Descrizione dei Matr 7901-7902
4. Numerazione dei fogl
I codici presentano una numerazione araba progressiva dei fogli, non originale (1-711), posta in alto a destra del recto. La mano sembra la stessa che ha scritto “Tienes 711 folios” sul recto del f. 1 del Matr. 7901. Accio è contenuto nei ff. 49r.-107v. Corrisponde, inoltre, al numero “3.” della serie in cui sono stati ordinati gli autori presenti nel codice: questa numerazione (ancora araba) è posta in alto a sinistra sul recto del foglio bianco che introduce il fascicolo dedicato a un determinato autore e sembra compatibile con la mano che ha scritto il titolo “Accius” sul medesimo foglio; questo titolo, a sua volta, ha una grafia analoga a quella della nota “Tiene 711 folios”: pertanto, anche questa seconda numerazione risale probabilmente alla mano di chi ha scritto la numerazione progressiva del codice, che ha contemporaneamente messo in ordine i fascicoli degli autori, numerandoli dal primo (Afranius) all'ultimo (Varro Atacinus, M. Varronis Satyrae, Caecilius).
Il recto del “borrador B” presenta talora due, talora tre numerazioni appartenenti a mani diverse. Quando ne sono presenti solo due, in alto a destra troviamo il numero di foglio corrispondente alla numerazione progressiva (50r.-76v.), mentre in basso a destra troviamo una numerazione sia in araba che romana, finalizzata a ordinare i fogli della sezione
106Al Vat.lat. 3441 e al Caes. B-7-7 sono dedicate due appendici. 107Cfr. De Nolhac 1887, passim.
specifica: nel caso di Accio, da 1 a 28. Quando, invece, leggiamo tre numerazioni, è perché, oltre alle due precedenti, è presente una numerazione romana progressiva (in alto a sinistra, sul recto di alcuni fogli) che, per tratto e inchiostro, sembra appartenere alla stessa mano che, sui medesimi fogli, ha scritto i titoli delle tragedie ed i frammenti: è probabile, dunque, che essa appartenga allo stesso Agustín e risalga allo stesso momento in cui l'arcivescovo ha scritto la prima parola di quello stesso foglio. Questa numerazione (da I a XII, nel caso di Accio) compare in alto a sinistra dei ff. 50, 54, 56, 60, 62, 64, 66, 68, 70, 72, 74, 76. Deve trattarsi della numerazione dei fascicoli che Agustín è andato via via compilando.
Dal confronto tra la numerazione romana dei fascicoli e quella araba progressiva, capiamo che i fascicoli non sono della stessa consistenza, ma, in ogni caso, costituiti da uno o due bifogli:
I = 4 ff. II = 2 ff. III = 4 ff. IV = 2 ff. V = 2 ff. VI = 2 ff. VII = 2 ff. VIII = 2 ff. IX = 2 ff. X = 2 ff. XI = 2 ff. XII = 2 ff.
Il “borrador A” presenta la numerazione progressiva in alto a destra del recto (ff. 78r.- 87v.), e la numerazione araba dei bifogli (I-X) in alto a sinistra, anche in questo caso appartenente alla mano dello stesso Agustín.
La sezione relativa alle note di Faerno presenta anch'essa la numerazione progressiva (ff. 88r.-107v.), ma anche un'altra numerazione araba dei fogli, posta sempre in alto a destra e che sembra ordinare i fogli relativi alla sezione di Accio (da 1 a 20): questa numerazione sembra compatibile con la mano dello stesso Faerno.
5. Le grafie
Come si è detto, i Matr. 7901-7902 sono stati compilati dalla mano di Antonio Agustín e Gabriele Faerno. Tuttavia, nei codici possiamo notare la presenza di almeno altre due mani.
Una di esse è già stata individuata108 ed è quella che ha compilato il “borrador B” dei frammenti del poeta Gneo Mazio (Matr. 7901 f. 117). Gallardo 1983 ipotizzò che si trattasse della mano di Fulvio Orsini; Miralles 1994 escluse, invece, questa possibilità. Ad ogni modo, ciò che può essere affermato con certezza, e che non mi sembra esser stato ancora notato, è la perfetta somiglianza tra la grafia di questa mano e quella del Vat.lat. 3441 (ff. 97r.-119v.), dove compaiono anche i frammenti di Mazio. L'analisi del manoscritto è contenuta in un'appendice, ma posso qui anticipare che, forse, non è del tutto fuori luogo pensare alla mano di Fulvio Orsini: sono arrivata a questa ipotesi confrontando la mano del Vat.lat. 3441 con alcune lettere autografe scritte da Orsini a Agustín109, conservate nel Matr. 5781. Sicuramente ad un primo sguardo le due mani sembrano del tutto incompatibili; del resto, non potrebbe essere diversamente, dato che quella del Vaticano è una scrittura calligrafica, mentre quella del Matr. 5781 è corsiva. Ciò premesso, credo che si possano intravedere alcune non trascurabili analogie:
• viene spesso praticata la legatura st o sp con la s che supera in alto e in basso la linea di scrittura;
• viene praticata regolarmente la legatura della h con ciò che segue;
• la stessa h minuscola costituisce una marca caratteristica del copista di Mazio che Orsini sembra condividere: l'asta iniziale supera in alto la linea di scrittura, ma non arriva alla base di essa, si ferma prima per tratteggiare la curva discendente che arriva a chiudersi con un piccolo occhiello alla base della linea di scrittura per poi risalire e legarsi con la lettera seguente;
• si può trovare, ma non in maniera regolare, la legatura della e con la lettera seguente: in quel caso l'occhiello è aperto e la lettera è scritta in due tratti con il secondo che scrive anche la lettera seguente o la parte iniziale di essa;
• le lettere minuscole g e t minuscole sono molto simili;
108Gallardo 1983; Miralles 1994. 109Matr. 5781 a partire dal f. 28r.
• identico il tratto della h maiuscola che possiamo verificare in Ho indugiato (Matr. 5781 f. 41r.) e In Helena (Vat.lat. 3441 f. 115v.).
La seconda delle due mani non credo sia stata ancora stata segnalata: si tratta della mano che ha copiato la seconda parte di un lungo testimonium di Sant'Agostino relativo a Varrone (Matr. 7901 ff. 279r.-282v.; la mano sostituisce Agustín a partire dal rigo 30 del f. 279r.). È una mano calligrafica, ricca di eleganti legature, ma che commesso almeno un errore. Nel f. 280r. la frase sicut hi qui cum Philosopharentur tamen administratione rei publicae era stata copiata due volte, al rigo 1 e al rigo 3: il copista, dunque, ha cancellato la ripetizione del terzo rigo. Il verbo Philopharentur, però, risulta trascritto in questa forma solo al terzo rigo, mentre nel primo rigo il copista ha volgarizzato la forma in Philosofarentur. Possiamo, forse, pensare ad un copista poco dotto? Forse un segretario di Agustín? Oppure potrebbe trattarsi della mano di uno di quegli umanisti che, collaborando alla raccolta dei “fragmenti d'auttori antichi”, ne fecero un opus commune?