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Nuove funzioni e modi d’uso delle architetture autostradal

Nel documento Le aree di servizio autostradali in Italia (pagine 144-147)

4 TECNICHE COSTRUTTIVE E QUALITA’ ARCHITETTONICA DELL’EDI FICIO RISTORO DEL DOPOGUERRA

5. L’ARCHITETTURA AUTOSTRADALE TRA PROGETTI E PROTOTIPI NEI CONCORSI DEGLI ANNI ‘

5.1 Nuove funzioni e modi d’uso delle architetture autostradal

Le trasformazioni dei modi d’uso delle infrastrutture e dei relativi spazi per la sosta, che interessano le architetture autostradali e le aree di servizio già a par- tire dalla metà degli anni ’60, impongono, anche nei protagonisti della stagio- ne d’oro dell’architettura autostradale, un ripensamento radicale dell’atteg- giamento nei confronti del disegno e della costruzione di questi spazi. I tempi di fruizione rapida, la richiesta di nuove attività e attrezzature, sono i segnali che provengono dall’utenza; la saturazione della rete autostradale e la richiesta di riqualificazione delle aree di servizio e dei relativi manufatti, quelli dei gestori della rete e degli affidatari dei servizi.

Un decennio di attività serrata con l’allestimento di decine di aree di servizio, la costruzione di centinaia di punti ristoro e di stazioni di rifornimento , disseminati lungo la rete, ha consegnato ai gestori e ai fruitori un patrimonio che accusa già i segni dell’obsolescenza funzionale. La strada del progetto aperto, solo indicata nell’ambito dell’edificio ristoro, con la proposta di Bega per Somaglia, ma poco determinante nel tracciare la mappa della ricerca della qualità nel progetto dell’edificio ristoro, ritorna ad essere una delle traiettorie di sviluppo prioritarie in questi anni, seppure grazie a protagonisti diversi.

Sul finire degli anni ’60 e per un breve periodo del decennio successivo, prima che si decreti il blocco dei cantieri nel 1975, si compie sul territorio nazionaleu- na nuova fase qualificante l’espressione originale dell’architettura autostrada- le italiana. Come le ricostruzioni storiche condotte sull’argomento hanno dimo- strato1, in questi anni vanno delineandosi due traiettorie di ricerca e sperimen- tazione, all’interno delle quali confluiscono gli esiti più evidenti delle trasforma- zioni, dovute da un lato a quella che Boaga definisce “l’irreversibilità evolutiva di alcuni impianti” e dall’altro ascrivibili alla “provvisorietà tipologica e funziona- le, e conseguentemente costruttiva”, che interessano, con modalità e intensi- tà differenti, il sistema delle aree italiane.

La prima traiettoria individua l’ambito degli studi e delle ricerche nella grande dimensione, declinata nelle diverse espressioni degli autoporti e delle aree complesse. I primi, sono intesi come luoghi attrezzati per gestire la sosta oltre

che di veicoli e persone, anche di merci, con un peso economico e commer- ciale capace da un lato, di incidere sulla strutturazione del territorio, con una complessità funzionale e logistica tale da configurarsi come “macchina ricetti- va che elabora operazioni, programma attività” e, dall’altro, sul piano della viabilità territoriale, “si pone come elemento di organizzazione e regolazione del traffico pesante”2. A questa stessa traiettoria si può ricondurre la fenomeno- logia dell’area di servizio complessa, ben rappresentata dal caso dell’area di Firenze nord, in cui si coagulano, per effetto del confluire in quel nodo di una serie di arterie rilevanti, funzioni e flussi di traffico assolutamente originali per la realtà italiana. Per questa ragione, qui come progressivamente in presenza di altri contesti metropolitani o di grandi nodi di traffico, si consolida una dimen- sione complessa dell’area di servizio, che accoglie all’interno della griglia fun- zionale una varietà di attrezzature per la sosta prolungata. Oltre ai servizi tradi- zionali, un motel con 176 posti letto, una banca, un ristorante, uffici, un’officina meccanica completamente attrezzata e la chiesa di San Giovanni Battista di Michelucci, articolano il programma dell’area, assegnandole una qualificazio- ne funzionale, architettonica e culturale altrettanto originale per l’esperienza italiana. Le condizioni sottese alla realtà delle aree complesse sono segnali significativi del cambiamento innescatosi nella visione e nella gestione del pro- getto dell’area e dei suoi manufatti, che investono direttamente i criteri di inter- vento e il concetto di qualità a questi fino ad allora associato. L’evoluzione del ruolo svolto nei confronti del territorio, proseguendo sulla strada dell’arricchi- mento delle attrezzature e degli spazi di supporto all’infrastruttura, garantisce, portando il processo di complessificazione fino alla sua più compiuta espressio- ne, la completa autonomia dell’area rispetto al territorio, riassorbendo nell’en- clave decontestualizzata dei suoi confini, attrezzature e funzioni segnatamente urbane e stanziali3. La condivisione di questo programma con il sistema della rete circolatoria, impedisce allo stesso tempo di realizzare un più completo e radicale rinnovamento, capace cioè di indicare una funzione differente del- l’area, non necessariamente ed esclusivamente complementare a quella pri- maria della rete. In questo contesto il coagulo di funzioni ricreative, commer- ciali, lavorative intorno alle aree complesse è dettato dalla coesistenza di gran- di flussi di traffico e dunque si realizza sempre come fenomeno dettato priorita- riamente dall’evoluzione e dall’intensificazione delle reti circolatorie, non già

dal modificato rapporto di queste con il territorio. E’ lo stesso Angelo Bianchetti a prefigurare nel 1970 un futuro per le aree di servizio in cui queste “diventeran- no luoghi di sosta sempre più affollati e quindi saranno sempre in espansione, sia per quanto riguarda i fabbricati che i piazzali. Il campo dei servizi offerti al pubblico sarà sempre più vasto e attraente in modo da costituire una specie di città autostradale…Le aree progettate dieci anni fa sono oggi di gran lunga superate, e hanno subito quasi tutte ampliamenti di grandi rilievo. Se oggi si pensa di fermarsi lungo l’autostrada solo per le necessità dell’automobile e della persona, domani si potrà pensare anche a progettare aree che costitui- scano al di fuori delle città, già oltremodo congestionate dal traffico, luogo di incontri commerciali, culturali, convegni, congressi, mercati, ecc. ecc. che abbiano a disposizione grandi spazi senza preoccupazione di parcheggi e che offrano tutti quei servizi che nella città bisogna reperire disseminati in tanti posti diversi. Se andiamo oltre, possiamo prevedere nelle vicinanze delle grandi città, luoghi di sosta per più giorni, che offrano luoghi di svago, impianti sportivi, luo- ghi di convegno, centri di assistenza turistica, con collegamento alle città stes- se a mezzo di trasporti collettivi… Grandi shopping center troveranno sede in queste aree poiché il muoversi entro i centri storici diverrà sempre più difficile”4. La traiettoria della grande dimensione pur rimanendo centrale nel dibattito, soprattutto in relazione alle condizioni culturali del tempo, non ha esiti determi- nanti. La piccola scala del sistema di manufatti diffusi conserva la sua centrali- tà negli studi e nelle realizzazioni. Questa rete di oggetti, definiti nella stagione appena trascorsa dalla fenomenologia dell’edificio ristoro, trova ora un diver- so orientamento, sollecitato dall’articolazione interna che l’area di servizio e i suoi stessi edifici rivelano progressivamente. E’ per questa ragione che alla serie dei manufatti autonomi, funzionalmente e volumetricamente definiti, propri della stagione precedente, si sostituisce in questi anni la visione di un sistema di funzioni e di spazi che coesistono all’interno di un disegno complesso, in alcuni casi reattivo nei confronti delle modificazioni e delle sollecitazioni esterne. Questa nuova condizione, maturata in un contesto culturale e tecnico differen- te, incide significativamente sui caratteri spaziali e costruttivi dei manufatti.

5.2 Relatività spaziale e processualità temporale nella stazione di ser-

Nel documento Le aree di servizio autostradali in Italia (pagine 144-147)

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