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Nel Serafino, Francesco vede sé stesso, non l' Uomo-

Uomo-Dio. L'interpretazione ci viene

da

Gregorio

Magno: Et

sunt nonnulli qui supernae contemplationis facibiis accensi, in solo conditoris sui desiderio anhelant,

amant

et ardent, atqtie in ipso suo ardore requiescunt,

amando

ardent, loquendoetalias accendunt, etquos verbo tangunt, ardere protinus in

Dei

a?nore

(i) Greg.

M.

XII, in e. 15 Job; n. 30: Sunt.... qni

Deo

se iniuriam irrogare existimant.... si Imnc veraciter, prò nobis, carne mori potnisse crediderint.

(2) Caes. II, 23;cfr. I,35. L'estasi deifrati nel dir messa, gof-famente descritta nei Fioretti N. 53 (cfr. Actus N.51),nonè com-mozione d'indole diversa.

Anche

questi racconti derivano da Ce-sariOjYS^, 27, 32.

Thom.

II Vita I, 6: Spec. e. 92. Decamerone, Giorn.

IV

Nov. 2: Se7npreall'altare,qziandocelebrava,sedamolti era veduto, piangeva la passione del Salvatore, si come cohci al quale poco costavano le lagrime, quando le voleva.

(3) I Vita 92, 93. Cfr. j. Aiig. Confess. VIII, 12. Vita Ant.

Migne,

LXXIII,

127. Fior. N. 2; Act. i § IO segg.

(4) I Vita 93, 94, 95.

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faciunt.

Quid

ergo istos itisi Seraphini

dixerim?

(i)

Queste

parole

non sembrano un

ritratto di

Francesco? Tomaso che conosceva

le

opere

gregoriane

non

le lesse invano, e se

ne

ricordò, per descrivere la visione

che certamente

è

cosa del tutto sua.

Non

solo la rinnovata pietà della passione,

ma anche

altri elementi concorsero

a

dare vita alla leggenda delle stimmate. x\nche

Paolo aveva

detto: ego enimstigmataDoviini in carpare

meo

porto(2).

Nelle esortazioni alla vita ascetica la letteratura

mo-nastica, ripetendo i detti di Paolo,

ammonisce che

il-

mo-naco deve

essere crocifisso

con Gesù. Al

trofeo della croce,

simbolo

di vittoria e di mortificazione, chi al

mondo

ri-nuncia

si

deve

sospendere,

come

il

Redentore

(3).

Pianamente

si

passa

dal

simbolismo

alla realtà. S,

Do-menico,

detto il Loricato,

non

soloportòsul

corpo

le

stim-mate

di

Gesù, ma

si dipinse infronte e s'impresse, in ogni parie del corpo, il vessillo della croce(3) L'arte veniva in aiuto alla fede. Cesario,

che

separa,

con una

lieve linea.

(i)

Hom.

in Evang. II, 34 N. li.

(2)

Ad

Gal.

VL

17.

(3) Migne,

LXXIII,

891 - Cassimi. Inst. VI, 64.

CV.

72:

Qucmadmodum,

vivens,. qiiis possit esse crucifixus?... ^S". Greg.

M.

In prim. Rag. VI, 3, n. 25: QuiJesumvultpraedicando estendere, per mortifìcationem carnisdebet eius,

quem

praedicat, passioties imi-tari. S. P. Da?n. Ep. VI, 22.Op. I 103, Cruceomnisreligio Chri-stianorum depingitur. Illic te simul

cum

Christo suspende; cfr. II, 119 segg. Sermo 47, 48.

Praeferimus igitur Crucem in fronte. Crux est,

quam

moribus

et actib\is nostris debemns imprimere. Qui hanc portat, passionem Redempt'oris sui vere communicat.

(4) S. P.

Dam.

Op. II 240.

E

certo Domenico si fece egli stesso le ferite a mo' di croce,perchè la cicatrice rilevata indicasse il simbolo; era un povero maniaco che, a' tempi nostri, avrebbe trovato asilo in un manicomio.

95

il reale dal simbolico, scrive

che

la

mano

destra del

mo-naco

dev'essere trafitta dal chiodo dell'

obbedienza

; la si-nistra

da

quello della pazienza; i piedi

da

quello

del-l'umiltà(i).

Ancora un

passo e

giungiamo

alle vere stim-mate.

Meditando

in coro sulla Trinità,

un

novizio cnicem fronti suae

wiprwii

sensit, etpitto

quod

eadem hora (egli av-verte) cogìtaret de passione(2). Il novizio di

Hemmerode precede Francesco

nel prodigio.

Un

altro converso

con-templa Gesù,

crocifisso insieme

con

quindici frati di per-fettissima vita. Il Signore dice dalla croce: Questi soli,

meco crocifissi, conformarono lalorovita alla

mia

passione(3).

Segni materiali di grazia divinasi

chiedono

esi ottengono.

Da un

nobile prepotente

un povero

rustico

ha

tagliato

un

piede:

non

si rassegna il mutilato,

ne

allavita monastica,

alla

sua

disgrazia, finche

Dio non

fa di lui

un

auten-tico

Giobbe. Poco

si faattendere il miracolo; si manifesta la gangrena,

che

è il

sigmim fob

in corpore, e il novello

Giobbe muore

contento(4).

Tomaso sapeva d'onde

trarre le

sue

ispirazioni.

La

leggenda delle stimmate,

prima

di lui era beli'e formata,

e

bastava solo adattarla a

Francesco

; interpretando la si-gnificazione delle piaghe

con devoto

e

anche

erudito

pen-siero.

Dio non aveva

negato al

Santo

il martirio, se

non

per farlo

degno

di soffrire, unico fra gli uomini, lo strazio della croce.

Dopo

i segni divini e l'altro martirio dell'infermità e delle atroci cure del fuoco, la

morte

gli

dava

1'ultimo riposo.

Le

povere donne, seguaci della vita evangelica di Francesco,

piangono

sul

corpo

del Santo.

Roma

stessa si

commove.

Assisi diventa il centro della Cristianità,

quando

(i) Vili, 19 (De crticifixione religiosonim).

(2) Vili, 23.

(3) Vili, 18.

(4) XI, 18.

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Gregorio

IX, con

lasfarzosa corte dei principi della Chiesa, annuncia, di là, la

nuova

gloria della fede,

e

visita le abiette e umili carcerate, fedeli" alla parola e all'esempio del

perduto

fratello (i)'.

Nella storia e'nella

leggenda

francescana, s.

Chiara

e le sue suore

non potevano

essere dimenticate.

Se

il

movi-mento

d'Assisi

non va

disgiunto dall'impulso

non

piena-mente

ortodosso, è spiegabilissimo

che

la

donna

abbia

la-sciato vivi ricordi nella

prima

e indipendente fraternità francescana.

Ancora

nel 1216,

Giacomo

di Vitry,

descri-vendo

i primordi dell'Ordine dei Minori,

soggiunge

subito alcune notizie sul

modo

di vita delle

Povere Donne

che, raccolte in diversi ospizi, vivono insieme; nulla ricevono, vivendo del proprio lavoro, solo tediate dal soverchio onore,

che ad

esse tributano ecclesiastici e laici

(2).

Da un

pezzo, Carlo Miiller

ha

notato

che

il capitolo

duodecimo

della vecchia Regola, escludente le

donne,

do-veva

riferirsi

ad una

pratica anteriore diversa; e

non

dis-sente

nemmeno

ilSabatier(3).

Tutta

1'anticafraternità

non

era,

dunque, che un gruppo

dievangelici,dell'unoe dell'altro sesso,

senza

l'idea di costituire

due

Ordini distinti,

come

poi si fece,

quando Francesco

fuindotto

ad

accostarsi alla

Chiesa

e al

capo

di questa. Parallela ai Minori, si costituì la

Regola

delle Povere

Donne

: la qual cosa

suppone

ne-cessariamente,

che

l'altro nucleo maschile originariamente fosse formatodaiPoveri

Uomini

(T Assisi. Il

nome

dicetutto.

(i) I Vita 118, 122.

(2) Sabatier, Speculum 300; il quale, non soverchiamente si-curo del linguaggio medievale, credeche hospitiumvoglia dire ospe-dale, e delle Clarisse fa des soeitrs hospitalières (296), Hosfitiu^n significa semplicemente luogo di abitazione. Sull'origine delle Cla-risse, si vedano scritti del Le7ìipp, in £tSeger's Zeitschr. fiir Kir-chengeschichte XIII, 181 segg. e nel volume successivo, 97 segg.

un commento storico del Rokricht alla citata lettera di Giacomo

di Vitry.

(3) Vie de s. Fran90is, 181.

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Non

ostantele

norme

severe dettate dallo spirito

mo-nastico, nella

leggenda perdura una

soavità confidente fra le Povere e i Poveri.

Non

e'è bisogno di

pensare ad un romanzetto d'amore; ma

è

pur

vero

che

il sorriso mistico

d'una donna

allieta la vita austera del Santo. Chiara,

come

Francesco, èla pietra preziosa

su

cui sorgela

nuova

religio delle Povere

Donneai). Essa

segue, in ogni atto e pensiero, il fratello spirituale, nell'umiltà, nella povertà, nel cullo eucaristico fervorosissimo.

La

vita di Chiara,

non

posteriore al 1261, è scritta per l'invito di

papa

Ales-sandro IV

(2);

ma,

se

non

erro, il nostro

Tomaso nem-meno può

esserne sospettato autore, per le

molte

e gravi divergenze fra quella e la

prima

biografia francescana.

Le

frequenti imitazioni dello stile del Celanese,

che

si

notano anche

nellaleggendadi s.

Bonaventura

enella vita d'Egidio, si

debbono

attribuire soltanto alla celebrità dell'

opera

di

Tomaso

(3),

che s'imponeva

agli agiografi del

tempo,

lie-tissimi di togliere da'suoi tesori retorici le

gemme

pivi belle

(4).

Qualunque

sia la storia dei manoscritti,

che

ci

danno

labiografia della sociadi Francesco,

prendendo

e studiando,

com'

è, il testo dei Bollandisti, si

giunge a qualche

con-clusione notevole.

In

esso restano

(come

dissi) vivie freschi gl'indizi dell'antica familiarità fra Poveri e Povere, in con-trasto stridente

con

le

norme

claustrali, ispirate, se

non

dall'odio, dalla

paura

della

donna,

alleata sicura del

de-monio. Accortamente

però il biografo s'ingegna di

mo-derare le visite reciproche dei

due

Santi, per evitare

ru-mori

pubblici,

punto

benevoli(5); tuttavia, troppo

grande

(i) Thom. I Vita 18.

(2) Acta SS. T. II Aug. 754 segg.

(3) Sabatievj Speculiim

LXXV;

Gòiz, 240 segg.

(4) Acta cit. n. io (756) è riferito un brano della II Vita del Celanese I, ò;Rosedale, 13.

(5) N. 5, 6, 7; (755-6).

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era l'azione esercitata

da Francesco

sui propositi deiJa nobile fanciulla,

perchè

se

ne

potesse dir poco,

o

nulla.

Ardita e certa della

sua

fede, l'amica della Povertà corre alla Porziuncula, e si fissa poi in quella chiesa di s.

Da-miano, che

ricordava la conversione del

Santo

(i).