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I codici di Nonio riportano lo stesso passo acciano in due passi distinti che si differenziano per tre varianti: a p 458 (=Ald 1398.49) leggiamo pecudum, laevo,

Trascrizione, apparato critico e commento delle tragedie di Accio (Matr 7901 ff 50-71) e delle corrispondenti note di Faerno (Matr.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

19 I codici di Nonio riportano lo stesso passo acciano in due passi distinti che si differenziano per tre varianti: a p 458 (=Ald 1398.49) leggiamo pecudum, laevo,

accommodans, mentre a p. 244 (=Ald. 1316.44) silvetres, saevo e accommodant. Nel copiare i frammenti dal “borrador A” al “borrador B” Agustín, nelle sue carte, ha

incontrato dapprima 1398.49, ed ha quindi trascritto il testo secondo quel passo; giunto a 1316.44, ha inserito nel “borrador B”, come varianti marginali, silvestres e saevo, e sostituito la s di accommodans con la t di accommodant: questa procedura sembra suggerire che l'arcivescovo intendesse silvestres e saevo come varianti di pecudum e laevo, mentre in accommodant non riconoscesse una semplice variante, ma la testimonianza utile per emendare accommodans. Ancora una testimonianza dell'atteggiamento con cui l'arcivescovo intende condurre il suo lavoro: vagliare le testimonianze e, ragionando senza pigrizia, compiere scelte in grado di stabilire un testo più corretto.

Di per sé evidente la diversità di approccio dimostrata da Estienne, che addirittura riporta due volte il frammento, seguendo in un caso il testo riportato a p. 458, nell'altro quello di p. 244, senza alcuna nota di commento in proposito.

METRO Faerno sceglie ancora un settenario trocaico, che secondo il cremonese abbisogna di una correzione che egli dichiara di non saper esprimere. Anche Bothe, Ribbeck, Klotz, D'Antò, Dangel scandiscono in un settenario trocaico, ma dopo aver stabilito un testo diverso:

Tunc (tum Bothe) silvestrum exuvias (exuviam Bothe) laevo pictas (pictam Bothe) lateri accommodant.

Il frammento manca nelle Castigationes di Voss.

Lindsay scandisce con un ottonario giambico il frammento citato da Nonio sotto il lemma accomodatum (Non. 244), nel quale il verso inizia Tunc silvestres exuvias; mentre opta di nuovo per un ottonario, privo però delle due sillabe iniziali, riguardo al frammento presente al lemma exuvias (Non. 458).

20 La variante uisus non è presente nella “borrador A” ed è scritta a margine dalla seconda mano di Agustín: ciò induce a ritenere che sia stata ricavata da materiali con cui l'arcivescovo ha collazionato l'Aldina in un secondo momento, quando già il frammento era stato copiato nel “borrador B”. Consultando i Laurenziani, si noterà che la lezione iacet et uisus è presente in quattro dei cinque codici, e precisamente nei nn. 1, 2, 3, 5, mentre il n. 4 legge iacet et nisus, come l'Aldina e come la maggior parte dei codici.

In base a questi dati si possono tracciare delle ipotesi: la variante visus sembra provenire da testi vicini ai Laurenziani 1, 2, 3, 5, se non da uno di essi; il Laurenziano 4, o un codice a esso molto vicino, potrebbe aver costituito il primo strumento di collazione, dal momento che, in questo specifico caso in cui il codice coincide con l'Aldina, non troviamo alcuna variante nella sezione delle fonti, dove troviamo annotate varianti al testo aldino che spesso coincidono con le lezioni del n. 4.

Uno degli altri quattro codici, invece, (o un testo ad essi vicino) potrebbe aver costituito un ulteriore materiale di collazione in una seconda fase del lavoro, poiché la variante visus è assente dal “borrador A” e scritta di seconda mano a margine del frammento nel “borrador B”.

Nelle Castigationes Voss annota così l'emendazione iacite thyrsos leves dello Scriverius: “Haec germana lectio. In vett. est nisus pro thyrsos. Item iacet et, pro iacite, quod est in Mso.

La congettura e la variante trascritte a margine da Agustín non sono presenti nel Borrador A.

Ribbeck affronta la discussione nel Corollarium, p. LIV: “Non laudanda tantum, sed in textum confidenter recipienda erat Scriverii coniectura thyrsos, vel quod ipsis litteris indicatur tirsos. Sic in Senecae Oedipo v. 641 Agaue loqui fertur: vibrate thyrsos. Cf. etiam Herc. fur. 476.”

METRO Il frammento è assente nelle note di Faerno. Viene scandito dagli editori (ad eccezione di Voss, che non propone alcuna scansione) come tetrametro cretico.

21 Agustín sembra essere il primo ad attribuire correttamente il frammento alle Bacchae; Estienne e Delrío lo sistemano tra i frammenti acciani di incerta attribuzione.

Ciò è dovuto al fatto che nell'Aldina del 1513 è presente il riferimento all'autore, ma non quello alla tragedia, corrottosi in Vacci: cfr. 1304.57 Accius; Vacci acri, crepitantes melos. E così leggono appunto Estienne e Delrío. Nella sezione delle fonti, Agustín ha dapprima trascritto il frammento attribuendolo genericamente ad Accio, poi è intervenuto su Vaccis, emendandolo in Bacchis (nos), lasciando, dunque, intendere che la correzione è applicata per ope ingenii. Nel “borrador B”, poi, il frammento viene citato direttamente nelle Bacchae, facendo iniziare il testo con Acri e non più con Vacci.

Nella sua edizione di Nonio, Iunius legge: Acc.Bacchis: Vacci, acri, crepitantes melos; reca, dunque, l'indicazione dell'opera, malgrado non emendi Vacci; ciò significa che, nello stabilire la collocazione del frammento, Delrío si è fidato di Estienne, senza controllare lo stato del testo noniano nell'edizione di Iunius.

Finalmente il testo acquisisce inequivocabilmente la forma che tutt'oggi abbiamo con l'edizione di Mercier: Accius Bacchis – Acri; Scriverius, che attingeva le citazioni noniane proprio dall'edizione di Mercier, ha dunque potuto riportare il frammento tra le Bacchae, leggendo Acri crepanteis melos. A questa soluzione, occorre rimarcarlo, era già giunto Agustín, senza l'ausilio, però, di una buona edizione di Nonio.

discute così la storia delle congetture relative al passo: “Avendo in mente il gr. xalko/krota, il Buecheler, seguito dal Ribbeck, corresse il tràdito acri crepantes con aericrepantes. Ma non s'è tenuto presente che Nonio, per essere sicuro che melos fosse un acc.plur.masch., doveva avere nel suo ms., un aggettivo o pronome che rendessero indiscutibile quanto egli scriveva, come si nota in questo lemma e altrove. Appare perciò più plausibile la corr. acris dello Iunius”. Dunque, la congettura acres proposta a margine da Agustín, assente nel “borrador A”, e quindi maturata probabilmente in una fase avanzata del lavoro, si rivela ragionevole, poiché sembra ritoccare il testo nella direzione intesa da D'Antò, ovvero rendendo esplicito l'accusativo plurale maschile di melos, classificazione di cui Nonio era assolutamente certo: cfr. Non. 212, 10 sgg. “Melos genere neutro […] Masculino Accius Bacchis: acris crepantes melos” (Lindsay).

Credo, tuttavia, che l'accusativo plurale maschile sia già sufficientemente evidente grazie alla desinenza del participio, comunque si voglia leggere la parte iniziale del frammento. Desta comunque interesse la proposta di Agustín, che appartiene alla linea di Iunius e degli altri filologi che sono intervenuti sul testo stabilendo un aggettivo distinto da crepantes/crepitantes da concordare con melos, scartando l'ipotesi del participio/aggettivo composto.

La variante crepantes, sebbene ben attestata nella tradizione manoscritta, non è contemplata da Agustín: ciò significa che, probabilmente, i materiali a sua disposizione concordavano tutti nella lezione acri crepitantes e che possiamo escludere contatti con rami della tradizione che leggevano crepantes. Nei Laurenziani 48, 4 e 5 il frammento è assente, poiché i codici sono privi del III libro, cui appartiene la citazione noniana160. Il Laurenziano 1, che per il libri I-III corrisponde al prestigioso codice F, recante correzioni (siglate con F3 da Lindsay) che paiono essere vicine all'archetipo,161 legge: Accius uaccis

acri crepịṭantes melos; i punti sotto -it- sono stati applicati da F3. Il Laurenziano n. 2, che

si rivela di norma il più corrotto dei cinque, legge: accius Vactis acrepitantes melos. Il Pluteano n. 3 legge: accius acri crepantes melos. Sembrerebbe, pertanto, da escludersi la collazione dell'Aldina con il n. 3 e, forse, anche con il n. 1, a meno che non si pensi che Agustín avesse considerato trascurabile la correzione di F3.

La Degl'Innocenti Pierini162 discute ampiamente sia il composto congetturale

aericrepantes proposto da Bücheler e adottato da Ribbeck (aericrepantes nella seconda edizione, aericrepitantes nella terza), sia acrirepantes stabilito da Quicherat, terminando la 160Sulla tradizione del III libro di Nonio cfr. Lunelli 1986.

161Si veda la praefatio dell'edizione di Lindsay. 162Degl'Innocenti Pierini 1980.

discussione con la scelta del secondo. Bücheler e Ribbeck evidenziano che aericrepans (o aericrepitans) è calco del greco xalko/krotoj: la Degl'Innocenti rafforza il valore della congettura, rilevando che il composto greco “è aggettivo usato in riferimento sia a Demetra che a Rea, alludendo specificamente agli strumenti usati nel loro culto […] Ancora nel tardo Nonno l'epiteto sarà usato in riferimento agli strumenti delculto dionisiaco. Si può avvicinare a aericrepans anche: xalko/ktupoj attributo di ku/mbala in un frammento tragico di Diogene […] Potremmo dunque accogliere la correzione del Buecheler, sia per laprecisa aderenza al contenuto delle Bacchae acciane dato che il termine è usato per il culto dionisiaco e per altri culti orgiastici, sia perché potrebbe inquadrarsi nella prassi stilistica di Accio: ci troveremmo infatti di fronte ad un caso simile a quello di vitisator calco di a)mpelofu/twr”. Detto questo, secondo la studiosa “è certo metodicamente più prudente, anche se meno suggestivo, rivolgere lo sguardo verso correzioni più vicine al testo tràdito, come acricrepantes del Quicherat. Dalle Baccanti euripidee, modello, come è noto, di quelle acciane, possiamo confrontare soprattutto i vv. 156-157 (me/lpete to\\n Dio/nuson/barubro/mwn u(po\ tumpa/nwn) dove si fa allusione sia al canto che agli strumenti del culto dionisiaco. Dal confronto con Euripide risulta avvalorata la lettura acricrepantes del Quicherat, accolta da Warmington: avremmo l'allusione agli strumenti del culto nel verbo crepare ed alla tonalità del suono, come nel greco barubro/moj. In acricrepans avremmo una sorta di adnominatio interna onomatopeica, che si può considerare consona al gusto per le figure di suono spiccato nel Nostro: ancora si potrebbe avvalorare aericrepans in base all'avvicinamento di increpare e di un canto dalla tonalità acer in Lucrezio 3, 953: voce increpet acri”163.

METRO Secondo Faerno si tratterebbe o di un emistichio trocaico, o della parte finale di un metro giambico.

Bothe, D'Antò, Dangel non propongono alcuna scansione; Müller e Ribbeck scandiscono il frammento come parte finale di un verso giambico o trocaico; Lindsay ritiene il frammento parte di un cretico; Klotz scandisce in un senario giambico.

22 Nella sezione delle fonti, Agustín ha sottolineato nimbis, come fa di norma quando