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La nozione di standing e il suo utilizzo strumentale

I criteri utilizzati per la selezione 1 A matter of feel

4. Un altro strumento di non decisione: le doctrines of

4.1. La nozione di standing e il suo utilizzo strumentale

Pur nella consapevolezza delle difficoltà che l’utilizzo politico- strategico di tale concetto pone ad un qualsiasi tentativo di periodizzazione, è utile osservare l’evoluzione avvenuta nella giurisprudenza della Corte suprema circa la definizione della nozione di standing; a tali fini, è possibile distinguere quattro fasi286. Durante la

prima, che parte dalle origini e arriva ai primi anni venti, non si registra una compiuta teorizzazione della dottrina dello standing e la Corte suprema, per individuare la legittimazione ad agire dell’attore, si limita a verificare la presenza di un interesse o un diritto legally protected, che possa dar titolo ad agire in giudizio (c.d. cause of action). La moderna nozione di standing nasce durante gli anni venti e si lega strettamente alla injury in fact, in modo da impedire la review della politica progressista del governo passata alla storia come New Deal. Viceversa, nel terzo periodo, che inizia approssimativamente con la presidenza Warren e termina alla fine degli anni settanta, la Corte inizia a mostrarsi sensibile alle richieste di tutela rispetto all’azione amministrativa287 e amplia il concetto di standing, iniziando a prendere

in considerazione anche interessi superindividuali; ciò è ben visibile nel caso United States v. Student Challenging Regulatory Agency

286 La periodizzazione a cui si fa riferimento è quella proposta da BARSOTTI,

op.cit., p. 146 ss.

287 “The availability of judicial review is the necessary condition psychologically if

not logically, of a system of administrative power which purports to be legitimate, or legally valid”. Così L.Jaffe, citato da MONAGHAN, Consititutional Adjudication, p.

Procedures ( SCRAP)288, in cui la Corte riconobbe la legittimazione ad

agire ad un gruppo di studenti che contestavano la mancata sospensione di un aumento temporaneo delle tariffe dei mezzi di trasporto lamentando danni personali non solo economici ma anche “recreational and aesthetic” derivanti dall’ambiente insalubre289. A

partire dagli anni ottanta, invece, la Corte ha mutato impostazione, valutando per lo standing la prova di una concreta e immediata injury of fact. I rigorosi requisiti richiesti sono individuati nella sentenza Valley Forge Christian College v. Americans United for the Separation of Church and State290, in cui la Corte evidenzia gli elementi dell’injury in fact, consistente nel danno personale e concreto sofferto o temuto dal ricorrente, della causation, ossia il nesso di causalità tra evento temuto e azione, e della redressability, ossia dell’idoneità del danno ad essere redressed by the requested relief291. Tuttavia, la nozione di standing resta vaga, e proprio in ragione di tale vaghezza si presta ad un utilizzo strategico da parte dei giudici, che hanno buon gioco a manipolarne a piacimento i confini, mascherando dietro alla justiciability precise scelte di valore. I casi City of Los Angeles v. Lyons292 e Duke Power Co. v. Carolina Environmental Study Group293 valgono a mettere in luce tale pratica. Nella prima delle

288 412 U.S. 699 (1973).

289 In proposito, la dottrina parla di “non-hohfeldian (o ideological) plaintiffs”, ossia

di ricorrenti portatori di interessi diffusi, e li distingue dagli “hohfeldian plaintiffs”, portatori di un interesse legalmente protetto che è stato leso in modo diretto ed immediato.

290 454 U.S. 464 (1982)

291 Cfr. Allen v. Wright, 468 U.S. 737, 738 (1984). 292 461 U.S. 95 (1983).

ipotesi, in cui Adolph Lyons contestava la legittimità della pratica del chocke hold operata abitualmente dalla polizia di Los Angeles294, la

Corte, pur in presenza di una concreta e personale injury of fact, ritenne che Lyons non potesse vantare un interesse sufficiente ad ottenere una injunction e si limitò a concedere una tutela risarcitoria, senza badare al fatto che il petitioner fosse stato lui stesso vittima della violenta pratica del choke hold che andava a contestare, dunque poteva considerarsi il ricorrente perfetto per portare davanti ai giudici l’interesse collettivo alla cessazione di una simile attività da parte della polizia295. Interpretando restrittivamente lo standing per evitare una

questione scomoda, la Corte, confermando la tendenza emersa nei primi anni ottanta, ha rinunciato a dimostrarsi sensibile di fronte alle richieste di tutela rispetto all’azione amministrativa, scegliendo di non interferire nel local government296.

Il contrasto appare evidente se si confronta tale caso con un altro giunto all’attenzione della Corte pochi anni prima, in cui la Corte, pur di arrivare a dichiarare la legittimità di un’importante legge federale, riconobbe lo standing in un’ipotesi molto dubbia. In particolare, ad

294 Tra il 1975 e il 1982, sedici persone morirono a causa del choke holds operato

dalla polizia di Los Angeles.

295 In particolare, secondo la Corte “in order to establish an actual controversy in

this case, Lyons would have had not only to allege that he would have another encounter with the police, but also to make the incredible assertion either (1) that all police officers in Los Angeles always choke any citizen with whom they happen to have an encounter, whether for the purpose of arrest, issuing a citation, or for questioning, or (2) that the City ordered or authorized police officers to act in such manner”.

296 Negli amicus briefs le organizzazioni di polizia “voiced a federalism concern,

arguing that federal courts were not sufficiently respecting their authority as sovereign entities with local autonomy”. Cfr. L.A. KLOPPENBERG, Playing it Safe. How the Supreme Court Sidesteps Hars Cases and Stunts the Development of Law,

essere contestata in Duke Power Co. v. Carolina Environmental Study Group era la legittimità della licenza necessaria alla costruzione di una centrale nucleare (ritenuta sussistente dal giudice inferiore); inoltre, i ricorrenti ritenevano che il Price Anderson Act, che limitava la responsabilità patrimoniale delle imprese di gestione degli impianti nucleari in caso di incidente, fosse contrario alla due process clause del V emendamento in quanto comportava una diminuzione patrimoniale per le potenziali vittime di un disastro nucleare. Ebbene, benchè il nesso di causalità tra l’evento futuro di un incidente nucleare e il danno temuto dai ricorrenti fosse praticamente inesistente, in questo caso la Corte, noncurante di quanto stabilito nei propri precedenti in tema di causation, non esitò a riconoscere la legittimazione ad agire, basandosi su una injury tutta rivolta al futuro. Manipolando la nozione di standing e ampliandone i confini, la Corte non ha fatto altro che crearsi i presupposti per poter sovvertire la sentenza impugnata e confermare la costituzionalità del Price Anderson Act, a conferma di come, talvolta, essa celi le proprie scelte dietro a nozioni processuali modificate ad hoc.

4.2. La ripeness.

Si è già provveduto a definire il concetto di ripeness, legato al divieto di advisory opinions che incombe sui tribunali federali297; giunti a

questo punto, si procederà ad analizzare qualche caso che vale a mostrare come anche di tale nozione la Corte si serva per un uso strumentale. Ebbene, se nel confronto tra United Public Workers v.Mitchell298 e United States Civil Service Commission v. National Association of Letter Carriers299 la diversità delle valutazioni in ordine alla ripeness può essere in qualche modo giustificata dal trascorrere del tempo e dalla mutata composizione della Corte300, la stessa

spiegazione non può essere avanzata per le sentenze Williamson County Regional Planning v. Hamilton Bank301 e National Gay Task Force v. Board of Education of the City of Oklahoma City302, pronunciate nello stesso anno. Segnatamente, in Hamilton Bank, in tema di espropriazione per pubblico interesse, la Corte ritenne la controversia non matura, in una situazione in cui tutte le circostanze del caso mostravano come la vicenda tra la banca e l’impresa di costruzioni da una parte, e la Planning Commission dall’altra, fosse più che longeva; esito ben diverso ebbe il caso National Gay Task Force, in cui la Corte, col proposito di confermare la decisione del giudice

297 V. supra, § 4. 298 330 U.S. 75 (1947). 299 413 U.S. 548 (1973).

300 Mentre nella sentenza più datata la Corte scelse di ritenere il caso non

giustiziabile, in quanto i ricorrenti non erano stati concretamente lesi dallo Hatch Act (una legge che impediva agli impiegati federali qualsiasi attività politica), nella seconda ipotesi scelse di confermare espressamente la validità della legge, anche se la situazione di fatto era la stessa di quella alla base del caso precedente.

301 473 U.S. 172 (1985) 302 470 U.S. 903 (1985).

inferiore che aveva dichiarato costituzionalmente illegittima una legge statale contro la libertà di espressione, accettò di pronunciarsi anche in una situazione in cui la domanda poteva ben dirsi prematura, non essendo la legge mai stata concretamente applicata. Se si supera il mero ragionamento processuale, non è difficile constatare come i Justices, almeno in quel periodo storico, abbiano preferito soffermarsi sulle libertà individuali piuttosto che sui casi di espropriazione per pubblica utilità, modellando la nozione di ripeness a seconda della questione in gioco e creando così, in fin dei conti, una precisa gerarchia di valori303.

4.3. La mootness

Se in linea generale la Corte modella il concetto di mootness nel senso di escludere dall’area della justiciability quei ricorsi in cui il requisito della concretezza, pur presente al momento della domanda, venga a mancare al momento della decisione, per alcune situazioni ha elaborato eccezioni che consentono al giudice federale di decidere casi i quali, pur ormai privi di interesse a livello individuale, ne abbiamo invece per la collettività. Innanzitutto, perché una controversia in relazione alla quale si domandi una injunction sia riconosciuta moot non è sufficiente che il convenuto cessi di porre in essere l’attività contestata: è a carico del medesimo la prova che non può farsi alcuna ragionevole

303 Circa la gerarchia di valori nelle decisioni della Corte Suprema, v.BARSOTTI,

previsione in ordine alla possibile futura reiterazione del comportamento illecito.

La seconda eccezione, che attiene a quei casi “capable of repetition, yet evading review”, può essere efficacemente descritta attraverso un famoso caso giurisprudenziale, che ha portato alla sentenza Roe v. Wade304. Questi i fatti: nel 1970 Norma McCorvey, desiderosa di interrompere la propria gravidanza, si rivolse al giudice federale chiedendo che la legge del Texas in materia di aborto fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, in quanto, consentendo tale pratica solo per salvare la vita della madre, essa contrastava col diritto alla privacy tutelato dalla due process clause del XIV emendamento. Nonostante nel 1973, quando raggiunse la Corte, la controversia non potesse certo dirsi concreta, in quanto McCorvey aveva già partorito, dunque non poteva trarre alcun beneficio diretto dalla sentenza, la Corte scelse di pronunciarsi ugualmente: mutuando dal campo elettorale la formula del “capable of repetition, yet evading review” , riconobbe il diritto all’aborto, libero dalle ingerenze statali fino ai primi tre mesi di gestazione, sottolineando che “the normal 266-day human gestation period is so short that the pregnancy will come to term before the usual appellate process is complete. If that termination makes a case moot, pregnancy litigation seldom will survive much beyond the trial stage, and appellate review will be effectively denied”305, ed inoltre la

304 410 U.S. 113 (1973). 305Id., 125.

stessa situazione avrebbe potuto ripresentarsi nuovamente alla stessa McCorvey, oltre che ad altre donne.

Suscettibile di ripetizione poteva essere considerato anche il caso DeFunis v. Odegaard306, in cui uno studente lamentava la natura discriminatoria delle procedure di ammissione della Washington Law School, in quanto favorivano alcune minoranze etniche. Eppure, in questa circostanza la Corte ritenne la controversia moot, in quanto la decisione non avrebbe inciso sulla situazione soggettiva di DeFunis, che avrebbe comunque potuto terminare gli studi307. Dunque, anche la

mootness può essere utilizzata come passive virtue, per rimandare ad altri momenti pronunce su casi difficili308; a questo riguardo, è

eloquente quanto sostenuto da alcuni autori, secondo i quali col caso DeFunis è stato affermato il principio per cui “difficult cases are moot”309.

306 416 U.S. 312 (1974).

307 I giudici dissenzienti evidenziarono come tale esito non fosse così scontato, in

quanto un evento imprevisto, come una malattia o il cattivo esito degli esami finali, avrebbe impedito a DeFunis di laurearsi, con la conseguenza che lo studente sarebbe stato costretto a rinnovare la domanda di ammissione.

308 Sul tema delle affirmative action la Corte ha sempre scelto un atteggiamento

prudente, adottando un approccio minimale. Si prenda ad esempio il caso Regents of

the University of California v. Bakke (438 U.S. 265) del 1978, in cui la Corte, pur

considerando la procedura di specie eccessivamente rigida, dunque illegittima, tuttavia ammette che la razza possa essere presa in considerazione come elemento preferenziale per valutare le domande di ammissione. L’atteggiamento sembra recentemente mutato, in quanto la Corte ha deciso di applicare lo strict scrunity test a tutte le classificazioni basate sulla razza (Adarand Constructor Inc. v. Pena, 115 S.Ct. 2097, 1995). Sul punto, v. BARSOTTI, op.cit., p. 122, 123.