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Le novità introdotte dalla riforma Dragh

1.5 Il modello di Corporate Governance italiano

1.5.1 Le novità introdotte dalla riforma Dragh

La necessità di rendere più competitivo il sistema delle imprese nel nostro Paese, in un contesto di integrazione europea e di più ampia globalizzazione, ha spinto il legislatore italiano a riordinare in un unico corpus normativo, i principi e le regole su intermediari e mercati finanziari: ciò è avvenuto con l'emanazione del Testo Unico della Finanza, D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, comunemente noto come riforma Draghi.

A partire dagli anni '90, anche in Italia la pratica professionale, i codici di autodisciplina della corporate governance e lo stesso diritto societario, hanno riconosciuto nella trasparenza, affidabilità e rilevanza dei controlli aziendali, pilastri di buon governo societario.

Tale legge, nell'intento di canalizzare il pubblico risparmio verso il capitale di rischio delle imprese e di tutelare i diritti degli azionisti di minoranza, contiene inevitabilmente al suo interno elementi tipicamente riconducibili ai temi della corporate governance27.

27 Così del resto era previsto nell'art. 4, comma 1 della legge delega che si esprime in questi termini: “In

sede di riordinamento normativo delle materie concernenti gli intermediari, i mercati finanziari e mobiliari e gli altri aspetti comunque connessi, potrà essere modificata la disciplina relativa alle società emittenti titoli sui mercati regolamentati, con particolare riferimento al collegio sindacale, ai poteri delle minoranze, ai sindacati di voto e di gruppo, secondo criteri che rafforzino la tutela del risparmio e degli azionisti di minoranza”.

La riforma in esame è scaturita, oltre che dalle esigenze legate alla richiamata competitività, dall'interazione dei seguenti fattori:

- crisi del capitalismo pubblico, con graduale ridimensionamento dell'intervento dello Stato-imprenditore nell'economia;

- crisi del capitalismo familiare, con perdita di possesso di quote da parte di importanti nuclei familiari;

- significativa riduzione dei tassi e conseguente mutamento di indirizzo degli investitori. La fascia degli investitori ha subito negli ultimi anni una notevole evoluzione derivante dal fatto che si sono accostati all'investimento azionario, anche soggetti poco esperti del settore che in precedenza non lo prendevano in considerazione. Ciò ha provocato un ampliamento del numero degli stakeholder, con una crescita significativa determinata da soggetti che, in molti casi, non sono in grado di valutare l'andamento delle imprese in cui investono e necessitano, quindi, di maggiore tutela, realizzabile proprio attraverso l'adozione di un convincente modello di governance.

In particolare, la riforma Draghi ha introdotto innovazioni e integrazioni riguardanti:

- la regolamentazione delle offerte pubbliche di acquisto e di scambio,

rendendo più trasparente la struttura e più realizzabile la contendibilità degli assetti proprietari d'impresa;

- gli strumenti di controllo a disposizione degli azionisti di minoranza quali,

le azioni di responsabilità verso gli amministratori, il miglioramento e l'ampliamento dell'informativa societaria.

Il D.lgs. 58/1998 (Legge Draghi), ha inoltre ridefinito l'intera disciplina del sistema di sorveglianza e controllo delle società di capitale con azioni quotate nei mercati regolamentati.

Il legislatore opera una netta separazione tra:

- l'attività di vigilanza affidata al collegio sindacale con poteri di ispezione e controllo sull'andamento degli affari sociali;

- il controllo sulla contabilità, sui bilanci ed i pareri di congruità nelle operazioni straordinarie, affidati ad una società di revisione, iscritta all'albo Consob.

La legge Draghi ha indicato tra le responsabilità del collegio sindacale, la valutazione dell'adeguatezza del “sistema di controllo interno”, lasciando tuttavia indefinita l'espressione ed incompiuto lo stesso ambito di potere e responsabilità del collegio sindacale.

Tuttavia il grande merito del legislatore delegato, è stato quello di comprendere l'importanza di lasciare ampio spazio all'autoregolamentazione, intesa come possibilità offerta alle singole imprese di inserire nel proprio atto costitutivo indicazioni differenti rispetto alle norme generali previste dal provvedimento. La scelta e la predisposizione di un'adeguata organizzazione del governo d'impresa, coerente con gli obiettivi da perseguire, con la dimensione dell'azienda e con l'efficace ed efficiente gestione delle sue dinamiche produttive, sono state riservate dalla legge Draghi, all'autoregolamentazione.

Nella relazione di M. Draghi, che introduce il provvedimento, infatti, si legge:

“ Un modello efficiente di controllo delle imprese non trova necessariamente esclusivo fondamento in norme imperative... il governo societario è quindi anche un problema di autoregolamentazione, nella misura in cui l'autonomia privata è in grado di assicurare ai soggetti che entrano in relazione con l'impresa

un'adeguata considerazione dei propri interessi, quale presupposto per affidabili e durevoli rapporti economici”.

In sostanza, quindi, il Testo Unico della Finanza fissa le linee generali all'interno delle quali trovano spazio integrazioni connesse all'opportunità di adattare le norme alla singola realtà aziendale e di stabilire regole di Best practice, come è avvenuto attraverso la predisposizione, da parte della Borsa S.p.A. del Codice di autodisciplina delle società quotate28.

Quest'ultimo, pur non avendo la stessa valenza regolamentare, completa la normativa esistente, prevedendo importanti indicazioni riguardanti il Consiglio di Amministrazione, il management ed il sistema dei controlli interni.

Tali aspetti risultano di fondamentale rilevanza in un sistema di governo societario adeguatamente indirizzato a massimizzare la creazione di valore.

28 Il Codice, infatti, è dotato “ di rilevanti elementi di flessibilità, per adeguarsi alle diverse scelte

aziendali, ed è suscettibile di revisioni future sulla base dell'esperienza che si accumulerà e delle variazioni che interverranno nel quadro normativo e operativo del nostro paese”. Ibidem, pag. 6.

Capitolo secondo

Un approfondimento nel Codice di Autodisciplina

Sommario: 2.1 Introduzione; 2.2 Il Codice italiano di autodisciplina;