibili che possono essere sod- disfatte dall’ambulatorio di continuità assistenziale. L’attività preponde- rante dell’assistenza territoriale è quindi orientata a soddisfare bisogni di malattie croniche, prevedibili e programmabili, che ricadono su un para- digma non più di attesa, ma di iniziativa, predittiva/preventiva. Le cure primarie, quindi, si realizzano nel momento stesso in cui è il servizio sa- nitario che va dal cittadino e gli propone attivamente le prestazioni assi- stenziali di cui ha bisogno, con un modello che ripercorre l’attività di pre- venzione (screening). Le cure primarie si articolano in attività di presa in carico attiva del sostegno all’autocura e all’aderenza alla terapia e in me- dicina di iniziativa di monitoraggio clinico e telemedicina.