Trascrizione, apparato critico e commento delle tragedie di Accio (Matr 7901 ff 50-71) e delle corrispondenti note di Faerno (Matr.
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE SUL BRUTUS.
Nella ricostruzione di Agustín manca un quinto frammento riconosciuto al Brutus da tutti gli editori fin da Estienne: Nocte intempesta nostram devenit domum (Varro, L.L. VI 7). La ragione di tale lacuna risiede nel fatto che tutti i codici di Varrone indicano che la sede del frammento è apud Cassium, e così Agustín leggerà anche nella sua edizione di Varrone. Nella raccolta di Estienne, viceversa, manca il frammento citato dalla Pro Sextio, Tullius qui....
Dal punto di vista dei materiali utilizzati possiamo affermare con buona certezza che, non solo per Nonio, ma anche per Varrone e per Cicerone Agustín ha impiegato delle Aldine: nel primo caso ancora quella del 1513, preceduta dal Cornucopiae di Perotti, nel secondo caso quella del 1523 (Philosophica). Lo testimoniano, infatti, sia i riferimenti bibliografici, sia il testo stesso dei frammenti, distante in alcuni passaggi da quello offerto da altre cinquecentine assai diffuse.
Il frammento Qui recte consulat... offre una testimonianza preziosa riguardo al terminus ante quem la raccolta è stata compilata, almeno riguardo alla sezione di Accio: in questa sede Agustín legge ancora il frammento secondo il testo dell'Aldina, mentre nella sua edizione del De lingua Latina propone l'emendazione di fiat in fuat. L'assenza di tale emendazione nel MS 7901 induce a ritenere che esso sia stato compilato prima del 1557, anno della seconda edizione di Varrone, o del 1554, anno della prima, rarissima, edizione.
Se confrontiamo le citazioni ciceroniane di Agustín e quelle di Estienne, prestando attenzione alle rispettive fonti e al rapporto che esse hanno con la tradizione manoscritta, se ne deduce che l'Aldina utilizzata da Agustín mostra elementi di maggiore sobrietà e
correttezza rispetto a quella di Charles Estienne utilizzata da Henri.
Riguardo all'analisi metrica di Faerno, possiamo concludere che è piuttosto buona e corretta, eccezion fatta per la consueta tendenza verso il riconoscimento di settenari trocaici anche laddove un metro giambico consentirebbe scelte più economiche: si veda il caso di Qui recte consulat...
#56r.#
1 Chrysippus
2 (1) forte saxo ×Neq. quisquam a telis uacuus: sed uti cuiq. obuiam
3 rudeue fuerat, ferrum, alius saxio rudem(1).
4 × Quin hinc superescit. Spartam, atq. Amyclas trado.
5 N.M. 1404.61 Aeternabilem diuitiam (partissent).
6 N.M. 1323.23 Quid agam? uox illius est certe. idem omnes (cernimus).
7 N.M. 1283.35 Melius (pigrasse), quam properasse est nefas.
#93v.#
15 CHRYSIPPUS
16 Aeternabilem) principium trochaici.
17 Quid agam?) trochaicus in quo una syllaba deest
18 et forte legendum uox illius haec est .c.
19 Melius) senarius cui una syllaba deest.
2-3 Fest. 320,24. uacuus] ed. princ., Ag.1559, Steph., Delr., Scriv. uacuis Ald. 1513, ed. 1526 // forte saxo
rudeue] mg.sx.A1 saxio rudem Ag.font. F U W X Urs. (“f. saxum rude” mg. dx.) saxio rodum M saxum rodum
ed.princ. Ald.1513 ed.1526 Ag.1559 (saxio rudem v.c. mg.sx.), Steph., Delr., Scriv. rodus saxeum Voss saxi raudus Müller †saxio rudem† Lindsay || 4 Fest. 394,6. Quin hinc] F. M X U Delr. Lindsay quin hinc* *si) Ag1559 Urs. qui hinc W ed.princ. Ald.1513 ed.1526 Steph. quin huic Scriv. // Amyclas trado] U ed.princ. Ald.1513 ed.1526 Ag.1559 amyciastrado F M X amicias trado W || 5 Non. 475,20. || 6 Non. 261,10. idem omnes] omnes idem Delr. || 7 Non. 153,33 (l. II).
COMMENTO
I riferimenti bibliografici di Nonio sono stati scritti sul margine sinistro dalla seconda mano di Agustín.
Il frammento ai righi 2-3 è testimone di un'anomalia rispetto alla norma con cui Agustín è solito citare i frammenti di Nonio, Festo e Varrone: il riferimento bibliografico che possiamo ricavare dal “borrador A”, f. 80r. col.I segue l'impaginazione dell'Aldina (1198.43), ma il testo in esso trascritto differisce da essa per le lezioni vacuus al posto di vacuis e saxio rudem al posto di saxum rodum. Nell'edizione di Festo del 1559, Agustín riposta nel corpo centrale il testo dell'Aldina con vacuus al posto di vacuis, ma mantenendo saxum rodum, per il quale si rimanda a margine per la variante “saxio rudem v.c.”. Nel Matr. 7901 non troviamo traccia alcuna della lezione dell'Aldina; Agustín presenta il testo acciano accogliendo direttamente la lezione di quello che nell'edizione del 1559 definisce vetus codex, e proponendo a margine una sua emendazione ope ingenii: “forte saxo rudeue”. Inoltre, nelle Annotationes in Festum dell'edizione del 1559 Agustín commenta così il passo: “Rodus) Attij verba in Chrysippo mendosa Faerno nostro videntur”. Non è dato sapere, però, in quale forma e in quale contesto il cremonese abbia espresso tale parere. Il frammento, del resto, è assente nelle note del Faerno: potrebbe trattarsi di un'omissione volontaria, dovuta al fatto che secondo Faerno le parole di Accio erano
appunto mendosa.
In base a questi dati, possiamo affermare che il Matr. 7901 presenta il frammento acciano seguendo una linea che troviamo tracciata nell'edizione Festo, accogliendo la lezione saxio rudem del vetus codex e trascurando del tutto la lezione saxum rodum dell'Aldina, omessa anche nei marginalia. L'impressione che se ne ricava è che, per quanto riguarda Festo, il Matritense testimoni una maggiore autonomia rispetto all'Aldina e, quindi, uno stadio più avanzato e consapevole della critica del testo rispetto a Nonio, per il quale Agustín tende a mantenere il testo aldino, corredandolo con ricche note marginali comprendenti varianti e congetture. Inoltre, data la maggior sicurezza con cui Agustín sembra voler stabilire il testo acciano, rispetto alla cautela mostrata nell'edizione del 1559, saremmo indotti a ritenere che il Matritense sia il frutto di un lavoro già completato, o almeno già ampiamente condotto, sul testo di Festo.
È necessario, dunque, elaborare delle ipotesi tali da giustificare da un lato l'incoerenza dovuta all'impiego del riferimento bibliografico dell'Aldina assieme, però, al testo dell'edizione di Festo, senza che la variante aldina abbia lasciato traccia; dall'altro la difficoltà di conciliare il terminus ante quem del Matr. 7901 (1557 e, con meno probabilità, il 1554: cfr. cap. III) con una scelta testuale di cui abbiamo testimonianza a partire dal 1559 con l'edizione di Festo e che nella nostra sede sembra essere offerta in maniera ancor più netta di quanto non avvenga nell'edizione di Festo, nella quale tale lezione è collocata tra i marginalia, in alternativa al testo aldino.
Per una discussione dettagliata sulle fonti di Festo impiegate da Agustín rinvio al relativo paragrafo del capitolo quinto: basti in questa sede rilevare che Agustín dimostra di aver già condotto a buon punto un lavoro su Festo, che troviamo ufficializzato nell'edizione del 1559; dalle testimonianze epistolari sappiamo che tale edizione ha preso forma tra il 1558 e il 1559, quando Agustín, libero da impegni diplomatici e prima della partenza per Alife, poté lavorare con continuità al testo, ma sappiamo anche che un lavoro di emendazione su Festo, Nonio e Varrone era stato avviato alcuni anni prima, sicuramente a partire dalla fine del 1551.
Scriverius avanza l'ipotesi di espunzione del frammento: “Non immerito hic locus viris doctis suspectus est”. Nelle Castigationes Voss commenta:
“Neque quisquam a telis vacuus, sed uti cuique obviam fuerat, ferrum, alius saxum, rodum.
Locum hunc ita restituo:
Ut fuerat, hic ferrum, alius rodus saxeum. Similiter poeta hic in Melanippo:
Hinc manibus rapere rodus saxeum grande et grave.”
In linea generale, gli aspetti della tragedia a mio avviso più rilevanti risiedono nelle conclusioni che si possono trarre in merito alla critica del testo di Festo.
Abbiamo infatti avuto modo di osservare che, per quanto Agustín impieghi la numerazione di colonne e righe dell'Aldina del 1513, il testo utilizzato diverge inequivocabilmente rispetto alla vulgata, non solo nel caso dei frammenti del Chrysippus, ma anche per tutti i frammenti acciani provenienti dal testo festino. Rimando in merito alla discussione del capitolo quinto, basti qui sottolineare che, diversamente da quanto Agustín è solito fare, nel caso delle citazioni di Festo il testo vulgato è stato sostituito senza alcuna segnalazione e senza riportare a margine o nell'interlinea la lezione vulgata, indice del fatto che egli era assolutamente certo della bontà dell'emendazione, mentre nel caso di Nonio e Varrone egli fornisce sempre informazioni in merito alla presenza e alla natura delle emendazioni.
Per quanto riguarda le analisi metriche di Faerno, posso affermare che esse sostanzialmente coincidono con le soluzioni individuate dagli editori moderni. La testimonianza delle Annotationes di Agustín nella sua edizione di Festo del 1559 sembra offrire un indizio utile a comprendere i casi in cui Faerno non ha fornito un'analisi metrica, segnalando la sua omissione attraverso una crux posta sul margine sinistro a fianco del frammento copiato da Agustín nel “borrador B”: è probabile che Faerno ne abbia omesso l'analisi metrica perché riteneva mendosa i verba Attij.
#56r.#
15 Clytemnestra
16 (1) ualuae forte
Sed ualde(1) resonunt regiae.
17 Feras potiuntur plagas.
18 N.M. 1422.25. Cur me miseram irridet magis (compotem), et multis malis?
19 (1) taetra (nos) N.M.1409.30
(Flucti) immisericordes iacere, et aetra(1) ad saxa allidere. 20(1)at.Nyctegresia
(2)at.Tuam (1)Aut ego ill\um/ eripiam; aut illi poenam (sufferam). N.M.1376.16
21 N.M.1309.54
(1)suasiones gen.neu.Scibam(1)(2) hanc mihi supremam lucem, et servitutis finem dari.
22 N.M.1307.19 Omnes gaudent facere recte, mali (pigre\n/t)(1). (1)at.(pignem)
at.pigret 23 N.M.1292.7
(1)at. Vtq.
Vt quae(1) tum absentem rebus dubijs coniugem
24 (tetinerit): nunc prodat ultorem.
25 (1) Mater forte N.M. 1273.12.
Matre(1) meo iure factum (incilas), genitorem iniustum approbas.
#93v.#
20 Clytemnestra
21 Sed ualuae) hemistichium trochaici uel iambici desinentis
22 Feras potiuntur p.) trochaici uel iambici fragmenta
23 Cur me miseram) trochaicus in quo pro mendo-
24 sa habeo uocem, magis, quia cum ubi sit iambus
25 deberet esse spondaeus.
#94r.#
1 Flucti) trochaicus.
2 Aut ego) senarius
3 Scibam) trochaicus una syllaba abundans, et puto
4 mendum esse in dictione seruitutis pro
5 qua uel legendum seruitij uel seruitus
6 in genetiuo.
7 Omnes) trochaici incipientis fragmentum.
8 Vt quae) senarius, quod uero sequitur, mendosum
9 est fragmentum alterius.
10 Matre meo) forte legendum mater mea(?).
16 Prisc., GL II 473, 22. ualuae forte] mg. sx. A1, Scriv. Ribb. et cett.edd. ualde Prisc., Steph.|| 17 Don., Ter.
Ad. 871 (V 4, 17). Deest in Steph.feras] ed. princ.seras ed. Ven. 1485 || 18 Non. 521, 26. magis] Ald. 1513,
ed. 1526 magnis Steph., Lipsius (Epist. quaest. 5, 12), Scriv. Lindsay, cett.edd. || 19 Non. 488, 13. taetra (nos)] mg. sx. A2, Ag.font. Mercier et cett. et aetra Ald.1513 atra Steph. Scriv. (“Al. aetra. F. taetra”) || 20 Non.
397, 6. at.Nyctegresia] mg. sx. A2, Vict.? in pregressa ed. princ., ed. 1500 (praegressia), Laur. 48,1 (pegresia),
Laur. 48,3 (praegresia). Deest in Laur. 48,2-4-5 || 21 Non. 226, 11. at. Tuam] mg.sx.A2 // suasiones gen. neu.]
mg.sx.A1, Ag. font. // seruitutis] Ald. 1513, Steph. servitii (vel servitus) prop.Fae., Voss, Lindsay, Bothe
(serviti), Ribb. (serviti), Klotz (serviti), Dangel || 22 Non. 219, 16 (l. III). mali] F , Laur. 48,2-3, Ald. 1513, ed. 1526, Steph., Dangel male ed. 1511, Bothe, Rbb., Lindsay // pigre\n/t] pc A2, F, Laur. 48,2-3, Urb.lat. 308, ed. 1511, Scriv., Lindsay et cett.edd. pigret ac, Ag.font.pc, Vat.lat.3441, Caes. B-7-7 at.pignem mg.dx.A1,
Ag.font.ac, Ald. 1513, ed. 1526, Steph. at.pigret mg.dx.A2 || 23-24 Non. 178, 10 (l. III). at.Vtq.] mg.sx.A2, F ut
q Laur. 48,3-4 ut quae Laur. 48,2-5(?), Ald. 1513, ed. 1500, ed. 1526 aut que ed. princ. // ultorem] victorem vel auctorem Scriv. in mg.|| 25 Non. 125, 4 (l. II). Mater forte] mg. sx. A1, Ag.font.(Mater (nos)), Vat.lat.3441,
Urb.lat.307 Matre (Al.Mater) Scriv. (“F. Mater mea, iure factum ,vel fatum, incilas”) matrem ob Grotius, Lindsay et cett.edd.
COMMENTO
Al rigo 16 valde sembra essere lezione della maggior parte dei codici di Prisciano, mentre valvae, che è lezione di tutti gli editori a partire da Scriverius, sembra essere avanzata per congettura. Come in molti altri casi, Agustín aveva già maturato la stessa possibile congettura in una delle prime fasi del lavoro, se vogliamo dar valore all'indizio della prima mano e della presenza della congettura all'interno dei codici Vaticano e Cesaraugustano. Alto è il livello dell'analisi di Faerno per il frammento al rigo 18: l'emendazione di magis in magnis è frutto della sua competenza metrica, che ha riconosciuto un ritmo trocaico e ha pertanto colto la necessità di intervenire sul giambo, magis, in quarta sede, correggendolo in uno spondeo, magnis. Magnis è lezione adottata da tutti gli editori moderni (che attribuiscono a Lipsius l'emendazione del tràdito magis), così come scandiscono anch'essi in un settenario trocaico.
Al rigo 19, l'emendazione taetra, adottata da tutti gli editori e attribuita a Mercier, viene avanzata da Agustín già nel “borrador A”, ma sembra essere stata trascritta nel borrador B dalla sua seconda mano e non dalla prima come ci potremmo attendere secondo la consuetudine che caratterizza le varianti e le congetture appuntate nel borrador A. Questa congettura è assente nel Vat.lat. 3441 e nel suo apografo Caes. B-7-7, che leggono appunto et aetra senza riportare alcun intervento di emendazione a margine, dato che sembra confermare che tale emendazione è stata appuntata a margine del borrador B in una fase successiva rispetto a quella della prima trascrizione dei frammenti, ad ogni modo in un fase sicuramente successiva rispetto a quella riflessa dal Vaticano.
Il frammento al rigo 20 deve essere attribuito con ogni probabilità alla Nyctegresia, e non alla Clytemnestra, come vuole l'Aldina. I codici offrono lezioni discordanti e piuttosto corrotte, dietro le quali Iunius e Mercier riconobbero quella originaria.
Pertanto è difficile comprendere da quale testo Agustín abbia derivato Nyctegresia che segnala come variante: tra le varie ipotesi che si possono avanzare non possiamo escludere che egli l'abbia tratta dall'edizione di Iunius, dal momento che essa viene vergata da una mano successiva alla prima (la seconda, probabilmente), per la quale è molto difficile stabilire un terminus ante.
La variante marginale Tuam è scritta dalla stessa mano che ha copiato la variante Nyctegresia; in questo caso non abbiamo coincidenze con alcun altro testo.
sillaba e poter ricostruire un settenario trocaico; anche Voss propone di leggere servitij finem dari e la stessa soluzione è adottata dagli editori moderni.
Riguardo al frammento al rigo 22, confrontando i due “borradores”, si evince che per la prima stesura del borrador A Agustín ha attinto il frammento dall'Aldina; questa prima lezione, però, è già accompagnata dalla variante/emendazione, pigret, che certamente non è attinta né dall'Urbinate né dai Laurenziani, tre dei quali (quelli, cioè, che contemplano anche il III libro di Nonio), leggono pigrent, lezione che Agustín adotterà nel “borrador B”, a seguito, però, di un ulteriore processo di collazione.
La correzione pigrent, infatti, appartiene ad una seconda mano, così come la variante marginale pigret, trascritta contestualmente alla correzione; invece, la variante pignem appartiene alla prima mano ed è contestuale alla copiatura del frammento con la lezione pigret. Gli interventi apportati dalla seconda mano (correzione pigrent e conseguente trasformazione di pigret in variante marginale) sono assenti, come di consueto, nel Vaticano e nel suo apografo conservato a Saragozza.
Anche l'editio princeps del III libro legge pigrent, ma il fatto che Agustín non abbia corretto anche mali in male, come appunto si legge nella stessa edizione, porterebbe ad escludere che egli l'abbia impiegata per questo passo; più probabile, dunque, che il testo con cui Agustín ha collazionato il frammento, dopo averlo trascritto nel “borrador B”, sia un esemplare che legge mali pigrent: un testo, dunque, vicino ad uno dei tre Laurenziani. Per una trattazione più dettagliata delle varianti al III libro, rinvio al quinto capitolo.
Riguardo al frammento ai righi 23-24, la variante utque che Agustín aggiunge con una seconda, o addirittura terza, mano a margine del “borrador B” non è attestata dalle edizioni di inizio XV secolo; nei manoscritti da me consultati è presente nel solo F, dato che sembrerebbe confermare che Agustín ha impiegato un testo vicino ad esso per una delle fasi più avanzate della collazione. Faerno, e così Voss, ricostruivano due senari, di cui il primo completo, mentre da Ribbeck in avanti si tende a ricostruire il frammento con due settenari trocaici incompleti.
Il fatto che Agustín accompagni con forte e non con at. l'emendazione Mater, relativa al frammento al rigo 25, induce ad escludere che egli abbia impiegato l'edizione del 1500 per la collazione dell'Aldina; la variante non è attestata in nessuno dei codici da me consultati. Faerno accoglie l'emendazione mater, integrandola con la correzione di meo in mea, ma non propone alcuna scansione. Gli editori moderni propendono per un settenario trocaico.
#56v.#
1 Deiphobus
2 (1) at. arripimus Nos continuo ferrum eripimus(1), omnibus manicas neximus.
3 (1) at. prae N.M. 1427.4
Eo ante noctem externa retia, ut pro(1)ueherem, et statuerem,
4 (2) solito forte forte aliquanto solitus(2) (lembo) sum progressus longius.
5 (1) at.Aut Haud(1) infando homine(2) gnatula erat, aut arena, si(3) ex sole, qui N.M.
6 (2) at.omine
(3)at.ait haec enasse at.ait bacenase
Qui neq. amico amicus umquam (gravis), neq. hosti hostis fuit. 1343.45
00
7 N.M. 1278.10 Vel hic, qui in ea parte(3) effrenata impudentia
8 (1) at. potentem potens
praesentem praesens(1) dictis (mertare) institit(2). (3) at. mea forte me aperte (2)at. instituit #94r.# 11 Deiphobus
12 Nos continuo) trochaicus
13 Eo ante) trochaici duo
14 Haud infando) hic uersus ualde perturbatus
15 et in sensu et in numeris debebat esse
16 trochaicus, ut est sequens, Qui neque etc.
17 Vel hic) senarij duo in quorum priori suspecta
18 habeo ea uerba, in ea parte.
2 Prisc., GL. II 469, 12; 568, 6. Eutych., GL. V 485, 14. at. arripimus] mg.sx. A1 Vat.lat.3441 Eutychis
Tegerns. (teste Ribb.) || 3-4 Non. 534, 1. noctem externa] noctem hesterna Scriv. in mg. nocte extrema prop.Voss (extrema Iun.) nocte hesterna Lindsay // proueherem] ed.1471. Ald.1513 Laur.48,1-2-3 Steph. et cett.edd. at.prae mg. sx. A2 Ag. font. Laur.48,4 (preueherem)?-5 // solitus] codd. edd.alii solito forte mg.sx. A1 Vat.lat.3441 Gerlach Ribb. Lindsay Klotz D'Antò Dangel || 5-6 Non. 314, 23. Haud at.Aut] A1 Ag.font. (ac haut pc) Vat.lat.3441 haud Laur.48,2-5 (sed aut in interl. sup.) aut Ald.1513 codd.alii Scriv. (“Al.At...se exsule, et sic Stephan.”) Bothe Ribb.1-2 at (vel ad) codd.plerique. Steph. Delr. Lindsay ab Ribb.3 Klotz D'Antò aut <ab> Onions Dangel // homine at.omine] A1 Ag.font. Vat.lat.3441 homine Ald.1513 homini Steph. Merc. Delr. // gnatula erat] Ald.1513 codd. (gnatu- vel gnato- vel gratu-) gnato Laertae Merc. generato Laerta prop.Voss gnato Laerta Roth Ribb. Lindsay Dangel Klotz D'Antò // aut arena si] Ald.1513 ed.princ. ed.1500 ed.1526 at. ait haec enasse A1 Vat.lat.3441 ait haec cenas se Laur.48,2-5 ah cenasse Laur.48,3 ait hacena se Laur.48,4 Vat.lat.3418 at.ait bacenase A2-3? Laur.48,1 aut bacena se Urb.lat.307 ithacenase pars codd. aut arena se Steph. Delr. Ithacensi Merc. et cett. edd. // ex sole] Ald.1513 exule codd.plerique (exulem laur. 48,3) Steph. Delr.ex solo Merc. exsule Ribb. et cett. edd. // qui] del.Fae. et scripsit in versu sequenti // hosti] pc (hostis ac) || 7-8 Non. 138, 30 (l. II). Deest in Steph. et Delr. in ea parte] Ald.1513 Laur. 48,3 at.mea A2-3 mea parte Urb.lat.307 Laur. 48,4-5 mea pare Laur.48,2 me aparte F3 (meaparte F1) forte me aperte A2-3 me aperte Roth Lindsay Ribb.Klotz D'Antò Dangel // praesentem praesens at.potentem potens] A1 pntem pns (at.potentem potens) Ag.font. Vat.lat.3441 praesentem praesens Ald.1513 ed.1500 F Vat.lat.3418 (pntem pns) Laur.48,3 (pntem pns) potentem potens Laur.48,4-5 Urb.lat.307 petentes potens Laur.48,2 // institit at.instituit] A1 Ag.font. (institụit) Vat.lat.3441 institit Ald.1513 F Vat.lat.3418 Laur. 48,3-4 ed.1500 et edd. instituit Urb.lat.307 Laur.48,2-5.
COMMENTO
3-4 Diversamente da quanto si legge negli apparati dei vari editori, la lezione praeveherem (o pre-) non è unanimamente attestata nella tradizione manoscritta: per quanto mi consta, già alcuni codici umanistici (Laur. 48, 1-2-3) testimoniano la variante proveherem; è
dunque da codici relativi a questo ramo della tradizione che l'edizione del 1471 ha tratto l'emendazione proveherem che le viene attribuita e che è oggi di norma accolta dagli editori.
Particolare attenzione va concentrata sull'emendazione solito, che gli editori hanno accolto dal Ribbeck in avanti: come testimonia il ms., la paternità di questa emendazione va, alla luce dei dati di cui adesso disponiamo e in attesa di ulteriori elementi, trasferita da Gerlach ad Agustín.
METRO Si tratta di due settenari trocaici secondo Faerno, analisi valida anche per gli editori moderni, nonostante le varie emendazioni proposte. Voss riconosceva invece due settenari giambici.
5-6 A partire dal “borrador A” Agustín annota la variante haut per aut, per poi preferire Haud nel borrador B, relegando aut a variante marginale; ho riscontrato haud nei Laur. 48, 2 e 5; la scelta di Agustín non è condivisa dagli editori, che hanno posizioni diversificate: Bothe (aut), Ribbeck (aut nella prima e seconda edizione) e Dangel (aut <ab>) seguono il testo tràdito; altri editori (Klotz e D'Antò), seguendo l'emendazione proposta da Ribbeck nella terza edizione, leggono ab.
La lezione aut arena si costituisce una grossolana corruzione delle varianti dei codici, che a loro volta testimoniano tutte un testo privo di senso che Mercier ha saputo brillantemente emendare, restituendo l'aggettivo Ithacensi. Agustín ha tentato di emendare il passo, collazionandolo con altri testimoni, ma senza proporre alcuna correzione nello specifico: alla prima fase di collazione (prima mano del borrador B e testimonianza del Vaticano 3441) appartiene la variante ait haec enasse, che consente di intravedere la genesi degli errori presenti nelle edizioni a stampa e al tempo stesso offre un esempio delle varianti che circolavano nei manoscritti di età umanistica. Nessuno dei codici da me consultati testimonia precisamente questa lezione, ma essa ha una certa analogia con ait haec cenasse se dei Laur. 48, 2 e 5, in misura minore con ait hacena se del Laur. 48, 4 e del Vaticano 3418.
Il borrador B testimonia un'ulteriore fase di collazione, cui appartiene la variante marginale ait bacenase, scritta dalla seconda o terza mano di Agustín e assente nel