Trascrizione, apparato critico e commento delle tragedie di Accio (Matr 7901 ff 50-71) e delle corrispondenti note di Faerno (Matr.
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
3 METRO La scelta di Faerno di scandire il verso in un settenario trocaico completo è condivisa da Bothe, Ribbeck, Dangel; D'Antò pensa invece ad un metro giambico
articolato su due versi (-Tullius/qui libertatem civibus stabiliverat), mentre Klotz non propone alcuna scansione.
l'impaginazione dell'Aldina del 1523, nella quale troviamo i passi acciani sul verso di pagina 89. La numerazione è incompatibile, invece, con le edizioni degli Estienne: nell'edizione di Robert i passi si trovano a p. 248, mentre in quella di Charles a p. 266.
La proposta di espungere iam, evidente attraverso la sottolineatura del termine e il commento espresso in merito da Faerno (“uox omnino uersui necessaria est”), è presente anche nel “borrador A” ed è quindi maturata già nella prima fase di lavoro, ma non è affatto chiaro se sia avanzata ope ingenii oppure sia frutto di un lavoro di collazione.
L'inversione tra i versi ai righi 7 e 8 è stata più volte espressa nel corso del Cinquecento, senza poter stabilire con certezza, a quanto pare, a chi spetti la paternità di tale intervento tra Fruytier, Muret e Lambin. Delrío, tuttavia, sembra ignorare tali contributi e attribuisce a se stesso l'iniziativa dell'inversione; così commenta nelle sue Opinationes: “Somnium Regis Tarquinii, cui mea ope versuum ordo, sententia exigente, quarti et quincti transpositione, redditus”.
Il confronto tra la fonte delle lezioni uisus est...pastor e immolare me, adottate da Agustín, e quella di visum est...pastorem e involare me, offerte da Estienne, getta luce sulla diversità del testo base impiegato dai due umanisti. Nel caso dell'arcivescovo, lo abbiamo detto, i frammenti vengono citati in base all'Aldina del 1523, sulla quale si basa anche l'edizione di Robert Estienne del 1538, migliorandola, però, attraverso le Castigationes di Vettori. Il testo dei Fragmenta di Henri Estienne, invece, mostra sensibili differenze che possono essere ricondotte alla successiva edizione degli Opera di Cicerone curata dallo zio Charles e pubblicata nel 1554: tale edizione non è priva di errori madornali (nel nostro caso, si veda involare me) ed è senza dubbio meno valida rispetto alla precedente curata dal fratello. Su di essa, però, si basa Henri per raccogliere i passi citati da Cicerone, e sui Fragmenta di Henri poggia tutta la successiva critica dei nostri frammenti. In contro tendenza l'intervento di Voss che nelle sue Castigationes ripristina sostanzialmente il testo dell'Aldina, adattandolo alla forma mentrica del senario: “In antiquissima Ciceronis editione, atque, ut censeo, omnium prima, ita scriptum inveni:
Visum est in somnis pastor ad me appellere.
Eodemque modo in accuratissima editione sua expressit Gruterus; qui tamen non dissimulat, in Mssis, aliquot inveniri, Visum esse. Ego non dubito, quin vera lectio sit,
Visu'st in somnis pastor ad me appellere.”
METRO Faerno, come tutti gli editori, scandisce i versi in senari; corregge, inoltre, di propria mano il “borrador B”, in maniera da restituire due senari ai righi 13 e 14 (maxumum ac/Ac mirificum), dove Agustín aveva copiato i versi così come li aveva trovati
nell'Aldina (maxumum/ac mirificum): bisognerà attendere Bothe perché questa semplice trasposizione sia resa ufficiale da un'edizione a stampa.
16-25 La lezione haud temere improuiso, che Agustín attinge dall'Aldina, è attualmente la lezione adottata sia dagli editori dei frammenti sia da quelli di Cicerone. Essa si è riaffermata dopo molti decenni nel corso dei quali vigeva la vulgata stefanina haud temere visa, che, diversamente dalle lezioni commentate sopra, non è presente nell'edizione dello zio Charles, ma, teste Ribbeck, nel cosiddetto codex Eliensis, con cui Henri Estienne pare aver avuto un contatto di qualche tipo. Le notizie su questo codice vengono raccolte da Pease, il quale riporta che Davies, nelle introduzioni alle sue due edizioni del De divinatione (1721,1730), non fa menzione di questo manoscritto, ma lo cita occasionalmente nelle note. Inoltre, nel De divinatione si riferisce al codice usando il singolare, mentre nella prefazione alla seconda edizione delle Tusculanae (1723) parla di tre codices Elienses.
Si aggiunga che, nella prefazione alla prima edizione del De natura deorum (1718), Davies dichiara: usum editionis Stephanicae cum duobus optimis MSS collatae dedit summus mei, dum in vivis erat, patronus, Joannes Morus (John Moore), nuper Eliensis epicospus. Nella prefazione alla sua edizione del De legibus (1728) precisa: “Eliens”. Varias lectiones significat, quas ex MS quodam vir doctus editioni Roberti Stephani A.D. MDXXXIX adlevit. Iste codex, quantum judicare datur, non magnam prae se tulit vetustatem.
Quindi, la definizione Eliensis dovrebbe comprendere una serie di varianti annotate da qualcuno su una copia dell'edizione dei Ciceronis opera pubblicata da Robert Estienne nel 1538, copia che appartenne a John Moore, Eliensis episcopus; le varianti proverrebbero da due manoscritti con cui l'edizione di Robert sarebbe stata collazionata. Al frutto di tale collazione, dunque, sembra aver avuto accesso anche Henri Estienne.
In ogni caso, il verso manca ancora di un'emendazione soddisfacente, in grado di conferirgli pieno senso, pur rimanendo fedele al testo tràdito.
Voss commenta ampiamente il verso nelle sue Castigationes: “Minu' mirum est: sed in re tanta haut temere visa offerunt.] Metrum requirit, se visa, vel visa se offerunt. Sed unde est, quod in antiquissima Ciceronis editione, atque adeo et in Mssis, legitur haut temere improviso offerunt? Num improviso corruptum est ex in re se visa? Ita suspicor. Nempe ut, vocibus leviter trajectis, in nonnullis codd. fuerit:
Minu' mirum est: sed tanta temere haut in re se visa offerunt”.
Nelle sue note, Faerno propone di correggere ostensum in ostentum.
METRO Faerno individua dei settenari trocaici, come tutti gli editori successivi. Voss individua anch'egli una sequenza di trocaici, ammettendo la possibilità che siano intercalati da un cretico: “Pag. 110. Populo commutationem rerum portendit fore
Perpropinquam.Haec bene verruncent populo. Nam quod ad dexteram
Cepit cursum ab leva signum etc.] Versu secundo creticus est in trochaico. Id si displicet, scribe,
-Nam quod dexterum Cepit cursum-
Vel trajecto praeverbio, -Nam ad quod dexteram.”