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Il significato del diniego del certiorari Le prassi del

Il procedimento in sede di case selection 1 Premessa

4. La discuss list e la friday conference

4.1. Le modalità decisorie in sede di conference 1 La rule of four

4.2.1. Il significato del diniego del certiorari Le prassi del

dissenting from denial e dell’opinion respecting the denial

La dottrina tradizionale nega valore di precedente al diniego di certiorari; esso, dunque, lascerebbe inalterata la decisione sottostante, senza comportare alcuna valutazione del merito del ricorso. Tale assunto, noto sotto il nome di orhodox view, è ben esplicitato dal Justice Frankfurter in Maryland v.Baltimore Radio Show, Inc.148:

Lo stesso concetto è ribadito da Frankfurter in Brown v. Allen149:

Secondo Frankfurter, dunque, sostenuto sul punto anche dai Justices Black e Douglas, il merito della decisione impugnata sarebbe un

148 338 U.S. 912, 917-18 (1950). 149 344 U.S. 443, 492 (1953).

It simply means that fewer than four members of the Court deemed it desirable to review a decision of the lower court as a matter "of sound judicial discretion”.

We have repeatedly indicated that a denial of certiorari means only that, for one reason or another which is seldom disclosed, and not infrequently for conflicting reasons which may have nothing to do with the merits and certainly may have nothing to do with any view of the merits taken by a majority of the Court, there were not four members of the Court who thought the case should be heard.

fattore che la Corte raramente150 (se non mai) considera in sede di case

selection. A questo punto, però, sorge spontanea una considerazione: se è vero che il diniego di certiorari means nothing, a che pro annotare il proprio dissent? Più specificatamente, ci si riferisce alla prassi del dissent from certiorari denial, che consiste nella pubblicazione, da parte di uno o più Justices, di un’opinione in cui manifestare la propria contrarietà al diniego del certiorari. E di fatto, pur in un tempo in cui la pratica non era affatto diffusa, già la si criticava per la sua incoerenza con la orthodox view, in quanto si riteneva traesse in errore gli avvocati e gli organi giurisdizionali inferiori, i quali difficilmente avrebbero creduto “that Justices of this Court are taking the trouble to signal a meaningless division of opinion about a meaningless act”151.

Negli anni ’70, quando ormai era comune annotare il proprio dissent152, un altro forte attacco alla prassi venne sferrato nella

sentenza Singleton v. Commissioner153 dal Justice Stevens154, per il

quale i dissents from certiorari denials apportavano ben pochi benefici alla Corte, a fronte di numerosi svantaggi. Infatti, se da una parte essi

150 Si noti, infatti, che il Justice nella citazione sopra riportata si esprime attraverso il

verbo may, a indicare possibilità.

151 È quanto ritenuto dal Justice Jackson nella sopra menzionata Brown v. Allen, 344

U.S. 443, 543.

152 Nel term dell’Ottobre 1951 la Corte rifiutò 904 petitions e i giudici, al di fuori di

Black e Douglas, dissentirono per un totale di 10 volte. In quello del 1973 la Corte rigettò 3282 ricorsi, e i giudici (tranne Douglas; Black non ricopriva più il ruolo) dissentirono 148 volte. Nel term del 1978, quando Douglas non faceva più parte della Corte, essa rigettò 3406 ricorsi, a fronte dei quali si contano 405 dissents. Il preciso riferimento ai Justices Black e Douglas si spiega in quanto essi furono tra i primi, negli anni ’50, a far ricorso alla pratica del dissent, e si dimostrarono, inoltre, i

dissenters più assidui. Cfr. LINZER, The meaning of Certiorari Denials, p.1257,

nota 218, e p.1258.

153 439 U.S. 940 (1978).

154 Di fatto, Stevens non rese mai pubblico il proprio dissenso rispetto a qualsivoglia

favorivano il dialogo tra i giudici e potevano contribuire a far comprendere meglio al pubblico l’attività della Corte, dall’altra “since they often omit any reference to valid reasons for denying certiorari, the tend to imply that the Court has been unfaithful to its responibilities or has implicitly reached a decision on the merits when, in fact, there is no basis for such an inference”155. Ad ogni modo, le

critiche non sono servite a scalfire la pratica del dissenting, alla quale i Justices fanno sempre più ricorso. Ciò premesso, è opportuno precisare quanto fin qui omesso, ossia il fatto che un dissent può avere diversi contenuti, non tutti afferenti al merito della questione trattata. In particolare, è possibile distinguere quattro ipotesi:

1. Le dichiarazioni politiche generali. Non si tratta di veri e propri dissents, in quanto, in tali occasioni, i Justices si limitano a formulare affermazioni di carattere generale, che poco o nulla hanno a che vedere col caso di specie156.

2. I dissensi non motivati. Si tratta di mere note di dissenso, espresse attraverso la formula “Mr. Justice Q would grant certiorari”; nonostante la mancanza di motivazione, tuttavia, è bene sottolineare come essi vadano comunque a compromettere la segretezza della conference. È una tipologia che gode di

155 439 U.S. 940, 945.

156 LINZER, op.cit., p.1259, nota 225, menziona la sentenza Brown Transp. Corp. v.

Atcon, 439 U.S. 1014 (1978), nel cui ambito il Justice White scrisse un dissent

riguardante in parte la ritenuta sussistenza di un conflitto tra circuiti (e dunque i motivi per cui il certiorari avrebbe dovuto essere concesso), in parte la proposta di una National Court of Appeals.

molto favore; al riguardo, basti notare che nel term del 1978, 175 dissents su 405 erano del tipo in questione157.

3. I dissensi “on neutral grounds”. Sono quelle note in cui i Justices esprimono sì il proprio disaccordo con la decisione di concedere il writ, ma senza manifestare la propria posizione sul merito, bensì sulla base di fattori di natura formale, quali, ad esempio, la sussistenza di un conflitto giurisprudenziale tra corti di circuiti diversi o il contrasto tra la decisione impugnata e un precedente della Corte, oppure l’importanza della questione158. Si tratta, a ben vedere, di dissensi che si fondano

su criteri “which have nothing to do with the merits”159, dunque

potenzialmente compatibili con la orthodox view, se non fosse che si espongono alla stessa critica dei precedenti, ossia quella di scalfire la riservatezza della Corte in sede di case selection. 4. I dissensi sul merito. Essi sono volti ad affermare l’erroneità

della decisione impugnata e, conseguentemente, la necessità che venga concesso il writ affinchè questa sia reversed. Analizzando il term del 1978 è dato rilevare 218 dissents on the merits su un totale di 405 dissensi: un segnale importante, se non altro perché è proprio durante gli anni ’70 che il dissenting da evento sporadico si è tradotto in prassi. È possibile dividere tale categoria in tre insiemi:

157 LINZER, op.cit., p. 1263.

158 Sono i criteri indicati alla S.C.R. 10, che costituisce, peraltro, l’unico dato

normativo a disposizione che tratti dei parametri utilizzati dalla Corte in sede di selezione discrezionale.

a) I dissents on particular facts, ossia quelli in cui il Justice evidenzia come, sebbene la questione poggi su fatti specifici (circostanza che generalmente porta la Corte a negare il writ, in quanto un caso factual bound difficilmente può rivelarsi un good vehicle per l’affermazione di principi o dottrine generali), la decisione impugnata è frutto di un grave errore giudiziario, motivo per cui deve essere rivista. b) Gli irredentist dissents, termine che vale ad indicare i casi

in cui alcuni giudici, nonostante la posizione di minoranza, intendono combattere un certo precedente, pur essendosi questo già chiaramente affermato. Questo succede spesso nel periodo successivo ad un cambio di maggioranza all’interno della Corte; un esempio sono i pornography cases, nell’ambito dei quali si registrarono costantemente i dissents dei Justices Brennan, Stewart, Marshall e Douglas, “eredi” della più liberale corte Warren. Ancora, i Justices Brennan e Marshall ritenevano che la pena di morte fosse “in all circumstances cruel and unusual punishment”, e per questo annotarono regolarmente il proprio dissenso circa il diniego di certiorari nei death penalty cases, richiamando in ogni occasione il proprio dissent in Gregg v. Georgia160. c) I dissents looking to the future. In alcuni casi, i giudici non solo affermano che la Corte avrebbe dovuto esaminare la questione, ma espongono anche la propria opinione

riguardo a come essa avrebbe dovuto essere risolta nel merito. Una felice descrizione di tale tipologia di dissents è offerta dal Justice Brennan, secondo il quale “dissents from denial of review […] often herald the appearance on the horizon of a possible reexamination of what may seem […] to be an established and unimpeachable principle”. Un esempio in tal senso è il dissent del Justice Stewart in McKethan v. United States161. In tale circostanza, la Corte

aveva negato il certiorari ad un ricorso nel quale i petitioners lamentavano l’ammissione in giudizio come prova della testimonianza resa da un informatore, tale Robinson, al grand jury. Ebbene, Steward non si ridusse ad esprimersi con l’usuale formula “I would grant certiorari”, ma proseguì argomentando come quella ammessa nel giudizio di appello fosse soltanto una trascrizione della testimonianza resa di fronte al grand jury, in quanto Robinson si era rifiutato di testimoniare al processo; non solo, dopo la lettura della trascrizione, egli aveva sostenuto in giudizio che quelle dichiarazioni erano false, dimostrandosi “particularly unwilling to say anything which would incriminate either of these defendants”. In sostanza, “by disclaiming under oath his earlier sworn statements, he put himself in a position where one of this

two sworn statements had to be false”162, e nonostante ciò,

la Corte di Appello aveva ritenuto la testimonianza credibile, facendone la prova decisiva per il verdetto di condanna. Tutti questi elementi indussero Stewart a nutrire “grave doubts about the admissibility of (the) […] grand jury testimony”163, ritenendola non reliable. Attraverso

questo tipo di dissent, la minoranza della Corte intende spesso segnalare ai futuri litigants le issues alle quali i Justices rivolgono il loro interesse, incoraggiando la proposizione di ricorsi in tal senso.

Oltre ad essere, talvolta, uno strumento di dialogo con le parti, la prassi in esame consente ai Justices di mandare messaggi alle corti inferiori avvertendole che, nonostante la maggioranza della Corte non abbia ritenuto la questione meritevole di review, tuttavia potrebbe farlo in un futuro prossimo. In proposito, un clerk ha affermato: “a Justice will write to point out that the Supreme Court has taken note of this and that you can’t fool anyone […]”164. Ancora, nelle situazioni in cui un

caso sia stato erroneamente deciso da una corte inferiore, ma non sia di interesse generale, motivo per cui non ha avuto accesso alla review, può accadere che un Justice, intenzionato a sanare la grave ingiustizia, faccia circolare una bozza di dissent, attorno al quale può arrivare a raggrupparsi la maggioranza dei voti della Corte; in tal modo, è

162 Id., 939. 163 Id.,938.

possibile giungere alla redazione di una per curiam opinion, ossia una sentenza non sottoscritta da alcun giudice e succintamente motivata, ma che rende comunque possibile l’auspicata correzione della decisione emessa a livello inferiore. Lo stesso tentativo di guadagnare il favore dei colleghi può essere posto in essere dal Justice che intenda raggiungere (almeno) i quattro voti necessari per la concessione del writ, e a tale fine, posteriormente al diniego, chieda che il caso venga reinserito nella discuss list, diffondendo tra i colleghi una bozza di dissent. Se alla conference successiva lo sforzo avrà buon esito165

(cosa, sembra, non infrequente: “many times a dissent from denial will pick up a fourth vote”166), la bozza resterà tale; si parla, in tal caso, di

dissent that doesn’t see the light of the day167. Se invece gli altri Justices non ne saranno persuasi, il dissent verrà pubblicato come tale. Alla luce di quanto illustrato, non è difficile concludere come la orthodox view non rispecchi la realtà: sembra alquanto strano che a un atto meaningless si senta l’esigenza di reagire attraverso uno strumento quale il dissent, che il più delle volte va a toccare il merito della questione. Vale a confermare quanto appena sostenuto il comportamento dello stesso Justice Frankfurter, il quale, pur avendo sempre ribadito il proprio sostegno alla tesi tradizionale, più volte indicò il proprio disappunto riguardo un diniego di certiorari attraverso un’opinione non espressamente qualificata come un dissent,

165 Sembra questo il caso di Bowers v. Hardwick, 478 U.S. 186 (1986), New York v.

Quarles, 467 U.S. 649 (1984), e Bose Corp. v. Consumers Union of the United States, Inc., 466 U.S. 485 (1984). Per approfondimenti, v. L. EPSTEIN, J. KNIGHT, The Choices Justice Make, CQ Press, 1998, p. 61 ss.

166 ID, op.cit., p.171. 167 ID, op.cit., p.170.

ma chiaramente in disaccordo circa il merito della questione: un esempio è la sentenza Chemical Bank & Trust Co. v. Group of Institutional Investors168, in cui il giudice spese circa cinque pagine criticando il metodo di valutazione dei titoli utilizzato dalla corte inferiore169.

Prassi speculare al dissenting è quella dell’opinion respecting the denial, anch’essa di indubbio rilievo per il nostro proposito, che, si ricorda, è quello di riuscire ad argomentare contro l’alone di secrecy che circonda l’attività della Corte. Il termine vale a indicare gli statements con cui i Justices vanno a specificare o ad aggiungere qualcosa alla decisione di negare il writ, spesso per contrastare le posizioni assunte dalla minoranza in sede di dissent, quasi a voler spiegare, e dunque motivare, la bontà della decisione assunta; anzi, pare che la prassi dell’opinion respecting si sia sviluppata per larga parte in risposta ai sempre più frequenti dissents170. Un esempio significativo è l’opinion respecting del Justice Stevens in Chevron U.S.A., Inc. v. Sheffield171, in cui il giudice si riferisce al dissent del collega White precisando come “there is, of course, no reason why that dissent should identify the reasons supporting a denial of the petition […]. I add these few words only because of my concern that

168 343 U.S. 982 (1952).

169 Così LINZER, op.cit., pp.1260, 1261. Ancora, l’autore a p.1261 sottolinea come

nella stessa sentenza Baltimore Radio Show gran parte dell’opinion di Frankfurter “dealt with the facts of the case”, di modo che non è difficile capire che il Justice “had voted to grant certiorari and thought the decision below was wrong on the

merits”.

170 FERRARIS, op.cit., p.132. 171 471 U.S. 1140 (1985).

unanswered dissents from denial of certiorari sometimes lead the uninformed reader to conclude that the Court is not managing its discretionary docket in a responsible manner”.