Descrizione dei Matr 7901-7902
9. Il percorso dei codici: i fragmenta come opus commune
“Anchora pottete veder li fragmenti di diversi auttori antichi che lasciai al Faerno”, recita la lettera che Agustín scrisse a Orsini da Napoli il 3 marzo 1559 e che abbiamo già avuto modo di citare.
Sempre nel 1559, Sigonio reclama da Orsini l'invio dei “fragmenti raccolti da monsignor d'Alife”: si è già detto nel capitolo I del debito che hanno i suoi Fragmenta Ciceronis nei confronti della nostra raccolta.
In una lettera di Faerno a Orsini del 1° aprile 1560, anch'essa già menzionata, viene citato Achille Stazio: “Vostra Signoria sara contenta dare a messer Achille Statio quelli fragmenti d'auctori antiqui che sono raccolti da Monsignor d'allife che si trovano in man sua”.
Orsini stesso, poi, con il suo Vergilius illustratus (pubblicato nel 1567), deve molto a quei “poetini” di cui sollecitava l'invio nell'estate del 1566. Rispondeva così Agustín da Lérida: “Delli poeti et altri antiqui non so seui potro seruire, che ho mancamento di copiste dotti, et piu presto li mandaro in stampa. Pure sceglete qual uolete prima perche ue lo mandi prima”138. Orsini esprime allora i suoi desideri (Roma, 12 ottobre 1566): “Io desiderauo d'hauer principalmente li fragmenti di Cinna, Valgio, Vario, Quintilio 138O.O. 1765-1774 (vol. VII p. 247).
Maecenate et quei poetini di questa aetà, mà se V.S.R. è per darli fuori così presto, si potrà soprasedere dal farli trascriuere, ò uero, me ne mandi la copia solo di quel che non è stato trouato da Herrico Stephano”139. Il 12 novembre 1566 Agustín comunica di aver assolto ad alcune delle richieste dell'amico: “Vi mando hora Cinna, et Caluo breui ma belli poetini del aureo seculo di Cicerone, et Vergilio, andaro cauando delli altri. Se uolete che lascie adietro le allegationi della vita, o che agiunga la prosa, fatte uoi. Quante piu lettere mi scriuirete, tanti piu hareti di questi buoni compagni”.In un'altra lettera indirizzata ad Orsini (Tamarid, 10 febbraio 1567) Agustín si scusa per non aver mantenuto le promesse: “Horsu patienza per questa uolta che io anchora sarò Parthis mendacior che non ui mando piu di quelli poeti, perche son fuora Lerida alla uisita [...] Come torno a casa ui mando la portione duplicata di poeti”140.
Da questo excursus si capisce che i frammenti degli autori antichi costituirono motivo d'interesse per vari umanisti legati alla curia romana e che la raccolta passò sicuramente tra le mani di Faerno, Sigonio, Stazio, Orsini, talvolta come copia di parti dell'originale. L'esito di questa condivisione è ben noto per quanto riguarda Faerno, ma per Stazio e Orsini riusciamo ad individuare solo tracce sporadiche e frammentarie, che consistono in emendazioni scritte a margine del “borrador B” e accompagnate dai sigla “A. Stat.”, oppure “Vrs.”.
A questi personaggi dobbiamo aggiungere Giulio Poggiani e don Lorenzo Gambara, sulla base di un'informazione contenuta in una lettera che Agustín scrive a Orsini il 28 luglio 1561141, nella quale afferma: “Domani con M. Giulio Pogiano142 e Don Lorenzo143 mettemo mano alli poeti antichi”. Fu, forse, l'esperienza nel campo della lingua greca a determinare il coinvolgimento di questi due studiosi? E in quale misura essi avranno contribuito?
Ad ogni modo, bisognerà tenere in conto tutti questi (e forse altri) umanisti, ogni qualvolta si tenti di dare un nome a quelle mani, che, oltre a Agustín e Faerno, hanno
139Wickersham 1913; originale in Matr. 5781 f. 43v.
140Le ultime due lettere di Agustín sono state citate, come le sue precedenti, dal VII volume degli O.O. 1765-1774.
141O.O. 1765-1774 (vol. VII p. 244).
142Giulio Poggiani (Suna, Novara 1522 – Milano 1568) è una figura importante per la biografia del Faerno, dal momento che il suo epistolario, curato da Gerolamo Lagomarsini e contenente lettere di Masio, Latini, Paolo Manuzio ed altri ne costituisce la principale fonte di informazioni. Studioso di greco, fu segretario di Carlo Borromeo; redasse molti testi teologici del Concilio di Trento.
143Lorenzo Gambara (Brescia, fine XV – Roma 1586) trascorse a Roma gran parte della sua vita a servizio del cardinale Alessandro Farnese e papa Gregorio XIII. Fu un poeta molto prolifico e traduttore della poesia lirica greca; è noto come autore del primo poema neolatino sui quattro viaggi di Colombo (De navigatione Christophori Columbi libri IV, Romae 1581) e di un nuovo genere di poesia pastorale, le Eclogae Nauticae (Basileae 1555, Romae 1566).
lasciato traccia di sé nei Matr. 7901-7902: mi riferisco al copista dell'estratto di Sant'Agostino su Varrone e allo scriba dei frammenti di Mazio; in quest'ultimo caso, si darà un nome anche al copista dei ff. 97r.-119v. el Vat.lat. 3441.
Per concludere, vorrei sottolineare che la collaborazione tra gli studiosi legati alla curia romana non deve esser stata sempre amichevole e idilliaca; nella corrispondenza di Orsini leggiamo alcuni giudizi che lasciano intravedere una nota di disappunto verso l'edizione di Festo curata da Agustín: “Il fragmento di Festo è quell'istesso di che fa mentione il Politiano nelle centurie et che monsig. Ant. Augustino nel stamparlo fece molti errori lui, et diede causa di farne molti al Scaligero” (lettera a Pinelli del 19 gennaio 1580)144. Quando, però, scrive all'interessato in merito al medesimo argomento, Orsini usa un altro tono: “In Anversa sono stampate in 8° le mie note sopra tutte le opere di Cicerone nella quale non è foglio, dove non sia nominata V.S. Rma, il P.Ottauio et il Faerno [...] Il terzo avviso che le do, credo le sarà più grato di tutti, che è l'haver fatto stampare in Firenze il fragmento di Sex. Pompeio, nel modo che lo sta nella nostra libraria, con haver supplito io del mio, et miglioratolo in più di due milia luoghi doppo il Scaligero. ne harrei mandato uno a V.S. Reverendissima, ma per esserci alcune errori della stampa, lo fo stampare in Roma, et subito finito, ne darò uno all'agente di V.S. Reverendissima, la quale, son sicuro che lo vederà volentieri, perche sebene-esso, non ho dubio che sieno di molti errori, et in quelli supplementi io habbia molte volte divinato male; tuttavia, come ho detto, vi saranno migliorati più di due milia luoghi perfettissimi a mio giuditio et di quelli che l'hanno veduto”145. Agustín, però, sembra non lasciarsi confondere, consapevole di quale dovesse essere il giudizio prevalente riguardo al suo Festo; nel commentare l'edizione di Fulvio Orsini (lettera dell'8 marzo 1582), tiene a precisare che l'edizione del 1559 fu realizzata anche con la collaborazione dello stesso Orsini: “Con il fragmento de Festo [...] mi sono rallegrato molto ricordandomi di quel bel tempo quando si fece quel libro che V.S. chiama mio per darmi le sferzate colli vostri schogli o schedie, et pur il libro fu sempre vostro, et sara al vostro dispeto”146.
Dunque, il sodalizio umano e culturale non fu tutto rose e fiori, ma rimane il dato di una straordinaria congiuntura che determinò la collaborazione di cui testimonia la grande quantità di edizioni pubblicate alternativamente sotto il nome di Agustín, di Orsini, di Faerno, di Sigonio, di Panvinio, e così via.
Lo stesso potremmo affermare dei “fragmenti d'auttori antichi”, se fossero stati 144De Nolhac 1887, p. 44 n. 3.
145Wickersham 1913; originale in Matr. 5781 ff. 37-39. 146O.O. 1765-1774 (vol. VII p. 260).
pubblicati; bisogna, inoltre, ammettere la possibilità che essi abbiano beneficiato del contributo di altri studiosi rispetto a Faerno e questo aspetto costituisce un campo d'indagine ancora da esplorare.